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Come si può parlare di guerra e pace nelle scuole? Cominciamo da una Semantica di Pace
PUBBLICATO SULLA RIVISTA LA LANTERNA IL 15 LUGLIO 2025 PUBBLICATO SU WWW.AGORASOFIA.COM IL 16 LUGLIO 2025 Affermare al giorno d’oggi che non ci sia abbastanza clamore intorno ai temi della guerra e della pace potrebbe risultare completamente fuori contesto, dal momento che quasi quotidianamente si viene letteralmente bombardati, sia attraverso i maggiori media mainstream sia attraverso i canali social, da immagini e notizie relative a conflitti armati in corso e a proteste che cercano, in nome di un qualche richiamo al pacifismo, di contestare quella barbarie. Una simile sovraesposizione alla guerra e alla pace, tuttavia, necessita di uno sfondo di comprensione, di un contesto significativo in cui inserire i fatti, di una ermeneutica scevra da condizionamenti e prese di posizione preventive. Quel contesto storicamente imparziale e logicamente argomentato non può che essere costruito nelle scuole, cioè nei luoghi deputati all’insegnamento di orizzonti simbolici caratterizzati dalla solidarietà, dalla cooperazione, dall’accoglienza e non dal mero apprendimento di procedure, competenze tecniche e posture flessibili in linea con il mercato del lavoro. Ma, se così stanno le cose, se nelle scuole ancora insegnano docenti in carne e ossa che progettano la didattica, che adottano una sorta di immaginazione utopistica per prevedere delle finalità per il loro insegnamento, allora la loro responsabilità è totale in riferimento al bagaglio di valori che si viene a determinare nella realtà a partire dai contesti educativi. Ora, prendendo come riferimento l’universo simbolico che è scaturito dalle parole degli studenti e delle studentesse che sono intervenuti/e nelle varie occasioni in cui abbiamo portato in pubblico o nelle scuole le questioni denunciate dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, possiamo affermare con qualche grado di certezza che essi/esse già mostrano in maniera altamente preoccupante una sorta di normalizzazione della guerra e una preoccupante rassegnazione davanti al fatto che si tratterebbe di un fenomeno necessario nello sviluppo storico. La sovraesposizione mediatica a immagini di guerra e il coinvolgimento politico del nostro Paese in vari scenari bellici con annessa legittimazione mediatica ha generato, in sostanza, un’idea della guerra come tratto ineluttabile, connaturato all’umanità e alla quale non serve opporsi. Dai loro discorsi sembra quasi che sia stata riesumata una sorta di impostazione ideologica riconducibile al filosofo tedesco Hegel, il quale tendeva a rimarcare verso i primi dell’Ottocento, nell’apoteosi della boria della cultura tedesca, l’idea che la guerra fosse lo strumento naturale per l’evoluzione degli Stati. Davanti a questa condizione piuttosto diffusa, a questo mondo dato per scontato da parte dei/delle più giovani, forse sarebbe il caso di mettere da parte, per il momento, la critica del reale, l’analisi delle circostanze per cui ci sono le guerre attuali, in Palestina come in Ucraina e negli altri cinquantasei scenari mondiali. Se non altro, forse emerge la necessità, quantomeno, di affiancare a quelle analisi geopolitiche un lavoro più profondo di tipo antropologico, o addirittura ontologico, sulla guerra come destino dell’umanità e portare nelle scuole una concreta proposta didattica di pace, che ragioni storicamente e logicamente sulla necessità di ricorrere in maniera obbligata al conflitto armato per la risoluzione delle controversie nazionali o internazionali.   E tutto ciò, ovviamente, sempre con il dubbio che parlare di guerra, come di violenza e di male assoluto, nelle scuole possa essere, paradossalmente, un modo per portare all’attenzione degli studenti e delle studentesse un tema che, invece di rimanere fuori dalla storia, riesca ancora inspiegabilmente, in un clima di irrazionalismo diffuso, ad affascinare le giovani generazioni in cerca, forse, di affermazione, di riscatto, di macabra attrazione nei confronti del deprecabile pur di salire alla ribalta e ottenere notorietà. Davanti ad un simile scenario assiologico riteniamo che studiare la Pace come tema e, di conseguenza, insegnare la pace come argomento specifico sia necessario. Si tratta di un assunto che deriva da un inconfutabile dato storico, giacché dopo ogni guerra inizia il periodo di ricostruzione e di pacificazione, che spesso è anche più lungo della occorrenza della guerra, ma evidentemente il nostro gusto per l’orrido, per il torbido, sopravanza quello per la bellezza, che senza alcun dubbio viene distrutta durante la guerra. Ci siamo mai chiesti come mai nei manuali di storia in uso nelle scuole all’interno dei capitoli l’accento venga posto, con dovizia di particolari, sulla follia della guerra? Come mai ci sono ricercatori e storici che conoscono ogni dettaglio militare e decidono di corredare i nostri manuali di paragrafi interi su tecniche di guerra, materiale bellico utilizzato e scoperte militari devastanti per l’umanità? Il fatto che gli studenti e le studentesse conoscano i minimi dettagli sulle vicende di guerra obbedisce solo ad una esigenza informativa? Qual è la ricaduta educativa della sovrabbondanza di un lessico costellato di semantica di guerra e violenza? E ancora, come mai si parla di Prima, Seconda Guerra mondiale e non di Prima, Seconda Pace mondiale, che pure sono esistite, ma non godono di una consistenza ontologica prima che semantica? Sarà mai che questo eccesso di conoscenza e di ricerca inerente al tema della guerra e delle sue peculiarità sia funzionale, malgrado l’esimio lavoro degli storici di professione, alla sua normalizzazione, alla sua presenza costante all’interno dell’universo delle possibilità umane di gestione dei conflitti? Insomma, a noi pare che la sproporzione tra una “semantica di guerra” e una “semantica di pace” all’interno dei progetti educativi e dei programmi scolastici in generale, almeno dalle scuole secondarie di primo grado in poi, sia abbastanza evidente. Tutto ciò determina, in qualche modo, la costruzione di un universo simbolico nelle menti degli studenti e delle studentesse che dà consistenza ontologica alla guerra e non alla pace, mentre quest’ultima viene, nella migliore delle ipotesi, ritenuta un’appendice momentanea dell’urgenza distruttiva della guerra, percepita come connaturata all’essere umano. In realtà, non solo sappiamo con chiarezza dalla storia, dall’antropologia, dalla sociologia e dalla psicologia, che le cose non stanno proprio così, cioè che la guerra irrompe nella storia in un momento preciso, vale a dire quando le popolazioni sono diventate stanziali e si è pensato di cominciare a occupare la terra e dichiararla di proprietà esclusiva secondo una prima forma di appropriazione indebita ante litteram. Ma ciò che sappiamo con altrettanta certezza è che vi è una galassia sconfinata di studi, di teorie, di pratiche della pace, perlopiù coltivata dai Centri Studi, associazioni, circoli culturali, organizzazioni non governative, che, però, non trova dignità accademica, non trova investimenti, a differenza della galassia degli studi e delle pratiche di guerra, che incontrano gli interessi di industrie belliche che fatturano miliardi. Ad ogni modo, la semantica della pace va coltivata a partire dal lessico che utilizziamo quotidianamente. Come educatori ed educatrici che assumono l’impegno politico e civico di presentarsi come “docenti pacefondai”, si può avviare una grande rivoluzione lessicale con un piccolo sforzo consapevole orientato alla smilitarizzazione del linguaggio: mai più militanti, ma attiviste/i; mai più concentramento, ma incontro; mai più in trincea o in prima linea, ma a disposizione. Si tratta di una piccola e costante attenzione lessicale che porta con sé una più grande rivoluzione semantica, di senso, un cambiamento di prospettiva che genera nuovi orizzonti di nonviolenza, che è quello di cui la scuola e l’umanità hanno bisogno e su cui don Tonino Bello ci ammoniva tempo fa: «Smilitarizziamo il linguaggio, spesso così intriso di assurde categorie belliche, che dà l’impressione di un agghiacciante bollettino di guerra. Preserviamo i nostri ragazzi, che hanno sempre più come principale referente lo schermo televisivo, dalle trasfusioni di violenza che essi metabolizzano paurosamente» (A. Bello, Convivialità delle differenze Meridiana, Molfetta 2006, p. 51). Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Nino De Cristofaro al Convegno dell’Osservatorio: Pace e Diritti. Decostruire il pensiero
Pubblichiamo il video dell’intervento dal titolo “Pace e diritti, decolonizzare il pensiero per costruire nuovi percorsi didattico-educativi” di Antonino De Cristofaro, docente e sindacalista Cobas Catania al convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università svoltosi il 16 maggio a Roma presso Spin Time dal titolo Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra. Dopo l’esperienza positiva dello scorso anno l’Associazione Nazionale “Per la Scuola della Repubblica“- OdV, soggetto accreditato alla formazione Decreto MIUR 5.7.2013 Elenco Enti Accreditati/Qualificati 23.11.2016, insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università hanno organizzato a Roma per il 16 maggio 2025 un Convegno nazionale in presenza e online sul processo di militarizzazione dei luoghi della formazione e sulla necessità di costruire percorsi di pace all’interno di un quadro europeo e mondiale che vira inesorabilmente verso un conflitto globale.
Controllo e censura nelle scuole italiane: segnali evidenti di fascismo eterno
I segnali, abbastanza diffusi e premonitori, erano evidenti già prima, così come i segnali di un fascismo latente erano già manifesti prima nel 1922 nel suprematismo bianco, nel colonialismo muscolare, nel meccanismo repressivo delle opposizioni, nel razzismo biologico. Tuttavia, quei segnali divennero con il passare del tempo sempre più chiari e inconfutabili, ma anche condivisi dalla popolazione intera, intortata ad arte dall’apparato informativo di sistema e da quello scolastico, che lasciavano sempre meno spazio al pensiero critico e divergente. Analogamente, al giorno d’oggi diventa palese e incontrovertibile il diffuso processo di controllo dell’operato e dell’universo simbolico che si costruisce nelle scuole pubbliche, nonostante questo sia stato messo opportunamente al riparo dalla nostra Costituzione mediante il principio ella libertà educativa e del pluralismo culturale, che non richiedono di prestare giuramenti nei confronti di una qualche ideologia totalitaria, tirannica e antidemocratica. Questa premessa potrebbe essere anche sufficiente per trasmettere, da docenti ed educatori, la nostra preoccupazione relativamente al clima che da qualche tempo si vive nelle scuole, un clima che provammo a documentare in uno dei momenti più cupi della nostra storia[1], cioè durante le prove tecniche di regime, ma allora c’era la pandemia e l’emergenza sanitaria imponeva di mettere davanti a tutto, anche davanti alla libertà soggettiva di trattamento sanitario, l’interesse collettivo e così con lo slogan di “sorvegliare e pulire” obbedimmo, ci vaccinammo e tornammo a scuola come soldatini, “armati” di disinfettanti, a sanzionare comportamenti che violassero la regola del distanziamento sociale, umano e fisico. Ma la nostra preoccupazione si è acuita qualche tempo fa, quando un editore poco coraggioso, il bolognese Zanichelli, non ha avuto nulla da eccepire davanti alle intimidazioni del Governo, che ha segnalato l’anomalia in un suo manuale e lui prontamente è ricorso alla sostituzione, al macero, alla rimozione della pagina incriminata. Noi lo abbiamo segnalato su ROARS e poche altre testate hanno avuto l’avventatezza di rilanciare la denuncia. E, tuttavia, questa pratica di intervenire negli affari della scuola mediante circolari commemorative su ricorrenze imbarazzanti, come quelle sulla celebrazione del 4 novembre, con correzioni revisionistiche, come quelle sulle Foibe, intimidazioni diffuse e sanzioni ad personam, come nel caso di Christian Raimo, sta diventando una pratica abituale. E, allora, come dice Luciano Canfora, in questi casi «è legittimo allarmarsi quando si osservano repliche di quei comportamenti: intimidire l’opposizione con accuse inverosimili, intimidire singoli oppositori con raffiche di querele, metter sotto accusa o delegittimare gli organi di controllo, demonizzare i governi precedenti ventilando “commissioni d’inchiesta” a getto continuo, monopolizzare l’informazione (pronta, per parte sua, all’autocensura), progettare di stravolgere l’ordinamento costituzionale. È un sistema di controllo che potrebbe definirsi “reazionarismo capillare di massa”, facente perno su ceti medi impoveriti, antipolitici e vagamente xenofobi»[2]. Certo, ciò che intendiamo segnalare è che questa volta, a differenza del bolognese Zanichelli, il barese Alessandro Laterza, erede di una storica tradizione antifascista che risale nientedimeno che alla collaborazione con Benedetto Croce, non si è lasciato intimidire e ha sostenuto il lavoro dei suoi autori e delle sue autrici Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi e Marco Meotto, storiche di professione, ricercatrici e docenti, dichiarando «Senza ricamarci troppo: siamo nell’anticamera della censura e della violazione di non so quanti articoli della Costituzione».  Ora, se nel caso del manuale di Zanichelli ad essere contestato dal Governo era un passaggio in cui l’ONG Human Rights Watch riferiva di una maggiore disposizione all’accoglienza nell’impianto legislativo del Governo Conte rispetto a quello precedente sotto il dicastero di Matteo Salvini, in quest’ultimo caso è abbastanza curioso il motivo del contendere con intento intimidatorio. Ciò che si contesta, infatti, da parte della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli nel volume di storia per il V anno dei Licei, Trame del tempo, è l’attribuzione di una sorta di continuità tra il fascismo e il partito al governo, la cui direzione è affidata a Giorgia Meloni, cioè lo stesso partito al quale la deputata Montaruli, che chiede ispezioni e accertamenti presso l’Associazione Italiana Editori, appartiene. Insomma, ha davvero del ridicolo questa evidenza autoaccusatoria, se non fosse tragica dal momento che il soggetto dal quale promana è chiaramente incapace di comprendere l’autogol commesso. Basterebbe pensarci un attimo per mettere a nudo il cortocircuito logico e politico in cui si è cacciata l’onorevole. Se, infatti, l’arguta parlamentare si fosse limitata a denunciare l’estraneità del partito guidato da Giorgia Meloni da retaggi fascisti, circostanza ovviamente improbabile giacché viene sbandierata dalla stessa Presidente del Consiglio dei ministri[3], avrebbe semplicemente smentito gli autori e si sarebbe automaticamente collocata lungo una linea difensiva autoassolutoria conforme allo scopo della denuncia a mezzo stampa. E, invece, al contrario, cosa fa l’onorevole Montaruli? Si spertica nell’intimidire in maniera fascistoide degli storici, i quali hanno avuto l’ardire di rilevare il retaggio fascista di soggetti politici che, del resto, rimangono incapaci di dichiararsi antifascisti. Insomma, se intimidisci degli storici per ciò che scrivono; se richiedi che il loro lavoro venga ispezionato, non si sa a quale titolo, dall’Associazione Nazionale Editori; se chiedi che venga svolta una interrogazione parlamentare sul loro operato, è chiaro che si tratta di un atteggiamento fascistoide, rispondente ad alcune di quelle caratteristiche di cui ci parlava Umberto Eco,nel suo Il fascismo eterno[4], in particolare quando il semiologo tra i punti fondamentali dell’Ur-fascismo citava l’avversione nei confronti di qualsiasi critica e la paura della differenza. Ecco, tutti questi segnali andrebbero pur sempre collocati, non dimentichiamolo, all’interno del quadro tracciato dalle nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione, proprio quelle in cui la storia subiva un forte arretramento interpretativo di marca chiaramente colonialistica, circostanza, del resto, ampiamente criticata dagli storici e, in particolare, dalla Società Italiana di Didattica della Storia. Non a caso, proprio su questo tema, in un Convegno CESP a Palermo dal titolo Edward W. Said, la cultura dell’anti-colonialismo e la sua presenza nella scuola italiana avevamo provato ad indagare tra la manualistica in dotazione nelle scuole superiori quale fosse quella più incline ad un approccio inclusivo e meno occidentalista e il risultato era assolutamente favorevole a Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi, Marco Meotto, Trame del tempo, Laterza, Roma-Bari, seguito da Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, I mondi della storia, Laterza, Roma-Bari e da pochi altri[5]. Che i tempi siano quantomeno tenebrosi è, dunque, piuttosto chiaro. Se poi a tutto ciò ci aggiungiamo il culto della morte e l’ideologia della guerra, che comporta la lotta contro il pacifismo, giacché «Il pacifismo è allora collusione con il nemico, il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente»[6] con conseguente militarizzazione delle scuole (Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università), allora non si capisce davvero di cosa debba dolersene l’onorevole Montaruli per questa conclamata continuità storica e politica del Governo Meloni, il più a destra della storia italiana repubblicana, con l’Ur-fascismo. Eppure, proprio dalla storia passata noi docenti ed educatori qualcosa l’abbiamo imparata, cioè abbiamo compreso il ruolo determinante dei professionisti della formazione nel costruire coscienze critiche non solo mediante discorsi e argomentazioni, ma anche attraverso azioni concrete, come il boicottaggio, ad esempio, vale a dire la scelta consapevole di un manuale più indipendente piuttosto che un altro più disposto ad obbedire e prono a sostituire, a censurare, a cassare dietro indicazione del Ministero. Insomma, a fronte di storici, storiche ed editori coraggiosi occorrerebbe altrettanto coraggio da parte della classe docente, per non rischiare di finire come le rane bollite. DI MICHELE LUCIVERO PUBBLICATO SU WWW.PRESSENZA.COM IL 2 LUGLIO 2025 -------------------------------------------------------------------------------- [1] Ci permettiamo di rimandare a M. Lucivero, A. Petracca, Scuola pubblica e società (in)civile, Aracne, Roma 2023. [2] L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, Dedalo, Bari 2024. [3] Il 23 ottobre 2022 nel discorso di investitura alle Camere, la Presidente Giorgia Meloni afferma: «Vengo da una storia politica che è stata spesso relegata ai margini della storia repubblicana». Opportunamente lo storico Luciano Canfora, egli stesso querelato per diffamazione aggravata ai danni della presidente del consiglio Giorgia Meloni (querela poi ritirata con conseguente dichiarazione di non luogo a procedere ad parte del Tribunale di Bari nei confronti dell’imputato), argomenta che quella storia “relegata al margine” è proprio la storia neofascista del Movimento Sociale Italiano, cfr. L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, cit., p. 60-61. [4] U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano 2019. [5] Cfr. https://cobasscuolapalermo.com/edward-w-said-la-cultura-dellanti-colonialismo-e-la-sua-presenza-nella-scuola-italiana/ per i video del Convegno e la presentazione analitica della manualistica. [6] U. Eco, Il fascismo eterno, cit., p. 42.
Presentazione “Comprendere i conflitti. Educare alla pace” su Telesveva con mons. Giovanni Ricchiuti e Michele Lucivero
Rilanciamo con piacereil video dell’intervista a mons. Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale di Pax Christi Italia, e Michele Lucivero, docente di Filosofia e Storia presso il Liceo “da Vinci” di Bisceglie e promotore dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, nella trasmissione televisiva Culturalmente, curata da Nunzia Saccotelli per l’emittente regionale pugliese Telesveva. Nell’incontro viene presentato il volume Comprendere i conflitti. Educare alla pace, Aracne, Roma 2024, che raccoglie di atti del I Convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, svoltosi a Roma presso SPIN TIME LAB il 10 maggio 2024, e si fa il punto sulla situazione politica nazionale e internazionale, che sta marciando velocemente verso la guerra, preparata ad arte nella scuola, nell’università e nella società civile attraverso un pericoloso e subdolo processo di normalizzazione della violenza e di militarizzazione delle coscienze. Il volume raccoglie gli interventi di: Michele Lucivero, Introduzione. La militarizzazione della scuola e dell’istruzione. Quale valore pedagogico? Alessandra Kersevan, Le guerre tra presente e passato Charlie Barnao, Militarizzazione della società Laura Marchetti, La scuola erotica contro l’antropologia della guerra Antonio Mazzeo. Formazione e militarizzazione: l’assedio alla scuola Giovanni Ricchiuti, Matteo Losapio, Una pace giusta per i popoli e per l’umanità Michele Lancione, La questione del duplice uso Annabella Coiro, Pratiche educative nonviolente nelle scuole italiane Renata Puleo, Educare corpi obbedienti con i test INVALSI Serena Tusini, La forma della guerra e l’anello che non tiene. L’ideologia della difesa e la militarizzazione delle scuole e della società Patrizia Cecconi, Israelizzazione della società e militarizzazione della scuola
Eirenefest a Bisceglie, 9 maggio 2025. Convegno sulla Palestina e presentazione libro Osservatorio
L’edizione locale biscegliese dell’Eirenefest, il Festival del libro per la pace e la nonviolenza, per il 2025 ha visto il coinvolgimento di numerose associazioni cittadine e nazionali, tra cui Amnesty International Bisceglie, ANPI sez. Michele D’Addato Bisceglie, Arci “Oltre i confini”, Caritas cittadina, Ass. Don Pierino Arcieri, Centro Studi per la Scuola Pubblica (CESP) provincia BA/BAT, Epass, Liceo “Da Vinci”, MEIC diocesano “Lazzati- Giannetto”, Mosaico di Pace, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Pax Christi Bisceglie, Zona Effe, Cobas Scuola Bari/BAT. Le iniziative per l’Eirenefest sono partite venerdì 9 maggio 2025 con un Convegno presso il Liceo “Leonardo da Vinci” Bisceglie rivolto alle classi V nell’ambito dell’educazione civica dal titolo “PER UNA PACE GIUSTA IN PALESTINA: DIRITTI, TERRA E UMANITÀ”. Il Convegno è stato introdotto e moderato da Michele Lucivero, docente Filosofia e Storia dello stesso Liceo “da Vinci” di Bisceglie e promotore dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, il quale ha mostrato brevemente la storia di un Paese prima occupato dai coloni inglesi, a seguito del mandato ottenuto dopo la Prima guerra mondiale, e poi dagli israeliani, che fondano uno Stato sotto la spinta del sionismo, una forma di nazionalismo nato in Europa. Così la storia della Palestina diventa la storia di una tragedia, di una catastrofe, Nakba, di un popolo senza Stato abbandonato dai fratelli arabi e dalla sorelle europee, da sempre presentatesi come paladine della democrazia e del principio di autodeterminazione dei popoli (di seguito le slide della presentazione). * * * * * * * * * * * * * * * * Il Convegno ha visto la partecipazione di Amira Abuamra, artista palestinese, Presidente del Laboratorio Palestina Cultura e Arte, che ha illustrato la situazione attuale a Gaza e in Cisgiordania, dove il massacro della popolazione palestinese è cominciato ben prima del 7 ottobre 2023. A seguire Jean Patrick Sablot, che si definisce ebreo errante, videomaker di origine francese, ha raccontato alle studentesse e agli studenti la dolorosa a ponderata decisione di avversare il sionismo, che tutt’oggi è la matrice dei problemi che affliggono la questione palestinese. Ha chiuso i lavori Mons. Giovanni Ricchiuti, Presidente Pax Christi Italia, che ha voluto soffermarsi sulla necessità di far tacere le armi per permettere a quei bambini e a quelle bambine palestinesi di sognare, così come possono sognare anche loro che vivono, non si sa ancora per quanto, visti i venti di militarizzazione dell’istruzione, in un contesto di pace. Interessante è stato l’intervento di Vito Boccia, docente di inglese del Liceo “da Vinci” di Bisceglie, che ha ricordato con delle testimonianze fotografiche l’incontro avvenuto negli anni ’90 tra una delegazione biscegliese, guidata dallo stesso Boccia e dall’ex sindaco di Bisceglie Franco Napoletano, con una delegazione palestinese guidata da Yasser Arafat. Lo scopo dell’incontro era l’avvio di una interessante rassegna teatrale con il Festival del Mediterraneo, che in passato portava a Bisceglie artisti palestinesi, siriani e di altri Stati del Mediterraneo, di cui poi è rimasta traccia nel gemellaggio con Khan Younis in Palestina e  Al Fuheis in Giordania e Tartous in Siria. Toccante, infine, è stata la proiezione del cortometraggio Shujayya, messo a disposizione da Nazra Short Film Festival, sulla Palestina del 2015, quando la popolazione era già sotto l’occupazione e i bombardamenti da parte dello Stato d’Israele. In serata, presso Sala don Pierino Arcieri dell’EPASS, si è svolta la seconda parte dell’Eirenefest di Bisceglie con la Tavola rotonda “LA GUERRA E NOI”, durante la quale Sergio Ruggeri e mons. Giovanni Ricchiuti hanno presentato il Rapporto Caritas Italiana su “Conflitti dimenticati”, mentre l’alunna Clarissa D’Ambrosio del Liceo “da Vinci” ha dialogato con Laura Marchetti sul volume dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università dal titolo Comprendere i conflitti. Educare alla pace. Clarissa D’Ambrosio si è soffermata sulla denuncia che Laura Marchetti lancia veementemente contro il patriarcato, inteso come struttura millenaria di dominio violento che lega potere politico, religioso e sociale. Il patriarcato non è solo il volto crudele di uomini al potere, ma un sistema simbolico che sacralizza la morte e le guerre, sia antiche sia moderne, da Achille a Netanyahu, sono il riflesso di una stessa ossessione patriarcale: quella del sacrificio del giovane, la sua morte per l’onore e il possesso. Eppure, esiste un altro sguardo della storia: quello delle donne, delle madri, delle maestre, che incarnano una resistenza silenziosa. La figura di Ecuba, madre disperata e consapevole del destino del figlio Ettore, diventa simbolo di questa resistenza. Quando decide di opporsi al sacrificio del figlio, il suo gesto estremo – mostrare i seni a Ettore e invocare pietà – ci rivela l’unica vera rivoluzione possibile: quella che si oppone alla morte con l’amore, un amore che rifiuta il sacrificio umano in nome dell’onore e del potere. La serata si è chiusa con la proiezione del docufilm Innocence di regista israeliano Guy Davidi sulla militarizzazione della società e della scuola israeliana e sui suoi rischi. Scarica qui il pdf della presentazione sulla Palestina. PalestinaDownload Pubblicato anche su www.eirenefest.it. Pubblicato anche su www.agorasofia.com.
“La scuola va alla guerra” e “Comprendere i conflitti. Educare alla pace”: due pubblicazioni presentate a Cagliari
Si è svolto il 29 maggio 2025 a Cagliari l’incontro pubblico per la presentazione dei libri di Antonio Mazzeo, La scuola va alla guerra, ed. il Manifesto libri e Comprendere i conflitti educare alla pace, Atti del I convegno nazionale, a cura dell’Osservatorio contro la militarizzazione della scuole e delle università, ed. Aracne.  L’iniziativa era promossa dal CESP (Centro studi Scuola Pubblica) di Cagliari e dall’Osservatorio contro la militarizzazione della scuole e delle università, in collaborazione con Mesa Noa Food Coop, emporio autogestito di prodotti locali e del commercio equo e solidale, presso cui abbiamo sistemato la location dell’evento.  Sono intervenuti gli autori Antonio Mazzeo e Michele Lucivero, con Andrea Degiorgi e Mariella Setzu del Cesp, a fronte di un uditorio folto e decisamente interessato che ha svolto varie considerazioni e posto quesiti.  Il saggio “La scuola va alla guerra” che ha come sottotitolo “Inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia” svolge un ampio excursus sui casi in cui figure militari intervengono nelle scuole per trattare un ampio arco di problematiche (bullismo, violenza di genere, tossico-dipendenze, educazione stradale, educazione alla cittadinanza, sport ecc.). I contatti con i militari tornano immancabilmente in quasi ogni rassegna dedicata all’orientamento, dove non mancano mai i diversi stand dei corpi d’arma del ministero della Difesa e dell’Interno, e nelle visite a strutture militari effettuate a titolo di PCTO (acronimo che ha sostituito la dicitura alternanza scuola-lavoro), dove gli studenti svolgono attività di manutenzione, assistenza tecnica su vari tipi di ordigni e sono incoraggiati a formarsi una cultura sulle armi, e in ogni caso a percepire come “normale” un ambiente militarizzato, cioè dedicato alla guerra, termine edulcorato in quello di “difesa”. Le  motivazioni di una tale logica militarista difficilmente conciliabile con lo spirito della Costituzione, calano dall’alto di scelte politiche verticistiche, e il saggio, presentato dal suo autore Antonio Mazzeo, ne dà ragguaglio rendendosi con ciò un prezioso strumento di informazione. Il libro Comprendere i conflitti educare alla pace, Atti del I convegno nazionale, è una raccolta di interventi svolti nel convegno del 5 maggio 2024 a Roma promosso dall’Osservatorio contro la militarizzazione della scuole e delle università, e da varie prospettive esamina aspetti che hanno a che fare con le guerre: la distinzione tra casus belli e cause effettive di una guerra (Kersevan), il militarismo culturale diffuso (Barnao), la fatale attrattiva che la guerra sembra esercitare (Marchetti), la militarizzazione come svilimento del dialogo e della riflessione, fondamentali pratiche dell’azione pedagogica (Ricchiuti), e altri aspetti messi in luce nei suoi interventi dal prof. Michele Lucivero che ha curato la raccolta e scritto l’introduzione.  In questo nuovo contesto internazionale, appare urgente demistificare le nuove giustificazioni della corsa al riarmo, delle politiche belliciste, per riaffermare  l’educazione alla pace.  E’ ciò che è emerso dai vari interventi, commenti e apporti inediti dei partecipanti che si sono succeduti dopo le stimolanti relazioni degli autori. Appare importante attuare un passaparola su queste problematiche, in modo da approfondire le conoscenze ed espandere l’area della sensibilità. La serata è finita con un ottimo buffet di cibi biologici offerto da Mesa Noa e dal CESP, riaffermando anche con questo gesto conviviale quanto dobbiamo ad una terra libera da inquinanti, laddove la guerra è un formidabile agente di distruzione e di persistente inquinamento. Osservatorio contro la militarizzazione della scuole e delle università, Cesp Cagliari
Trani, presentazione “Comprendere i conflitti. Educare alla pace” presso Metabolè
Si è svolta a Trani il 23 maggio 2025 alle ore 19.15 la presentazione del libro curato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università dal titolo Comprendere i conflitti. Educare alla pace con due degli autori, Michele Lucivero, docente promotore dell’Osservatorio, e Matteo Losapio, presbitero e cofirmatario del saggio insieme a mons. Giovanni Ricchiuti, insieme a Luigi Vavalà, docente di Filosofia e Storia in un Liceo di Trani. L’iniziativa è stata organizzata dall’Associazione Metabolè – Fucina dei Saperi di Trani e si è svolta presso l’HUB Portanuova con una grande partecipazione di pubblico. L’intervento di Michele Lucivero, oltre a illustrare i saggi contenuti nel volume degli atti del Convegno nazionale dell’Osservatorio del 2024, si è focalizzato sul lavoro costante di segnalazione del fenomeno della militarizzazione, ma anche sulla repressione e sulla riscrittura revisionistica della storia, tutti elementi che virano decisamente verso una svolta autoritaria della società, che vede come avamposto significativo la scuola. Matteo Losapio ha, invece, mostrato l’oscenità della guerra per la prospettiva cattolica e credente, richiamando l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, il pontificato di Francesco e l’impegno accanto all’Osservatorio di Pax Christi con il suo presidente mons. Giovanni Ricchiuti, ma si è soffermato anche sulla militarizzazione come dispositivo microfisico di potere di foucaultiana memoria, che mediante la politica e il potere esercitato nelle istituzioni totali cerca di costruire un universo simbolico in grado di controllare e gestire i corpi delle soggettività. Molte delle riflessioni in questo senso si possono leggere su www.makovec.it. L’analisi filosofica e storica di Luigi Vavalà si concentra sulla prospettiva della militarizzazione che entra nei programmi scolastici e nelle strutture della scuola, ormai sospesa tra linguaggio bancario e militare. E, tuttavia, alla prospettiva della guerra è possibile opporre percorsi di pace, basta saper leggere in maniera alternativa tutta la storia del pensiero occidentale e non per rintracciare i germi della pace che possano germogliare tra i nostri studenti e le nostre studentesse. Qui il video integrale dell’iniziativa svoltasi a Trani.
Magenta, Liceo Bramante, i docenti dicono «No ai bersaglieri nelle scuole»
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università apprezziamo il coraggio e la determinazione dei/delle docenti del Liceo “Bramante” di Magenta in provincia di Milano, che hanno rifiutato la collaborazione con i bersaglieri nella loro scuola per un progetto di educazione civica, scrivendo una lettere circostanziata al ministro Giuseppe Valditara. La notizia apparsa su «Il fatto quotidiano» a firma di Alex Corlazzoli (clicca qui), maestro e giornalista che già il passato si è mostrato profondamente sensibile ai temi cari dell’Osservatorio (caso Brianza, ancora sulla Brianza, lettera Piemonte, caso Fagnano Olona) e che ringraziamo per l’audacia che altri/e giornalisti/e non hanno, mostra che le campagne antimilitariste, nonviolente e pacifiste lanciate dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università trovano rispondenza e condivisione presso le comunità scolastiche. Come docenti abbiamo numerosi strumenti a disposizione per opporci a quello che è un piano deliberato e programmato di investimento militare nelle nostre scuole. Infatti, occorre sempre ricordare che sono i docenti in collegio, nei consigli di classe e, in collaborazione con genitori e studenti/studentesse, nel consiglio d’istituto a programmare le attività didattiche, educative e pedagogiche per gli alunni e per le alunne. Ora, per far sì che i nostri figli e le nostre figlie crescano con l’idea di poter vivere in un mondo che non sia devastato dalle guerra, occorre che sia costruito un universo simbolico di pace, di nonviolenza, intriso di valori antifascisti, perché nel fascismo, nel colonialismo e nel razzismo albergano quelle idee di guerra e sopraffazione che portano solo morte e distruzione. Quello che le Forze Armate stanno mettendo in campo con il loro Programma di Comunicazione 2025, e di cui i/le docenti sono perlopiù all’oscuro, non è altro che un piano ben ponderato di intervento, che prevede il reclutamento di 40.000 nuovi/e soldati/soldatesse per un esercito che deve essere ben equipaggiato per affrontare ed intervenire in scenari geopolitici e militari che non riguardano, ovviamente, la difesa dei nostri confini, ma l’intervento al fianco della NATO nella destabilizzazione di zone d’interesse economico e politico, da cui ricavare dominio, poco importa se in quelle zone si lascia sul terreno la devastazione totale. Ciò che importa al nostro Dipartimento per la Difesa, che lancia così nelle scuole un’aggressiva campagna pubblicitaria mai vista in precedenza con l’ashtag #NOISIAMOLADIFESA, è che l’Italia sia capace di mostrare il suo aspetto muscolare al fianco degli Stati Uniti e della NATO per guadagnarsi una posizione di “multidominio” ed è per questo che viene chiesto al governo di aumentare la spesa militare al 2%, sforando il deficit e fuori dal patto di stabilità. Hanno fatto bene, dunque, i/le docenti del Liceo Bramante di Magenta a rigettare la collaborazione con i bersaglieri, dal momento che i valori militareschi della patria, della difesa, del coraggio, sono incompatibili con quelli dell’educazione civica alla differenza, all’inclusione e come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università restiamo a disposizione dei/delle colleghe per organizzare percorsi didattici alternativi nonviolenti e pacifisti. Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Grande partecipazione al Convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione il 16 maggio 2025 a Roma
Il Convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, “Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra“, organizzato il 16 maggio 2025 in collaborazione con l’Associazione nazionale “Per la scuola della Repubblica Odv”, si è rivelato estremamente interessante per la qualità degli interventi e ha visto la partecipazione di circa 220 docenti collegate/i online e un centinaio in presenza nella sala teatro dello Spin Time in via Croce Santa Croce di Gerusalemme a Roma. L’iniziativa era valida come corso di aggiornamento e formazione per le/gli insegnanti ed è stata organizzata per fare il punto sulla situazione della militarizzazione delle scuole e della società , anche alla luce della follia del RearEurope e della tragica piega che sta prendendo l’occupazione illegale dei territori palestinesi da parte di Israele, ormai orientato alla distruzione totale di Gaza con l’operazione “Carri di Gedeone”. Il primo intervento è stato quello di Ludovico Chianese, presidente uscente dell‘Osservatorio, il quale ha fatto il punto sul lavoro annuale dell’organizzazione, sulle campagne avviate e sui suoi successi, ma ha anche ribadito la follia della guerra che entra nella narrazione consolidata e normalizzata all’interno delle scuole per mezzo della presenza costante e programmata delle Forze Armate. A seguire, Anna Angelucci, presidente dell’Associazione Nazionale per la scuola della Repubblica, si è soffermata sull’assurdità della Risoluzione del Parlamento Europeo del 2 aprile 2025 sull’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, un testo programmatico in cui si costruisce la scuola del RearmEurope, vale a dire una scuola in un cui dominano le competenze, epifenomeno della messa in secondo piano del pensiero, delle conoscenze. Nella Risoluzione viene esplicitamente consigliato di inserire l’Istruzione militare all’interno dei programmi scolastici, proprio come durante il fascismo. La relazione del professor Angelo d’Orsi, storico e già ordinario all’Università di Torino, prendendole mosse dal suo recente volume Catastrofe neoliberista, si è incentrata sul sistema guerra, sull’ideologia e sulla pratica dello sterminio nell’età del turbocapitalismo, focalizzando l’attenzione sulla necessità crescente e costante della produzione industriale bellica di tipo capitalistico che sostiene l’urgenza delle guerre in giro per il mondo al fine di produrre esclusivamente profitto. E in continuità con d’Orsi, Futura D’aprile, giornalista freelance per «Il Fatto Quotidiano», «EditorialeDomani» e «AltrEconomia», ha messo concretamente in evidenza come il commercio di mondiale di armi sia il risultato di una politica orientata alla guerra, da cui l’Italia trae profitto anche attraverso società a partecipazione statale, come Leonardo S.p.A. Particolarmente accorato, inoltre, è stato l’appello di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano e Direttore di Mosaico di Pace, nel richiamare alla coscienza dei/delle docenti, ma anche dei cittadini e delle cittadine, l’urgenza di invertire il processo di costruzione della guerra, pena la sconfitta totale dell’umanità, l’abisso, anche mettendo in atto importanti iniziative di disinvestimento, boicottaggio e sanzioni (a sostegno di BDS) nei confronti dei paesi che promuovono le guerre. Serena Tusini, docente e promotrice dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, ha mostrato l’impatto sulla scuola del Piano della comunicazione delle Forze Armate, cercando di dimostrare il teorema della militarizzazione con documenti preziosi alla mano, i quali rendono evidente la necessità di reclutare 40.000 soldati all’interno delle nostre scuole. Estremamente interessante è stata la relazione di Murat Cinar, giornalista di origine turca che vive in Italia ormai da diversi anni, il quale ha mostrato documenti audiovisivi e fotografici che illustrano il teorema della militarizzazione delle scuole anche in Turchia e Israele, paesi che come l’Italia hanno nel tempo costruito un universo simbolico bellicista attraverso parate, manifestazioni ideologiche e celebrazioni militaristiche. A chiudere l’interessantissima giornata di studi c’è stata Roberta De Monticelli, già docente di filosofia morale all’Università di Ginevra e all’Università San Raffaele di Milano, la quale, a partire dalla postfazione che ha scritto al libro di Francesca Albanese, J’accuse, ha mostrato la necessità, per tutta l’umanità, di ricorrere al diritto internazionale per costruire la pace. Il suo recente libro Umanità violata, inoltre, non risparmiando critiche al giornalismo mainstream e ai pennivendoli embedded, si sofferma sulla sofferenza di un popolo, quello palestinese, che subisce una illegittima occupazione da circa 80 anni e di cui l’umanità, che è consapevole oggi più che mai di ciò che sta accadendo sotto i suoi occhi, sembra totalmente disinteressata, risultato di un processo, come l’Osservatorio cerca di argomentare, di normalizzazione della guerra, di adiaforizzazione morale, di indifferenza generale a fronte dell’avanzare dell’ideologia del successo individuale, del merito soggettivo, della dimensione egotica che si fa spazio. A chiudere il convegno, dopo numerosissimi e altrettanto pertinenti interventi da parte del pubblico attento e critico e da parte di uno studente romano del collettivo OSA, c’è stato l’intervento di Antonino De Cristofaro, docente e promotore dell’Osservatorio, il quale ha richiamato l’attenzione dei/delle docenti sulla necessità di costruire, nella scuola, mediante le discipline, nelle pratiche didattiche, un universo alternativo a quello guerrafondaio e per riuscire ad essere incisivi a livello educativo occorre innanzitutto decolonizzare il pensiero da quelle concrezioni suprematiste, occidentaliste e colonialiste che si annidano nel linguaggio e nelle mentalità, ma purtroppo anche nei documenti ufficiali, come è accaduto con le indicazioni nazionali per l’insegnamento della storia nella scuola primaria e secondaria di primo grado in cui si afferma che «Solo l’Occidente conosce la storia». A breve pubblicheremo i video dei singoli interventi dei relatori e delle relatrici al Convegno insieme al materiale utilizzato durante le conferenze. Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Cagliari, 29 maggio: presentazione “La scuola va alla guerra” e “Comprendere i conflitti, educare alla pace”
GIOVEDÌ, 29 MAGGIO, ORE 18,00 SEDE DI MESANOA IN VIA CRESPELLANI N. 48, CAGLIARI Gli eventi di guerra e aggressione militare compaiono insistentemente nelle nostre cronache, dal raccapricciante eppur reale genocidio dei palestinesi alla devastante guerra in Ucraina, per andare a conflitti in altre parti del mondo meno documentati dall’informazione mainstream. A questo clima internazionale occupato dalla violenza e incapace di trovare vie d’uscita nella politica e nel diritto internazionale fa da pendant l’appello al riarmo diffuso dall’UE, l’intensificazione della produzione bellica e delle esercitazioni di guerra, la continua esaltazione dei valori e dei corpi militari nei nostri mass media e messaggi  istituzionali. La scuola è pesantemente esposta alla presenza dei militari, per una precisa volontà calata dall’alto che intende normalizzare tale presenza e persino rendere la carriera militare una scelta interessante per molti/molte giovani. A fronte di tali pressioni riteniamo che analizzare e criticare la modalità belligerante e andare verso un’educazione alla pace sia la giusta via da percorrere, indicata dalla Costituzione e confortata dall’osservazione della storia e del nostro mondo contemporaneo.  È in questa chiave che giovedì 29 maggio alle ore 18,00 presso la sede di Mesanoa in Via Crespellani n. 48 a Cagliari, il CESP di Cagliari, e l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, in collaborazione con la Cooperativa Mesanoa, presentano i libri: La scuola va alla guerra e Comprendere i conflitti, educare alla pace, Atti I convegno nazionale, a cura dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, dialogando con gli autori Antonio Mazzeo e Michele Lucivero, già ospiti nei convegni CESP di Cagliari. Antonio Mazzeo, insegnante di scuola media di Milazzo, peace reasercher, giornalista esperto di sistemi militari e guerre, ha pubblicato diversi libri, tra cui I padrini del ponte. Affari di Mafia sullo stretto, sugli interessi criminali per la costruzione del ponte di Messina, Il MUOStro di Niscemi. Per le guerre globali del XXI secolo, sull’installazione del MUOS a Niscemi (CL). Ha ricevuto il premio Giorgio Bassani – Italia Nostra 2010 per il giornalismo e la Palma d’oro per la pace dall’Archivio Disarmo. Michele Lucivero, dottore di ricerca in Etica e antropologia, insegnante di Filosofia e storia in un liceo di Bisceglie, è condirettore della Collana Paideia presso l’editore Aracne, per il quale ha pubblicato diversi volumi della collona; giornalista pubblicista, cura la rivista Agorà. La filosofia in piazza, e collabora con diverse riviste, tra cui Pressenza e Mosaico di pace.