Eccidio di Pietransieri, i risarcimenti arrivano dopo 82 anni
Avviate nei giorni dell’anniversario le procedure per la liquidazione agli eredi
delle 128 persone innocenti assassinate dall’esercito nazista.
Ci sono voluti 82 anni affinché agli eredi delle vittime dell’eccidio di
Pietransieri fosse riconosciuto il diritto al risarcimento. Proprio in questi
giorni, nell’anniversario della strage, il Ministero dello Sviluppo Economico ha
avviato le procedure per la liquidazione di 15 milioni di euro per circa trenta
nuclei familiari, eredi delle 128 persone innocenti assassinate dall’esercito
nazista nel bosco di Limmari, nella piccola frazione di Roccaraso in Abruzzo.
Le somme saranno corrisposte tramite un apposito fondo del Pnrr di 60 milioni,
istituito per i crimini compiuti dai nazisti in Italia nel corso della Seconda
guerra mondiale. Al momento i risarcimenti sono previsti solo per il Comune di
Roccaraso e per una parte delle famiglie, ma altri procedimenti sono stati
avviati e sono ancora in corso. Nel marzo di quest’anno, infatti, altre 60
famiglie hanno annunciato di voler intraprendere l’azione legale per ottenere il
risarcimento.
La prima sentenza è del 2017, quando il Tribunale di Sulmona condannò la
Germania a pagare oltre 6 milioni di euro di risarcimento al Comune di Roccaraso
e agli eredi delle vittime. Ma la battaglia legale ha visto un lungo e complesso
iter che si è concluso solo dopo un decennio. Nel dicembre 2024 la Corte
d’Appello dell’Aquila ha sciolto ogni riserva, dopo che era stata la stessa
Corte a dire di no agli eredi delle vittime rimandando ogni decisione alla Corte
di cassazione. I giudici della Capitale avevano accolto le istanze degli eredi
riconoscendo che “le richieste di risarcimento possono essere evase anche in
maniera individuale e non per forza collegiale”. La sentenza è esecutiva dallo
scorso giugno e solo ora il risarcimento è diventato realtà.
L’eccidio di Pietransieri avvenne il 21 novembre 1943. All’alba di quel giorno
una pattuglia di 6 -8 soldati tedeschi, appartenenti al 1° Battaglione della
Divisione Paracadutisti al comando del ventinovenne maggiore Karl-Heinz Becker,
arrivò nel bosco di Limmari e, casolare per casolare, cominciò a mitragliare
tutte le persone che vi avevano trovato rifugio. Vennero massacrati 110 civili
inermi. Nei giorni precedenti erano stati uccise altre 18 persone, pertanto le
vittime totali della strage furono 128, delle quali 82 donne e 37 bambini sotto
i dodici anni. Il più anziano aveva 80 anni e il più piccolo solo un mese.
L’unica a salvarsi fu una bambina di 7 anni, Virginia Macerelli, oggi quasi
novantenne, che la madre riuscì a nascondere sotto le proprie vesti.
Gli uomini non figurano tra gli uccisi perché arruolati e mandati in guerra,
oppure fatti prigionieri dai tedeschi per la fortificazione della Linea Gustav,
che attraversava proprio quella parte del territorio abruzzese e che Hitler
aveva ordinato di costruire con l’obiettivo di fermare l’avanzata delle truppe
angloamericane. Il comandante in capo delle forze armate tedesche in Italia, il
feldmaresciallo Albert Kesserling, aveva fatto affiggere nei Comuni di
Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo, e nelle frazioni di Pietransieri e
Roccacinquemiglia, un manifesto in cui era scritto: “Tutti coloro che si
troveranno ancora in paese o sulle montagne circostanti saranno considerati
ribelli e ad essi sarà riservato il trattamento stabilito dalle leggi di guerra
dell’esercito germanico”, cioè la fucilazione immediata.
La comunità di Pietransieri contava allora appena 450 abitanti. In seguito
all’ordine di sgomberare il paese gran parte delle persone si era allontanata,
nonostante l’inverno molto rigido, raggiungendo Sulmona, distante più di 40
chilometri. Gli altri, soprattutto i più anziani e i più fragili, erano rimasti
e si erano riparati nelle masserie, sperando di poter essere al sicuro.
Sei anni dopo, il 21 novembre 1949, su iniziativa del parlamentare abruzzese del
PCI Bruno Corbi, si tenne alla Camera dei Deputati un evento per ricordare
l’eccidio. “Un giorno – disse Corbi – giungono i ‘prodi’ paracadutisti di
Goering e ritengono che anche questo paese debba essere cancellato dalla carta
geografica a testimonianza della potenza, della grandezza del terzo Reich di
Hitler. Sicché la mattina del 21 novembre 1943 i paracadutisti di Goering
piombano su questo paese, incendiano, distruggono tutte le case e i pochi
abitanti rimasti. E’ trovata in una casa una vecchia paralitica di 70 anni,
sola, che viene bruciata viva come una torcia insieme con la casa”.
La tragica visita prosegue, casupola per casupola, e viene il turno di un’altra
abitazione: qui trovano una giovane contadina di 28 anni, che chiede ad un
ufficiale il permesso di portare via un sacco di farina da recare ad altri
rifugiati nel bosco. L’ufficiale consente. Essa entra: la casa salta e con essa
scompare questa giovane di 28 anni. La visita dei tedeschi prosegue ed arriva
alla casa della signora D’Amico Olimpia Rosa, una inferma di 76 anni che da
lungo tempo non può abbandonare il letto; essa non può alzarsi perché non ne ha
le forze. I tedeschi la uccidono a colpi di mitra.
E’ conclusa, ormai, l’impresa entro l’abitato. Ma gli eroi di Goering non sono
soddisfatti. Essi raggiungono il bosco dove avevano trovato rifugio gli altri
abitanti e visitano per prima la masseria dei coniugi Aloisio; sono due coniugi
soli, Giovanni e Felicetta, che ospitano tale Ermelinda Di Virginio. I tedeschi
mitragliano i tre innocui abitanti. Poi spingono nella casa un asino carico di
dinamite, gettano sul focolare una bomba a mano e la casa salta in aria.
“Ma non basta – prosegue Corbi – la razza eletta di Hitler vuol dare prova di
come sappia maneggiare le armi: raduna tutti i rimasti, in massima parte donne,
vecchi e bambini, davanti alla facciata di una masseria, la masseria detta
“Biondina”, siamo all’ultimo atto. Fra questi abitanti sono 60 donne e 38
bambini al di sotto dei dieci anni. Gli altri sono giovanetti che non superano i
16; vi è, inoltre, qualche vecchio rimasto con le donne e i bambini”. Tutti
verranno massacrati a colpi di mitragliatrice. Sopravviverà, sia pure gravemente
ferita, solo la piccola Virginia Macerelli. I cadaveri, coperti dalla neve,
resteranno sul posto per molti mesi, prima di essere seppelliti”.
Dopo la commemorazione in Parlamento l’eccidio di Pietransieri cadde nell’oblio,
così come moltissime altre stragi compiute dall’esercito nazista in Italia.
Nessuno pagherà per questo orribile crimine. Nel 1994 vennero rinvenuti dal
procuratore militare Antonino Intelisano, nascosti in un armadio, 695 dossier e
un registro generale riportante 2.274 notizie di reato che erano state raccolte
dalla Procura generale del Tribunale supremo militare. Tutte le notizie
riguardavano crimini di guerra compiuti dalle formazioni militari nazifasciste
sul territorio italiano nel periodo 1943 – ‘45.
L’occultamento dei fascicoli, in quello che sarà ricordato come “l’armadio della
vergogna”, non fu una semplice dimenticanza ma la conseguenza di una scelta
deliberata compiuta dai governi italiani del dopoguerra. Per processare i
responsabili dei crimini sarebbe stata necessaria l’estradizione degli imputati,
il che avrebbe comportato una lesione dei rapporti tra Italia e Germania, ormai
alleate nell’ambito Nato. Così la “grande rimozione” impedì per sempre di
accertare la verità e di assicurare i criminali alla giustizia.
Mario Pizzola
Redazione Abruzzo