Se dentro di te hai un mondo di angoscia e di rabbia--------------------------------------------------------------------------------
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«Arriva un’ondata e ti porta via tutto: tutto quello che avevi in casa, i tuoi
ricordi, la tua intimità, la tua vita. Dentro la tua mente che cosa resta: come
esprimeresti quel pensiero, quel sentimento? Se sei una persona con disabilità
cognitiva fai davvero fatica a raccontarlo o, nel caso in cui il tuo linguaggio
è compromesso, non sei in grado neppure di parlare, mentre dentro di te hai un
mondo di angoscia, di paura, di rabbia». Nives Baldoni, presidente della sezione
di Faenza di ANFFAS, Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con disabilità
intellettive e disturbi del neurosviluppo, ci racconta l’impatto delle ultime
alluvioni che hanno colpito la città sulle famiglie con persone con disabilità.
Negli ultimi tre anni, Faenza, in provincia di Ravenna, è stata colpita da tre
alluvioni. La prima si è verificata il 2 e 3 maggio 2023, seguita da un evento
ancora più devastante il 16 e 17 maggio dello stesso anno. L’ultima alluvione è
avvenuta tra il 18 e il 19 settembre 2024: secondo lo studio condotto dalla
Commissione tecnico-scientifica istituita dall’Emilia-Romagna, dopo le
inondazioni del maggio 2023 c’era l’1 per cento di probabilità che un nuovo
episodio di queste proporzioni potesse verificarsi nell’arco di un anno. È
accaduto dopo sedici mesi, con un’intensità ancora maggiore. È la crisi
climatica, che spiazza ogni previsione, che mette a dura prova le infrastrutture
esistenti (non basta certo aggiungere blocchi di cemento lungo gli argini più
fragili, come a Faenza, per impedire un’inondazione) e la capacità di
adattamento delle comunità locali.
Durante la seconda alluvione del 2023 andò completamente distrutta la sede di
ANFFAS Faenza, dove si svolgevano tutti i giorni i laboratori per le persone con
disabilità e ancora adesso queste attività – sollievo per le persone con
disabilità e le loro famiglie – sono portate avanti in un locale provvisorio; ma
più che l’elenco dei danni è una storia, raccontata da Nives Baldoni, a rendere
visibile ai nostri occhi l’impatto di questi eventi estremi sulle persone con
disabilità e a farci percepire perché se sei una persona con disabilità si
“riacutizza ogni cosa”, come dice la presidente dell’associazione.
Luca (nome di fantasia), 34 anni, con un disturbo dello spettro autistico,
insieme a sua madre ha dovuto abbandonare il proprio appartamento, dichiarato
inagibile, subito dopo le alluvioni del 2023. «Questo ragazzo, dopo venti giorni
trascorsi presso amici a cui la mamma aveva chiesto ospitalità, è fuggito»,
racconta Baldoni, «continuava a dire: non è casa mia». Stando alla presidente
dell’associazione, la madre di Luca è riuscita a rientrare nel vecchio
appartamento dopo una trattativa con il Comune, ma hanno vissuto per mesi senza
corrente, riscaldamento e acqua calda. «Oggi, tutte le volte che piove, questo
ragazzo dice: mamma noi stiamo in questa casa, non andiamo via».
Se la storia di Luca ci permette di accendere una luce per vedere l’impatto
della crisi climatica sulla vita quotidiana di chi è più vulnerabile, i dati
confermano quanto siamo di fronte a una questione globale, che richiede risposte
strutturali per non lasciare indietro nessuno. I report dell’Onu,
dell‘Organizzazione Mondiale della Sanità, gli studi scientifici, tutti concordi
nell’affermare che le persone con disabilità sono sproporzionatamente colpite
dal cambiamento climatico. «Il cambiamento climatico sta minacciando
direttamente e in modo sproporzionato il diritto alla salute delle persone con
disabilità a causa delle temperature sempre più elevate, degli elevati
inquinanti atmosferici e della crescente esposizione a eventi meteorologici
estremi, che includono ondate di calore, inondazioni, uragani e incendi»: è un
passaggio chiave dell’articolo “Climate change and the right to health of people
with disabilities”, pubblicato sulla rivista scientifica Lancet a dicembre 2021:
«Sorprendentemente, il tasso di mortalità globale delle persone con disabilità
in caso di calamità naturali è fino a quattro volte superiore a quello delle
persone senza disabilità, a causa della scarsità di pianificazione inclusiva,
informazioni accessibili, sistemi di allerta precoce, trasporti e atteggiamenti
discriminatori all’interno delle istituzioni e tra gli individui».
Ma cosa rende queste persone così esposte ai rischi legati al cambiamento
climatico? «Essendo le persone con disabilità quelle che sono state rese
vulnerabili – nel senso che la nostra vulnerabilità è una costruzione sociale:
noi non siamo vulnerabili, siamo resi vulnerabili, perché in questi millenni non
abbiamo avuto accesso agli stessi diritti, alle stesse opportunità e servizi –,
appare evidente che nel momento in cui dobbiamo rispondere a eventi estremi che
richiedono evacuazioni rapide, infrastrutture e informazioni accessibili, la
cosa diventa estremamente complicata», spiega Giampiero Griffo, componente del
consiglio mondiale di Disabled Peoples’International (DPI), un’organizzazione
per i diritti umani impegnata nella tutela dei diritti delle persone con
disabilità. «Ci ritroviamo a essere meno protetti perché nell’emergenza di un
evento estremo e in generale nelle situazioni di rischio si è lontani dall’aver
compreso come trattare le persone con disabilità», aggiunge Griffo. In questo
senso, l’esperto cita l’articolo 11 della Convenzione Onu sui diritti delle
persone con disabilità, che affronta le “situazioni di rischio ed emergenze
umanitarie”, «anche se alla fine nessuno si attrezza».
Perché è così difficile tenere conto anche delle persone con disabilità nelle
politiche di mitigazione e adattamento? «Perché siamo tutti nati e cresciuti in
una società abilista che appunto è pensata da e per persone abili», è la
risposta chiara di Erika Moranduzzo, esperta di diritti umani nel contesto
cambiamento climatico e attualmente ricercatrice presso l’Università di Leeds
nel Regno Unito. «Le persone con disabilità sono circa il 15 per cento della
popolazione mondiale, dunque la più ampia minoranza esistente. Ci ricordano
quanto siamo vulnerabili. La disabilità non è, infatti, qualcosa di unico, ma è
una parte intrinseca della vita umana. Ciò significa che siamo tutti esposti a
disabilità e questo vale soprattutto nel contesto del cambiamento climatico»,
aggiunge l’esperta. Inoltre, «come per altri gruppi sociali, le persone con
disabilità non sono solo vittime sproporzionalmente impattate dal cambiamento
climatico, ma sono agenti di cambiamento», spiega ancora. In poche parole,
«accendono la luce su modi di immaginare il mondo che portano beneficio a tutti,
non solo alle persone con disabilità», chiosa Moranduzzo.
E “agente di cambiamento” è esattamente ciò che prova a essere ogni giorno
Daniele Sicherhof, in carrozzina dall’età di 18 anni a causa di un incidente sul
lavoro, che in Val di Non alleva mucche della razza Grigio Alpina, completamente
scomparse dopo gli anni Sessanta e oggi Presidio Slow Food. Sogna anche di
ripiantare, accanto all’attuale ettaro e mezzo di classiche mele Golden, la
cosiddetta mela renetta del Canada, anch’essa a rischio di scomparire perché
invisa alla grande distribuzione. Insieme a suo fratello, Daniele conduce una
piccola azienda biologica. «Lavorare in agricoltura vuol dire seguire la
natura». Il cambiamento climatico qui si fa sentire, con inverni più miti
rispetto al passato e danni alle colture causati dalle gelate primaverili.
Quando parte la stagione, Daniele Sicherhof vive “con il cellulare in mano” per
seguire le previsioni meteo e organizzare il lavoro di conseguenza, perché «è il
tempo che comanda», dice. Nel 2008, riprendendo l’attività del nonno, Daniele ha
progettato un caseificio accessibile, una stalla senza barriere architettoniche
e ha adattato anche il trattore, così da poterlo guidare. Convinto sostenitore
del biologico, racconta di dare alle mucche solo erba, fieno, e un po’ di
cereali a mezzogiorno, perché «crediamo in un’agricoltura che dia reddito,
prodotti buoni e salutari con il minor impatto ambientale possibile». Daniele
critica il modello dell’allenamento intensivo, dove «devi fare quintali di latte
e poi come lo fai e la qualità del latte vengono dopo» e, attraverso visite
guidate nella sua azienda, cerca di sensibilizzare le persone.
Perché essere un agente del cambiamento è una bella responsabilità e dare il
buon esempio è un gran bel modo per iniziare a cambiare qualcosa.
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