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Grecia. Quando i diritti diventano reato
Dal 2016, le autorità greche hanno avviato oltre cinquantatré procedimenti giudiziari e indagini nei confronti di organizzazioni della società civile e singoli individui impegnati in attività di assistenza alle persone in movimento. Nel solo 2023, trentuno persone sono state imputate per reati connessi a tali attività. Con procedimenti dalla durata media di circa tre anni e mezzo, la criminalizzazione della solidarietà da parte delle autorità greche incide profondamente sull’operato delle organizzazioni umanitarie e dei difensori dei diritti coinvolti, compromettendo altresì il pieno esercizio dei diritti fondamentali delle persone in movimento. Tale fenomeno si configura come una diramazione diretta del processo di securitizzazione 1 e, più specificamente, come manifestazione della criminalizzazione della migrazione, intesa quale insieme di politiche, norme e prassi amministrative che, fondendo il diritto dell’immigrazione con la logica punitiva del diritto penale, finiscono per trasformare la mobilità umana in una condotta di rilevanza criminale. Attraverso questo approccio, il governo greco ha progressivamente costruito un vero e proprio “diritto penale del nemico”, nel quale la persona migrante non è più riconosciuta come soggetto titolare di diritti, ma viene trattato come potenziale trasgressore, destinatario di un apparato sanzionatorio spesso privo delle garanzie procedurali proprie dello Stato di diritto. Emblematico, in tal senso, è l’emendamento n. 71 della Legge 5218 2 adottato dal governo greco nel luglio 2025, che ha sospeso per tre mesi la possibilità di presentare domanda d’asilo per le persone giunte via mare dal Nord Africa, nonché l’intervento normativo introdotto con la Legge 5226/2025 3, approvata nel mese di settembre 2025, che istituzionalizza la criminalizzazione del soggiorno irregolare. Approfondimenti/Confini e frontiere GRECIA, SOSPENSIONE DELL’ASILO E NUOVA RIFORMA RAZZISTA DEL GOVERNO MITSOTAKIS Atene anticipa la linea più dura del Patto UE Redazione 14 Agosto 2025 In risposta all’implementazione di questa legge draconiana e alle deportazioni da Creta dei richiedenti asilo senza alcun esame individuale delle loro domande, centootto organizzazioni della società civile hanno presentato ricorso cautelare dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 4. Le organizzazioni hanno denunciato la palese incompatibilità di tale sospensione con il diritto internazionale ed europeo, in particolare con il divieto assoluto di refoulement, ottenendo così l’emanazione delle misure provvisorie della Corte del 14 agosto 5, che hanno impedito la deportazione di otto richiedenti asilo sudanesi e, il 29 agosto 6, di quattro richiedenti asilo eritrei, tutti giunti a Creta. PH: Stop Pushbacks Lesvos (4.11.25) Questa vittoria della società civile rappresenta un trionfo dello Stato di diritto e dei diritti umani sulle logiche securitarie della politica migratoria greca. Tuttavia, il Ministro della Migrazione, Thanos Plevris, ha annunciato nuove misure per silenziare le critiche alle politiche del governo: le ONG potrebbero essere rimosse dal registro ufficiale se promuovono politiche migratorie contrarie, contestano decisioni come detenzioni amministrative o sospensioni delle procedure di asilo, o gestiscono i fondi in maniera ritenuta irregolare. Secondo le autorità, queste restrizioni sarebbero giustificate dalla presunta condotta “anticostituzionale” delle organizzazioni, accusate persino di consigliare ai migranti di ignorare l’ordinamento giuridico greco. In realtà, questa misura si inscrive perfettamente nel piano di criminalizzazione avviato dal governo ellenico con l’obiettivo di plasmare uno spazio civico sempre più ristretto per le organizzazioni operanti nell’ambito della solidarietà come evidenziato, tra l’altro, dal rapporto della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Difensori dei Diritti Umani 7, Mary Lawlor, già nel 2023. Tuttavia, contro la criminalizzazione governativa della società civile – che, oltre a danneggiare chi ha bisogno, mina il tessuto stesso della democrazia, come sottolineato da Human Rights Watch 8 – continuano a resistere numerose realtà di solidarietà attiva. Tra queste, a Lesbo, il Community Centre di Paréa (Europe Cares), dal greco “cerchio di amici”, a soli dieci minuti dal campo di Mavrovouni, ridà alle persone in movimento normalità, dignità e senso di comunità. Secondo il team, il centro rappresenta un memorandum quotidiano del potere del lavoro collettivo, uno spazio in cui volontari internazionali e della comunità migrante costruiscono insieme una vera comunità nella solidarietà. Oltre ai servizi offerti, Paréa promuove l’empowerment delle persone in movimento, anche attraverso la partecipazione politica. Un gruppo di volontari attivi sull’isola di Lesvos in Grecia, uniti per lottare contro i pushbacks delle persone in movimento nel Mar Egeo. La loro missione è creare consapevolezza, attraverso proteste e una campagna sui social media, per porre fine a queste pratiche. Profilo IG Il 4 novembre, a Mitilene (sull’isola di Lesbo), si è svolta una manifestazione e commemorazione contro la condotta illegale dei pushbacks in mare e le morti in mare, in seguito alla tragedia del 27 ottobre, che ha visto la morte di quattro persone nelle acque dell’isola. Volontari internazionali, persone in movimento e abitanti locali si sono radunati davanti al mare, ciascuno con una candela in mano, in un potente momento di memoria, solidarietà e resilienza. 1. Con il termine “securitizzazione” della migrazione si fa riferimento al processo attraverso il quale le persone in movimento vengono rappresentate e trattate come una minaccia esistenziale per l’identità nazionale, la sicurezza dello Stato e l’ordine pubblico. Tale processo si fonda su atti linguistici e pratiche istituzionali che mirano a trasferire la questione migratoria dal piano della gestione ordinaria a quello dell’emergenza e della sicurezza. In tal modo, si legittima una gestione eccezionale del fenomeno migratorio, spesso estranea alle procedure democratiche e ai meccanismi ordinari del diritto, e pertanto priva delle garanzie proprie dello Stato di diritto ↩︎ 2. Qui l’emendamento ↩︎ 3. Qui la legge ↩︎ 4. Ai sensi dell’articolo 39 del Regolamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il ricorso cautelare è una procedura d’urgenza volta all’ottenimento di un provvedimento idoneo a fronteggiare – e, se possibile, a prevenire – il rischio di un’imminente violazione di un diritto garantito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ↩︎ 5. European Court of Human Rights blocks deportation of refugees detained by Greece under unlawful asylum suspension – RSA (agosto 2025) ↩︎ 6. New ECtHR decision: Greece prohibited from deporting refugees before they have had access to asylum procedure – RSA (settembre 2025) ↩︎ 7. Leggi il rapporto ↩︎ 8. Eva Cossé, (2025). “Greece’s Latest Assault on Civil Society. EU Action Needed to Protect Civic Space”, Human Rights Watch ↩︎
Le forze libiche sparano sulle persone migranti in fuga nel Mediterraneo centrale
Nel primo pomeriggio del 12 ottobre 2025, il telefono SOS di Alarm Phone riceve una chiamata dal Mediterraneo centrale: un gruppo di circa 150 persone è in fuga dalla Libia su un peschereccio, alcuni gridano che stanno sparando su di loro 1 . «Ci stanno colpendo con proiettili veri», ripetono agli operatori, «sono una milizia libica!». Alle 13:30, il segnale GPS colloca l’imbarcazione in acque internazionali, nella zona di ricerca e soccorso (SAR) di Malta. Nonostante le segnalazioni inviate immediatamente alle autorità italiane e maltesi, nessuno interviene. Per più di dodici ore, nessuna nave della Guardia costiera, nessun elicottero, nessun mezzo ufficiale si avvicina al peschereccio sotto attacco. Secondo il resoconto pubblicato da Alarm Phone, le milizie libiche non si limitano a sparare. Rimangono accanto alla barca per ore, la speronano più volte, rischiando di capovolgerla. «Ci stanno uccidendo, per favore aiutateci», gridano le persone al telefono. Nel tardo pomeriggio, un nuovo messaggio: «Una persona è morta, tre sono ferite». Le autorità continuano a tacere. Solo la mattina del 13 ottobre si scopre che il gruppo è stato infine soccorso dalla Guardia costiera italiana e poi sbarcato a Pozzallo. Ma il bilancio è pesante: una persona è in coma, con un proiettile conficcato nel cranio, e almeno altre due sono gravemente ferite. «Siamo sconvolti da un altro crimine di frontiera nel Mediterraneo centrale», denuncia Alarm Phone. «Le milizie libiche, finanziate e legittimate dall’Unione europea, agiscono con aggressività e impunità in mare, mentre le autorità italiane e maltesi violano sistematicamente le leggi del mare». Poche ore dopo lo sbarco, arriva anche la denuncia di Mediterranea Saving Humans. L’organizzazione, presente al porto di Pozzallo, parla di un intervento tardivo e di una catena di responsabilità precisa. «Una persona, con una pallottola nel cranio, è in coma e sta lottando tra la vita e la morte», scrive Mediterranea in un comunicato. «Altre due risultano gravemente ferite, al volto e a una mano, vittime dei colpi sparati da una motovedetta libica». Il gruppo di 140 persone è arrivato in Sicilia dopo 24 ore di attesa, «inascoltati per un giorno intero», dice l’organizzazione. «Insieme ad Alarm Phone avevamo avvisato le autorità italiane fin dal pomeriggio di ieri (12 ottobre ndr.), ma solo oggi (13 ottobre ndr.), con ventiquattr’ore di ritardo dalla tragica sparatoria, sono partiti i soccorsi». «La persona ora in fin di vita poteva essere raggiunta subito da un elicottero maltese o italiano», aggiungono. «Se dovesse finire diversamente, di fronte alla scelta di omettere un necessario soccorso urgente, sappiamo di chi sono le responsabilità». Per Mediterranea, si tratta di un altro episodio in una guerra dichiarata contro i migranti: «Erano in 140 a bordo di un motopeschereccio e cercavano di sfuggire alla guerra contro i migranti in corso in Libia, finanziata dal governo italiano, da quello maltese e dalle istituzioni dell’Unione Europea». L’episodio rientra in un modello ormai consolidato. Le milizie e le forze libiche, sostenute economicamente e politicamente dall’Unione europea, agiscono come una vera e propria polizia di frontiera delegata. I loro compiti: intercettare le persone migranti prima che raggiungano le coste europee e togliere di mezzo i testimoni scomodi come le Ong del mare. «Con il sostegno dell’Ue e dei suoi Stati membri», scrive Alarm Phone, «le milizie libiche si sono trasformate in una brutale forza di frontiera che opera con impunità». Mediterranea punta il dito contro la cooperazione istituzionale: «Il diritto internazionale è carta straccia per i governi che permettono e coprono tutto questo», si legge nel comunicato. «Alla vigilia del rinnovo del famigerato Memorandum Italia-Libia, chiediamo al Parlamento italiano di istruire finalmente un dibattito serio sulla necessità di non rinnovare un patto scellerato con degli assassini». IL MEMORANDUM CHE NON SI FERMA Il centrosinistra in Parlamento ha chiesto di fermare gli accordi con Tripoli, ma il Memorandum Italia-Libia, anche quest’anno, verrà rinnovato. Nonostante le continue denunce di attacchi e violenze da parte della Guardia costiera libica, grazie alle motovedette e all’addestramento fornito dall’Italia, il patto firmato nel 2017, quando al Viminale c’era Marco Minniti, continuerà a valere dal 2 novembre. Il termine ultimo per fermare il rinnovo automatico sarebbe stato proprio quel giorno, ma ieri – 15 ottobre – la Camera ha respinto le due mozioni delle opposizioni che chiedevano lo stop alla cooperazione con Tripoli. La mozione a prima firma Elly Schlein del PD, sottoscritta anche da Avs, Iv e Più Europa, proponeva di «non procedere a nuovi rinnovi automatici del Memorandum con la Libia, sospendendo immediatamente ogni forma di cooperazione tecnica, materiale e operativa che comporti il ritorno forzato di persone verso il territorio libico». Un testo simile, presentato dal Movimento 5 Stelle, chiedeva «l’interruzione del rinnovo automatico al fine di procedere alla sua revisione». Entrambe sono state bocciate. È invece passata, con 153 voti favorevoli, 112 contrari e 9 astensioni, la mozione della maggioranza che impegna il governo a «proseguire la strategia di contrasto ai trafficanti e di prevenzione delle partenze dalla Libia, fondata sul Memorandum del 2017». Mentre si conferma la linea della continuità, nel Mediterraneo centrale continuano gli spari e i respingimenti: non si tratta solo di effetti collaterali, ma di un vero e proprio sostegno del Parlamento. E’ qui che siedono i mandanti di queste violenze. 1. La cronologia degli avvenimenti è disponibile in questa ricostruzione di Alarm Phone del 13 ottobre: Stop the shootings at sea! ↩︎
Riduzione dello spazio civico e delle OSC in Europa: un focus sulla Grecia
Papers, una rubrica di Melting Pot per la condivisione di tesi di laurea, ricerche e studi. Per pubblicare il tuo lavoro consulta la pagina della rubrica e scrivi a collaborazioni@meltingpot.org. -------------------------------------------------------------------------------- Università degli studi di Padova Department of political science, law, and international studies Master’s degree in Human Rights and Multi-level Governance SHRINKING CIVIC SPACE AND CIVIL SOCIETY ORGANIZATIONS IN EUROPE. A FOCUS ON GREECE Tesi di Clementina Maiullari (2023/2024) Scarica l’elaborato INTRODUZIONE Negli ultimi anni, il concetto di restringimento dello spazio civico ha acquisito crescente attenzione, poiché i governi di tutto il mondo hanno implementato misure restrittive che limitano lo spazio operativo delle organizzazioni della società civile (OSC). La capacità di queste organizzazioni di difendere i diritti umani, i valori democratici e la giustizia sociale è stata limitata in vari modi, che vanno dalle restrizioni legali alle intimidazioni dirette. Sebbene le minacce e le restrizioni nei confronti degli attori della società civile, sia da parte di Stati che di gruppi non statali, siano sempre esistite, nell’ultimo decennio si è assistito a un passaggio da episodi isolati a pressioni più diffuse e sistematiche: lo spazio civico viene sistematicamente e deliberatamente limitato in un numero significativo di paesi, con particolare riferimento ai diritti di associazione, riunione ed espressione della società civile. Questo non è solo un problema degli Stati autoritari o semi-autoritari. Nella lotta continua contro il terrorismo, spesso per motivi di sicurezza nazionale, molte democrazie consolidate hanno adottato misure che limitano le attività degli attori della società civile: organizzazioni, ma anche giornalisti, attivisti, studenti, intellettuali e difensori dei diritti umani. La percezione delle organizzazioni della società civile come potenziali minacce ha portato a una crescente riluttanza da parte dei governi a collaborare con queste organizzazioni. Anziché essere considerate partner nella promozione dello sviluppo sociale e nella lotta al terrorismo attraverso il coinvolgimento della comunità, molte ONG sono viste con sospetto. Questo cambiamento ha portato a una riduzione della cooperazione tra i governi e la società civile, minando gli sforzi volti ad affrontare le cause profonde della violenza e dell’estremismo. Questa tesi, intitolata “Shrinking civic space and civil society organizations. A focus on Greece”, mira a esplorare come questo fenomeno globale si manifesti in tutto il mondo e nel contesto europeo, con particolare attenzione alla Grecia e al suo trattamento delle organizzazioni della società civile che si occupano di migrazione. La domanda di ricerca che guida questo lavoro è: in che misura il restringimento dello spazio civico ha influenzato le organizzazioni della società civile in Grecia, in particolare quelle che lavorano con i richiedenti asilo e i rifugiati? E in che modo queste restrizioni si allineano con le tendenze europee e globali più ampie? Questa domanda cerca di svelare i vincoli legali, politici e sociali imposti alle organizzazioni della società civile e di comprenderne l’impatto sulla loro capacità di lavorare in modo efficace. La questione è importante in quanto le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale nella promozione e nella tutela della democrazia, dei diritti umani e della giustizia sociale. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrato un notevole aumento della criminalizzazione della solidarietà nei confronti dei migranti e delle sanzioni nei confronti delle persone che attraversano le frontiere in Europa. Questa tendenza rappresenta una grave minaccia per lo spazio civico e mina lo Stato di diritto all’interno dell’Unione europea, sanzionando di fatto i migranti esclusivamente sulla base del loro metodo di ingresso nel territorio dell’UE, spesso ignorando le loro esigenze umanitarie e i loro diritti. La criminalizzazione della solidarietà ha gravi implicazioni per i diritti umani. Non solo punisce coloro che cercano di aiutare i più vulnerabili, ma mina anche i principi fondamentali di dignità e umanità che dovrebbero guidare le politiche migratorie. Comprendere come la riduzione dello spazio civico influisca sulle operazioni e sulle strategie delle organizzazioni della società civile è essenziale per sviluppare risposte efficaci volte a proteggere e ampliare lo spazio civico. Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, questo lavoro adotta un approccio di ricerca che integra un’analisi della letteratura recente, l’esame di dati secondari e un lavoro sul campo primario, con l’obiettivo di offrire una comprensione articolata del restringimento dello spazio civico. Mostrando e descrivendo i dati e i rapporti prodotti da organizzazioni chiave che monitorano lo spazio civico nel mondo, come Civicus, The International Center for Not-for-Profit Law, Civic Space Watch, Amnesty International e Human Rights Watch, la tesi attinge alla letteratura esistente e alle prove empiriche per identificare le tendenze globali ed europee nella restrizione delle organizzazioni della società civile. Le fonti sopra citate offrono una prospettiva macroeconomica sul fenomeno, chiarendo i modelli di repressione, gli ostacoli legislativi e le forme di vessazione incontrate dalle organizzazioni della società civile su scala globale. Oltre ai dati secondari, la ricerca include un caso di studio microeconomico sulla Grecia. Nonostante il paese sia formalmente uno stato democratico, sono state attuate politiche restrittive nei confronti degli attori della società civile, in particolare quelli che operano nei settori della migrazione e dell’asilo. Il mio tirocinio presso La Luna di Vasilika onlus, un’organizzazione che sostiene i richiedenti asilo del campo di Corinto, mi ha offerto l’opportunità di acquisire una visione diretta delle sfide più significative che un’ONG deve affrontare in Grecia. Allo stesso tempo, è diventato evidente che vi è un’urgente necessità di identificare strategie di resilienza. Le interviste raccolte hanno facilitato il coinvolgimento diretto delle persone colpite dalla riduzione dello spazio civico: esse forniscono dati qualitativi sulle strategie dell’organizzazione per far fronte all’ambiente restrittivo in cui opera e sulla sua capacità di difendere i diritti fondamentali dei richiedenti asilo. Questa combinazione di tendenze a livello macro e casi di studio a livello micro cerca di arricchire il discorso più ampio sulla riduzione dello spazio civico con esperienze specifiche e contestualizzate. Concentrandosi sulla Grecia, uno Stato membro dell’Unione Europea con istituzioni democratiche consolidate, la tesi mette in luce i modi intricati in cui anche una democrazia ben radicata può attuare politiche che limitano la società civile. In questo modo, contribuisce al più ampio dibattito sull’impatto della contrazione dello spazio civico sulla protezione dei diritti umani, sul funzionamento della governance democratica e sulla responsabilità degli Stati in tutta Europa. Al fine di affrontare la questione oggetto di ricerca, la tesi è strutturata come segue: la prima sezione è una rassegna bibliografica completa che fornisce le basi concettuali per l’analisi successiva. Questo capitolo sintetizza le teorie chiave, le definizioni e gli studi empirici rilevanti per l’argomento, fornendo un solido quadro di riferimento per comprendere le dinamiche in gioco. Esso mira a valutare criticamente il corpus di conoscenze esistente, integrando diverse prospettive per introdurre l’analisi nei capitoli successivi. Alcuni di questi studi vengono poi ripresi e analizzati in modo più dettagliato nel corso del lavoro, fornendo una base teorica per i casi di studio e i dati esaminati. Il primo capitolo vero e proprio fornisce un’esplorazione teorica dello sviluppo storico della società civile, dalle sue origini nel concetto greco di Politiké Koinonia e nella Societas Civilis latina, fino alla nascita di una società civile globale alla fine del XX secolo e al ruolo delle organizzazioni della società civile e delle organizzazioni non governative come difensori dei diritti umani e dei valori democratici. Il capitolo evidenzia le sfide affrontate dalla società civile negli ultimi anni, con particolare attenzione all’impatto della pandemia di COVID-19, che ha aggravato le sfide esistenti e creato nuovi ostacoli alla partecipazione civica. Il secondo capitolo sposta l’attenzione dai fondamenti teorici agli esempi pratici di come la riduzione dello spazio civico stia influenzando le organizzazioni della società civile in tutto il mondo. L’obiettivo è quello di esaminare come le varie restrizioni influenzano la capacità delle organizzazioni della società civile di difendere e proteggere i diritti umani. Attraverso casi di studio provenienti da diverse regioni, questo capitolo evidenzia la natura globale della questione. Questa sezione esamina anche le risposte delle Nazioni Unite a tali tendenze: mentre, da un lato, i suoi organi riconoscono il ruolo essenziale della società civile nella promozione dei diritti umani e della pace, le loro risoluzioni mancano di meccanismi di applicazione efficaci per rimuovere le barriere poste dai governi. Il terzo capitolo restringe l’analisi al contesto europeo e all’Unione europea, esaminando i quadri giuridici che regolano le organizzazioni della società civile e le crescenti restrizioni osservate in diversi Stati membri, in particolare all’indomani della crisi migratoria del 2015, dimostrando che anche le democrazie sono vulnerabili alle restrizioni delle libertà della società civile. Le istituzioni dell’UE hanno tradizionalmente promosso la partecipazione della società civile alla governance, sostenuta da trattati come il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali, che offrono opportunità per un maggiore coinvolgimento delle OSC. Nonostante questi sforzi e i programmi di finanziamento dell’UE, permangono ostacoli per le OSC. Questo capitolo esamina anche l’uso di azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica (SLAPPs) e altre forme di vessazione legale in Polonia, Ungheria e Germania. Il capitolo conclusivo è dedicato all’esame della situazione in Grecia, con particolare attenzione al contesto socio-politico, alle politiche migratorie e alla criminalizzazione delle organizzazioni della società civile che forniscono assistenza ai richiedenti asilo. Questo caso di studio presenta un’analisi approfondita di La Luna di Vasilika. A Corinto, il centro comunitario Keirapsìes e la scuola gestita da questa organizzazione, in collaborazione con One Bridge to Idomeni e Aletheia, rappresentano uno spazio sicuro per le persone che vivono nel campo di Korinthos. Il capitolo include interviste e dati raccolti sul campo che evidenziano il ruolo fondamentale dell’organizzazione e le sfide che deve affrontare, causate soprattutto dai nuovi requisiti di registrazione.