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Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?
Pubblichiamo in italiano un reportage del giornalista indipendente Témoris Grecko realizzato a partire da una denuncia del Comité Acción Palestina Chiapas di San Cristóbal de Las Casas riguardo la presenza di veterani di guerra israeliani nelle scuole elementari del Chiapas. Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali […] L'articolo Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas? su Contropiano.
Educazione economico-finanziaria, sport e propaganda targata Guardia di Finanza
Lo scorso anno si pensava che il 250mo anniversario della fondazione della Guardia di Finanza, le cui radici vengono fatte risalire in maniera fantasiosa addirittura al Regno di Sardegna, dinastia Sabauda,  sarebbe stato un evento straordinario. Quest’anno, invece, ancora ai primi di luglio, per il 251mo, festeggiato tra il 20 e il 22 giugno, nella capitale giravano ancora gli autobus del Comune, tappezzati con l’immagine di una giovane e fiera donna finanziera, con postura ieratica. Ciò peraltro farebbe pensare ad una parità di genere che in realtà non esiste affatto. Quindi ci risiamo, perché nell’ultimo scorcio di giugno è andata nuovamente in scena l’ennesima propaganda militarista che, come dimostra la GdF, non perde occasione per organizzare, eventi e fiere con gazebi ed effetti speciali come quello allestito sulla terrazza del Pincio cui abbiamo reso visita come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Questa volta l’evento della GdF si è svolto all’insegna dello sport per coinvolgere anche lo/la studente/ssa più svogliato/a, attraverso situazioni accattivanti e “avventurose” come la parete di arrampicata che troneggiava su tutto lo spazio dall’alto dei suoi 15 metri di altezza. Nella famosa terrazza di Villa Borghese, affacciata su piazza del Popolo, con la basilica di S.Pietro all’orizzonte è stata allestita una sorta di Villaggio dello Sport dove, soprattutto i/le bambini/e e i/le ragazzi/e, sono stati/e invitati/e a provare uno dei tanti sport attivati presso i centri sportivi della GdF, le ben note Fiamme Gialle, che insieme ad Esercito, Carabinieri e Polizia monopolizzano la pratica sportiva nei livelli agonistici: «Non proponiamo diverse discipline sportive solo a quei pochi che entreranno nelle squadre agonistiche» –  ha tentato di controbattere un ufficiale, sollecitato dalla nostra domanda sul perché avessero deciso di presentare un corpo militare attraverso una sua sezione organizzativa tutto sommato più che marginale. «I nostri impianti, infatti – prosegue nel suo tentativo il finanziere – sono aperti a tutta la cittadinanza ma soprattutto ai ragazzi». Nella realtà ciò è vero solo in parte. Molti club, associazioni, squadre, infatti, semplicemente si “appoggiano” agli impianti sportivi un po’ come le scuole fanno con le loro palestre nei periodi estivi aprendosi alle associazioni sportive nel perio di fermo delle lezioni. Chi entra nei gruppi sportivi ovviamente rappresenta una élite stracoccolata ma appunto una minoranza. L’effetto scenografico e il coinvolgimento avventuroso e ludico hanno sicuramente un loro effetto dirompente sul piano comunicativo, per gli arditi giovani e le aspiranti finanziere cui viene puntualmente segnalato l’imminente bando di concorso. «Qui al villaggio sportivo – ha precisato un altro finanziere – potete vedere quasi metà e metà di uomini e donne proprio perché noi perseguiamo la parità di genere tant’è vero che questo aspetto viene indicato proprio nel bando». Anche qui l’informazione è stata data scorretta e in modo mistificante perché, se è vero che si tiene conto del genere femminile sul piano fisiologico, ciò viene fatto solamente per differenziare le prove valutative preselettive di carattere ginnico. Non essendo previste delle quote ad hoc per uomini e donne proprio per ristabilire la parità numerica che caratterizza la società nel suo complesso, non possiamo fare altro che sottolineare che nell’ambito delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate il genere femminile è rappresentato da non oltre il 7% della popolazione arruolata. La scelta di marketing, a nostro avviso stracolma di stereotipi scelta per il “Villaggio sportivo” della GdF al Pincio, invece, ha visto le donne rappresentate quasi al 50%: chi stava dietro i banconi e accoglieva sempre con un sorriso affettuoso,  accudente e materno,  mamme e papà con prole erano (giovani) finanziere, poco consapevoli, stando alle risposte date alle nostre domande, di essere parte di una messa in scena di stampo patriarcale. Il capolavoro finale di questa coreografia militaresca è stata, infine,  la coppia di giovanissimi/e cadetti/e in alta uniforme che si aggirava sorridente, come fidanzatini innamorati, con spadino luccicante ai fianchi alla ricerca di foto e selfie, tra un pubblico entusiasta.  Dopo un primo giro di osservazione e di domande “in incognito”, l’Osservatorio  è poi passato all’azione con un gesto, non violento e dimostrativo del nostro dissenso, consistito nel distendere uno striscione con la scritta “Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università” e contemporaneamente nel comunicare alle ragazze e ai ragazzi presenti nonché ai loro genitori, la presenza asfissiante nella società e nelle scuole di questa cultura ormai pervasiva che vede nell’istruzione militare, nella cultura della legalità, noi diremmo panpenalista, un presunto baluardo per la convivenza civile e la pace, ovviamente armata.  Noi dell’Osservatorio stigmatizziamo queste strategie subdole che portano acqua al mulino della “cultura militarializzata”, in questo caso nell’ambito dei reati finanziari e che non a caso, vanno a braccetto anche con una nuova iniziativa dell’Unione Europea, ancora una volta rivolta alla cosiddetta “educazione finanziaria”.  Si tratta di “Young Factor” il progetto di economic and financial literacy leader nella scuola secondaria superiore che mira ad elevare il livello di educazione economico-finanziaria degli studenti italiani e a sviluppare il senso di appartenenza all’Unione Europea. Quindi il senso di appartenenza non si diffonde in questo caso attraverso un messaggio di solidarietà attraverso relazioni economiche alternative alla logica del profitto, forme societarie alternative alle società di capitali, o attraverso una finanza etica dove i soldi sono solo lo strumento per intessere nuove relazioni e creare ricchezza intesa come qualità della vita propria e delle comunità e non come “rendita”.  Il modello proposto dai vari progetti di educazione economico-finanziaria, si avvicina più ad un addestramento per promotori finanziari oppure per futuri “trader online” che forse riusciranno a districarsi tra una truffa e l’altra tra un investimento-bufala e l’altro. Ma certamente non per creare ricchezza all’intera società.  > Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università
Il riposizionamento su Israele: realtà o propaganda? Dal Regno Unito alla Toscana
Nell’ultimo periodo abbiamo assistito a prese di posizione inedite da parte di istituzioni media e personaggi famosi che finora, in 19 mesi di genocidio a Gaza, non avevamo visto. Cosa sta succedendo? Si sta finalmente muovendo qualcosa e il sistema … Leggi tutto L'articolo Il riposizionamento su Israele: realtà o propaganda? Dal Regno Unito alla Toscana sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
In Sardegna propaganda di guerra e screening medici per bambine e bambini
Le spese per la sanità pubblica in Italia non sono affatto tra le più alte dei paesi UE, a differenza di quanto sostiene la presidenza del Consiglio, secondo la quale il nostro Paese non ha speso mai così tanto per la salute. Ecco, ricordiamo solo alcuni dati. Il servizio sanitario è universale, ma non del tutto gratuito, prova ne sia che la quota di spese sanitarie a carico del cittadino (23,5%) è al di sopra della media europea (15,8%). Nonostante ciò il ricorso alle prestazioni intramoenia e al privato arrivano per la impossibilità del pubblico di erogare servizi in tempi veloci, non avendo personale a sua disposizione. La spesa pubblica per la sanità in Italia (8,8% del PIL) è al di sotto della media europea (9,8%). Anche in termini assoluti la spesa medica pro-capite è di 2.487 euro contro i 2.884 della media europea. Non si comprende allora il motivo per cui ci sarebbe da gioire con una sanità pubblica affossata a colpi di privatizzazioni, spending review e contenimento della spesa con risorse da sempre sperequate tra le varie figure di personale, la impossibilità di un effettivo ricambio generazionale per medici e infermieri. Molte famiglie per curarsi devono contrarre dei prestiti con banche e finanziarie e nelle isole o regioni meridionali il pendolarismo sanitario è una scelta obbligata per ricevere cure adeguate. Le famiglie del capoluogo sardo hanno quindi accolto come una sorta di manna dal cielo la notizia che avrebbero potuto approfittare degli screening a bordo della nave da guerra Trieste, in porto per l’operazione interforze “Joint Stars“. Pensiamo che le strutture sanitarie , incluse quelle militari, dovrebbero essere a disposizione della cittadinanza e non solo nei momenti di grande criticità come avvenuto negli anni pandemici. Ci indigna , oltre a preoccuparci, che un servizio essenziale come quello sanitario e l’offerta di screening ai più piccoli, per i quali si attendono di norma mesi di attesa, sia invece avvenuta a bordo di una nave da guerra, associando l’idea che all’ombra delle forze armate sia possibile ricevere servizi sanitari. La Trieste partecipava all’esercitazione nazionale interforze della Difesa Joint Stars 2025, appuntamento annuale per la più grande esercitazione militare interforze pensata per testare anche l’efficacia di nuove armi e strumenti di guerra. E i soldi impiegati per le esercitazioni militari sarebbero stati utili per ampliare la terapia intensiva, la prevenzione e i servizi di pediatria con effetti ben maggiori nel tempo. La propaganda di guerra è disgustosa e in assenza di argomentazioni si associano esercitazioni militari alla erogazione di quei servizi socio sanitari che sono stati tagliati proprio per finanziare il militare. Fonti: https://www.facebook.com/photo?fbid=1135590778607390&set=a.649135690586237 https://www.ultimavoce.it/joint-stars-2025-sardegna-sanita-e-propaganda/#google_vignette https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/12/a-cagliari-esami-sanitari-gratis-per-i-bambini-si-ma-sulla-nave-da-guerra-per-far-digerire-la-maxi-esercitazione/7984982/ Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Bari, 1-4 maggio: quattro giorni con l’Esercito in città, propaganda bellica degradante
In occasione del suo 164esimo anniversario l’Esercito Italiano sta occupando Piazza della Libertà a Bari, con una installazione denominata Villaggio, un piccolo accampamento moderno, un paese dei balocchi letali. In un articolo che promuove l’iniziativa si legge «per ben 4 giorni la gente potrà conoscere da vicino il lavoro dei soldati e le tecnologie con cui operano».  Per fortuna il centro culturale Zona Franca,  e i collettivi studenteschi UDU Link Bari e Unione degli Studenti Bari hanno scritto a riguardo un semplice post su Facebook che qui riporto quasi integralmente: «Nelle stesse settimane in cui la Presidente della Commissione UE Von der Leyen ha definito come “filorusso” chiunque sia contro il riarmo europeo, ci sembra inaccettabile che venga promosso in pieno centro città un tale sfoggio di mezzi e attività militari. Ci sembra chiaro l’intento propagandistico di questa iniziativa, volto a normalizzare la militarizzazione della società, mentre vengono sempre più messe a tacere le voci contrarie al riarmo e favorevoli all’apertura di tavoli di pace nei vari contesti di guerra. L’Italia ripudia la guerra: le nostre città non devono essere militarizzate, è inaccettabile per noi la creazione di un “villaggio militare” in pieno centro, è impensabile che la città di Bari venga percorsa per tutta la giornata da mezzi e reparti militari. In una fase in cui le tensioni internazionali crescenti gettano nello sconforto milioni di persone, mentre sulle teste di altrettanti milioni piovono bombe, non possiamo accettare che nel nostro Paese si ceda alla propaganda bellicista, dimenticando la nostra cultura e i nostri valori di pace e di dialogo internazionale. Rifiutiamo questa manifestazione e chiediamo anche alle istituzioni locali, che a più riprese si sono schierate per la pace, di non prendervi parte. Non bisogna prestare il fianco a questa pericolosa retorica di guerra, che punta solo ad abituarci ad un dibattito sempre più schierato su posizioni belliciste». L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università si interroga su come sia possibile farsi incantare da attrazioni come il veicolo blindato Centauro2, il VTMM Ordo, l’elicottero AH129 Mangusta, un simulatore di volo e numerosi assetti EOD (Explosive Ordinance Disposal). A noi certo non incantano, anzi spaventano queste iniziative e chi le orchestra. Non esiste giustificazione per la distruzione che si sta seminando nei territori con i conflitti bellici, né per la corsa alle risorse prime e al dominio finanziario.  Le nostre città vengono assediate dallo stesso potere che prova a convincerci della necessità della guerra fuori dai nostri confini, che inventa ogni giorno un nemico diverso. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università continueremo a fare il possibile per tenere vivo uno spirito critico che ripudi la guerra, e proveremo a salvare tutti gli spazi e le formule che fanno del nostro Paese una organizzazione sociale viva votata alla democrazia.  Si avvicina il 16 maggio, giorno che ci vedrà impegnat3 in presenza a Roma per il corso “Scuole e università di pace Fermiamo la follia della guerra“, aperto a tutta la cittadinanza e utile alla formazione docente. Vi invitiamo a iscrivervi e a partecipare, in presenza o collegandovi online con Zoom. Su YouTube potete ascoltare una parte del lavoro già svolto. Molto di più ce n’è da fare ancora. Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 
Propaganda o beneficenza? Cosa fanno le Forze Armate alla “Race for the cure”
Ha un che di insolito vedere un Villaggio “in divisa” all’interno del grande evento Race for the cure di Komen Italia, eppure dall’8 all’11 maggio Esercito, Carabinieri, Polizia di Stato, Marina Militare e Aeronautica saranno lì presenti per dare informazioni sull’offerta formativa e occupazionale delle Forze Armate. Un assurdo completo! Leggendo la brochure, troviamo l’Agenzia Aerospaziale Europea ESA terrà ogni giorno un laboratorio di 6 ore sui satelliti in orbita attorno alla Terra. A Pesaro l’Esercito ha partecipato a Run4Hope, manifestazione sportiva solidale rivolta alla raccolta di fondi per la ricerca sui tumori pediatrici a favore della Fondazione AIRC. Con cadenza regolare vengono organizzate a Cagliari e a Decimomannu donazioni di sangue e emocomponenti per gli ospedali dell’isola.  al di là di tutte le questioni collaterali per le quali viene utilizzato, la principale funzione dell’Esercito e degli altri corpi militari è quella di fare la guerra, e molto meglio della loro beneficenza sarebbe che nel bilancio di governo la spesa militare diminuisse a favore del welfare. Vale la pena sottolineare come la maggiore disponibilità patrimoniale ed economica del settore militare spesso venga utilizzata per svolgere funzioni vicarie nella sanità, nella scuola e nelle occasioni pubbliche di svago, ma veicolando, surrettiziamente, i valori delle forze armate, che sono disciplina, comando, obbedienza, gerarchia, autoritarismo e non quelli educativi e sociali del dialogo, della solidarietà, dell’accoglienza, della partecipazione, dell’equità. Esempio di questa sostituzione è la vicenda dell’istituto comprensivo “Abate Fabio di Bona” (Cutro), che, per mancanza di spazio, ha in uso gli alloggi del personale dell’esercito per fare lezione, così come l’esperienza dell’ Educamp di Viterbo e i campi estivi o le feste dello sport e del benessere, che possono avvicinare all’aeronautica militare o al corpo degli alpini mentre apparentemente si sta solo intrattenendo dei bambini e delle bambine. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università mette in discussione la retorica del buon soldato, la normalità della guerra che serpeggia dentro e fuori le scuole. Il poderoso processo di mobilitazione finanziaria, politica e industriale dalla pace alla guerra sta erodendo la possibilità di mantenere viva la democrazia.  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università organizza convegni di formazione gratuiti per docenti e per la gente comune. Potete contattarci, faremo il possibile per venire nella vostra città. Il 16 maggio saremo a Roma. Iscrivetevi! Se siete in zona venite ad ascoltare altrimenti collegatevi su Zoom.  Nel sito trovate il box per sostenerci economicamente una tantum, con una offerta mensile o annuale. Vi invitiamo a stampare il nostro bollettino mensile e distribuirlo tra i vostri contatti.  Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 
Eirenefest Bergamo, secondo evento: comunicare la Pace
Cosa succede quando guerra e comunicazione si incontrano e diventano l’una la migliore alleata dell’altra? Quali sono gli strumenti, gli attori, le strategie e gli stratagemmi che vengono realizzati quando si parla ad un popolo in guerra e al suo nemico? Questi sono alcuni degli interrogativi cui risponde il libro  “Campagne di guerra. Centocinquant’anni di comunicazione, pubblicità, propaganda” (Prospero, 2023) scritto da Giuseppe Mazza e presentato venerdì 25 aprile, presso EireneFest a Bergamo. L’autore, comunicatore e studioso di comunicazione, si è dedicato a lungo all’esplorazione e all’analisi della propaganda e di come questa diventi parte del discorso della guerra. È partito dall’assunto che la guerra non sia un fenomeno naturale intrinseco alla natura umana, quanto un artificio scelto e creato. Ha raccontato di quanto i popoli, in realtà, abbiano nella storia respinto le campagne di comunicazione pensate per far loro interiorizzare il bisogno di attivarsi e abbracciare le armi e di come sia necessario ripartire dalla determinazione del popolo, in questo caso il nostro popolo, quello italiano, che ha deciso di ripudiare la guerra. Ripudiare: cioè, respingere qualcosa che fino a quel momento si era in qualche modo accettato. La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 11, sancisce una posizione netta di distanza e rifiuto della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti: un articolo, secondo Mazza, che è una linea guida di politica estera e dovrebbe stagliarsi come riferimento certo. Il discorso sulla pace ha bisogno di trovare una propria forma ed articolazione, popolare, democratica, che si svincoli dal linguaggio, dai miti e dalle narrazioni belliche prevalenti. L’incontro è stato coordinato da Rosita Poloni, coordinatrice dell’associazione italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam. Redazione Italia