Scugnizzo cup. Voci e immagini dal torneo dei quartieri di NapoliFoto di Matteo Ciambelli
Il prossimo settembre ricorrerà il decimo anniversario della riapertura degli
spazi dell’ex carcere minorile Filangieri, oggi Scugnizzo Liberato, a Salita
Pontecorvo. Una tra le attività che lo Scugnizzo ospita – teatro, laboratori,
corsi, doposcuola, iniziative culturali – che ha avuto maggiore risalto
mediatico negli ultimi anni è la Scugnizzo Cup, torneo di calcio a cinque che si
svolge nel chiostro del complesso, con la folla accalcata ai margini del campo e
centinaia di persone affacciate ai quindici balconi del primo piano. Fumogeni,
cori, fuochi d’artificio si alzano dal cortile e dai terrazzi della struttura,
in un’atmosfera che qualcuno paragona alle curve di alcune squadre marocchine.
Prima della finale gli organizzatori sembrano volare basso, quasi
giustificandosi: «Non sarà come gli altri anni, questa volta ci saranno meno
persone, tutto più tranquillo».
Semplicemente, all’inizio manca ancora un po’. Ai balconi ci sono bandiere della
Palestina e striscioni contro il genocidio in corso a Gaza, accanto ai
cartelloni dei tanti sponsor. Un allevamento di Pitbull, un’agenzia di
scommesse, una ditta di fuochi d’artificio, una trattoria. Da un lato c’è la
spinta popolare e autorganizzata, economica e organizzativa, dall’altro si
intuisce il tentativo di qualche grande marchio (vedi Red Bull) di sfruttare
l’immagine del torneo, che negli ultimi anni, soprattutto sui social network, ha
avuto grossa diffusione.
La Scugnizzo Cup è nata nel 2020 anche in risposta alle restrizioni del Covid
sul mondo dello sport: una competizione fra amici dei quartieri del centro di
Napoli. Ai presidenti delle squadre partecipanti sono imposti alcuni limiti
nella composizione delle rose. Si cerca di limitare una tendenza che il torneo
aveva rischiato di prendere nelle scorse edizioni, quando in alcune squadre
erano stati inseriti troppi giocatori professionisti di calcio a 5, serie A
compresa: il livello tecnico si era alzato a dismisura e gli spazi per gli
amatori rischiavano di ridursi all’osso. Le due squadre arrivate in finale in
questa edizione (Manchester City e Inter Miami) hanno trovato un equilibrio
tenendo dentro giocatori che fanno parte di società semiprofessionistiche di
calcio a 5 (soprattutto serieC1) e calcettisti completamente amatoriali, che
sfuggono a tutte le ricerche Google. Alcuni arrivano fumando, in ciabatte,
acclamati dalla folla e circondati dai bambini. Indossano maglie personalizzate
con la data della finale della Scugnizzo Cup.
A proposito di titoli, chiacchierando nel pre-partita viene fuori che sul gol
più bello della storia del torneo concordano quasi tutti gli organizzatori:
Emanuele Volonnino (ora al Benevento, serie A di calcio a 5), prima edizione del
torneo. Volonnino è spalle alla porta, marcato. Muovendo la palla con la suola
evita due difensori che lo fronteggiano mentre con le mani controlla chi gli è
dietro. Un altro movimento con la suola, poi il colpo di tacco e il gol. Un
esercizio di danza che complessivamente dura quattro secondi, tre difensori
evitati in due metri quadrati.
Il fischio di inizio si avvicina. Ogni mattonella del campetto è occupata. Tra
linee laterali e muro c’è un metro e mezzo circa, e in questo metro e mezzo ci
sono quattro file di persone lungo l’intero perimetro del campo. Il pallone esce
quando tocca i piedi di qualche tifoso. L’arbitro è Vincenzo Caprio detto Tyson,
circa sessant’anni, statuario, ex centravanti dilettante: «Sono l’arbitro più
titolato dei tornei napoletani», dice. «Guarda la mia prestazione in campo,
vedrai la mia personalità». Il suo sforzo, in realtà, sarà in buona parte per
tenere i tifosi lontani dal campo.
Luigi Iannone è il capitano del Manchester City, numero 9, capelli ossigenati.
«Sono dei Quartieri Spagnoli. Per me questo torneo è come tornare a giocare per
strada». Racconta di un pallonetto al River Plate, intorno a lui annuiscono:
«Grande gol!». Iannone ha trentacinque anni, un lontano passato da calcettista
semiprofessionista, ora è in cerca di lavoro e ha due figlie. La prima gli gira
intorno, gioca molto bene a pallone con altri bambini. Prima dell’inizio della
partita abbraccia il padre.
La partita inizia alle 22:45, il presentatore ha dovuto chiedere più volte agli
spettatori di uscire dal campo. «E ora incendiate la Scugnizzo Cup!»: le torce
illuminano il chiostro e quando il fumo si dirada le squadre sono pronte per il
calcio d’inizio. Il pubblico più rumoroso è a favore del Manchester City e
lancia complicati cori contro l’Inter Miami. C’è un capo tifoso con un piccolo
megafono rosso. Provoca i giocatori avversari, che non reagiscono mai. Nel primo
tempo la partita è combattuta, poi il Manchester City passa in vantaggio con Del
Pozzo. I tifosi invadono il campo e festeggiano.
Nella ripresa l’Inter Miami è sopraffatta. Emerge il talento di Luca Orefice,
che sarà poi votato miglior giocatore del torneo. Tre gol: punizione rasoterra,
palla all’angolino dopo azione travolgente a sinistra, testata da corner. I
tifosi lo portano in trionfo. Orefice ha ventiquattro anni, un viso da filosofo,
Parmenide con i capelli rossi. Gioca a calcio a 5 per l’Mds di Marigliano (C1),
probabilmente potrebbe giocare a livelli più alti. Su internet si trovano
articoli su di lui: quando era a Scafati era seguito da alcune squadre
importanti di serie A.
La partita finisce 4-0, la Scugnizzo Cup è del Manchester City. Ultime scene:
capitan Iannone indossa occhiali da sole da motociclista e un berretto
all’indietro, sembra più giovane, sorride. I compagni di squadra lo sollevano e
lo fanno volare per tre volte. Quando torna a terra viene abbracciato da sua
figlia. È tempo di foto con la coppa, salti, medaglie, il cielo è illuminato dai
fuochi d’artificio. (davide schiavon)