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Cremona: celebrazione guerra d’Etiopia con Carabinieri e scolaresche, ma era un’impresa fascista!
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università riteniamo opportuno fare qualche precisazione in merito all’articolo pubblicato su CremonaOggi il 21 novembre 2025, riferito alla celebrazione in Cattedrale dei Carabinieri in occasione della Patrona Virgo Fidelis, che ha visto anche la partecipazione di studenti e studentesse di un Istituto cittadino, l’IIS Stradivari di Cremona (clicca qui per la notizia). Nell’articolo, al di là di quanto si possa essere d’accordo sugli eventi che mettono in risalto le forze armate, e mettendo per un attimo da parte il doveroso riconoscimento a persone che, nell’adempimento del loro dovere, svolto in nome dello Stato e della collettività, hanno perso la vita, preme soffermarsi sulla questione della celebrazione, contestuale alla suddetta  cerimonia, “dell’eroica difesa del caposaldo di Culqualber, un episodio della Guerra d’Etiopia del 21 novembre 1941, da parte del 1° Battaglione Carabinieri e Zaptie, nel quale si consumò il sacrificio in una delle ultime battaglie dell’esercito italiano” (il virgolettato è preso testualmente dall’articolo pubblicato). Se si volesse approfondire, si troverebbe tanto materiale che descrive nel dettaglio le azioni militari volte a difendere il territorio di Etiopia dall’attacco degli inglesi; lasciamo questa possibilità a chi voglia approfondirne il contenuto. Si parla di guerra, armi, combattimenti, prigionieri, morti ed, infine, di capitolazione. Le fonti dicono che, dopo mesi di resistenza e di attacco, durante l’ultima, disperata difesa, si distinsero in molti, militari del Regio Esercito, Camicie Nere, Ascari dei reparti coloniali, Carabinieri e Zaptiè, che sacrificarono la loro vita in nome dell’Italia. II Maggiore Carlo Garbieri, il Carabiniere Poliuto Penzo ed il Maggiore Alfredo Serranti, furono decorati di medaglia d’oro al valore militare alla memoria. Questa doverosa premessa è per conoscere i termini degli eventi di cui si parla nell’articolo. Riflettiamo quindi sui molti sottintesi storici di tale evento. Siamo nella Seconda Guerra Mondiale, a fianco dei nazisti, cioè dalla parte sbagliata della storia di quel periodo. Siamo su un territorio occupato con un’azione imperialista e colonialista: l’invasione e l’attacco ad uno Stato sovrano come l’Etiopia valse al Regno d’Italia, che ambiva ad avere il suo Impero, le sanzioni previste dall’allora Società delle Nazioni, che vietava azioni del genere, e che contribuirono al precipitare dello Stato Italiano nel baratro che porterà a quell’obbrobrio che fu la Seconda Guerra Mondiale. In Etiopia il nostro Regno, diventato malauguratamente Impero su base razzista, “francamente razzista”, per dirla con le parole del Duce, fu protagonista di atti terribili nei confronti della popolazione civile, con massacri, costruzione di campi di concentramento, rappresaglie, stupri e violenze nei confronti dei “mori”. Solo per citare qualche evento, si ricorda che tra il 19 e il 21 febbraio 1937 le truppe italiane, con il supporto dei civili e delle squadre fasciste, massacrarono circa ventimila abitanti di Addis Abeba, una feroce repressione a seguito del fallito attentato contro il maresciallo Rodolfo Graziani, allora viceré d’Etiopia, a opera di due giovani resistenti eritrei. Le violenze degli italiani durarono per mesi e si estesero ad altre parti del Paese, fino all’eccidio di chierici e fedeli nella cittadina monastica di Debre Libanos a maggio dello stesso anno. In tale circostanza le truppe italiane massacrarono più di duemila monaci e pellegrini al monastero etiope. Una strage che, come altri crimini di guerra commessi nelle colonie, trova spazio a fatica nel discorso pubblico, nonostante i passi fatti da storiografia e letteratura. Con quel passato il nostro Paese non ha mai fatto i conti, né sul piano giuridico né su quello materiale   Graziani è conosciuto come un crudele e violento, vendicativo e dispotico, che utilizza il proprio potere come mezzo di affermazione personale. L’eccidio messo in atto come rappresaglia è stato definito il più grande avvenuto nei confronti dei cristiani in Africa.  Il messaggio con cui dà ordine di massacrare i monaci è il seguente: “Questo avvocato militare mi ha comunicato proprio in questo momento che habet raggiunto la prova assoluta della correità dei monaci del convento di Debra Libanos con gli autori dello attentato. Passi pertanto per le armi tutti i monaci indistintamente, compreso il vice-priore. Prego farmi assicurazione comunicandomi il numero di essi”. Si è trattato di un vero e proprio crimine di guerra, poiché l’eccidio è stato qualcosa che è andato al di là della logica militare, andando a colpire dei religiosi, peraltro cristiani e inermi”.  In Italia manca una memoria consapevole sulle responsabilità per gli eccidi e le violenze commesse dagli italiani nel corso della loro “avventura” coloniale per andare alla ricerca di un “posto al sole” in Libia, in Eritrea, Somalia ed Etiopia al pari delle altre nazioni europee, vengono ancora oggi occultate dalla coscienza pubblica. Il colonialismo non è stato semplicemente un periodo storico, ma è anche una pratica economica che prevede occupazioni e stermini, con disumanizzazione della popolazione indigena. Vennero costruiti campi di concentramento, come a Danane, situato a quaranta chilometri da Mоgadiscio, in riva all’Oceano Indiano, ordinato sempre dal generale Graziani, per accogliere i prigionieri di guerra, resistenti, funzionari, partigiani, monaci copti scampati alla drastica liquidazione dei conventi, indovini e cantastorie, rei soltanto di aver predetto l’imminente tramonto del dominio italiano in Etiopia, di somali che hanno manifestato, in diverse maniere, la loro opposizione all’Italia. Sin dal momento in cui comincia a funzionare, il campo di Danane, come l’altro lager di Nocra in Eritrea, gode di una sinistra reputazione. Noi tutti, inoltre, siamo a conoscenza di come gli Italiani trattassero le popolazioni locali, ammantandosi di una funzione “civilizzatrice” nei confronti di persone che non potevano avere la stessa dignità umana né gli stessi diritti. La conclusione è che spesso gli italiani tendono a ricordare solo quelle pagine della loro storia funzionali alla costruzione di un’immagine positiva di sé come popolo e Nazione ma serve maturare una consapevolezza nuova che metta l’accento anche su una discrasia pericolosa: da un lato la giusta memoria delle stragi nazi-fasciste commesse ‘in Italia’ e dall’altro la pubblica amnesia sulle violenze commesse ‘dall’Italia’ nelle sue colonie in Africa. Questo distacco dalla storia è molto preoccupante perché lascia la coscienza pubblica in balìa di pericolose derive disumanizzanti, aprendo vuoti insidiosi e facilmente colmabili da slogan e da letture semplificate del passato. La partecipazione a eventi come questo da parte delle scuole non si può quindi ritenere neutra: la conoscenza approfondita dei fatti storici e del contesto è necessaria per educare gli studenti al pensiero critico (critico proprio perché informato e consapevole), fuori dagli stereotipi dello stato forte se armato. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Il padre di Ramy: “No all’Ambrogino d’oro ai Carabinieri”. Una fiaccolata lo ricorda
“Continua la fiducia nella giustizia ma non va bene così, non devono fare il regalo degli Ambrogini”. Pesano come pietre le parole al Tg della Lombardia di Yehia Elgaml, il padre di Ramy , il ragazzo morto esattamente un anno fa durante un inseguimento dei carabinieri. Il padre ha commentato […] L'articolo Il padre di Ramy: “No all’Ambrogino d’oro ai Carabinieri”. Una fiaccolata lo ricorda su Contropiano.
Sarroch, educazione civica o condizionamento? Militarizzazione con i carabinieri
Sebbene chi scrive per l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sia abituato a rilevare la sempre più capillare presenza delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine nelle scuole italiane, appare comunque sconcertante che tali interventi siano con sempre maggiore frequenza indirizzati a bambin3 sempre più piccol3. É il caso di 45 bambini della scuola dell’infanzia di Sarroch (https://www.sardegnalive.net/in-sardegna/cagliari/educazione-civica-in-caserma-i-piccoli-alunni-di-sarroch-incontrano-i-carabinieri-spbu9zfj), piccolo comune sardo in provincia di Cagliari, che alla fine di ottobre hanno partecipato a una visita nella locale caserma dei Carabinieri, presentata come attività di “educazione civica ludica”, volta a “scoprire il mondo dell’Arma e i suoi valori”. Come spesso accade con le/i più piccol3 gli elementi su cui si è fatto leva sono quelli della curiosità e del gioco, con la presentazione dei mezzi e delle divise e della immancabili unità cinofile coinvolte in una simulazione di attività antidroga. Leggiamo che: “l’entusiasmo è cresciuto durante la dimostrazione del motociclista dell’Arma” […] che ha invitato le/i bimb3 a “salire in sella per qualche foto ricordo” (si veda la foto in allegato ). Le/i bambin3 sono presentati come “entusiasti” e coinvolti “un’atmosfera serena e gioiosa”, illuminati da “un sorriso luminoso e affettuoso”. Denunciamo ancora una volta come un’attività di questo genere rivolta a bambin3 così piccol3, in cui il senso critico non può chiaramente essere ancora sviluppato, rappresenti una grave manipolazione delle menti in crescita e denoti anche gravi carenze in ambito pedagogico da parte delle scuole aderenti a questa come ad altre iniziative. É estremamente grave indurre in giovani menti in formazione idee che si radicano nelle loro coscienze non per aver potuto elaborare una propria visione del mondo, ma per essere stati vittima di una sorta di condizionamento che l’aspetto ‘affettivo’ (l’agente che “con semplicità e simpatia alle loro curiose domande”) e ‘ludico’ di simili attività subdolamente sottende.  Da parte loro le Forze Armate si confermano attive nella strategia, elaborata nell’ambito del progetto di diffusione della ‘cultura della difesa’, di penetrazione di sempre maggiori spazi della società civile: la militarizzazione delle scuole è appunto uno degli aspetti di questo processo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Cinisello Balsamo: educazione civica con le Forze armate, ancora militarizzazione delle scuole
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha dettato nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica con il decreto del settembre 2024. Giudichiamo particolarmente istruttiva la lettura di queste corpose linee perché sono un esempio calzante di quella operazione di mero stampo revisionista in atto da tempo. Nell’arco delle 33 ore annuali previste per la disciplina, i/le docenti sono tenute/i a proporre attività e percorsi di educazione alla cittadinanza, alla salute e al benessere psicofisico e al contrasto delle dipendenze, all’educazione ambientale, all’educazione finanziaria, all’educazione stradale, all’educazione digitale e all’educazione al rispetto. Praticamente un insieme di percorsi che potrebbero, ma solo in teoria, dare adito a lezioni, incontri con una molteplicità di soggetti e realtà, di visite guidate nei musei, in mezzo alla natura ma anche nelle aree degradate cittadine, sarebbe sufficiente un po’ di apertura mentale e sarebbe possibile trasformare queste ore in percorsi di apprendimento stimolanti. Ma il vero obiettivo di Valditara è ben altro, meglio non aprire le menti degli studenti e delle studentesse, non sviluppare percorsi educativi orizzontali e trasversali, giacché la figura adatta per sintetizzare in una sola figura i percorsi civici preconizzati dal Ministero è quella del carabiniere. A togliere dall’impiccio le scuole è arrivato il Comune di Cinisello Balsamo (MI), che ha pensato bene di avviare progetti in collaborazione con l’Arma dei Carabinieri (clicca qui per la notizia). Il percorso educativo sarà costruito sulla storia dell’Arma (una lettura angusta e fuorviante di come educare alla cittadinanza attiva le giovani generazioni) con attenzione ai reparti speciali, sulla necessità, bontà loro, di rafforzare la vicinanza dei cittadini alle forze dell’ordine (e viceversa) con attenzione particolare ai giovani. E alla occorrenza ci penseranno gli uomini in divisa a divulgare i valori della legalità. Insomma, percorsi educativi del genere finiscono con il chiudere in spazi angusti la stessa idea di cittadinanza, che necessita di ben altri orizzonti e ambiti di discussione. Ancora una volta si materializza l’obiettivo reale di Valditara: militarizzare le scuole, svilire il personale insegnante, chiudere le scuole ad esperienze dirette con la società civile. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denunciano lo svilimento dell’educazione civica, preoccupate/i che si voglia formare i cittadini e le cittadine di domani sono alla cieca obbedienza, identificando la cittadinanza con il securitarismo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Scuola dell’infanzia a Milano con Carabinieri per infondere la “cultura della sicurezza”
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da tempo la crescente presenza dei militari nella società civile e nelle scuole, ma anche il tentativo attraverso questa, di subordinare totalmente la società civile alla Difesa militare e alla “cultura della sicurezza”, anziché all’educazione civica. Questo programma di soggezione politica e cognitiva interessa purtroppo anche bambini e bambine molto piccoli/e. Così, pochi giorni fa la visita fatta da alcuni agenti dell’Arma dei Carabinieri in una scuola dell’infanzia di Milano per “avvicinare bambini e bambine ai valori della legalità e della sicurezza“. Posto che i bambini e le bambine di quella età non distinguono ancora il bene dal male, e che verso gli adulti hanno una soggezione che possiamo definire mitica, consideriamo un abuso infrangere la distanza che insiste per forza di cose tra infanzia e autorità armata.  Sui social della scuola l’iniziativa è stata presentata con toni entusiastici e come occasione di apprendimento. Chiaramente noi non siamo dello stesso avviso per fondate ragioni pedagogiche e di psicologia dello sviluppo. Quale obiettivo intendono raggiungere le FFAA e dell’Ordine con la loro mostra nelle nostre vite quotidiane? Perché cercano così tante occasioni di incontro con la società civile, e in particolare con le nuove generazioni?  Noi diciamo esplicitamente che non c’è nulla di scontato, di ovvio e di naturale nella presenza dei militari nelle scuole. Al contrario si tratta di un fenomeno storico, documentabile attraverso il nostro sito e i Programmi di Comunicazione del Ministero della Difesa, di cui si può avere lucida coscienza comprendendone la nocività e reversibilità, e che si debba agire di conseguenza. Vale la pena ricordare che le espressioni ossimoriche “Cultura della sicurezza” e “Cultura della difesa” sono costrutti ideologici, già ampiamente utilizzati alla vigilia della Prima guerra mondiale, strumentali alla corsa al riarmo.  Qui alcuni scatti dell’iniziativa. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Cagliari, scolaresche della primaria a lezione presso unità operativa dei Carabinieri
Apprendiamo da una testata online (https://www.castedduonline.it/gli-alunni-dellistituto-satta-spano-de-amicis-in-visita-alla-motovedetta-dei-carabinieri-e-al-nucleo-subacquei-di-cagliari/) che la mattina del 27 ottobre 2025 gli studenti e le studentesse delle classi terze e quarte della scuola primaria dell’Istituto comprensivo “Satta-Spano-Deamicis” di Cagliari hanno svolto una visita al porto di Cagliari dove hanno incontrato i Carabinieri del Nucleo Subacquei e la Motovedetta CC815. Nessuna circolare o altra comunicazione dava notizia di questa iniziativa dal sito web della scuola. L’iniziativa si inserisce nell’impegno didattico-comunicativo che l’Arma si è accollato su scala nazionale di diffondere tra i giovani e i giovanissimi cultura della legalità e conoscenza dei suoi vari compiti istituzionali. Gli studenti e le studentesse, accompagnati/e dai e dalle docenti, sono stati/e divisi/e in due gruppi, così a turno ogni gruppo è salito a bordo della motovedetta, ricevendo informazioni su varie attività del Nucleo: pattugliamenti, supporto ai sommozzatori, ricerche, dove grande è l’importanza di rispondere rapidamente a situazioni d’emergenza. Nel frattempo l’altro gruppo assisteva ad una dimostrazione pratica dei Carabinieri subacquei che hanno spiegato tecniche di immersione, mostrato attrezzature impiegate in operazioni di ricerca e recupero, anche a tutela dell’ambiente marino e dei beni archeologici sommersi. In fine mattinata si è passati dal mare alla strada e al ruolo dei motociclisti nel pattugliamento urbano. Si è sottolineata l’importanza di pronto intervento e la capacità di gestire decisioni istantanee. Sembra che i piccoli studenti e studentesse abbiano posto molte domande, e non ci stupisce, vista l’insolita lezione. Ci domandiamo se le risposte saranno state pedagogicamente all’altezza, e ce l’auguriamo anche se non lo diamo per scontato. L’anno scorso gli studenti di una scuola primaria di Quartu Sant’Elena (CA) sono stati portati a visitare il nucleo elicotteristi dei carabinieri di Elmas.  Iniziative del genere si moltiplicano nelle scuole del nostro paese con l’intento di diffondere la cultura della legalità e del rispetto delle regole, e, aggiungeremo, per abituare gli studenti sin da piccoli all’incontro ravvicinato con le divise militari e i loro rappresentanti.   Lo scorso giugno i carabinieri di Cesena e del Nucleo operativo hanno incontrato gli studenti delle scuole medie che si sono recati in caserma e in varie mattinate circa un migliaio di studenti della città e del circondario hanno avuto incontri con personale dell’Arma. Recentemente, a inizio novembre, i Carabinieri della Tenenza di Isola di Capo Rizzuto hanno accolto in caserma gli alunni della scuola primaria “Karol Wojtila – G. Da Fiore”; a Messina e provincia oltre 2000 studenti e 45 scuole sono coinvolte nel progetto di educazione alla legalità tenuto dai Carabinieri. Siamo nella piena operatività del protocollo firmato nel 2018 tra MIUR e l’Arma dei Carabinieri, e rinnovato l’anno scorso. Continuiamo a ritenere che i messaggi educativi – anche quelli di educazione alla legalità – debbano passare attraverso una comunità scolastica libera da presenze militari e dalle suggestioni che queste esercitano specialmente in giovane età. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Cagliari
Troppi gli interrogativi sulla strage di carabinieri a Castel D’Azzano
Premessa utile è l’esprimere il mio cordoglio e la vicinanza alle vittime, e ai loro famigliari, di questa tragedia che ha colpito uomini in divisa chiamati a fare il loro dovere. Ricordo i loro nomi: il brigadiere capo Valerio  Daprà, il carabiniere scelto Davide Bernardello e il luogotenente Marco Piffari ‘cui […] L'articolo Troppi gli interrogativi sulla strage di carabinieri a Castel D’Azzano su Contropiano.
Due morti in due giorni. Il taser può essere letale
Dopo il caso di Olbia, dove un uomo di 57 anni ha avuto un arresto cardiaco ed è morto dopo che i Carabinieri gli hanno prima sparato con la pistola taser, un’altra persona è morta dopo essere stata colpita con il taser dai carabinieri: si tratta di un uomo di […] L'articolo Due morti in due giorni. Il taser può essere letale su Contropiano.
Propaganda nei Campi-Scuola: formazione o indottrinamento?
Qualcuno forse si era illuso che con la chiusura estiva delle scuole la gioiosa macchina da guerra della propaganda avrebbe rallentato il ritmo incessante delle proprie azioni all’interno del mondo giovanile e invece arriva puntuale la smentita: tutto l’armamentario si trasferisce nei campi-scuola, all’interno di un setting formativo molto più sbilanciato verso l’aspetto ludico. Vediamo così delle forze dell’ordine impegnate in dimostrazioni di “didattica avventurosa” che stimola i ragazzi attraverso  un approccio  tanto paternalistico quanto superficiale e tendenzioso, ad assumere un atteggiamento benevolo verso le forze dell’ordine, migliorando la percezione interiore che ne hanno. Considerate le ultimissime sentenze della Corte d’appello di Roma, sul caso Stefano Cucchi, in cui, dai vertici apicali fino ai livelli più bassi fin nelle stazioni territoriali coinvolte, l’Arma ha dovuto rispondere non solo di un atroce omicidio ma dopo 16 anni anche di gravissimi insabbiamenti delle indagini, il lavoro di “ricostruzione” in chiave positiva dell’immagine sembrerebbe a prima vista arduo. D’altro canto, gli investimenti degli ultimi anni, con le forze dell’ordine ormai soddisfatte per gli aumenti salariali ricevuti e le dotazioni tecniche ma soprattutto il riordino dei ruoli al loro interno, consente  all’Arma dei Carabinieri di ripulire anche l’immagine più sporca che si è sempre tentato di attribuire alle solite “mele marce”. In questo caso abbiamo i Carabinieri alle prese con la  cosiddetta “generazione Alpha”, stranamente in sintonia con l’altra Alfa, l’ Alfa Romeo “Giulia” la gazzella dei Carabinieri sulla quale sono stati fatti salire i ragazzini di una scuola di Loreto, nell’ambito di un campo estivo. Dopo la visita all’interno di una stazione  territoriale dell’Arma, questo spaccato di vita quotidiana con le stellette, i/le ragazz* si sono divertit* a bordo di questi bolidi  a quattro ruote, come tanti piccoli “alfisti”, ma anche in sella ad  una moto da enduro di ultima generazione. Non poteva mancare un altro elemento che scatena sempre la fantasie e l’empatia,  ovvero i cani della squadra cinofila, un evergreen che funziona sempre anche con i ragazzini più “digitali”.  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, stigmatizza in questo caso le scelte “culturali” ma che noi definiremmo molto più sinceramente propaganda di “educazione militarizzata” dell’assessora del Comune di Loreto  sempre con il lasciapassare della “cultura della legalità”. Nell’ultimo anno in questa parte delle Marche ben 18 istituti e 1200 ragazz* hanno subito questa propaganda in divisa, fatta di intrattenimento ludico, di indottrinamento paternalistico alla cosiddetta “cultura della legalità” (“l’Arma come baluardo contro il male e i devianti della società”): siamo sicuri che di fronte ad una tendenza “panpenalistica” della politica, da sinistra come, ancora di più, da destra, non ci sia bisogno invece di una “cultura dei diritti”? Con un numero di omicidi in caduta libera da trent’anni (1.916 nel 1991 contro i 341 del 2023 fonte ISTAT p.17)  e in generale di tutti i reati ( circa il 50% in meno negli ultimi 10 anni in furti in casa e d’auto e rapine) si assiste invece ad un aumento dei reati tipici delle mafie, dalle “eco-mafie” , alle estorsioni, ai crimini informatici. Quindi non si spara più, la violenza non dilaga per le strade ma allo stesso tempo aumenta la percezione negativa di una società insicura: presentarsi nelle scuole con questo carico di “pericoli immaginari” vuol dire fare esattamente ciò che avviene politicamente a livello mondiale con la creazione a tavolino di sempre nuovi nemici e “stati canaglia”. Fare lo stesso anche con i bambini, questo si, che è delinquenziale oltre che anti-pedagogico!
Graphic-novel di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza: la militarizzazione avanza
Va avanti sempre più spedita la propaganda della “cultura militarizzata” che punta da alcuni anni anche al pubblico dei fumetti, il quale, a parte i nostalgici e/o affezionati storici, si avvicina anche alla fascia di età 20-30. Avendo a disposizione sempre nuove risorse finanziarie pubbliche, al contrario delle case editrici pienamente sul mercato, che arrancano, alzano i prezzi di copertina o chiudono, le forze dell’ordine cooptano prestigiosi disegnatori, tutti di “bocca buona”, per realizzare improbabili graphic novel, certamente non all’altezza creativa delle storie che coinvolgono personaggi come Dylan Dog, Tex o Nathan Never. Vediamo, ad esempio, cosa partorisce la mente creativa della casa editrice di Polizia Moderna, dove è nata la saga auto-definita sul loro sito web, totalmente “made in Polizia di Stato”. Come tutti sanno, in Calabria, si è accumulato negli anni un know-how che ci fa eccellere in tutto il mondo nell’ambito del business della cocaina. D’altra parte, tutte le statistiche contenute in diversi studi sulla devianza e la criminalità organizzata ci dicono che gli omicidi In particolare quelli per mafia sono in calo drastico fin dagli anni Novanta, con oltre 3mila omicidi contro i poco più di 300 degli anni ’20 del 2000. Nasce quindi l’esigenza di inventarsi un nuovo ruolo alle forze dell’ordine, non più intente a sventare sparatorie nelle strade come ci descrivevano i film delle saghe “poliziottesche” degli anni ’70, ma a infondere sicurezza nella popolazione. Questa, dal canto suo, era ed è sempre più alle prese con un’altra forma di insicurezza, quella della precarietà lavorativa, delle emergenze climatiche, della caduta in basso dei salari e del potere d’acquisto delle famiglie, solo per citarne alcune. Questo ruolo protettivo quasi “materno” delle forze dell’ordine, che saranno sempre più impegnate nel sedare rivolte sociali e non più ad arrestare mafiosi incalliti, viene impersonata appunto da questi personaggi grotteschi ben disegnati, ma inseriti in sceneggiature che dire improbabili è farle un complimento! Vediamo quali sono, appunto, queste storie avventurose, quasi marziane, attraverso la presentazione del sito web della Polizia di Stato dell’ultimo numero del commissario Mascherpa impegnato in una terra infestata dalla ‘ndrangheta: «Marta e Mascherpa, si concedono una fuga d’amore sulla Sila innevata (ma col cambiamento climatico occorre andare in altissima quota per trovare neve! n.d.r.) , ma nel corso di un’escursione in slitta accadrà l’impossibile. In aiuto arriveranno i colleghi della polizia di montagna, per fortuna presenti sul posto per il servizio di sicurezza sulle piste da sci (sono anni che le piste da sci sono il più delle volte chiuse per assenza di neve, n.d.r.) Le indagini che seguiranno porteranno a sgominare una banda di criminali anche grazie all’intervento dei Nocs. Nel frattempo a Cosenza una ragazza si risveglia stordita e sta quasi per cadere dal cornicione di un palazzo storico, ma verrà salvata e aiutata da una psicologa della Polizia di Stato a ricostruire cosa è accaduto e ad affrontare una terribile verità». Come si può notare, c’è proprio un corto-circuito, un compiacimento tutto autoreferenziale verso personaggi che forzatamente vengono inseriti per dipingere ruoli accudenti e salvifici che in realtà potrebbero benissimo, e spesso già lo sono, essere svolti, per esempio, dal soccorso alpino o da associazioni di auto-mutuo aiuto per il presunto stato di disagio psicologico di cui soffrirebbe la ragazza del fumetto. Lo stile fumettistico è stato preso in prestito in passato anche per i famosi calendari, come quello del 2019 che sottolineava con enfasi come «ad ogni tavola, sono associati i nuovi segni distintivi di qualifica, che consentono di cristallizzare, anche graficamente, l’identità civile della Polizia di Stato. I nuovi segni di qualifica saranno adottati dalla Polizia di Stato nel prossimo anno e offriranno la possibilità di proiettare l’Istituzione verso il futuro, chiudendo il percorso di smilitarizzazione intrapreso con la riforma del 1981». Purtroppo non bastano dei nuovi segni di qualifica, oppure una legge, per trasformare una cultura militare in una di “servizio civile”, lo spirito repressivo legalitario è sempre più spesso all’esercizio arbitrario ed illecito della forza tipico degli anni ’70, permangono e spesso, come in questi ultimi anni, subiscono un’accelerazione dettata da chi sta al governo. Potendo contare sulle nostre tasse per produrre questi capolavori artistici per fini propagandistici, il prezzo di copertina viene interamente devoluto alla sezione Assistenza della Polizia di Stato – Piano Marco Valerio, istituito per sostenere i figli minori dei dipendenti della Polizia di Stato affetti da gravi patologie. Questa sorta di “welfare aziendale” pagato, anche se indirettamente, sempre dalle nostre tasse, va ad aggiungersi a tutti gli altri benefit degli appartenenti alle forze dell’ordine non ultimo quelli introdotto dall’ultimo ex-decreto sicurezza, che offre ai poliziotti la tutela legale gratuita in caso di controversie penali e civili. D’altra parte quest’opera di mistificazione, purtroppo, viene portata avanti anche colpendo fasce di età inferiori, quelle che abitualmente giocano a colorare le figure di alcuni album, con favole e personaggi vari. Nel “Carabifantasy da colorare”, ideato dai creativi della II Sezione ufficio Cerimoniale Stato Maggiore V Reparto presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, troviamo la carabiniera-Biancaneve, un carabiniere-cacciatore nerboruto che protegge un Cappuccetto Rosso intento a fare il saluto militare e la linguaccia, al lupo cattivo che scappa, è un carabiniere-Geppetto che accoglie tra le sue braccia un Pinocchio di legno. Accudimento, quasi materno, protezione, difesa dei più deboli, immagine rassicurante e pacificatrice e onnipresente, questi sono i concetti che tentano di veicolare nel pubblico dei più piccoli le forze dell’ordine nell’intento strategico di normalizzare un approccio alla vita e alla convivenza tra persone ispirato alla logica militare. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università