Quel depistaggio che risale alle “radici che non gelano” della destra italiana
BOLOGNA, 45 ANNI DI TRAME E DEPISTAGGI PER NASCONDERE LA VERITÀ [PAOLO
BOLOGNESI]
IL TESTO INTEGRALE DELLA COMUNICAZIONE LETTA, IL 2 AGOSTO DEL 2025, DAL
PRESIDENTE PAOLO BOLOGNESI A NOME DELL’ASSOCIAZIONE TRA I FAMILIARI DELLE
VITTIME DELLA STRAGE ALLA STAZIONE DI BOLOGNA DEL 2 AGOSTO 1980
A 45 anni da quel 2 agosto del 1980, dal governo di destra è stato inferto un
ennesimo schiaffo alla memoria storica e alla verità giudiziaria. Ad aprire le
danze il discorso della premier: nessun riferimento alla matrice neofascista
nonostante quello che dicono le sentenze passate in giudicato. La leader di FdI
ha adoperato il termine terrorismo nella più generica e inutile delle accezioni.
E quella frase: “Ci uniamo alla richiesta di giustizia”. Come se nulla fosse
stato mai analizzato e provato, nonostante i depistaggi e fino ad essere
fissato nelle sentenze della Corte di Cassazione. Particolarmente volgari
l’intervento e le dichiarazioni successive della ministra Bernini, la stessa che
sta smantellando l’Università, intervenuta soprattutto per contestare Paolo
Bolognesi, presidente dei familiari delle vittime. Molto insidiose le prese di
posizioni di altri ras del partito post-fascista di maggioranza relativa a
favore di una commissione di inchiesta parlamentare che dovrebbe servire a
manipolare la storia. Per questo la pubblicazione del discorso tenuto da
Bolognesi assume la guisa di un documento storico (redazione). Anche 45 anni fa
era un sabato, il primo sabato di agosto. In una giornata assolata, che avrebbe
dovuto scorrere spensierata per l’inizio delle vacanze estive, la nostra città e
l’intero Paese furono scaraventati nell’orrore. 85 morti e oltre 200 feriti; tra
loro molti bambini. Una strage, la peggiore che abbia mai colpito l’Italia. Il
male assoluto. Un male però non isolato: altri attentati terroristici di stampo
fascista avevano già insanguinato il nostro Paese, da Piazza Fontana a Gioia
Tauro; da Peteano alla Questura di Milano, da Piazza della Loggia al treno
Italicus. Tutti, allora, rimasti impuniti. Hannah Arendt scriveva:“Il male è
banale quando si perde la capacità di interrogarlo”. Il rischio che anche questo
male assoluto diventasse banale, che anche questa ennesima strage rimanesse non
solo senza colpevoli, ma soprattutto senza risposte, era più che concreto
nell’Italia delle stragi impunite. Per questo, nel 1981 noi parenti delle
vittime e feriti della strage del 2 agosto 1980, ci siamo uniti in associazione.
Distrutti dal dolore, ma non rassegnati, abbiamo così voluto porci l’obiettivo
di ottenere con tutte le iniziative possibili la verità e la giustizia, per far
sì che i nostri cari non fossero morti invano. Nel manifesto di quest’anno
abbiamo scritto: 45 ANNI DI TRAME E DEPISTAGGI PER NASCONDERE LA VERITA’ LA
DETERMINAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE DEI FAMILIARI LO HA IMPEDITO Ci sono voluti
anni, decenni, e il cammino che ha fatto emergere in modo sempre più nitido il
quadro delle responsabilità non è stato semplice. È stato difficile, lungo e
faticoso il percorso, ma l’abbiamo fatto insieme ed è anche grazie a questo che,
con le ultime sentenze, si sta finalmente delineando la verità completa. Oggi
sappiamo chi è stato e ne abbiamo anche le prove. La strage del 2 agosto 1980,
già ideata nel febbraio 1979, fu concepita e finanziata dai vertici della
famigerata loggia massonica P2, protetta dai vertici dei Servizi Segreti
italiani iscritti alla stessa loggia P2 , eseguita da terroristi fascisti.
Contiguità che sembrano ancora oggi salde e inconfessabili, se pensiamo che fino
a ieri le inchieste sulla strage del 2 agosto sono state ostacolate in ogni modo
con depistaggi e intossicazioni che, seppur smascherate e smontate in sede
processuale, hanno portato a ritardi di anni e anni nell’accertamento dei fatti.
E se ci sono voluti così tanti anni perché si arrivasse a svelare il quadro
completo di chi ha voluto ed eseguito la strage del 2 agosto 80, è perché tutti,
a parole, affermano di volere la verità, ma nei fatti sono moltissimi coloro
che, pur avendone la possibilità, hanno fatto e fanno qualunque cosa per
nasconderla, ritardarla e dissimularla. L’ex Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga definì gli stragisti Mambro e Fioravanti giovani spontaneisti
armati, così da evitare il collegamento coi vertici dei Servizi Segreti
italiani. Poi arrivò la pista palestinese: un depistaggio! Che si trascinò però
per almeno trent’anni e, ancora oggi, nonostante le sentenze, gode di alcuni
seguaci ignoranti o depistatori a loro volta. Quando emisero la prima sentenza
d’appello 18 luglio 1990 che assolse tutti per l’esecuzione della strage,
Cossiga la definì una sentenza coraggiosa. La sentenza però fu poi annullata
dalla Corte di Cassazione a sezioni unite perché illogica e arrivò Parisi, il
Prefetto già Capo della Polizia e vice del servizio segreto civile che voleva
tenacemente depistare unendo la strage di Ustica a quella di Bologna. Lo stesso
Parisi che da Capo della Polizia, consegnò nel 1987 all’allora Ministro
dell’Interno, Amintore Fanfani, il cosiddetto documento “Artigli” in cui veniva
riportato il ricatto che Licio Gelli (tramite il suo avvocato) aveva recapitato
allo Stato per garantirsi l’impunità per la strage di Bologna. Nel 1995 alla
vigilia della sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, uscirono una
serie di note critiche, formulate rispetto alle varie sentenze che condannavano
i terroristi Mambro e Fioravanti, confezionate da un folto gruppo trasversale
riunito sotto lo slogan E SE FOSSERO INNOCENTI? Le note critiche erano state
sottoposte e discusse nelle aule dei tribunali e tutte interamente confutate, ma
vennero sorrette dal clamore mediatico imponente di giornali, televisioni e
radio che crearono grande confusione e sbandamento. Nel 2002 il Governo
Berlusconi, anche lui iscritto alla famigerata loggia massonica P2, istituì la
commissione bicamerale d’inchiesta denominata “Commissione Mitrokhin”, un vero e
proprio depistaggio istituzionale voluto dal Governo di destra dell’epoca: tra i
suoi compiti c’era quello di avallare in modo definitivo la pista palestinese.
La relazione finale non fu votata nemmeno dalla maggioranza. Di recente sono
state rese note alcune chat tra due attuali esponenti della maggioranza
parlamentare, l’Onorevole Frassinetti e il Ministro Lollobrigida, in cui
riferendosi al processo relativo al 2 agosto, parlano di “sentenza sbagliata” e
il ministro Lollobrigida invita a tenere un basso profilo sulla strage alla
stazione, cosicché una volta al Governo avrebbero potuto provvedere a diffondere
la “verità con la V maiuscola”. In effetti, bisogna riconoscere che certi
personaggi hanno un solo modo per uscire bene da questa triste vicenda: non
parlarne, fare finta di niente, sperare che ci si dimentichi. Perché, se se ne
parla invece, bisogna dire che per anni gli esecutori materiali della strage
alla stazione, camerati amici di gioventù, sono stati furbescamente dipinti come
ingenui spontaneisti armati, laddove invece erano stati ben preparati e
addestrati militarmente e sono state inequivocabilmente provate le loro
coperture in seno ai Servizi Segreti. Perché, se se ne parla, bisogna dire che
sono incredibili i trattamenti di favore riservati agli stessi esecutori
materiali dell’eccidio del 2 agosto che, pur essendo pluriergastolani mai
pentiti, sono da anni in libertà, in barba al principio di certezza della pena
sbandierato nelle campagne elettorali. Sappiamo bene che gli amici degli
stragisti non si collocano solo a destra, perché il partito dei nemici della
verità è trasversale, così come era trasversale la famigerata loggia massonica
P2. È però un fatto che tutti gli stragisti italiani passarono dal Movimento
Sociale Italiano, partito costituito nel 1946 da esponenti della REPUBBLICA
SOCIALE ITALIANA (allora in gran parte latitanti perché ricercati dalla nuova
giustizia della Repubblica democratica), CHE FINO ALL’ULTIMO AVEVANO COMBATTUTO
CON I TEDESCHI CONTRO I PARTIGIANI, PARTITO CHE SI COLLOCAVA APERTAMENTE CONTRO
LA NASCENTE COSTITUZIONE NATA NEL 1947 ISPIRATA DALLA LOTTA DI LIBERAZIONE.
Elenco qui solo alcuni dei casi più gravi di uomini del MSI direttamente
coinvolti o condannati per fatti eversivi e di strage: Paolo Bellini ha
affermato in aula a Bologna, senza mai essere smentito, che dal 1972 era
“infiltrato in Avanguardia Nazionale per conto di Almirante”. Insieme a lui le
carte del processo hanno individuato Mario Tedeschi, senatore del MSI, come uno
dei depistatori/mandanti dell’eccidio alla stazione. Carlo Maria Maggi,
esponente di Ordine Nuovo, rientrò nel 1969 nel MSI seguendo il suo capo Pino
Rauti. Fu membro del Comitato centrale del partito e candidato al parlamento
nelle elezioni del 1972. È stato condannato in via definitiva per la strage di
Brescia del 28 maggio 1974. Anche Paolo Signorelli seguì Rauti e tornò nel MSI
nel Comitato Centrale. Vi rimase fino al 1976. È stato condannato per
Associazione sovversiva e banda armata. Suo nipote, omonimo del nonno, è stato
il capo ufficio-stampa del ministro Francesco Lollobrigida, incarico da cui si è
dimesso dopo il caso delle telefonate con Fabrizio Piscitelli (ultras e
narcotrafficante ucciso il 7 agosto 2019) insieme al quale si produceva in
insulti antisemiti e in esaltazioni di Fioravanti e Ciavardini. Carlo Cicuttini
era il segretario della sezione del MSI di Manzano in Friuli al momento della
partecipazione alla strage di Peteano che uccise tre carabinieri. Cicuttini li
aveva attirati sul luogo dell’attentato con una telefonata alla locale caserma.
Il MSI, lo mostrano le carte dell’inchiesta del giudice Casson, raccolse 32.000
dollari per farlo operare alle corde vocali nel timore che venisse identificato
dalla voce registrata dai militari. Dal MSI provenivano figure chiave della
stagione eversiva come Stefano Delle Chiaie (fondatore di Avanguardia
Nazionale), oppure come Franco Freda il riconosciuto capo del gruppo ordinovista
veneto responsabile della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
Giuseppe Dimitri fu dirigente di Avanguardia Nazionale e Terza Posizione (TP).
Responsabile di un deposito di armi a Roma condiviso con i NAR di Fioravanti e
Mambro. Fu condannato per banda armata. Divenne, negli anni 2000, consulente del
Ministro per l’agricoltura Gianni Alemanno. E infine: cosa dire del fatto che
nel gennaio 2007, l’allora senatore Ignazio La Russa (oggi presidente del
Senato) presenziò ai funerali del terrorista Nico Azzi che il 7 aprile 1973
tentò una strage sul treno Torino-Roma e fornì le bombe a mano che cinque giorni
dopo due missini usarono per uccidere il poliziotto Antonio Marino durante un
corteo del MSI a Milano? Sono queste le «radici che non gelano». E con queste ci
si deve fare i conti. E allora la verità con la “V” maiuscola di cui parla il
Ministro Lollobrigida sembra assomigliare a una mistificazione più che alla
realtà, a una menzogna più che alla verità. E alla Presidente del Consiglio, che
ci ha accusato di volerla esporre a ritorsioni, nel ricordare il passato da cui
proviene, come quello da cui provengono gli esecutori delle stragi, vogliamo
dire che una cosa è il rispetto per le Istituzioni, un altra cosa è
l’accettazione di riscritture interessate della storia, cosa che non siamo in
alcun modo disposti a far passare. Perché, Presidente Meloni, condannare la
strage di Bologna senza riconoscerne e condannarne la matrice fascista è come
condannare il frutto di una pianta velenosa, continuando ad annaffiarne le
radici. In questi lunghi e faticosi anni, la nostra battaglia non è mai stata né
mai sarà una battaglia ideologica: quando più di 40 anni fa, noi parenti delle
vittime e feriti della strage del 2 agosto ’80 ci siamo uniti in associazione,
lo abbiamo fatto col puro intento di esercitare pienamente il nostro diritto di
sapere come sono realmente andate le cose. Dopo di noi, altri cittadini vittime
di stragi e attentati precedenti hanno deciso di seguire il nostro esempio,
costituendo altre associazioni per ottenere giustizia e verità e insieme a loro
abbiamo potuto far sentire più forte la nostra voce in comuni battaglie di
civiltà che avrebbero dovuto vedere in prima fila, sempre, le Istituzioni e i
Governi. Nel “PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA”, progetto golpista della
famigerata loggia massonica P2 figurava “LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE DEI
MAGISTRATI”, preludio ad un controllo dell’esecutivo sulla magistratura;
operazione che il Governo attuale vuole pervicacemente attuare spacciandola come
riforma. Da ultimo, esprimiamo grave preoccupazione per l’articolo 31 del DDL
“Sicurezza”, che assegna ai Servizi di Sicurezza una sorta di “licenza di
delinquere” piuttosto preoccupante, data la storia del nostro Paese. In Pratica
con l’articolo 31 si stabilisce che d’ora in poi nessun uomo dei Servizi potrà
essere inquisito per depistaggi, esecuzioni e incitamento alle stragi ecc.
Sembra un tributo pagato a coloro che avevano sì giurato fedeltà alla
Costituzione, ma nei fatti ne hanno preso le distanze cercando di abbattere la
democrazia. E alle stesse associazioni di familiari, insieme a numerosi
cittadini ed esponenti della società civile, abbiamo chiesto giustamente di non
lasciarci soli e sono stati al nostro fianco anche qualche mese fa, quando
abbiamo qui organizzato un presidio democratico, in risposta alla squallida
sfilata di camicie nere organizzata da Casapound, definendola composta da
Patrioti. Quel presidio lo abbiamo organizzato dopo il periodo elettorale per
non sovrapporci ulteriormente alla campagna elettorale per le regionali, perché
la nostra è una battaglia di civiltà e di democrazia e non ha colore politico.
Una battaglia lunga e faticosa, spesso portata avanti nel silenzio quasi
assoluto dei mass media che, per convenienza, censurano le ultime risultanze
processuali sull’eccidio del 2 agosto 80, sperando nell’oblio e nell’ignoranza
diffusa. Lo scorso gennaio la Corte di Cassazione ha condannato in via
definitiva Gilberto Cavallini quale esecutore della strage alla stazione. Il
1°luglio scorso la Corte di Cassazione ha condannato Paolo Bellini all’ergastolo
in via definitiva, nell’ambito del processo mandanti per aver partecipato alla
strage; Piergiorgio Segatel a 6 anni per depistaggio e Domenico Catracchia a 4
anni per false dichiarazioni ai giudici. Un cerchio che si chiude e dopo 45 anni
possiamo dire che conosciamo i retroscena della strage!! In quella sentenza sono
passate in giudicato altre vicende molto interessanti: 1 – La pista Palestinese
è un palese depistaggio, 2 – È provato il collegamento organico dei Servizi
Segreti italiani con i terroristi dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) e coi
gruppi Avanguardia Nazionale, Terza Posizione e Ordine Nuovo, collegati ai
primi. 3 – È provato che nel covo dei NAR di via Monte Asolone a Torino, tra
svariati documenti trovati, tra cui tesserini dei carabinieri firmati dal
comandante della legione di Brescia, il Colonnello Giuseppe Montanaro anche lui
iscritto alla famigerata loggia massonica P2, c’erano gli spezzoni rimanenti
delle targhe dell’auto usati dagli esecutori dell’omicidio del Presidente della
Regione Sicilia Piersanti Mattarella. Questi spezzoni ci consentono di mettere
in stretto collegamento quell’omicidio con la formazione dei terroristi
neofascisti i NAR. 4 – I NAR non erano degli spontaneisti armati come voleva far
credere l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, ma erano persone ben
addestrate militarmente. 5 – È provato che il Sisde, Servizio Segreto Civile,
tramite il Prefetto Parisi concedeva in suoi appartamenti i covi delle Brigate
Rosse e dei Nar (Nuclei Armati Rivoluzionari). 6- Anche alcuni vertici dell’Arma
dei Carabinieri conoscevano prima della strage ciò che sarebbe successo il 2
agosto. Questo splendido risultato è merito anche del nostro collegio di difesa
composto dagli avvocati Lisa Baravelli, Alessia Merluzzi, Alessandro Forti
coordinati dall’avvocato Andrea Speranzoni che con grande dedizione e impegno
hanno condotto in porto questa impresa processuale che possiamo definire
storica. I processi svolti e le relative sentenze, ci consentono oggi di leggere
insieme, come diceva il giudice Mario Amato, questi fatti e capire le trame
criminali che hanno attraversato il nostro Paese per sovvertire l’ordinamento
democratico. Questi documenti però sono di difficile accesso, comprese le
sentenze che sono atti pubblici. Il Direttore della Direzione Generale Archivi,
Antonio Tarasco, ha emanato una circolare che limita la consultabilità delle
sentenze che, ripeto, sono atti pubblici. Le resistenze alla verità non mutano
quindi! Anzi, per evitare ulteriori passi avanti, aumentano. Abbiamo nel
frattempo dato vita ad un coordinamento tra le associazioni di vittime delle
stragi storiche degli anni 70 -80 e quelle relative al periodo del 92- 93,
perché vi sono molti punti di contatto tra vecchi elementi che hanno concorso ad
eseguire le vecchie stragi e i Servizi Segreti. Figure come quella di Paolo
Bellini risultano coinvolte anche nelle stragi del 92-93, svelando un filo nero
che collega terroristi fascisti agli episodi più sanguinosi della storia del
nostro Paese. Su questi ricorrenti intrecci avrebbe dovuto indagare la
Commissione Antimafia approfondendo la commistione criminale fra terrorismo
nero, mafia e Servizi Segreti. La Commissione Antimafia che invece sta limitando
il proprio spettro di azione ad operazioni che riguardano Mafia e appalti.
Questa impostazione porterà sicuramente ad un clamoroso nulla di fatto. E chi
vuole la verità si vedrà sottratti altri 5 anni, tanti quanti una intera
legislatura. Da questo palco, confermo la mia contrarietà alla nomina a
presidente della commissione Antimafia dell’On. Colosimo; ho già espresso questo
mio giudizio nell’intervista pubblicata, all’indomani della nomina, sul giornale
La Repubblica il 25 maggio 2023 “Colosimo? Tanto valeva Messina Denaro a capo
della Commissione”. Ovviamente, il titolo non è stato scelto dal sottoscritto e
l’On. Colosimo non è Matteo Messina Denaro né mi riferisco alla qualità della
persona che nulla c’entra con Matteo Messina Denaro, ma alla scelta politica non
condivisa, tenuto conto della FOTO CHE LA RITRAE CON IL TERRORISTA condannato
quale esecutore della strage di Bologna LUIGI CIAVARDINI, DIFFUSA E DISCUSSA
AMPIAMENTE SU GIORNALI E TELEVISIONI: ciò ci induce a ritenere quella nomina
politicamente inopportuna al massimo livello. Pochi mesi fa ci ha lasciati un
grande amico: Gianni Flamini. Lo vogliamo ricordare perché è stato un grande
giornalista dallo spirito libero che ha approfondito come pochi altri le vicende
eversive di mezzo secolo di storia non soltanto italiana. Flamini è stato un
ricercatore appassionato e instancabile. Più volte i risultati della sua
straordinaria capacità di ricerca hanno offerto alla nostra Associazione un
contributo fondamentale nella ricerca della verità e della giustizia. Contro il
diffondersi interessato di superficialità, omissioni, indifferenza e più o meno
grossolane falsità, la nostra associazione ha sempre dato primaria importanza al
rapporto con le scuole e le giovani generazioni. Quei giovani che quest’anno,
nella ricorrenza del 9 maggio, Giorno della Memoria delle Vittime e delle stragi
di tale matrice, sono stati gli unici a parlare di terrorismo nero e neofascismo
in quell’aula della Camera dei Deputati che aveva blindato la cerimonia
scegliendo come moderatore addirittura Bruno Vespa, giornalista che –
ricordiamolo – all’indomani della strage di Piazza Fontana e dell’arresto
dell’anarchico Pietro Valpreda, non esitò a definirlo acriticamente colpevole.
Pietro Valpreda era innocente e quella strage fu commessa dal gruppo di Ordine
Nuovo veneto. Non è una banalità: i giovani sono il futuro di tutti noi e per
loro e con loro possiamo costruire una società in cui nessuno sia più costretto
a subire quello che, noi e il Paese, abbiamo subito. A questi ragazzi che ci
guardano con occhi intelligenti e curiosi, spieghiamo la nostra storia. Diciamo
loro che la ricerca di giustizia e verità nei casi migliori è un risultato, ma
soprattutto è un processo, è un percorso, come il nostro, lungo e pieno di
ostacoli con grandi sacrifici anche familiari. E a chi fra loro ci chiede come
abbiamo fatto a rimanere saldi in tutti questi anni, rispondiamo che abbiamo
fatto come gli alberi: abbiamo cambiato le foglie, ma conservato le nostre
radici. Il primo presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime è
stato Torquato Secci: un grande uomo, che qui aveva perso suo figlio, è stato
per noi come un padre. Con lui abbiamo affrontato e superato tanti ostacoli, e
molte delle vittorie ottenute dopo la sua scomparsa sono maturate grazie ai semi
piantati con lui: gli accertamenti nelle aule giudiziarie, il reato di
depistaggio, il coinvolgimento artistico con “Il Concorso internazionale di
composizione “2 Agosto” che è uno dei maggiori concorsi di composizione
d’Italia, nato nel 1994. Il prossimo anno, a parlare da questo palco sarà un
nuovo presidente, eletto dall’assemblea odierna dell’associazione tra i
familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980, che nominerà Paolo
Lambertini, attuale vicepresidente, carica che ricopre da nove anni, figlio di
Mirella Fornasari, una dipendente della CIGAR, perita nella strage. Da parte mia
continuerò il mio impegno e darò il mio contributo come presidente onorario
dell’Associazione. Cambieranno le foglie, conserveremo le radici. Cambieranno le
persone rimarranno i nostri principi di giustizia e verità. E come ogni albero
robusto, avremo ancora bisogno di un terreno fertile e un sano nutrimento: il
vostro sostegno e supporto, la vostra partecipazione che dà forza e significato
alle nostre battaglie. Mi piace passare il testimone con alcune parole di Aldo
Moro: “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è
sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi.”. Il coraggio non ci è mai
mancato e non ci mancherà. La verità e la giustizia saranno sempre il nostro
faro. Dal profondo del cuore GRAZIE a tutti Voi.
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