Status di rifugiata alla richiedente nigeriana per la sussistenza degli indici tipici della tratta
La donna aveva già raccontato in sede di audizione avanti la competente
Commissione territoriale di essere vittima tratta poiché rinchiusa, durante i
mesi trascorsi in Libia, in una connection house e qui costretta alla
prostituzione. Tuttavia, la Commissione non l’ha ritenuta credibile.
Di diverso avviso invece il Tribunale secondo il quale: “(…) ritiene il Collegio
di non condividere il giudizio della Commissione Territoriale, dal momento che
le dichiarazioni della ricorrente, valutate alla luce dei principi di
interpretazione elaborati dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria, in
realtà confermano la sussistenza e il fondato rischio di atti persecutori,
compresa la possibile ed anzi verosimile ricaduta nelle maglie dei trafficanti
per le ragioni che si diranno. Non si condividono le contestazioni di genericità
e scarsa verosimiglianza delle dichiarazioni della ricorrente, che invece
appaiono precise e coerenti con le fonti istituzionali e con i criteri
indicativi della tratta. Si sottolinea inoltre che le plurime dichiarazioni rese
negli anni in diversi contesti e innanzi a diverse autorità non hanno mai fatto
emergere contraddizioni o circostanze inverosimili, ma anzi sono state sempre
coerenti e dettagliate. Va soltanto chiarito, a questo ultimo proposito, che
nessuna perplessità può derivare dal fatto che la narrazione si sia arricchita
progressivamente e non sia apparsa fin dall’inizio completa, determinando la
necessità di due ulteriori audizioni. In presenza di vicende profondamente
traumatiche, come quelle narrate dalla richiedente, è necessario adottare un
approccio che tenga conto della condizione di vulnerabilità derivante dalle
esperienze subite, senza pretendere una esposizione immediata, perfetta e
lineare dei fatti.”
Il Tribunale ha poi valutato la sussistenza degli indici tipici della tratta, e
cioè:
* la storia familiare;
* la strategia di reclutamento;
* la presenza di un rito magico cui la vittima si sente avvinta;
* le fasi di pianificazione del viaggio;
* lo sfruttamento nel Paese di transito o di destinazione;
* la presenza di un debito da ripagare a mezzo di un lavoro illecito.
Il conseguente accertamento della condizione di vulnerabilità della richiedente
(il rientro in Nigeria la esporrebbe ad un elevato rischio di re-trafficking) ha
quindi portato il Tribunale a ritenere la sussistenza dei presupposti per il
riconoscimento dello status di rifugiata ai sensi dell’art. 1 della Convenzione
di Ginevra e degli arti. 7 e 8 del D.Lgs 251/07.
Tribunale di Milano, decreto del 29 settembre 2025
Si ringrazia l’Avv. Michele Pizzi per la segnalazione e il commento.
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