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Humanity 1 trattenuta a Ortona: l’ennesimo fermo contro il soccorso civile
Dopo lo sbarco di 85 persone, tra cui vari minori non accompagnati, avvenuto lunedì 1° dicembre, la nave di soccorso Humanity 1, dell’organizzazione SOS Humanity, è stata nuovamente trattenuta dalle autorità italiane. Il fermo provvisorio è scattato martedì 2 dicembre 2025 nel porto abruzzese, con l’accusa di non aver comunicato con il Centro di coordinamento libico, in base agli obblighi imposti dalla legge Piantedosi. L’ordine è stato firmato da Ministero dell’Interno, Guardia di Finanza e Ministero dei Trasporti, e resterà in vigore finché la Prefettura non avrà concluso l’indagine. Il fermo si basa sull’ipotesi di violazione della legge Piantedosi per non aver contattato il centro di coordinamento libico. Ma SOS Humanity respinge le accuse, spiegando che la mancata comunicazione è una scelta legittima, coerente con il diritto internazionale e condivisa da tutte le organizzazioni della Justice Fleet Alliance. Approfondimenti/In mare JUSTICE FLEET ALLIANCE: LE ONG DEL MEDITERRANEO INTERROMPONO I CONTATTI CON TRIPOLI «Non è solo moralmente giusto, ma anche giuridicamente necessario» Giulia Stella Ingallina 17 Novembre 2025 «Questo fermo provvisorio è incompatibile con il diritto internazionale» afferma Marie Michel, esperta politica di SOS Humanity. «La cosiddetta Guardia Costiera libica è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. Rifiutarsi di comunicare con attori coinvolti in questi crimini è l’unico modo per difendere il diritto marittimo e i diritti umani». E aggiunge: «Mentre questi attori continuano a essere sostenuti dall’Unione Europea, le navi che salvano vite vengono bloccate. La capacità di soccorso diminuisce e le morti in mare aumentano». La Humanity 1 è solo l’ultima di una lunga serie di navi della flotta di soccorso civile colpite da fermi amministrativi e procedure punitive. Un provvedimento del tutto illegittimo, come del resto hanno ribadito più volte le sentenze dei tribunali italiani ma che Piantedosi continua a non leggere, che blocca ancora una volta una nave umanitaria (è il terzo fermo subito da Humanity 1), e che arriva al termine di una missione complessa, segnata da condizioni meteo avverse, operazioni di salvataggio ravvicinate e un trasferimento prolungato verso un porto assegnato a oltre 1.300 chilometri di distanza. Ph: Sofia Bifulco – SOS Humanity LA RICOSTRUZIONE DELLA MISSIONE E DEI SOCCORSI1 Il 19 novembre la nave Humanity lascia Siracusa e raggiunge l’area SAR. Il 24 novembre il primo soccorso: 75 persone in pericolo. La segnalazione arriva da Alarm Phone: una barca di legno sovraccarica e senza motore, nella zona SAR tunisina. Le condizioni sono critiche: disidratazione, ipotermia, maltempo e mare grosso. Tutte le 75 persone vengono soccorse e, poche ore dopo, trasferite su una motovedetta della Guardia Costiera italiana e condotte a Lampedusa, permettendo alla Humanity 1 di rimettersi subito in navigazione verso nuove possibili emergenze. Il 24 novembre il secondo soccorso: 85 naufraghi in area SAR libica. A circa 100 km dalla costa libica, l’equipaggio individua una barca blu alla deriva, con tre motori spenti e oltre 80 persone a bordo. Le comunicazioni con MRCC Roma, JRCC Malta e il centro tedesco MRCC Bremen iniziano subito. Tra le 09:14 e le 11:15, si alternano valutazioni, soccorsi con le RHIB, distribuzione di giubbotti di salvataggio e mail ufficiali ai centri SAR. Alle 10:49, tutti gli 85 naufraghi sono al sicuro a bordo della Humanity 1. Alle 10:59, la nave comunica formalmente che non può coordinarsi con il MRCC libico, né trasferire i sopravvissuti in Libia, poiché non costituisce un porto sicuro, come stabilito dal diritto internazionale e ribadito dal Tribunale di Catanzaro. Il 1° dicembre l’arrivo a Ortona: dopo quasi una settimana in mare, attraversando il Golfo di Taranto per evitare il maltempo, le 85 persone sfiancate dal viaggio vengono finalmente sbarcate nel porto di Ortona. Ph: Marcel Beloqui Evardone – Alcuni scatti dall’operazione SAR di SOS Humanity «Una traversata inutile e pericolosa». Il maltempo e la distanza del porto assegnato hanno determinato un lungo e rischioso trasferimento che ha aggravato le condizioni fisiche e psicologiche delle persone soccorse. «Questa lunga traversata è stata inutile e pericolosa per la salute fisica e mentale delle persone che abbiamo avuto a bordo» ha denunciato Stefania, responsabile della protezione sanitaria. «Abbiamo registrato casi di scabbia, infezioni respiratorie, febbre alta, dolori muscolari, malattie parassitarie. Alcune persone erano sotto antibiotici. Molti ci hanno raccontato torture subite in Libia». SOS Humanity aveva chiesto più volte l’assegnazione di un porto vicino, ma MRCC Roma ha respinto ogni richiesta. «Il diritto internazionale prescrive lo sbarco senza indugio» ha ricordato Sofia Bifulco, coordinatrice della comunicazione. «Davanti a noi c’erano porti raggiungibili in poche ore. Invece sono state esposte persone vulnerabili a quasi una settimana di transito inutile». 1. Leggi la ricostruzione completa di Sos Humanity ↩︎
Nel Mediterraneo si continua a morire mentre chi salva vite è criminalizzato
Nel Mediterraneo si continua a morire, mentre chi salva vite continua a essere criminalizzato. È uno stesso tragico e odioso copione che ormai si ripete da tempo. Da una parte sempre più persone muoiono nell’indifferenza e nel silenzio istituzionale, dall’altra il governo italiano, nonostante le sentenze dei tribunali, non mostra segni di ravvedimento e prosegue nella sua opera di attacco alle organizzazioni di soccorso: l’ultima è Mediterranea Saving Humans, colpita da un nuovo blocco amministrativo dopo l’ultimo salvataggio e approdo a Porto Empedocle. Notizie/In mare «ABBIAMO AGITO PER SALVARE VITE»: SBARCATE LE 92 PERSONE SOCCORSE DA MEDITERRANEA Lo Stato minaccia nuove sanzioni per aver scelto Porto Empedocle Redazione 5 Novembre 2025 L’associazione, che rivendica giustamente di aver salvato la vita a 92 persone, ha replicato alle accuse del ministro dell’Interno Piantedosi, che sui social ha diffuso false informazioni sull’operato della nave.  «Siamo indignati dalle menzogne del ministro: da parte nostra c’è sempre stata la massima collaborazione con la Sanità marittima», ha dichiarato MSH. A bordo, ha raccontato il medico Gabriele Risica, «abbiamo accolto la medica dell’USMAF, le abbiamo messo a disposizione l’ospedale di bordo e visitato insieme le persone soccorse». Anche la capomissione Sheila Melosu ha denunciato «la vergogna di un ministro che parla di sicurezza delle persone mentre è indagato per aver protetto un torturatore di migranti, e che voleva far viaggiare fino a Livorno persone malate e bisognose di cure immediate». Un episodio che si inserisce nella costante strategia di criminalizzazione delle ONG, con la nave Mediterranea che subisce un altro fermo illegittimo nel porto siciliano per violazione del Decreto Piantedosi, mentre le autorità italiane continuano a ostacolare chi salva vite in mare e a finanziare chi le intercetta e le imprigiona. Il 2 novembre, infatti, si è rinnovato automaticamente il Memorandum tra Italia e Libia, che resterà in vigore fino al 2026, assicurando nuovi fondi e mezzi alla guardia costiera libica, la stessa che cattura e riporta nei lager migliaia di persone e che attacca le navi della flotta civile. Approfondimenti/In mare MEMORANDUM ITALIA-LIBIA, UN PATTO DI VIOLAZIONI E ABUSI Il 2 novembre l’accordo sarà rinnovato. Refugees in Libya: manifestiamo a Roma il 18 ottobre Carlotta Zaccarelli 29 Settembre 2025 Nel frattempo, solo negli ultimi 30 giorni, cinque naufragi hanno aggiornato il conto delle vittime e dei dispersi lungo le rotte del Mediterraneo. Il 18 ottobre, Sea-Watch ha denunciato un naufragio ignorato dalle autorità: un morto accertato e 22 persone disperse, mentre le navi umanitarie venivano tenute lontane dall’area dei soccorsi. “Abbiamo chiesto aiuto per ore, nessuno è intervenuto”, ha riferito l’Ong, accusando Roma e La Valletta di omissione di soccorso. Il 22 ottobre, al largo di Salakta, in Tunisia, almeno 40 persone migranti, tra cui diversi neonati, sono morte dopo che la loro imbarcazione si è capovolta. Solo 30 persone sono state salvate. Le vittime provenivano da Paesi dell’Africa subsahariana e cercavano di raggiungere l’Italia da una delle rotte più brevi e più letali del Mediterraneo. Diverse inchieste hanno evidenziato come la Tunisia sia un Paese non sicuro nel garantire i diritti fondamentali e come le persone nere siano sottoposte a violenze e tratta gestite dalle stesse autorità. Rapporti e dossier/In mare STATE TRAFFICKING SVELA LA TRATTA DI MIGRANTI TRA TUNISIA E LIBIA Un rapporto con 30 testimonianze da un confine esterno della UE Redazione 1 Marzo 2025 Il 24 ottobre, 14 persone migranti sono annegate nel mar Egeo, al largo di Bodrum, in Turchia. Solo due si sono salvate, tra cui un giovane afgano che ha nuotato per sei ore fino a riva. Tre giorni dopo, il 27 ottobre, quattro migranti sono morti al largo della Grecia, dopo l’affondamento di un gommone. E il 28 ottobre un altro barcone è affondato davanti a Surman, in Libia: 18 morti e oltre 60 sopravvissuti, secondo la Croce Rossa libica e l’OIM. Le vittime erano in gran parte uomini sudanesi, bengalesi e pakistani in fuga da guerre e povertà. Cinque naufragi in dieci giorni: più di 70 morti accertati, decine di dispersi e un mare che continua a inghiottire vite nell’indifferenza politica. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), al 25 ottobre 2025 sono 472 le persone morte e 479 quelle disperse sulla rotta del Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno. A questo bollettino di guerra vanno aggiunti gli ultimi naufragi: nel 2025 si può stimare che circa 550 persone abbiano perso la vita, senza contare i naufragi cosiddetti “fantasma” che non finiscono nei conteggi ufficiali. Nello stesso periodo, 22.509 persone migranti – tra cui 832 minori – sono state intercettate e riportate in Libia, dove finiscono spesso in centri di detenzione, subendo torture, violenze sessuali, estorsioni, privazione di cibo e cure. Nemmeno l’arresto del generale libico Al Masri cambia la sostanza: la Libia rimane un Paese diviso e controllato da milizie e trafficanti che si arricchiscono sulla pelle dei migranti. Nonostante la situazione sia nota e denunciata da anni, resta un alleato politico e operativo dell’Europa, che continua a esternalizzare il controllo delle proprie frontiere. Come ha rivelato un’inchiesta di Irpimedia, la Commissione europea e Frontex hanno ospitato a metà ottobre una delegazione tecnica libica, con esponenti provenienti sia dall’est sia dall’ovest del Paese: per la prima volta anche funzionari della Cirenaica, sotto il controllo del generale Khalifa Haftar, sono stati invitati presso la sede di Frontex a Varsavia e a Bruxelles. Il Mediterraneo centrale continua a essere la rotta migratoria più mortale del mondo. Ma ogni nuovo naufragio rimane a sé stante, invisibilizzato e velocemente archiviato come un fatto di cronaca. I media fanno sempre più fatica ad andare oltre la notizia flash e a costruire una narrazione diversa, e così queste stragi scompaiono in fretta. Dove sono le storie che danno dignità ai numeri, ai volti, alle famiglie, ai sogni interrotti, al dolore? Cosa serve perché si trovi finalmente una risposta a quella domanda che da anni viene ripetuta e mai ascoltata: quante morti ancora serviranno prima che l’Europa apra vie legali e sicure di accesso, affinché si affronti il tema politico e sociale della libertà di movimento? Finché la risposta sarà il rinnovo di accordi come quello con la Libia e il blocco delle navi umanitarie, il Mediterraneo continuerà a essere una tomba. E l’Italia, insieme all’Unione Europea, continuerà a chiamare “cooperazione” ciò che è in realtà complicità nelle stragi. Fonti: InfoMigrants, OIM, UNHCR, ANSA, Reuters, Sea-Watch, Mediterranea Saving Humans, Mosaique FM. Interviste/In mare «RIPRISTINARE LA LIBERTÀ DI MOVIMENTO È L’UNICA RISPOSTA POLITICA ALLE MIGRAZIONI» Intervista a Gabriele Del Grande, giornalista e documentarista Laura Pauletto 3 Novembre 2025
SOS Humanity vince la sua prima causa contro il fermo illegale di navi di soccorso
SOS Humanity ha ottenuto un’altra vittoria in tribunale contro il governo italiano. La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Crotone del giugno 2024 1, stabilendo che il fermo della nave di soccorso Humanity 1 nel marzo 2024 era illegale e ribadendo che la cosiddetta Guardia Costiera libica non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Comunicati stampa e appelli/In mare LA DETENZIONE DI HUMANITY 1 ERA ILLEGALE! Lo stabilisce la sentenza del Tribunale civile di Crotone 28 Giugno 2024 Il provvedimento conferma che SOS Humanity ha agito in piena conformità con il diritto internazionale durante le operazioni di soccorso, intervenendo a tutela di 77 persone in pericolo. Il governo italiano, rappresentato dai ministeri dell’Interno, dei Trasporti e delle Finanze, ha deciso di non impugnare la decisione, mentre l’organizzazione chiede ora un risarcimento per i danni finanziari subiti a causa del sequestro della nave. Il caso è del marzo 2024, quando la Humanity 1 fu fermata dopo aver soccorso persone migranti nel Mediterraneo centrale. Il fermo era motivato dall’accusa di aver ignorato le istruzioni della cosiddetta Guardia Costiera libica e di aver messo in pericolo vite umane. Il Tribunale civile di Crotone aveva allora ordinato l’immediato rilascio della nave, chiarendo che la Libia non può essere considerata un luogo sicuro per rifugiati e migranti e che le istruzioni delle autorità libiche non sono vincolanti. La Corte di Appello di Catanzaro ha confermato tale orientamento, ribadendo che la cosiddetta Guardia Costiera libica, finanziata ed equipaggiata dall’Unione Europea per intercettare le persone e riportarle in Libia, non può essere considerata un attore legittimo nel soccorso in mare. Secondo le Nazioni Unite, le pratiche della Guardia Costiera libica configurano abusi che possono costituire crimini contro l’umanità 2. Questa nuova sentenza arriva dopo che a inizio ottobre, anche il tribunale di Trapani aveva accolto il ricorso presentato da Mediterranea contro le sanzioni imposte dal Ministero dell’Interno che avevano previsto sessanta giorni di fermo amministrativo e una multa da 10mila euro. Notizie/In mare LA NAVE MEDITERRANEA LIBERA, SMENTITO IL DECRETO PIANTEDOSI Il Tribunale di Trapani dà ragione a Mediterranea: «Il diritto più forte della propaganda» 8 Ottobre 2025 La vittoria di Sos Humanity rappresenta così un altro caso simbolo nella battaglia legale contro i fermi illegali delle ONG nel Mediterraneo previsti dal decreto Piantedosi e nella difesa del diritto internazionale marittimo a tutela delle vite in mare. Corte di Appello di Catanzaro, sentenza n. 603 del 17 giugno 2025 1. Leggi la sentenza ↩︎ 2. Libya: Urgent action needed to remedy deteriorating human rights situation, UN Fact-Finding Mission warns in final report (marzo 2023) ↩︎
La nave Mediterranea libera, smentito il decreto Piantedosi
Il Tribunale di Trapani ha accolto il ricorso presentato dal comandante e dall’armatore della nave Mediterranea contro le sanzioni imposte dal Ministero dell’Interno dopo l’operazione di soccorso del 21 agosto scorso. Il provvedimento del Viminale prevedeva sessanta giorni di fermo amministrativo e una multa da 10mila euro per aver disobbedito all’ordine di raggiungere il porto di Genova, scegliendo invece di fare rotta su Trapani per sbarcare dieci persone soccorse al largo della Libia. Notizie/In mare MEDITERRANEA “IN CATENE” PER DUE MESI E 10MILA EURO DI MULTA L’Ong: «Il provvedimento di Piantedosi è una vendetta abnorme e illegittima» Redazione 3 Settembre 2025 La giudice Federica Emanuela Lipari ha disposto la sospensione della detenzione della nave, definendo illegittima la sanzione «sotto il profilo della quantificazione», in attesa della decisione sul merito complessivo del caso. Nelle motivazioni, il Tribunale riconosce che il Ministero dell’Interno ha ignorato le richieste di riassegnazione di un porto sicuro «sempre motivate in ragione delle circostanze concrete», come evidenziato dalle avvocate Cristina Laura Cecchini e Lucia Gennari, legali dell’associazione. Particolarmente significativo il passaggio in cui la giudice riconosce la legittimità delle scelte dell’equipaggio, che avrebbe agito «a tutela delle persone tratte in salvo», tenendo conto «delle loro condizioni di vulnerabilità e di fragilità, sia sul piano fisico che psicologico». Secondo il Tribunale, la decisione di dirigersi verso Trapani nasce da «esclusivo spirito solidaristico», con l’obiettivo di «salvaguardare la vita e la salute in mare» come previsto dal diritto internazionale. Il giudice ha inoltre sottolineato la necessità di liberare al più presto la nave, perché il prolungamento del fermo «pregiudicherebbe gli obiettivi umanitari e solidaristici, particolarmente meritevoli di tutela poiché finalizzati alla salvaguardia della vita umana» perseguiti da Mediterranea. Da Mediterranea Saving Humans commentano la decisione come una vittoria della legalità sulle logiche punitive del governo. «Il ministro Piantedosi voleva una punizione esemplare per colpire la nostra nave, il soccorso civile e la solidarietà in mare», si legge nella nota diffusa. «Ma questa volta il diritto è più forte della propaganda governativa: la vita e la salute delle persone vengono per prime, e l’imposizione di un porto lontano si rivela per quello che è, una inutile e illegale crudeltà». La nave Mediterranea, conclude, «tornerà presto in missione in mare, a fare invece quello che è giusto fare: soccorrere».
Mediterranea in catene per due mesi e 10mila euro di multa
La nuova nave di Mediterranea Saving Humans resterà ferma in porto per 60 giorni e i suoi responsabili dovranno pagare una sanzione di 10mila euro. È la decisione notificata dal Prefetto di Trapani, per conto del Ministero dell’Interno, nell’ambito dell’applicazione del cosiddetto Decreto Legge Piantedosi. Si tratta, spiegano dall’organizzazione, di «uno dei più pesanti provvedimenti in questi tre anni contro le imbarcazioni della flotta civile di soccorso». Alla base della contestazione c’è la «grave, premeditata e reiterata disobbedienza» all’ordine del Viminale di raggiungere il porto di Genova, distante oltre 690 miglia, con a bordo dieci naufraghi soccorsi il 21 agosto in acque internazionali davanti alla Libia. Notizie/In mare MEDITERRANEA: «NAUFRAGHI GETTATI IN MARE DAI LIBICI» Il grave episodio durante la prima missione della nuova nave Redazione 22 Agosto 2025 L’Ong respinge le accuse e rivendica la scelta di approdare e a Trapani il 23 agosto, per garantire cure mediche e psicologiche immediate ai sopravvissuti. «E dunque quale sarebbe il grave reato che abbiamo commesso? – si chiede l’equipaggio -. Abbiamo forse fatto del male a qualcuno, abbiamo distrutto qualcosa, abbiamo sparato addosso a qualcuno come fanno i “guardacoste” libici?». La colpa di Mediterranea, sostengono, sarebbe soltanto quella di aver detto «SignorNO!» a un ordine giudicato «assurdo e disumano». Secondo l’organizzazione, comandante ed equipaggio hanno agito «secondo il diritto marittimo, nazionale e internazionale, e secondo i principi di umanità e giustizia». L’accusa rivolta al governo è di utilizzare i poteri istituzionali per «una continua e odiosa propaganda elettorale permanente». «Disobbedire a un ordine illegittimo ed illegale è questione di dignità», si legge ancora nel comunicato, dove si sottolinea come la scelta abbia permesso «qui ed ora» lo sbarco in un porto sicuro dei dieci naufraghi. «A Piantedosi, alle sue catene, continueremo a rispondere “SignorNO!” perché non siamo sudditi». L’associazione annuncia un ricorso urgente all’autorità giudiziaria per chiedere l’annullamento del fermo, definito «un provvedimento di vendetta, abnorme e illegittimo sotto ogni punto di vista». I tribunali, più volte in questi anni, hanno già giudicato illegittimi fermi e multe operate dal governo contro le navi della flotta civile. Tutta la vicenda che ha colpito Mediterranea si inserisce in un contesto già teso, in cui il governo, nonostante l’apparente rigore, si trova in difficoltà di fronte a ciò che accade nel Mediterraneo e al sostegno, mai messo in discussione, del lavoro sporco della cosiddetta Guardia costiera libica, e che si è evidenziato anche con la liberazione del torturatore libico Almasri. «Collaborano con quelle milizie che in Libia sono responsabili di ogni genere di abuso e violenza nei campi di detenzione e, in mare, sparano addosso alle navi umanitarie come avvenuto contro la Ocean Viking. E in Italia sanzionano chi soccorre», denuncia l’organizzazione. Notizie/In mare OCEAN VIKING SOTTO ATTACCO DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA Spari per 20 minuti contro la nave di SOS Méditerranée con 87 naufraghi a bordo Redazione 27 Agosto 2025 «Non ci fermeranno con questi mezzi – conclude l’Ong – siamo convinti che, mentre il criminale “sistema Libia” costruito in questi anni sta mostrando il suo volto più feroce, saranno invece le ragioni della vita e dell’umanità ad affermarsi». Un messaggio che risuona ancora più forte in questi giorni, a dieci anni dalla morte del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni la cui immagine sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, divenne un simbolo della mancanza di vie sicure per arrivare in Europa. A distanza di un decennio, tutta l’architettura delle politiche di contrasto alla libertà di movimento continua a costringere le persone a rischiare la vita in mare.
Mediterranea approda a Trapani disobbedendo al Viminale
La nave Mediterranea ha fatto sbarcare sabato sera alle 21.30 a Trapani le dieci persone soccorse nella notte tra mercoledì e giovedì in acque internazionali, disobbedendo all’ordine del Ministero dell’Interno che aveva assegnato Genova come porto di sbarco. Alle 2:35 del 23 agosto, il Viminale aveva comunicato che il “luogo sicuro di sbarco” sarebbe stato il porto ligure, distante oltre 1.200 km e diversi giorni di navigazione. Una decisione che, secondo l’organizzazione, non teneva conto delle gravi condizioni dei naufraghi salvati dopo essere stati gettati in mare dalle milizie libiche: «È inumano e inaccettabile che il Ministero dell’Interno voglia costringere queste dieci persone – aveva dichiarato il capo missione Beppe Caccia – a sostenere ancora tre giorni di navigazione, esponendoli a inutili ulteriori sofferenze». A bordo vi erano cittadini curdi di Iran e Iraq, egiziani e siriani, tra cui tre minori non accompagnati di 14, 15 e 16 anni. Tutti avevano subito torture e violenze in Libia e assistito alla morte di quattro compagni, gettati in mare dai trafficanti armati. Secondo la medica di bordo, Vanessa Guidi, e lo stesso CIRM, il centro per il soccorso medico consultato dall’MRCC di Roma, i sopravvissuti necessitavano di «necessarie cure mediche e psicologiche» che non potevano essere garantite a bordo. Nel pomeriggio di sabato, mentre la nave si trovava al largo delle Egadi, il comandante e il capo missione hanno comunicato al centro di coordinamento che «visto il peggioramento delle condizioni psico-fisiche delle dieci persone soccorse a bordo, non sussistono le condizioni di sicurezza per proseguire la navigazione verso Genova». Da qui la scelta di dirigersi a Trapani. «Ci assumiamo la piena responsabilità di questa scelta – ha spiegato Caccia -. La nostra prima e unica preoccupazione sono le condizioni delle persone a bordo, già provate e traumatizzate. Non possiamo tollerare giochetti politici sulla pelle di dieci ragazzi che stanno male e devono essere curati». Alle 20:45 Mediterranea è entrata nel porto siciliano, dove poco dopo è iniziato lo sbarco. «Davanti a tutto questo, abbiamo scelto di riaffermare un principio basilare, oggi tutt’altro che scontato: la dignità e la vita umana vengono prima di ogni altra considerazione», ha sottolineato la presidente dell’organizzazione, Laura Marmorale. «Lasciare per giorni dei naufraghi traumatizzati a bordo di una nave è inaccettabile. È come costringere una persona ustionata a restare tra le fiamme». La presidente ha poi rivendicato la scelta di sfidare l’ordine ministeriale: «Non possiamo accettare una visione del mondo in cui gli esseri umani sono trattati come merce. Abbiamo detto no a questa logica disumana, perché ciò che oggi viene inflitto a chi è considerato “umanità di scarto”, domani potrebbe colpire tutti noi. Resistere a questa deriva significa difendere la nostra stessa umanità». Lo stesso Caccia, in un video diffuso sui social, ha definito la decisione del Viminale «un ordine ingiusto e inumano» e ha rivendicato di aver scelto insieme al capitano di «obbedire al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle leggi dell’umanità». > 🔴🔴 BREAKING 🔴🔴 > > Nave #MEDITERRANEA disobbedisce all’ordine ingiusto e inumano del Ministero > dell’Interno e dirige verso il porto di #Trapani per sbarcare le dieci persone > soccorse in mare, che hanno bisogno di immediate cure mediche e psicologiche a > terra. pic.twitter.com/dFbXXelbOs > > — Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) August 23, 2025 Intorno alla mezzanotte, tutti e dieci i naufraghi erano già stati accolti in strutture dedicate per ricevere cure mediche e supporto psicologico. Resta ora da capire quale sarà la reazione del Ministero dell’Interno, se vorrà procedere con un fermo amministrativo o con una multa. Di certo Mediterranea non verrà lasciata sola e potrà contare, come ulteriore elemento a sua tutela, dei precedenti in cui analoghi ordini, ritenuti brutali e ingiustificati, sono già stati considerati illegittimi dai tribunali, smontando di fatto parti del famigerato decreto Piantedosi.  Nel frattempo, la nave Humanity 1 ha soccorso oltre 50 persone in difficoltà, tra cui più di dieci minori non accompagnati. Poco dopo, però, un secondo gommone con altre 50 persone è stato intercettato dalla cosiddetta Guardia costiera libica, sotto gli occhi dell’aereo umanitario Colibrì. «SOS Humanity – si legge in una nota – è sconvolta dalle continue e sistematiche violazioni dei diritti umani contro le persone in fuga attraverso il Mediterraneo» e chiede «l’immediata fine di ogni accordo di cooperazione con le autorità libiche». Alla nave Humanity 1 è stato assegnato l’approdo nel porto di Ravenna, a oltre 1.600 km dal luogo di salvataggio, corrispondenti a circa cinque giorni di navigazione. Ordini che hanno un unico obiettivo: tenere lontani il più a lungo possibile testimoni scomodi della necropolitica italiana ed europea che ogni giorno si consuma nel Mediterraneo. E dove non arrivano gli ordini, ci pensano le motovedette libiche: come nel caso della Ocean Viking di SOS Méditerranée, che domenica è stata attaccata con colpi d’arma da fuoco dalla cosiddetta Guardia costiera libica. > Oggi la #OceanViking è stata deliberatamente e violentemente attaccata in > acque internazionali dalla Guardia Costiera libica che ha sparato centinaia di > colpi contro la nostra nave. Gli 87 sopravvissuti e l'equipaggio stanno bene. > Stiamo lavorando a ricostruire gli eventi. pic.twitter.com/fZurd3jOzb > > — SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) August 24, 2025