Argentina, le imprese recuperate al tempo di MileiLE ERT DALLA RESISTENZA ALLA COSTRUZIONE DI ALTERNATIVE MENTRE L’AGENDA DI MILEI
AMPLIFICA LE PRESSIONI E LE INERZIE STRUTTURALI
Da El Salto: Gorka Martija
e Gonzalo Fernández Ortiz de Zárate
(OMAL-Paz con dignidad)
Dal 27 al 29 novembre si terrà nella città argentina di La Rioja il X Incontro
Internazionale sull’Economia dei Lavoratori. Uno spazio di articolazione che
riunisce diverse esperienze di costruzione di economie alternative, il cui
fondamento principale è la promozione dell’autogestione delle unità economiche
da parte dei lavoratori stessi.
Si tratta di una rete strettamente legata al boom delle cosiddette Imprese
Recuperate dai Lavoratori (ERT), aziende in crisi o in bancarotta che, di fronte
alla minaccia di chiusura e svuotamento aziendale, vengono recuperate e gestite
collettivamente dai lavoratori. Un fenomeno che si è particolarmente distinto in
Argentina a partire dalla crisi del 2001, così come in paesi europei come la
Grecia e l’Italia a seguito del crollo del 2008.
L’incontro mira a dare un nuovo impulso alle ERT come baluardo di resistenza nel
nuovo ciclo politico in corso sia in Argentina che a livello globale. A tal
fine, si rifletterà sull’attuale situazione critica di questo settore popolare,
data la combinazione esplosiva di un aggravarsi della crisi capitalista globale
e della conseguente emergenza di fenomeni politici come Javier Milei, il cui
orientamento ultraliberista, filo-aziendale e reazionario può mettere a
repentaglio la già complessa fattibilità di queste esperienze.
Questi dibattiti, a loro volta, si intrecciano con la necessità di fare un
bilancio all’interno del campo popolare sui limiti e le contraddizioni delle
esperienze dei governi progressisti, così come sull’imperativo di inserire
organicamente le ERT e altre analoghe esperienze in strategie più ampie di
decisa alternativa alle strutture di potere politico-imprenditoriale a livello
nazionale e golbale sobre los límites y contradicciones de las experiencias de
gobierno progresistas, así como sobre el imperativo de insertar orgánicamente
las ERT y otras experiencias análogas en estrategias más amplias de decidida
subversión de las estructuras de poder político-empresarial a nivel nacional y
global.
RADIOGRAFÍA DELLE ERT OGGI IN ARGENTINA
Secondo il rapporto annuale del Centro di Documentazione delle Imprese
Recuperate, redatto dall’accademico e attivista Andrés Ruggeri, nel luglio 2025
le ERT in Argentina sono in totale 398 e danno lavoro a 13.812 persone. La
maggior parte di esse è concentrata in diversi settori industriali che hanno
avuto un peso storico nel tessuto produttivo argentino (metallurgico,
alimentare, tessile, grafico, della carne). Si tratta di settori industriali
pieni di piccole e medie imprese e molto orientati al mercato interno; per
questo motivo, sono stati le principali vittime dei vari piani di aggiustamento
neoliberista che hanno devastato il Paese a partire dagli anni Settanta del
secolo scorso, generando un gran numero di chiusure e fallimenti che hanno
aperto la strada alle esperienze di autogestione.
Questa centralità dell’industria spiega anche l’alto grado di concentrazione
delle ERT nell’area metropolitana di Buenos Aires (il 47,49% del totale
nazionale), che ospita un importante cordone industriale. C’è anche un volume
notevole di iniziative in quasi tutte le altre province, come Santa Fe, Córdoba
e persino alcune scarsamente industrializzate come La Rioja.
Si tratta quindi di un fenomeno significativo in termini quantitativi, che
risponde a un percorso lungo che fa sì che il fenomeno trascenda una determinata
congiuntura storica per diventare un attore permanente nella scena sociopolitica
del Paese. Ma, allo stesso tempo, è soggetto a una serie di pressioni che
minacciano la sua proiezione e, a medio termine, la sua stessa esistenza e la
fattibilità in termini economici, sociali e politici.
La pandemia, con le relative misure di isolamento sociale e limitazione delle
attività economiche, ha inferto un duro colpo a questo settore, che già da tempo
soffriva di problemi di competitività e produttività che hanno raggiunto livelli
critici. L’emergere di nuove forme di lavoro informale, così come il notevole
aumento del lavoro autonomo e dell’occupazione attraverso piattaforme digitali
come Rappi o Uber, competono inoltre in modo vantaggioso nell’immaginario
popolare, limitando l’attrattiva delle uscite collettive ─ma con alti costi
personali─ come quelle rappresentate dalle ERT.
Tutto ciò si è verificato in un contesto di frustrazione delle aspettative di
cambiamento riposte nell’ultimo governo del peronismo progressista presieduto da
Alberto Fernández, dopo l’interregno neoliberista guidato da Macri. Questo
crollo del morale ha facilitato una forte avanzata di idee reazionarie e
individualiste, nonché un riflusso del movimento popolare e sindacale raramente
visto in un paese con la tradizione combattiva dell’Argentina.
Ciò ha colpito direttamente e gravemente il settore delle ERT, che, in quanto
scommessa controegemonica ─che a sua volta nuota controcorrente operando nel
campo di gioco del mercato capitalista─, si è storicamente alimentata di questa
effervescenza sociale trasformatrice oggi in pericolo. Inoltre, nell’immediato,
lo schema progressista attuato dal governo in questo campo ha dimostrato dei
limiti evidenti, derivati di una scommessa basata principalmente su sussidi e
aiuti che minimizzano i problemi di competitività e le perdite di reddito delle
ERT (indubbiamente necessari, ma insufficienti) e che considera il settore come
qualcosa di piuttosto marginale nel contesto dell’apparato economico-produttivo
del Paese nel suo complesso.
La conseguenza di tutta questa concatenazione di fattori avversi è un certo
aumento delle chiusure di ERT e, soprattutto, la perdita di quasi 1.000 posti di
lavoro nel settore tra il 2022 e il 2025. In questo senso, un’analisi più
qualitativa ci porta a constatare, come sottolinea Ruggeri, che ci troviamo di
fronte al primo momento nella storia recente dell’Argentina in cui non vi è una
correlazione tra il calo del PIL (indicativo di una situazione di crisi
economica) e un aumento delle ERT. Pertanto, a partire dalla pandemia, il calo
dell’attività economica non è stato accompagnato da un aumento delle ERT. Un
sintomo, in definitiva, della situazione compromessa in cui versa questa
modalità di scommessa popolare.
MILEI O GLI ARTIGLI DEL “LEONE ANARCHICO-CAPITALISTA”
Queste pressioni e inerzie strutturali che colpiscono le ERT in Argentina sono
amplificate in modo esponenziale dall’attuazione dell’agenda aggressivamente
pro-aziendale, pro-imperialista e reazionaria incarnata da Javier Milei. Senza
voler fornire una caratterizzazione dettagliata dei piani economici che oggi
provengono dalla Casa Rosada, sottolineiamo alcuni aspetti che a nostro avviso
influiscono direttamente sullo sviluppo delle ERT e, di conseguenza, sulla loro
situazione e redditività nel breve e medio termine.
In primo luogo, l’inizio del governo Milei ha puntato sull’attuazione di un
draconiano aggiustamento fiscale con importanti conseguenze sociali. Un
aggiustamento che risponde alle pulsioni ideologiche “libertarie” più oscure di
La Libertad Avanza, che cerca di giustificarne l’immediata necessità con
l’eterno ricatto a cui è sottoposta l’Argentina per il pagamento del debito con
il FMI e gli agenti finanziari privati e che, in definitiva, è l’inizio di un
piano a lungo termine per svuotare lo Stato argentino delle sue istituzioni di
protezione sociale più elementari.
In un contesto in cui le ERT hanno risolto parte dei loro problemi di
competitività attraverso diversi flussi di aiuti e sussidi pubblici,
l’aspettativa di una loro brusca cessazione rappresenta una minaccia quasi
esistenziale. In questo caso, il parametro ideologico ultraliberista e
apparentemente antistatalista del mileismo converge con la volontà dello Stato
di dichiarare guerra alle entità popolari non cooptabili e considerate
“dall’altra parte della barricata”. In questo senso, Milei non ha alcun
incentivo a sostenere economicamente le ERT, né l’economia popolare o
l’agricoltura familiare.
In secondo luogo, la previsione di una riforma del lavoro di ampia portata, che
approfondisca la distruzione del potere sindacale, delle complesse istituzioni
di carattere collettivo operanti nel paese in materia di ordinamento del lavoro
salariato e che crei condizioni più favorevoli agli interessi dei datori di
lavoro attraverso la soppressione dei diritti, comporterà sicuramente un
avanzamento della frammentazione sociale che è già una realtà in ampi settori.
Ciò, nel contesto preesistente di rapida espansione di figure estranee al lavoro
salariato classico, legate a diversi tipi di informalità, al lavoro autonomo e
al capitalismo delle piattaforme, rafforzerà le difficoltà – materiali e
ideologiche – nel sostenere progetti collettivi di risoluzione della vita come
le ERT. In questo senso, se durante il governo di Alberto Fernández questo
settore ha promosso senza successo la creazione di uno statuto specifico per i
lavoratori delle ERT che ne tutelasse la condizione in base alle specificità del
settore, sembra evidente che non sarà il governo di Milei a promuovere questa
misura. Non almeno di sua spontanea volontà, anzi, piuttosto il contrario.
Infine, non possiamo non sottolineare una delle iniziative di punta del governo,
che esemplifica come poche altre la sua vocazione alla trasformazione
pro-aziendale dello Stato e della società argentina, nonché la sua esacerbata
sottomissione all’imperialismo e ai capitali stranieri. Si tratta del Régimen de
Incentivos para Grandes Inversiones (RIGI), un’architettura istituzionale di
promozione e garanzia della sicurezza giuridica volta a fungere da pista di
atterraggio per investimenti stranieri superiori a 200 milioni di dollari,
circoscritta a una serie di settori considerati strategici nel tessuto
produttivo del Paese nei prossimi anni, tra cui spiccano l’energia, gli
idrocarburi e l’estrazione mineraria.
Una regolamentazione che si propone di essere una deregolamentazione, incentrata
sull’attrazione massiccia di investimenti stranieri diretti, che
istituzionalizza una notevole apertura alla internazionalizzazione
(extranjerización) e corporativizzazione del tessuto imprenditoriale del paese.
Una strategia che mira a modificare il modello economico-produttivo in senso
apertamente primario-esportatore, insieme a un recente accordo con Trump che, al
di là del suo scopo ultimo di consacrare l’Argentina come punta di diamante
della rinnovata strategia imperiale di disciplina e allineamento della regione,
come piattaforma emisferica per la lotta geopolitica con la Cina─ concretamente
mette a sua disposizione tutta una serie di settori strategici nel campo delle
materie prime, di cui l’Argentina dispone di importanti riserve. Alla fine, una
strategia di questo tipo passa inevitabilmente attraverso l’induzione deliberata
di un’ampia deindustrializzazione del Paese.
In questo senso, l’attuazione del RIGI risponde a obiettivi e interessi
antagonisti rispetto a un ambito come quello delle ERT. Il fatto che la maggior
parte di esse appartenga al settore industriale e si concentri principalmente
sul mercato interno (in molti casi, come fornitori di grandi aziende a capitale
nazionale) allontana le ERT dal centro delle priorità di pianificazione
economica del governo, così come avviene per l’ampio tessuto di PMI che
costituiscono una parte sostanziale dell’industria nazionale. E, nel caso delle
ERT, non va dimenticato che si tratta di entità che, operando nel mercato
capitalistico, mirano a trascendere il mero ottenimento di redditività a favore
di logiche collettive di demercificazione delle relazioni sociali e produttive,
il che aggrava ulteriormente il loro svantaggio competitivo rispetto alle grandi
aziende che si intendono rafforzare. La triade composta da corporativizzazione,
stranierizzazione e deindustrializzazione promossa dal governo Milei costituisce
un attacco diretto alle ERT.
COSTRUIRE ALTERNATIVE DAL CAMPO POPOLARE
Il contesto è complesso e le ERT devono affrontare la sfida di dare il proprio
contributo alla necessaria resistenza multisettoriale contro il piano di governo
antipopolare di Milei, oltre che di dare nuovo slancio alla propria proposta di
autogestione. A tal fine, proponiamo alcuni spunti di riflessione per il
dibattito.
Dobbiamo partire dalla natura ambivalente delle ERT. Si tratta di iniziative
controegemoniche che combinano una visione a breve termine (mantenimento
dell’immediata fonte di lavoro e risoluzione dei bisogni vitali elementari delle
persone coinvolte e delle loro famiglie) con una visione a lungo termine
(costruzione di alternative alla preminenza delle grandi aziende, nel quadro di
una prospettiva più ampia di profondo cambiamento sociale). Un’ambivalenza che
si concretizza nel fatto che si cerca di costruire e consolidare esperienze e
istituzioni collettive orientate alla completa demercificazione della vita
attraverso imprese che, alla fine, producono merci da commercializzare nel
mercato capitalista.
Questa “prefigurazione” del mondo che desideriamo, nella complessa ─e spesso
ostile─ realtà attuale, è una delle principali fonti di problemi, nella misura
in cui è necessario garantire determinati livelli di competitività, produttività
ed efficienza stabiliti da quel mercato capitalista, mantenendo al contempo la
fonte di lavoro per il maggior numero possibile di lavoratori. Come abbiamo
visto, questo parametro è stato seriamente compromesso nell’ultimo anno.
Di fronte a questa avversità strutturale, portata all’estremo dall’applicazione
spietata del programma di governo di La Libertad Avanza, la principale garanzia
per la persistenza e il progresso delle ERT come soggetto politico e
socioeconomico rilevante passa attraverso l’inserimento organico della loro
esperienza in un quadro più ampio che raggruppi l’insieme del campo popolare e
tracci percorsi volti a dare un nuovo impulso alla sovversione dello status quo
capitalista vigente. In questo senso, si tratta sia di ricostruire alleanze che
sostengano organicamente le ERT e le colleghino con maggiore forza al resto dei
soggetti emancipatori, sia di recuperare una vocazione di trasformazione sociale
integrale e radicale nel programma d’azione di quel campo popolare. Entrambe le
linee d’azione sono oggi ampiamente indebolite in Argentina ─ in modo simile a
quanto sta accadendo in molti altri luoghi, nel quadro di una certa crisi
globale della sinistra ─, come conseguenza dei passi indietro compiuti nella
matrice conflittuale e trasformatrice dei governi di stampo progressista, del
riflusso del movimento popolare e della conseguente offensiva capitalista
incarnata, in questo caso, da Milei.
Per quanto riguarda la parte organica, è particolarmente rilevante che negli
ultimi anni le ERT abbiano visto indebolirsi i loro legami con le organizzazioni
sindacali. Sebbene si tratti di due spazi diversi che hanno avuto incontri e
disaccordi, è fondamentale rafforzare un legame che amplifichi il sostegno
reciproco e moltiplichi la capacità di incidenza e mobilitazione di entrambe le
istituzioni. Ciò è ancora più vero in un contesto di mutamento del mercato del
lavoro argentino, in cui una parte importante dei lavoratori sta dando priorità
al soddisfacimento dei propri bisogni individuali attraverso piattaforme come
Rappi[1], allontanandosi sia dalle organizzazioni sindacali che dalla
possibilità di partecipare a progetti di ERT, che, ciascuna nel proprio ambito e
nella propria misura, perdono di riferimento.
Lo stesso vale per i settori ambientalisti, femministi, di difesa del territorio
e delle popolazioni indigene, che oggi incarnano alcune delle principali
espressioni di antagonismo nei confronti dell’avanzata del modello corporativo,
patriarcale e di predazione primaria-esportatrice, che devono essere ricollocate
nel radar dell’insieme del campo popolare. Allo stesso modo, è fondamentale la
creazione di solidi legami internazionalisti che consentano di sostenere con la
massima resilienza la disputa con le élite politico-imprenditoriali.
Per quanto riguarda il legame con le diverse espressioni politiche del
progressismo e della sinistra, anche questo è stato indebolito nel quadro dei
governi progressisti che si sono succeduti negli ultimi due decenni. Ciò è
conseguenza del carattere periferico e collaterale che è stato attribuito al
settore delle ERT nel quadro delle politiche statali del kirchnerismo, senza un
impegno chiaro e dotato di risorse affinché, al di là di garantire, più o meno,
il mantenimento dell’attività delle ERT esistenti tramite sussidi, queste
occupino un ruolo più centrale nel tessuto produttivo del Paese, a scapito dei
capitali egemonici. Per questo motivo è necessaria una ricostruzione del legame
organico delle ERT con gli attori politici progressisti e di sinistra sulla base
di un deciso rilancio dei programmi politici di trasformazione sociale
integrale. Questo legame, che non significa identità assoluta o allineamento
acritico, può includere un ampio spettro di orientamenti politici correnti, dal
kirchnerismo fino alle opzioni emergenti più a sinistra come il FIT (Frente de
Izquierda y de los Trabajadores).
Questo ci porta alla parte programmatica. È necessario fare un bilancio critico
dei limiti e delle contraddizioni dei governi progressisti-kirchneristi che si
sono succeduti nel Paese dall’inizio del secolo. Governi che, sebbene abbiano
attuato sostanziali politiche redistributive, politiche estere relativamente
controegemoniche a sostegno della sovranità e alcune importanti
nazionalizzazioni in settori strategici dell’economia, non sono riusciti a
liberare il tessuto economico, imprenditoriale, finanziario e produttivo del
Paese dal predominio delle corporazioni nazionali e transnazionali. Un limite
alla decorporativizzazione che ha ostacolato il raggiungimento di cambiamenti
sostanziali nel rapporto di forza tra il campo popolare e i settori dominanti,
generando alla fine un certo disincanto che si è manifestato in modo netto con
il governo di Alberto Fernández.
Pertanto, nella misura in cui non c’è stata una volontà politica di andare oltre
in questo senso ─il che si spiega, in parte, nel contesto dell’offensiva
mediatica della destra, del lawfare, della pressione del debito, ecc. ─, entità
come le ERT sono rimaste ai margini della pianificazione economica, senza
acquisire protagonismo, senza che il loro potenziale ruolo nel quadro di una
trasformazione del metabolismo socioeconomico del Paese fosse preso seriamente
in considerazione. Nel frattempo, i grandi capitali hanno continuato a svolgere
un ruolo determinante in questo ambito, nel dialogo pubblico-imprenditoriale,
anche se non sempre in termini amichevoli, con i vari governi.
Le ERT hanno essenzialmente bisogno delle stesse cose di cui ha bisogno
l’insieme del campo popolare, sia argentino che di altre latitudini:
l’articolazione di una strategia e di un programma d’azione orientati alla
trasformazione integrale ─o almeno sostanziale─ del tessuto economico-produttivo
del Paese, escludendo dall’equazione le grandi corporazioni nel maggior numero
possibile di spazi, territori e settori economici, e stabilendo un percorso
deciso di transizione da uno schema pubblico-privato verso un modello
pubblico-comunitario, in cui un potente settore pubblico pianifichi e agisca a
beneficio delle maggioranze sociali dall’alleanza con settori di vocazione
demercatizzante, come cooperative, organizzazioni sociali, PMI e, naturalmente,
le ERT. Si tratta di guadagnare centralità e di avvicinarsi al nucleo centrale
della pianificazione economica del Paese, allontanando di conseguenza da tale
centralità i grandi capitali e i settori corporativi, intrinsecamente contrari
agli interessi popolari.
Nell’attuale contesto di attacco delle élite politico-imprenditoriali contro i
settori popolari, esperienze come quelle delle ERT sono chiamate a costituire
uno dei cardini della resistenza e della costruzione di alternative sia in
Argentina che a livello globale. Alternative che, in un modo o nell’altro,
devono condurci verso orizzonti di superamento sistemico di un capitalismo che
offre solo depredazione, ecocidio, guerra e fascismo. Alternative che
costituiscono la migliore base di partenza per organizzare la resistenza a
progetti così abbietti come quello incarnato da Javier Milei.
[1] RAPPI È UNA IMPRESA COLOMBIANA DI FOOD DELIVERY PROPRIETARIA E SVILUPPATRICE
DELLA OMONIMA PIATTAFORMA CHE METTE IN CONTATTO, SECONDO LA STESSA NARRAZIONE
AZIENDALE, DOMANDA (IL CONSUMATORE) E OFFERTA DI SERVIZI DI CONSEGNA E LOGISTICA
URBANA (IL RIDER). IL NOME “RAPPI” È GIOCATO SULLA FUSIONE DI “RÁPIDO” E “APP”,
DATO CHE L’IMPRESA PUBBLICIZZA CONSEGNE IN 35 MINUTI; “ENTREGAMOS CON AMOR”
(CONSEGNIAMO CON AMORE) È IL MOTTO AZIENDALE; I RIDER DI RAPPI SI CHIAMANO
“RAPPITENDEROS”, GIOCANDO SULLA METAFORA DEI NEGOZIANTI DI PICCOLI ALIMENTARI DI
QUARTIERE (TENDEROS), CHE IN QUESTO CASO DIVENTANO NEGOZI VIRTUALI E A
DOMICILIO. RAPPI È UNA START-UP COLOMBIANA CHE NEI PRIMI 3 ANNI HA RAGGIUNTO IL
VALORE IN BORSA DI UN 1 MILIARDO DI DOLLARI, DIVENTANDO LA PRIMA PIATTAFORMA DI
INIZIATIVA LATINOAMERICANA A CONQUISTARE L’APPELLATIVO DI “IMPRESA UNICORNO”. È
PRESENTE NELLE PRINCIPALI CITTÀ DI COLOMBIA, MESSICO, CILE, ARGENTINA, PERÙ,
URUGUAY, COSTA RICA, EQUADOR E BRASILE E PER IL 2019 PREVEDE DI RAGGIUNGERE IL
VALORE DI 6 MILIARDI DI DOLLARI, NONOSTANTE I CONTI CONTINUINO A REGISTRARE
PERDITE14.
RAPPI OFFRE TUTTI I SERVIZI GIÀ PRESENTI IN IMPRESE COME UBEREATS (FOOD
DELIVERY) E GLOVO (EVERYTHING DELIVERY), MA AGGIUNGE SERVIZI COME LA CONSEGNA DI
DENARO IN CONTANTI E – PER QUANTO ANCORA POCO DIFFUSO, FORSE IL PIÙ INTERESSANTE
– L’ESECUZIONE DI PICCOLI COMPITI DI SERVIZIO ALLA PERSONA – PER ESEMPIO,
«PORTARTI FUORI IL CANE, ANDARE A CERCARE LE CHIAVI CHE HAI DIMENTICATO A
LAVORO, PASSARE IN BANCA A PAGARTI LE BOLLETTE»
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