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Madagascar: la Generazione Z ha vinto, ma non è lei a riscrivere le regole
Abbiamo assistito di recente a una svolta storica in Madagascar, che ha visto protagonisti i giovani della Generazione Zeta. A distanza di poco tempo rimangono molti interrogativi e sfide. Tra il 25 settembre e il 14 ottobre scorsi, il Madagascar ha vissuto una svolta storica. La Generazione Z, nata e organizzata sui social network, è riuscita a far cadere il regime di Andry Rajoelina. Ora però i ragazzi della Gen Z tra i 15 e i 25 anni, arrabbiati, connessi e determinati, si trovano di fronte a un interrogativo cruciale: come evitare che il loro sogno di cambiamento venga neutralizzato? Il rischio principale per la Generazione Z malgascia è che il “momento rivoluzionario” venga normalizzato dentro logiche militari, clientelari e internazionali che non controlla, trasformando una vittoria di piazza in una riconfigurazione del vecchio sistema con volti nuovi. La specificità della Generazione Z malgascia è il suo nucleo motore: una galassia di gruppi urbani connessi che ha usato piattaforme cifrate per coordinare scioperi, sit-in, occupazioni, manifestazioni e presidi in spazi simbolici come la Place de la Démocratie, aggirando partiti e notabili. Questa “rivoluzione digitale” ha prodotto due effetti ambivalenti: ha mostrato che una generazione con poco da perdere può rovesciare rapidamente un presidente, ma ha anche aperto spazio a un arbitraggio di potere da parte dei militari, delle élite economiche e degli attori esterni che ora cercano di incanalare l’energia giovanile in una transizione controllata. Un governo senza consultazione La scelta del primo ministro e la formazione del nuovo governo sono avvenute senza il diretto coinvolgimento dei giovani protagonisti della rivolta. I 29 membri dell’esecutivo odierno includono qualche nuovo volto e alcuni esperti, ma l’insieme resta un sapiente dosaggio di vecchi politici, oppositori storici e persino rappresentanti del regime appena cacciato come Christine Razanamahasoa già presidente dell’Assemblea Nazionale ed ex ministro con Andry Rajoelina, che oggi nel nuovo governo ha ottenuto lo strategico Ministero degli Esteri. Sariaka Senecal, giovane attivista malgascia (poco più che ventenne) descrive così al settimanale francese Le Point il rapporto ambivalente con le nuove autorità: “E’ vero, siamo stati ricevuti dalla presidenza e al Ministero della Gioventù. Da questo punto di vista c’è stato ascolto. Ma sulle nomine politiche non siamo stati minimamente consultati. Dalla scelta del premier a quella dei ministri, non siamo mai stati coinvolti. Stiamo assistendo a una rifondazione di facciata. Non è prevista alcuna revisione costituzionale, nessuna riforma strutturale. Cambiano le facce, non le logiche. Ci ascoltano, fingono di prenderci sul serio. Ma hanno già i loro piani”. Dal movimento orizzontale alla struttura organizzata La difficoltà di questa “rivoluzione della Generazione Z” era prevedibile. Nata in modo spontaneo e orizzontale, la mobilitazione giovanile manca, come in altri contesti simili, di rappresentatività formale. Per acquisire maggior peso, il movimento starebbe valutando di modificare la pura orizzontalità e organizzarsi in una struttura più tradizionale, con portavoce, comitati e leader riconoscibili. La Generazione Z dispone oggi di reti e strumenti che le danno un’influenza senza precedenti, ma oscilla ancora tra la forma organizzata di un movimento e quella assembleare e fluida di un organo consultivo. L’obiettivo comunque resta invariato: influenzare le decisioni del potere. Per ora una delle sfide principali per il nuovo governo è mantenere il sostegno finanziario della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, da cui dipendono numerosi progetti in corso per migliorare l’accesso all’acqua e all’energia: solo il 36% della popolazione malgascia ha accesso all’elettricità, quando c’è. Un brief “Poverty and Equity” su Madagascar dell’ottobre 2025 stima che nel 2024 circa l’80% dei malgasci viva sotto la soglia internazionale di povertà di 2,15 dollari al giorno Intanto la Russia in queste settimane ha manifestato ufficialmente la volontà di rafforzare la cooperazione con il Madagascar in questa fase di transizione. Una mossa sostenuta dal nuovo Presidente dell’Assemblea Nazionale malgascia, Siteny Randrianasoloniaiko, noto per la sua vicinanza a Mosca. “I russi sono specialisti nella risoluzione di problemi urgenti. possono fornirci carburante. La scelta è nelle nostre mani se vogliamo davvero trovare soluzioni ai nostri problemi” ha dichiarato lunedì 24 novembre, durante la discussione sulla legge finanziaria per il 2026. Il giorno seguente ha convocato i fornitori della Jirama, la società pubblica di distribuzione di acqua ed elettricità sostenendo che il supporto tecnico russo sarebbe il benvenuto dato che nella capitale sono già ripresi i tagli di corrente. Non è la prima volta che Mosca prova a esercitare la sua influenza sul Madagascar. Nel 2018, pochi mesi prima delle presidenziali, un’indagine di BBC Africa Eye aveva rivelato come una squadra di consulenti politici russi (entrati nel Paese come “turisti” o “osservatori”) avesse offerto denaro e supporto tecnico ad almeno sei candidati. L’obiettivo era influenzare l’esito del voto sostenendo più candidati in parallelo. Da allora gli attori esterni non hanno smesso di cercare spazio a Antananarivo, tra contratti minerari e offerte di ‘cooperazione strategica’. Ma sette anni dopo, quel copione non funziona più: per i ragazzi della Generazione Z la vera battaglia comincia adesso.   Africa Rivista
Madagascar, anatomia di un (non) colpo di stato
Un nuovo presidente e un primo ministro tecnico guidano il Madagascar dopo le proteste giovanili. Tra speranze e dubbi, la Generazione Z teme che le promesse di cambiamento restino vuote.  Le prime reazioni della Generazione Z malgascia sono state tutt’altro che entusiaste. Dopo soli 20 giorni di proteste in piazza, il Madagascar ha un nuovo volto: alla presidenza c’è il colonnello Michael Randrianirina, figura descritta dai suoi pari come un militare rigoroso; al suo fianco, nel ruolo di primo ministro, è stato nominato Herintsalama Rajaonarivelo, economista e manager di lungo corso, collaboratore della Banca Mondiale e presidente del consiglio di amministrazione della Banca Nazionale dell’Industria. Per i ragazzi non è esattamente uno fuori dal coro. A distanza di poco più di quindici anni, il Madagascar ha vissuto un déjà vu politico. Già nel 2009, durante la rivolta contro Marc Ravalomanana, l’unità d’élite CAPSAT si rifiutò di reprimere i manifestanti e contribuì alla salita al potere di Andry Rajoelina. Oggi, la stessa unità ha nuovamente scelto di non sparare sulla folla, schierandosi con i giovani della Generazione Z: un gesto che ha preceduto la destituzione e la fuga all’estero dello stesso ex presidente Rajoelina. La scelta di un primo ministro stimato dalla comunità economica internazionale è volutamente una mossa volta a rassicurare, anche se è già scattata la condanna dell’ONU e dell’Unione Africana che ha sospeso il Madagascar dalle sue istituzioni. Nel frattempo il presidente ex colonnello ha dichiarato che il suo non è affatto un colpo di Stato e che “un colpo di Stato è quando si entra armati nel palazzo presidenziale e si versa sangue”, mentre in questo caso i militari avrebbero “deposto le armi per unirsi alle richieste popolari” e ha insistito sul fatto che la sua nomina è stata approvata dalla Corte Suprema e quindi “segue la procedura legale”. L’esercito malgascio storicamente ha sempre agito più come un catalizzatore sociale piuttosto che come un conquistatore del potere. Nel 1972, le proteste studentesche e contadine (le Rotaka) portarono alla fine del regime filo‑francese di Philibert Tsiranana. L’esercito, guidato dal generale Gabriel Ramanantsoa, si rifiutò di reprimere i manifestanti e convinse il presidente a farsi da parte, creando un governo di transizione militare‑civile che aveva la missione di ristabilire ordine e sovranità, senza instaurare una dittatura. Nel 2002, la crisi elettorale tra Didier Ratsiraka e Marc Ravalomanana paralizzò lo Stato. Solo dopo mesi di tensioni e morti, l’esercito intervenne per “ristabilire la legalità”, favorendo il passaggio dei poteri a Ravalomanana, riconosciuto come vincitore dal popolo. Nel 2009, la rivolta contro Ravalomanana vide un ruolo centrale dell’unità d’élite CAPSAT, che si rifiutò di sparare sui manifestanti pro‑Rajoelina. Dopo il massacro del 7 febbraio, il suo ammutinamento provocò la caduta del presidente. L’esercito, come nelle crisi precedenti, si presentò come salvatore della nazione e non come usurpatore, consegnando poi il potere a un civile, Rajoelina. Molti membri del movimento Generazione Z riconoscono al nuovo primo ministro competenza e profilo tecnico, ma lo percepiscono come parte dell’élite economica distaccata dai problemi dei giovani malgasci, che riguardano disoccupazione, precarietà e povertà diffusa. In molti chiedono che le promesse di trasparenza e partecipazione non restino solo promesse del momento. A due passi dal palazzo presidenziale, riferisce il mensile francese Jeune Afrique, una parte della Generazione Z avrebbe montato la propria sede al primo piano di una pizzeria. Una ventina di giovani cercano di trovare un portavoce del collettivo per poter parlare con una sola voce. Non sarà facile. “Siamo un’organizzazione giovane e orizzontale, di fronte a un’organizzazione militare verticale. Dobbiamo andare veloci” è uno dei commenti più seguiti nella chat di Discord. Ketakandriana Rafitoson, vicepresidente di Transparency International, che ha avuto un ruolo nell’organizzazione di alcune delle proteste iniziali, e lei stessa malgascia, ha detto all’agenzia Reuters che i colpi di Stato sono sempre indesiderabili per la democrazia, ma in questo caso c’era “un’apparente riluttanza dei leader politici ad affrontare le rimostranze, un’unità armata organizzata era in pratica l’unica istituzione in grado, rapidamente, di fermare lo spargimento di sangue e riaprire lo spazio civico”. Elliot Randriamandrato, attivista e intellettuale malgascio di 30 anni, è uno dei volti della Generazione Z in Madagascar: “Le ultime settimane sono una mezza vittoria, la vera lotta inizia ora: la nostra principale richiesta è un cambiamento all’attuale sistema politico” ha detto all’AFP. Diverse reti della Generazione Z hanno espresso frustrazione, accusando l’esercito di essersi “appropriato” dei risultati delle proteste popolari che hanno rovesciato l’ex presidente Andry Rajoelina. Molti attivisti parlano di un “tradimento della rivoluzione giovanile”, poiché la promessa di un dialogo inclusivo starebbe cedendo a una gestione verticale del potere. Nel frattempo Rajaonarivelo ha annunciato l’avvio di un piano nazionale per promuovere l’occupazione giovanile, articolato in incentivi alle microimprese, programmi di apprendistato e partenariati strategici con il settore privato. Il suo esecutivo sarà chiamato a coabitare con l’esercito per un periodo di circa due anni, durante il quale dovranno essere organizzate nuove elezioni generali. Durante il suo discorso inaugurale di questa settimana il presidente non ha mancato di rendere omaggio “alla gioventù malgascia vittima dell’ingiustizia”, ma – secondo il racconto dei presenti – i dieci posti riservati ad alcuni dei ragazzi protagonisti della rivolta erano tutti in piccionaia, nel bancone sul retro, in fondo alla sala. Un dettaglio che non è sfuggito alla Generazione Z. Africa Rivista
Radio Africa: Costa d'Avorio, Camerun, Tunisia, Madagascar
Costa d'Avorio: di fronte a un'opposizione divisa e senza i candidati che erano stati preventivamente estromessi, il capo di Stato ivoriano ha vinto, senza sorprese, le elezioni presidenziali con l'89,77% dei voti e si è imbarcato in un quarto mandato. Alassane Ouattara si troverà a dover affrontare la sfida di preparare il futuro e, soprattutto, la sua successione. Il governo ivoriano sta inasprendo le restrizioni sugli assembramenti politici: le riunioni e le manifestazioni sono attualmente vietate per due mesi, ad eccezione di quelle dei candidati in corsa per le elezioni. Queste elezioni fanno precipitare la Costa d'Avorio in una situazione di stallo, rianimando i vecchi demoni della guerra civile dei primi dieci anni del Duemila.  Camerun: il Consiglio Costituzionale ha dichiarato la vittoria di Paul Biya che ha prevalso ufficialmente con il 53,66% dei voti, davanti a Issa Tchiroma Bakary, che sta contestando il conteggio ufficiale dei voti e sottolineando i propri risultati. Issa Tchiroma Bakary si considera vincitore con circa il 55% dei voti. Diverse centinaia di manifestanti hanno sfidato i divieti di assembramento e sono scesi in piazza. I dimostranti hanno mostrato bossoli di munizioni che avrebbero raccolto in seguito agli spari delle forze di sicurezza. Le autorità avevano vietato gli assembramenti pubblici e limitato gli spostamenti in molte città del paese. Tunisia: uno sciopero generale e decine di migliaia di manifestanti hanno paralizzato la città di Gabès, nel sud della Tunisia, a sostegno delle richieste di chiusura di un impianto chimico statale ritenuto responsabile di una grave crisi di inquinamento. Negozi, mercati e scuole hanno chiuso durante lo sciopero, bloccando l'attività economica nella zona costiera di Gabès in risposta a un appello del principale sindacato tunisino, l'UGTT. Da diversi mesi, i casi di avvelenamento e asfissia sono in aumento, in particolare tra i giovani esposti ai gas tossici provenienti dagli stabilimenti del Gruppo Chimico Tunisino, le cui attività continuano a trasformare il fosfato in acido fosforico e fertilizzanti minerali. I residenti, denunciando una situazione insostenibile, chiedono una misura radicale: lo smantellamento degli impianti inquinanti installati dagli anni '70. Madagascar: la composizione della nuova squadra di governo, di 29 membri, è stata svelata martedì scorso. Il presidente e il primo ministro hanno cercato di soddisfare diversi gruppi e hanno dovuto necessariamente scendere a compromessi. il presidente Randrianirina e il suo primo ministro, Herintsalama Rajaonarivelo, hanno dovuto conciliare le aspettative espresse dai vari partiti politici, così come dal mondo imprenditoriale, dalle forze armate e, naturalmente, dall'inafferrabile Generazione Z che ha precipitato la caduta di Andry Rajoelina. Dopo l'annuncio del nome del nuovo capo del governo, i giovani malgasci hanno rilasciato la seguente dichiarazione: "Avete preso in ostaggio le nostre lamentele. Questa decisione, presa senza trasparenza né dialogo, contraddice lo spirito di cambiamento e rinnovamento che il popolo chiedeva attraverso le proteste di piazza".        
BASTIONI DI ORIONE 16/10/2025 – A PARTIRE DALLA ENNESIMA RIVOLTA GIOVANILE SFOCIATA IN UNA GIUNTA MILITARE AD ANTANANARIVO, QUANTE AFRICHE SI CONFRONTANO TRA DINOSAURI E GENERAZIONE Z? SI PUÒ CONFERIRE ANCORA UNA VOLTA IL NOBEL PER LA PACE A UNA CRIMINALE GOLPISTA? E POI QUAL È IL CONCETTO DI “CRIMINE DI GUERRA”?
Abbiamo deciso di rivolgerci a Freddie del Curatolo che si trova a Dar es Salaam in occasione delle elezioni tanzaniane del 29 ottobre, per avere uno sguardo d’insieme tra le comunità africane, in particolare della costa orientale, per capire meglio da dove nasce e verso dove sfocia la rivolta della Generazione Z formato malgascio, ponendola […]
Radio Africa: Madagascar, Marocco, Camerun
Apriamo la trasmissione con un ricordo della figura di Thomas Sankara assassinato proprio il 15 ottobre del 1987, primo presidente liberamente eletto del Burkina Faso che promosse importanti riforme tese a mettere in discussione gli esiti del colonialismo. Madagascar: dopo le rivolte di piazza della generazione Z contro la mancanza di energia elettrica e la crisi idrica, con la sollevazione di settori dell'esercito, la crisi è esplosa e il presidente Rajoelina, pesantemente contestato dalle piazze, è fuggito all'estero protetto dai francesi. I militari hanno annunciato la presa del potere mentre il Madagascar si  aggiunge alla lista dei paesi in cui i  governi autoritari sono stati defenestrati  dalla rivolta della generazione Z.  Marocco: continuano  le manifestazioni del  collettivo GenZ212 che contesta le condizioni penose della sanità e dei servizi nel paese nonche' la disoccupazione cui sono costretti i giovani marocchini .Si  spendono soldi negli stadi mentre negli ospedali si muore di parto, il tentativo del re Mohamed VI di calmare le piazze non ha sortito alcun effetto se non quello di esplicitare ancora di più la distanza fra il potere e le rivendicazioni dei  giovani. Camerun: le elezioni presidenziali si sono tenute il 12 ottobre, il risultato  sembra scontato, il novantaduenne presidente Paul Biya al potere dal 1982 , sostenuto dai francesi, nonostante l'incerto stato di salute si è ricandidato  e probabilmente con i soliti brogli sarà rieletto presidente. Il paese è in preda ad una profonda crisi economica, il nord anglofono è in rivolta dal 2017, mentre s'intensificano gli attacchi di  Boko Haram dalla Nigeria. La corruzione impera e si affilano i coltelli per l'inevitabile successione fra i "famigli" del patriarca . Intanto il candidato dell'opposizione, ex ministro, Issa Tchiroma Bakary si proclama già vincitore.  
BASTIONI DI ORIONE 02/10/2025 – MENTRE SEGUIAMO LE LOTTE ANTISIONISTE IN DIFESA DEI GAZAWI ANCHE IN MEXICO, DIAMO SPAZIO ALLE LOTTE DELLA GENERAZIONE Z IN MADAGASCAR E MAROCCO E ANALIZZIAMO L’USO DEI “WAR BOND” PER FINANZIARE IL GENOCIDIO
La puntata è stata dedicata doverosamente alle dirette delle manifestazioni a sostegno della Global Sudum Flottilla, inserendo alcuni interventi coerenti con la policy della trasmissione e così abbiamo dato spazio ai cortei e concerti solidali che si sono tenuti in Mexico con Francesco, un redattore di Radio Blackout da qualche mese inserito nella realtà messicana […]
Radio Africa: Madagascar Niger Ghana
Madagascar: dopo giorni di proteste e una violenta repressione della polizia che secondo le Nazioni Unite ha causato almeno 22 morti, il presidente del Madagascar Andry Rajoelina ha deciso di sciogliere il governo,ma questa decisione non riesce a placare la rabbia dei manifestanti. Centinaia di manifestanti si sono radunati martedì 30 settembre 2025 ad Antananarivo per chiedere le dimissioni del presidente Andry Rajoelina, sfidando i gas lacrimogeni e la repressione delle forze di sicurezza. La rabbia giovani è esplosa in quest'isola particolarmente povera dell'Oceano Indiano,inizialmente scatenate contro i continui tagli all'acqua e all'elettricità, le proteste ora stanno esplodendo e si sono trasformate in una crisi di regime Ghana: il Paese ha accettato le persone espulse dagli Stati Uniti nell'ambito di un'ondata di "deportazioni" ordinate dall'amministrazione repubblicana. Poiché l'amministrazione americana non si limita più a espellere i migranti indesiderati nei loro paesi d'origine, ma li deporta anche in paesi diversi dal proprio, l'Africa, generalmente piuttosto accomodante, è diventata un "parco giochi" per Donald Trump. Dopo il Ruanda, che aveva instaurato un'analoga e breve partnership con il Regno Unito, l'Eswatini e il Sud Sudan, è il turno del Ghana di accettare le persone deportate dagli Stati Uniti Niger: Orano ex Areva ottiene una "piccola vittoria"; contro la giunta Il gruppo industriale Orano ha ottenuto una decisione favorevole in merito alla miniera di uranio della Société des Mines de l'Aïr (Somaïr). Il tribunale arbitrale ha ordinato allo Stato del Niger di non vendere, trasferire o addirittura facilitare il trasferimento a terzi dell'uranio prodotto da Somaïr, Il Niger, impegnato in questo procedimento legale internazionale con il gigante francese dell'uranio Orano, ha accusato la Francia di "trascinarla in infinite cause legali per fermare lo sfruttamento e la vendita" del suo minerale.