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L’esercito statunitense è il più grande nemico della Terra
> Nella scena di apertura del nuovo documentario di Abby Martin e Mike Prysner, > Earth’s Greatest Enemy (Il più grande nemico della Terra), un veterano > senzatetto suona il pianoforte in una tendopoli a Brentwood, in California. > Vive  nell’accampamento popolarmente noto come “Veterans Row”, dove le tende > sono drappeggiate in bandiere statunitensi e le persone che vi passano accanto > ricordano quanto spesso l’esercito americano rovina le persone e poi le > rifiuta. L’uomo inizia a recitare le battute di una vecchia pubblicità di > reclutamento dell’esercito; poi il film fa vedere la pubblicità stessa, con lo > stesso veterano. Lui ne ricorda tutte le battute. Earth’s Greatest Enemy è un documentario sulla crisi climatica e l’imperialismo: su come l’esercito americano sia la più grande istituzione che ci spinge verso il collasso ecologico. A prima vista, la scena di apertura di un veterano che vive per strada potrebbe sembrare non correlata. Nel corso del film, Martin, con attenta precisione, illustra che i danni al clima da parte dei militari statunitensi non vengono inflitti solo all’ambiente che ci circonda, ma a tutti noi, come viene mostrato nelle scene che evidenziano l’acqua contaminata a Camp Lejeune. Il più grande nemico della Terra cattura l’ampiezza insondabile della sofferenza ecologica e umana causata dal militarismo. Evidenzia il costo della guerra per gli oceani, la vita animale e vegetale, l’acqua dolce e altro ancora. Se qualcuno vive nel ventre di questa bestia militare, dovrebbe assolutamente guardare questo documentario. Un segmento del film si concentra sull’impatto delle forze armate statunitensi sugli oceani della Terra, in particolare durante i giochi di guerra guidati dagli Stati Uniti, RIMPAC, la più grande esercitazione militare marittima del mondo. Fanno volare jet  Growler sull’oceano e praticano esercizi di affondamento, facendo esplodere navi dismesse in mare aperto. Sparano proiettili vivi e inquinano l’oceano per cinque o sei settimane consecutive. Martin documenta i militari statunitensi che fanno esplodere le montagne di Okinawa e prendono la terra per riempire le barriere coralline in modo che i militari possano usare il terreno così creato per ampliare la base militare. Una delle rivelazioni più sorprendenti del film è che l’esercito americano determina quanti mammiferi marini possono uccidere. Tutto ciò, ovviamente, influisce sulla pesca e sulla biodiversità che sostiene gli oceani e la vita umana e animale in tutto il mondo, più direttamente le persone del Pacifico, che si tratti delle Hawaii, di Okinawa o di altre isole in cui gli Stati Uniti hanno istituito avamposti militari permanenti. Earth’s Greatest Enemy esplora anche l’inquinamento delle acque causato dall’esercito americano. A metà del film, sentiamo Kim Ann Callan, che ha trascorso gli ultimi 15 anni a scoprire l’impatto dei rifiuti tossici dei militari a Camp Lejeune negli Stati Uniti. Per anni, i militari hanno avvelenato le acque sotterranee che, a loro volta, hanno avvelenato le famiglie dei militari. Di conseguenza, intere famiglie si ammalarono di cancro; l’esercito americano cercò di coprire questa situazione. Il film mostra Callan che cammina attraverso un cimitero con file di lapidi di bambini con la scritta “nato e morto” nella stessa data. Molte famiglie hanno perso più di un bambino per le malattie causate dall’inquinamento dei militari. > Callan riflette: “All’inizio avevo una visione completamente diversa > dell’esercito. E avevo molto rispetto per l’esercito… Ora non ho più rispetto > né per il governo né per l’esercito”. L’avvelenamento delle famiglie militari nella base non è accaduto solo a Camp Lejeune: il film espone quanto siano tossiche le basi militari statunitensi in tutto il mondo, con storie altrettanto devastanti in ciascuna delle oltre 800 basi militari a livello globale in oltre 80 paesi e in centinaia in tutti gli Stati Uniti Martin, ovviamente, discute dell’impatto che la guerra convenzionale ha sul pianeta, come quando gli Stati Uniti o uno dei suoi delegati, come Israele, bombardano incessantemente la terra per un lungo periodo di tempo. Il risultato è spesso un ecocidio totale, in cui i sopravvissuti non hanno quasi più nulla di cui crescere e vivere. Il film rivela l’impatto cumulativo dei proiettili sparati in Iraq. Stime prudenti suggeriscono che, per ogni persona uccisa nelle guerre statunitensi in Iraq e Afghanistan, sono stati usati più di 250.000 proiettili. Ogni proiettile inietta piombo, mercurio e uranio impoverito in aria, acqua e terra. Inoltre, studi hanno trovato titanio nei polmoni dei soldati statunitensi nelle basi e nei capelli di bambini in Iraq e Afghanistan. Gli Stati Uniti dichiarano guerra non solo all’aria, all’acqua e alla terra, ma anche ai corpi e alle generazioni di esseri umani. L’esercito americano sta distruggendo tutte le forme di vita. E per cosa, poi? Anche coloro che combattono le guerre alla fine vengono lasciati per strada quando tornano a casa. Alla fine del film, è abbondantemente chiaro: l’esercito americano è davvero il più grande nemico della Terra. Controlla e minaccia tutta la vita sulla Terra. Come organizzatori all’interno del movimento contro la guerra, ci è molto chiaro quanto la lotta contro di essa possa essere isolata dal resto del movimento ambientalista. Per lottare a favore del futuro del pianeta, noi del movimento contro la guerra dobbiamo unire le forze con il movimento per il clima. I nostri nemici sono gli stessi: gli speculatori di guerra e i politici che ci spingono verso il collasso climatico. Gli organizzatori in prima linea nella lotta contro questa crisi planetaria del militarismo — dalle Hawaii a Okinawa ad Atlanta — lo capiscono. La lotta per la terra è indissolubilmente legata alla lotta contro il militarismo. Non abbiamo altra scelta che tagliare le linee rosse politiche, filantropiche e organizzative che ci separano. Perché, come spiegano Martin e Prysner, attraverso una narrazione umana compassionevole e un giornalismo radicalmente onesto, la macchina da guerra alla fine colpirà tutti noi. Dobbiamo intervenire ora. -------------------------------------------------------------------------------- Aaron Kirshenbaum è attivista della campagna War is Not Green (La guerra non è verde) di CODEPINK e organizzatore regionale della costa orientale. Originario di Brooklyn, New York, dove risiede, Aaron ha conseguito un master in Sviluppo e pianificazione comunitaria presso la Clark University. Ha inoltre conseguito una laurea in Geografia umana-ambientale e urbana-economica presso la stessa università. Durante gli studi, Aaron ha lavorato all’organizzazione di programmi internazionali per la giustizia climatica e allo sviluppo di programmi educativi, oltre che all’organizzazione di iniziative a favore della Palestina, degli inquilini e dell’abolizionismo. Danaka Katovich è co-direttrice nazionale di CODEPINK. Si è laureata in Scienze Politiche alla DePaul University nel 2020. È una voce di spicco contro l’intervento militare degli Stati Uniti, sostenendo il disinvestimento dai produttori di armi e contestando il crescente budget del Pentagono. I suoi scritti sono pubblicati su Jacobin, Salon, Truthout, CommonDreams e altri. -------------------------------------------------------------------------------- TRADUZIONE DALL’INGLESE DI FILOMENA SANTORO. REVISIONE DI THOMAS SCHMID. Codepink
[2025-11-27] "Casa dolce casa" di Giacomo Di Biase - proiezione @ CSOA Forte Prenestino
"CASA DOLCE CASA" DI GIACOMO DI BIASE - PROIEZIONE CSOA Forte Prenestino - via Federico delpino, Roma, Italy (giovedì, 27 novembre 21:30) GIOVEDÌ 27 NOVEMBRE 2025 CSOA Forte Prenestino & CinemaForte h. 21:30 proiezione di "CASA DOLCE CASA" (Ita 2025, 52') di Giacomo De Biase presentazione con il Coordinamento sì al parco, sì all’ospedale no allo stadio ... "Casa dolce casa" racconta la lotta dei residenti del quartiere romano di Pietralata contro l'imminente costruzione del nuovo stadio dell'AS Roma, che dovrebbe sorgere su un bosco la cui esistenza è stata negata dalle autorità fino alla scorsa primavera. Mentre istituzioni e promotori del progetto stadio falsamente dipingono un quadro di riqualificazione urbana e promozione del verde, le voci autentiche di Flavio, Alessandro e Sebastiano svelano la dura realtà di sgomberi forzati, promesse non mantenute e di distruzione di intere vite e ricordi. È una battaglia di civiltà e difesa del territorio, della storia e della dignità umana, un grido di resistenza contro coloro che cercano di cancellare un passato e un futuro in nome di un progresso che ignora le persone. ... https://www.forteprenestino.net/attivita/cinema/3477-casa-dolce-casa
Vi racconto come i pfas ci uccidono lentamente
Class actions dopo il fallimento dei processi penali. Il documentario How to poison a planet di McGowan svela la catastrofe ambientale e sanitaria generata dalla 3M. E’ stato presentato in Italia con una iniziativa che si è svolta al Senato, presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro a Roma, all’interno di un dibattito dedicato al tema dell’inquinamento e della contaminazione da Pfas, curato e moderato dalla giornalista Serena Trivellone. Tra gli ospiti, la regista Katrina McGowan, gli avvocati Robert Bilott e Gary Douglas, e l’attore e attivista Mark Ruffalo, tra i protagonisti del documentario. L’attore è anche regista e interprete del bellissimo Dark water, in cui interpreta proprio Robert Bilott, che fu il primo a portare alla luce la tossicità dei pfas e i sistematici insabbiamenti di prove da parte dell’azienda che li inventò dal nulla negli anni Settanta, la 3M. How to poison a planet, prodotto da iKandy Films e Stan Originals, segue la più grande causa legale, class action, sulla contaminazione dell’acqua potabile mai avviata negli Stati Uniti, rivelando attraverso documenti e testimonianze inedite come l’azienda 3M fosse a conoscenza, già dagli anni Settanta, della tossicità dei propri composti chimici. Katrina McGowan segue una pista di approfondimento che arriva a svelare “uno dei più grandi disastri ambientali della storia umana”, mostrando il prezzo umano pagato da intere comunità colpite in America, Australia e nel resto del mondo. Cioè in Italia, dove a Spinetta Marengo fin dagli anni novanta erano a conoscenza dei danni dei Pfas. Class actions dopo il fallimento dei processi penali. Se qualcuno, in buona fede: intendo (non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire), avesse ancora qualche dubbio sulla necessità non più rinviabile di avviare in sede civile una class action inibitoria contro Solvay per bloccare d’urgenza le produzioni di Spinetta Marengo che causano il disastro sanitario e ambientale di Alessandria, quel qualcuno dovrebbe interrogarsi sui Fatti. Uno dei fatti, il principale, è che i processi in sede penale, almeno per quando riguarda Alessandria (ma anche in generale: vedi le 518 pagine, non aggiornate, del nostro “Ambiente Delitto Perfetto” volume 1° prefazione del grande Giorgio Nebbia) sono un fallimento per la tutela della Salute e delle Vittime. Lo ripeto giusto da dieci anni, da quando il processo contro Solvay si concluse senza vere condanne, senza risarcimenti per le Vittime, dunque senza nessuno seguito di bonifiche del territorio. Ad analogo fallimento è destinato il nuovo processo Solvay, già moribondo al concepimento: con capi di imputazione dei PM irrilevanti (di colpa anziché di dolo) e scaricati su due piccoli capri espiatori nullatenenti (piuttosto che sulle spalle dei  miliardari padroni dell’azienda), eppoi proseguito anzi neppure proseguito ma arenato dal GUP almeno fino  al 2026 per consentire quell’opaco Patteggiamento della Solvay con le Parti civili che porrà la pietra tombale anche su questo processo: senza condanne, senza risarcimenti per le Vittime, senza seguito di bonifiche del territorio. Gli avvocati penalisti di parte civile, quelli onesti e ottimisti, sperano che questo inevitabile nuovo fallimento sarà ribaltato da un colpo di scena: da una sopraggiunta sostituzione dei giudici del tribunale di Alessandria. Purtroppo hanno torto: è una velleità, i buoi sono già scappati, è troppo tardi -con tutto il rispetto per i nuovi giudici- per ristrutturare di sana pianta (dolosa) l’impalcatura (colposa) del processo, per ricominciare da punto e a capo il processo, un lavoro che durerebbe anni, mentre nel frattempo per altri anni e anni migliaia di persone sarebbero condannate a malattie e morti. Esistono vie alternative alle fallimentari sedi penali, che -per dovere morale e civile- vanno tentate. Lo ripeto da dieci anni. Class actions in sede giudiziaria civile: 1) con azione risarcitoria collettiva, patrimoniale e non, per le Vittime fisiche (cittadini e lavoratori) del disastro sanitario, e 2) con azione inibitoria collettiva in materia ambientale per bloccarlo il disastro ecosanitario della Solvay, per fermarle le produzioni inquinanti. Per queste azioni, realizzate con successo nel mondo, ma finora mai tentate contro il colosso Solvay in Italia, per la loro riuscita è necessaria la garanzia che siano affidate -come stiamo facendo per l’azione inibitoria- ad uno Studio Legale con un pedigree di radicalità e onestà invalicabile sia sotto il profilo umano/lotta ecologista che sotto quello strettamente professionale. Ad un gruppo di professionisti, cioè, con un passato di lotta ambientalista e che investono decine di migliaia di euro su un valido staff di tecnici ed esperti assortiti per le varie esigenze scientifiche necessarie in tribunale. Senza alcun rischio per i beneficiari. Per l’opzione class actions, chi risponde alla propria coscienza, cioè in scienza e buona fede (non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire), aggiorna sempre più gli altri Fatti: una mole di documentazione di indagini ambientali ed epidemiologiche. Ad esempio, di recente, i DATI EPIDEMIOLOGICI SULLA CONTAMINAZIONE DI SPINETTA MARENGO. Documentazione scientifica a supporto dell’appello dei medici. I dati riportati provengono da studi epidemiologici ufficiali condotti da: Servizio di Epidemiologia, ASL TO3 Piemonte, ARPA Piemonte, ASL Alessandria. Gli studi sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Alessandria nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento ambientale. I dati epidemiologici sulla contaminazione Solvay. Tra chi li ignora e chi fa finta. Per l’opzione class action in sede civile, alternativa al fallimento della sede penale, chi risponde alla propria coscienza, cioè in scienza e buona fede (non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire) aggiorna sempre più i Fatti: la mole di documentazione di indagini ambientali ed epidemiologiche. Ad esempio, di recente, i DATI EPIDEMIOLOGICI SULLA CONTAMINAZIONE DI SPINETTA MARENGO. Documentazione scientifica a supporto dell’appello dei medici. I dati riportati provengono da studi epidemiologici ufficiali condotti da: Servizio di Epidemiologia, ASL TO3 Piemonte, ARPA Piemonte, ASL Alessandria. Gli studi sono stati richiesti dalla Procura della Repubblica di Alessandria nell’ambito dell’inchiesta per inquinamento ambientale. Tramite le analisi in 10 capitoli (STUDIO SULLA MORTALITÀ DEI LAVORATORI DEL POLO CHIMICO, STUDIO SULLA MORBOSITÀ DEI LAVORATORI, DATI POPOLAZIONE RESIDENTE A SPINETTA MARENGO, PATOLOGIE NON TUMORALI – POPOLAZIONE RESIDENTE, MORTALITÀ GENERALE, CORRELAZIONE CON L’ESPOSIZIONE AMBIENTALE CONTAMINAZIONE DOCUMENTATA, CONFRONTO CON ALTRE AREE CONTAMINATE, CONSIDERAZIONI SCIENTIFICHE SIGNIFICATIVITÀ STATISTICA, IMPLICAZIONI PER LA SALUTE PUBBLICA POPOLAZIONE A RISCHIO, RACCOMANDAZIONI SCIENTIFICHE NECESSITÀ IMMEDIATE, PREVENZIONE PRIMARIA) le CONCLUSIONI non lasciano scampo ad equivoci di sorta: “I dati epidemiologici disponibili dimostrano in modo inequivocabile l’esistenza di: ? Eccessi significativi di mortalità e morbosità nella popolazione esposta ? Pattern di malattie coerente con l’esposizione a inquinanti chimici ? Correlazione dose-risposta tra esposizione e effetti sanitari ? Gravità particolare per alcune patologie (mesotelioma, SLA, tumori renali e vescicali) ? Persistenza temporale del fenomeno (oltre 20 anni)   Questi dati costituiscono una solida base scientifica per richiedere: Interventi immediati di bonifica Programmi di sorveglianza sanitaria Tutela della salute dei lavoratori e dei residenti Applicazione del principio di precauzione Riconoscimento del danno sanitario”.   Eppure, di fronte a questi inequivocabili FATTI, ignorati da comune provincia sindaco regione governo magistratura, c’è perfino chi tituba sulle class action. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Chi, ad avvalorare la necessità delle class actions, non si accontenta degli Studi Epidemiologici: farebbe bene a relazionarsi anche sui risultati prodotti da Arpa relativi alla campagna di monitoraggio condotta presso lo stabilimento Solvay Syensqo di Spinetta Marengo, che fornisce aggiornamenti sia sulle concentrazioni rinvenute per i tensioattivi perfluoroalchilici sia sui cosiddetti “inquinanti storici”. Se già nel 2024 la campagna aveva rilevato la presenza di concentrazioni “anomale” di composti clorofluorurati nelle acque sotterranee, cioè anche dei pfas C6O4, nel 2025, per inquadrare idrogeologicamente il periodo, il livello piezometrico della falda nei mesi è tornato ad aumentare, alzandosi di quasi un metro rispetto ad inizio anno. L’area di cattura della barriera idraulica continua ad essere arretrata verso lo stabilimento. “Molti piezometri risultano con una concentrazione in crescita come il PzIN63 e il PzIN74, afferenti all’area Algofrene e alle zone limitrofe, che presentano concentrazioni molto elevate (fino a 38500 µg/l in PzIN63) estendendosi fino ai pozzi barriera e alle aree limitrofe. Si osservano anche aumenti di concentrazione in pozzi esterni all’azienda come P5AMAG e pozzi profondi sia interni che esterni all’azienda come per PP14bis che PP29bis. Nei piezometri profondi del livello B sono stati riscontrati anche gli altri CFC ricercati (Clorodifluorometano, Diclorodifluoro-meatno, Triclorofluorometano).” Va evidenziato che per gli altri due PFAS in analisi (ADVN2 e PFOA) si osserva un aumento di concentrazioni rispetto alla campagna precedente, soprattutto nel caso del PFOA. A valle del sito nella falda superficiale si è notato un incremento di concentrazione di PFOA. Il piezometro esterno con la concentrazione maggiore di cC6O4 è risultato essere PzES4 ubicato sul confine N-NW dello stabilimento, con una concentrazione pari a 0,81 µg/l. Tra i piezometri esterni del Livello A PzES6 ha registrato la concentrazione maggiore di cC6O4 pari a 2,6 µg/l e di ADVN2 pari a 7,4 µg/l. Va da sé che l’acqua che Solvay preleva dalle falde per il raffreddamento degli impianti, superiore all’intero consumo dell’intera provincia, viene poi sparata dai camini in atmosfera e ricade sul territorio in respirazione  suolo e acqua. Pubblicato il Gli omissis di Solvay per nascondere l’inquinamento. Nel procedimento in corso presso la Provincia di Alessandria per il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per i propri impianti di Spinetta Marengo, Solvay-Syensqo aveva ottenuto che fossero pubblicati i progetti eliminando tutte le parti che l’azienda riteneva riservate per ragioni di segreto industriale, anche se contenevano informazioni sulle emissioni di inquinanti nell’ambiente. Legambiente aveva presentato ricorso al TAR Piemonte. La sentenza del TAR, nonostante l’opposizione presentata sia da Solvay-Syensqo, sia dalla Provincia di Alessandria che aveva sostanzialmente avallato la secretazione pretesa dall’Azienda, è stata sollecita e chiara: la Provincia “dovrà, pertanto, esibire e rilasciare in copia i documenti richiesti nel termine di giorni 20 (venti) dalla comunicazione della presente pronuncia, rimuovendo gli oscuramenti e gli omissis che ostino alla lettura delle informazioni relative alle emissioni dell’impianto industriale nell’ambiente”. Vedremo se e come i sodali Solvay e Provincia renderanno pubblici gli ostinati omissis. Vedremo se ci sarà chi tituba di fronte alle class actions (ma, si sa, non c’è peggior sordo di chi fa finta di non sentire). L’intero servizio è a cura di Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro e può essere liberamente pubblicato. Pubblicato il 17 Novembre 2025 Messaggio di pace e salute a 42.102 destinatari da Lino Balza Movimento di lotta per la salute Maccacaro tramite RETE AMBIENTALISTA – Movimenti di Lotta per la Salute, l’Ambiente, la Pace e la Nonviolenza Nel rispetto del Regolamento (UE) 2016 / 679 del 27.04.2016 e della normativa di legge. Eventualmente rispondi: cancellami. Sito: www.rete-ambientalista.it movimentodilottaperlasalute@reteambientalista.it movimentolotta.maccacaro@gmail.com – lino.balza@pecgiornalisti.it Gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/299522750179490/?fref=ts Pagina Facebook: https://www.facebook.com/reteambientalista/?fref=ts Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCnZUw47SmylGsO-ufEi5KVg Twitter: @paceambiente Via Mario Preve 19/7 – 16136 Genova  cell.3470182679 lino.balza.2019@gmail.com  – lino.balza@pec.it Sottoscrizioni a favore della Ricerca Cura Mesotelioma: IBAN IT68 T030 6910 4001 0000 0076 215 Redazione Italia
[2025-11-16] "Colpevoli di Palestina" (2025) • proiezione del documentario sul processo di Anan, Ali e Mansour @ CSOA Forte Prenestino
"COLPEVOLI DI PALESTINA" (2025) • PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO SUL PROCESSO DI ANAN, ALI E MANSOUR CSOA Forte Prenestino - via Federico delpino, Roma, Italy (domenica, 16 novembre 16:30) CSOA Forte Prenestino domenica 16 novembre 2025 ore 16:30 proiezione del documentario sul processo di Anan, Ali e Mansour "COLPEVOLI DI PALESTINA" (Ita 2025) 47' regia di di Giacomo Villa ... COLPEVOLI DI PALESTINA La vicenda giudiziaria di Anan Yaeesh, combattente della Seconda Intifada, incarcerato dal 27 gennaio 2024 dallo Stato italiano che lo sta processando, insieme ai suoi amici Ali Irar e Mansour Doghmosh, per aver preso parte alla Resistenza palestinese. Un lavoro che racconta come la repressione della resistenza palestinese avvenga anche sul nostro territorio. ... https://www.forteprenestino.net/attivita/cinema/3464-colpevoli-di-palestina-documentario https://www.facebook.com/events/1143026824216997 #freePalestine
Bologna, Venerdì 14 Novembre: “CAPIRE L’IRAN – Un’altra prospettiva oltre i media occidentali”
Dietro la caricatura mediatica dell’“Iran minaccioso” si nasconde una realtà complessa: un Paese che resiste da decenni a sanzioni, guerre indirette e tentativi di isolamento; un Paese con una storia millenaria, un tessuto sociale in evoluzione e un ruolo centrale nella lotta contro l’egemonia occidentale. Capire l’Iran vuole dire offrire strumenti di conoscenza e riflessione critica, contro la narrazione dominante che riduce tutto a schemi di “buoni” e “cattivi”. Un invito ad ascoltare altre voci, a comprendere le radici culturali, politiche e spirituali di un mondo che non si piega all’imperialismo. > Ore 17:30 – Proiezione del documentario prodotto da ComeDonChisciotte.org “Rivoluzione. Abbiamo il diritto di decidere il nostro destino” di Jacopo Brogi Un racconto potente sulle aspirazioni, le sfide e la dignità di un popolo che rivendica il diritto di autodeterminarsi. > Ore 19:00 – Presentazione del libro   “Islam tra colonizzazione e imperialismi” di Maria Morigi Un saggio che attraversa secoli di storia, dall’espansione coloniale europea alle contraddizioni del mondo contemporaneo, mettendo in luce il ruolo dell’Islam come spazio di resistenza e identità. Saranno presenti: Maria Morigi, autrice del libro Jacopo Brogi, autore del documentario Alessandro Fanetti, fotografia e riprese Un’occasione per comprendere l’Iran non come “nemico”, ma come protagonista di una storia di dignità, indipendenza e autodeterminazione. L’evento è una iniziativa organizzata dall’Associazione Marx21. Lorenzo Poli
[2025-10-16] Aspettando il Festival Voce Arcaica #2 - presentazione del nuovo libro "Pioggia di Nuvole" e proiezione del documentario "Legerin-in search of Alina " @ Centro Socio-Culturale Ararat
ASPETTANDO IL FESTIVAL VOCE ARCAICA #2 - PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO "PIOGGIA DI NUVOLE" E PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO "LEGERIN-IN SEARCH OF ALINA " Centro Socio-Culturale Ararat - Largo Dino Frisullo, Mattatoio, Roma (giovedì, 16 ottobre 18:30) All'interno di "Çand"- festival della cultura curda. Dal 16 al 18 ottobre, al Centro Socio Culturale Ararat (largo Dino Frisullo) avremo due appuntamenti verso il festival Voce Arcaica. Musica, cinema, letteratura, danza, buon cibo e tutta la poesia del crepuscolo nel cuore di Testaccio. Tutti i giorni porte aperte dalle 17.30 con mostre fotografiche, infoshop e cena a cura della comunità curda di Roma. - il 16 ottobre alle 18.30 presentazione del nuovo libro "Pioggia di Nuvole" (Calamaro Edizioni) con l’autrice Denise Bilgin, la traduttrice Nayera El Gamal e Saadia Kouti, rappresentante enti locali Nord-Est Siria. Alle 20.30 proiezione di Legerin-in search of Alina (di María Laura Vásquez - 2023 - 82'). - il 17 ottobre alle 18.00 Workshop di danza curda. Alle 19.30 presentazione e reading musicale di "Autunno - appunti partigiani dal Kurdistan" (Elementi Kairos, 2021). Alle 21 proiezione del doc "Naharina resistenza comunitaria nel Kurdistan siriano" (di Ferran Domènech Tona - 2025 - 51'). - sabato 18 ottobre Alle 18 Dibattito "Verso la pace e una società democratica in Kurdistan" con Massimiliano Smeriglio (Ass. Cultura Roma Capitale), Giovanni Russo Spena (Comitato Libertà per Ocalan), Chiara Cruciati (vicedirettrice il manifesto), Arturo Salerni (avvocato), Piero Bernocchi (Confederazione Cobas), Zerocalcare (fumettista). Modera Michela Arricale (CRED). Alle 21 Concerto dei Karkum Project
Un Sud mai visto
Raccontare il Sud Italia attraverso i fenomeni sociali che lo caratterizzano porta a scoprire tante buone pratiche e a prendere atto di una narrazione diversa del nostro Mezzogiorno. E’ questo l’obiettivo di un’iniziativa promossa da Fondazione Con il Sud e Fondazione Apulia Film Commission per far incontrare il mondo del cinema – imprese cinematografiche italiane o internazionali – con il Terzo settore – organizzazioni non profit meridionali – per raccontare il Sud Italia attraverso le tematiche sociali. Una sperimentazione unica nel suo genere che promuove una collaborazione attiva tra società di produzioni cinematografiche di qualunque nazionalità e organizzazioni del Terzo settore meridionale. La prima edizione del bando promossa in via sperimentale nel 2018, registrò un grande interesse con la partecipazione di 350 organizzazioni tra imprese cinematografiche e organizzazioni di terzo settore. Le 10 opere selezionate ottennero numerosi premi e riconoscimenti internazionali – tra cui la vittoria alla Festa del Cinema di Roma del docufilm “Santa Subito” di Alessandro Piva – ma, soprattutto, hanno contributo ad alimentare e qualificare un’originale narrazione sul Sud attraverso i fenomeni sociali che lo attraversano, presso le comunità locali e, attraverso i festival, gli incontri, i canali distributivi e, più in generale, verso l’opinione pubblica. Anche la seconda edizione del bando “Social Film Production Con il Sud” (evoluzione del precedente “Social Film Fund Con il Sud”), promossa nel 2020, registrò grande interesse con oltre 160 proposte ricevute da 150 società di produzione cinematografica, con il coinvolgimento di circa 350 organizzazioni di Terzo settore di tutte le regioni meridionali. In base alle categorie previste dal bando, furono selezionati 10 documentari sui temi: ambiente, cultura, legalità, territorio, diritti, nuove generazioni, pensiero femminile, cittadinanza attiva, oltre i luoghi comuni, emergenza Covid. Diverse opere hanno partecipato a festival nazionali e internazionali, ricevendo riconoscimenti e riscontrando successo, a partire dalla proiezione di “Naviganti” di Daniele De Michele alle prestigiose Giornate degli Autori, nella cornice della Mostra internazionale d’Arte del Cinema di Venezia a settembre 2021, dove riscosse un grande successo di pubblico. Torna ora la terza edizione del “Social Film Production Con il Sud” , il cui bando scade il 3 novembre 2025. L’iniziativa si rivolge a partenariati composti da almeno tre organizzazioni: l’impresa cinematografica proponente dovrà essere affiancata da almeno due enti del Terzo settore meridionale (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia), che avranno un ruolo di valorizzazione e promozione della tematica affrontata, nella fase di ideazione e realizzazione del prodotto audiovisivo e della promozione. Le riprese, così come le attività di promozione sul territorio, potranno essere svolte in una o più delle regioni meridionali in cui interviene la Fondazione Con il Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia). Le opere potranno essere documentari (della durata compresa tra i 20 e i 52 minuti) o cortometraggi di animazione (della durata minima di 10 minuti). A disposizione 50.000 euro complessivi per progetto. Le proposte potranno affrontare una o più tematiche sociali tra quelle previste nel bando. Beni comuni e territorio: tutela, cura e valorizzazione del patrimonio ambientale, del paesaggio, della biodiversità, del patrimonio culturale materiale e immateriale; valorizzazione di terreni incolti o abbandonati, di beni confiscati alle mafie, di periferie urbane, di biblioteche di comunità; promozione culturale e turismo responsabile; legalità: educazione alla legalità; contrasto alla criminalità organizzata; percorsi di inclusione socio-lavorativa di persone detenute; diritti: cura e integrazione delle persone con disabilità; cura e integrazione degli anziani; supporto ai caregiver; contrasto allo sfruttamento sessuale e lavorativo e integrazione degli immigrati; contrasto alla violenza e promozione della parità di genere; housing sociale; nuove generazioni: servizi per l’infanzia, contrasto alla dispersione scolastica e alle povertà educative; contrasto al lavoro minorile; accoglienza e interazione dei minori stranieri non accompagnati; promozione dei giovani talenti in ambito economico sociale e della ricerca scientifica; cittadinanza attiva: promozione della cittadinanza attiva, volontariato; promozione della partecipazione attraverso lo sport sociale, l’arte urbana; comunità e spopolamento: contrasto al fenomeno della denatalità e dello spopolamento al Sud, promozione della rigenerazione demografica, sociale e culturale delle comunità; promozione dell’economia sociale nell’ambito dello sviluppo locale del territorio; oltre i luoghi comuni e pensiero femminile: contrasto alla narrazione stereotipata di comunità e persone. Qui la documentazione necessaria per partecipare al bando Social Film Production Con il Sud: https://www.apuliafilmcommission.it/bandiefornitori/avviso-pubblico-relativo-ad-una-indagine-di-mercato-per-la-produzione-esecutiva-di-opere-audiovisive-social-film-production-con-il-sud-edizione-2024-2025-nellambito-del-programma/.  Giovanni Caprio
Al via le riprese del documentario sul movimento guerrigliero del “Che” Guevara
La regista boliviana Verónica Córdoba ha assicurato che questo mese inizierà le riprese del documentario El Paquete, la storia di Efraín Quicáñez (Negro José), che salvò i sopravvissuti della guerriglia del comandante Ernesto “Che” Guevara. “È una grande notizia, abbiamo finalmente ricevuto i finanziamenti per realizzare il film El Paquete, la storia di Quicáñez, che salvò i sopravvissuti del movimento guerrigliero del comandante Ernesto Che Guevara e li guidò lungo percorsi molto difficili”, ha dichiarato in un’intervista esclusiva a Prensa Latina. Córdoba ha descritto come Negro José (nome di battaglia di Quicáñez) abbia attraversato i confini del Cile con i cinque guerriglieri sopravvissuti e li abbia poi accompagnati in giro per il mondo fino a quando non sono stati finalmente ricevuti all’Avana dallo stesso leader storico della Rivoluzione, Fidel Castro. “È una storia che volevamo raccontare da molto tempo e siamo molto contenti che finalmente in questo mese e nel prossimo luglio riusciremo a filmarla”, ha detto Córdoba. “Insieme a Quicáñez, faremo di nuovo questo viaggio, lo seguiremo lungo quelle strade con tutto ciò che è cambiato nel tempo, ma credo che ne uscirà un documentario molto rivelatore”, ha concluso il regista, comunicatore e scrittore. > Il 29 maggio, in conformità con la Legge boliviana sul cinema e l’arte > audiovisiva, il Ministero delle Culture e l’Agenzia per lo sviluppo della > Settima Arte hanno premiato i progetti vincitori del secondo bando relativo al > Fondo per la promozione del settore – Verso il Bicentenario della Bolivia – (6 > agosto). Rivolto a registi nazionali e stranieri residenti nel Paese, il bando ha come obiettivo centrale il rafforzamento dell’industria cinematografica nazionale e la promozione dello sviluppo artistico, tecnico e produttivo. In base al bando, sono stati stanziati più di 4,3 milioni di boliviani (614.000 USD) per sostenere un totale di nove progetti. I vincitori nella categoria Lungometraggi di finzione-Seconda opera in poi sono stati i rinomati registi Kiro Russo, Alejandro Loayza e María Victoria Guerrero. > El Paquete, di Verónica Córdoba, è stato il vincitore della categoria > Lungometraggi documentari-Seconda opera in poi, mentre nella categoria Film e > audiovisivi indigeni e comunitari sono stati premiati cinque progetti. Gli autori sono Edwin Marcos Mamani, Demetrio Nina, Anaisa Merelis, Salomé Zenteno e Patricio Luna. I progetti selezionati sono stati valutati da una giuria di fama internazionale composta dai professionisti Sergio Calero (Bolivia), Marilha Naccari (Brasile) e Paulo Roberto de Carvalho (Germania-Brasile). Fonte: CUBADEBATE Traduzione: italiacuba.it Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba
Dalai Lama – La saggezza della felicità: il documentario per il leader spirituale che compie 90 anni
Il film documentario di Barbara Miller e Philip Delaquis, prodotto da Richard Gere, esplora la vita e le lezioni del Dalai Lama sulla compassione e la pace interiore. Il trailer In una società in cui siamo interconnessi e sempre più soli, in cui la comunicazione è continua e alla portata di tutti, ma in cui non sappiamo più dialogare, le parole di un uomo come il Dalai Lama sono lo spunto per fermarci, fare silenzio e finalmente ascoltare. Le hanno raccolte Barbara Miller e Philip Delaquis nel documentario Dalai Lama – La saggezza della felicità, prodotto da Richard Gere suo grande seguace, e al cinema con Wanted il 26, 27 e 28 maggio.  La sinossi ufficiale presenta il film come: “Un documentario che offre un ritratto cinematografico del 14º Dalai Lama, Tenzin Gyatso, in occasione del suo novantesimo compleanno. Nel film, il leader spirituale si rivolge direttamente al pubblico, condividendo la sua saggezza sulla ricerca della felicità nel mondo contemporaneo. La pellicola combina immagini personali del Dalai Lama, filmati d’archivio storici e scene attuali delle sfide globali che l’umanità affronta oggi”. Dal trailer si evince che si tratta di un appello, un testamento spirituale che questo leader esiliato vuole rivolgere ai “fratelli e sorelle di questo piccolo pianeta”. E sorprendentemente il novantenne Dalai Lama invita tutti a non pensare “a Dio, all’aldilà, ma a questa vita. La nostra unica vita”, ribaltando la concezione, a cui il monoteismo ci ha abituati, di un’esistenza oltre la morte e un impegno per la conquista del regno dei cieli o simili. L’urgenza del capo buddhista è quella di ricordare la responsabilità che ciascuno di noi ha in questa esistenza, nell’impegno per la pace e per il rispetto dell’ambiente, senza anteporre fedi religiose che distolgono dall’attenzione verso le cogenti sfide del Secolo. E ci ricorda che “il vero obiettivo della nostra vita è la felicità, la gioia” raggiungibile solo attraverso una pace interiore.   LA STORIA DEL QUATTORDICESIMO DALAI LAMA Nato Lhamo Dondrub, il 6 luglio 1935, in un povero villaggio tibetano, Tenzin Gyatso fu identificato come reincarnazione del Dalai Lama nel 1937 – a soli due anni – e intronizzato come XIV Dalai Lama nel Palazzo di Potala, a Lhasa, nel 1939. Qui fu educato e crebbe isolato dal mondo, ma nel 1950 la Repubblica Popolare Cinese invase il Tibet: il popolo volle allora il quindicenne Dalai Lama a capo del governo per gestire l’occupazione. Fu allora che tentò la mediazione attraverso un viaggio in Cina durato due anni, che tuttavia non ebbe buon esito. Dopo la repressione cinese della sommossa tibetana del 1959, il Dalai Lama partì esule verso l’India promuovendo l’autonomia del Tibet, restando sempre fedele alla pratica della non violenza, promossa da Gandhi. Tale perseveranza gli valse il 10 dicembre 1989 il Premio Nobel per la pace che accolse dichiarando: “Mi onora e commuove profondamente il fatto che abbiate deciso di conferire questo importante riconoscimento a un semplice monaco del Tibet: io non sono niente di speciale. Credo quindi che il premio sia un riconoscimento dell’importanza dell’altruismo, dell’amore, della compassione e della non-violenza, tutti valori che cerco di praticare, in accordo con gli insegnamenti del Buddha e dei grandi saggi dell’India e del Tibet. Accetto il premio con profonda gratitudine a nome degli oppressi, ovunque essi si trovino, e di tutti coloro che lottano per la libertà e lavorano per la pace nel mondo”. IL DALAI LAMA AL CINEMA  A presentare il film Dalai Lama – La saggezza della felicità sarà domenica 25 maggio 2025 a Milano lo stesso produttore Richard Gere, presso Anteo Palazzo del Cinema, in compagnia di Jetsun Pema, sorella del Dalai Lama, e Filippo Scianna, Presidente dell’Unione Buddhista Italiana. Questo documentario ha in particolare il pregio di riprendere il Dalai Lama in persona che rivolge messaggi diretti al pubblico, sebbene la filmografia dedicata a questa figura religiosa sia corposa e variegata: da pellicole cult come Piccolo buddha di Bernardo Bertolucci o Sette anni in Tibet di Jean-Jacques Annaud, ai documentari 10 domande al Dalai Lama di Rick Ray o Lo sguardo insostenibile di Joshua Dugdale. Roberta Pisa   Redazione Italia