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Mediterranea in catene per due mesi e 10mila euro di multa
La nuova nave di Mediterranea Saving Humans resterà ferma in porto per 60 giorni e i suoi responsabili dovranno pagare una sanzione di 10mila euro. È la decisione notificata dal Prefetto di Trapani, per conto del Ministero dell’Interno, nell’ambito dell’applicazione del cosiddetto Decreto Legge Piantedosi. Si tratta, spiegano dall’organizzazione, di «uno dei più pesanti provvedimenti in questi tre anni contro le imbarcazioni della flotta civile di soccorso». Alla base della contestazione c’è la «grave, premeditata e reiterata disobbedienza» all’ordine del Viminale di raggiungere il porto di Genova, distante oltre 690 miglia, con a bordo dieci naufraghi soccorsi il 21 agosto in acque internazionali davanti alla Libia. Notizie/In mare MEDITERRANEA: «NAUFRAGHI GETTATI IN MARE DAI LIBICI» Il grave episodio durante la prima missione della nuova nave Redazione 22 Agosto 2025 L’Ong respinge le accuse e rivendica la scelta di approdare e a Trapani il 23 agosto, per garantire cure mediche e psicologiche immediate ai sopravvissuti. «E dunque quale sarebbe il grave reato che abbiamo commesso? – si chiede l’equipaggio -. Abbiamo forse fatto del male a qualcuno, abbiamo distrutto qualcosa, abbiamo sparato addosso a qualcuno come fanno i “guardacoste” libici?». La colpa di Mediterranea, sostengono, sarebbe soltanto quella di aver detto «SignorNO!» a un ordine giudicato «assurdo e disumano». Secondo l’organizzazione, comandante ed equipaggio hanno agito «secondo il diritto marittimo, nazionale e internazionale, e secondo i principi di umanità e giustizia». L’accusa rivolta al governo è di utilizzare i poteri istituzionali per «una continua e odiosa propaganda elettorale permanente». «Disobbedire a un ordine illegittimo ed illegale è questione di dignità», si legge ancora nel comunicato, dove si sottolinea come la scelta abbia permesso «qui ed ora» lo sbarco in un porto sicuro dei dieci naufraghi. «A Piantedosi, alle sue catene, continueremo a rispondere “SignorNO!” perché non siamo sudditi». L’associazione annuncia un ricorso urgente all’autorità giudiziaria per chiedere l’annullamento del fermo, definito «un provvedimento di vendetta, abnorme e illegittimo sotto ogni punto di vista». I tribunali, più volte in questi anni, hanno già giudicato illegittimi fermi e multe operate dal governo contro le navi della flotta civile. Tutta la vicenda che ha colpito Mediterranea si inserisce in un contesto già teso, in cui il governo, nonostante l’apparente rigore, si trova in difficoltà di fronte a ciò che accade nel Mediterraneo e al sostegno, mai messo in discussione, del lavoro sporco della cosiddetta Guardia costiera libica, e che si è evidenziato anche con la liberazione del torturatore libico Almasri. «Collaborano con quelle milizie che in Libia sono responsabili di ogni genere di abuso e violenza nei campi di detenzione e, in mare, sparano addosso alle navi umanitarie come avvenuto contro la Ocean Viking. E in Italia sanzionano chi soccorre», denuncia l’organizzazione. Notizie/In mare OCEAN VIKING SOTTO ATTACCO DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA Spari per 20 minuti contro la nave di SOS Méditerranée con 87 naufraghi a bordo Redazione 27 Agosto 2025 «Non ci fermeranno con questi mezzi – conclude l’Ong – siamo convinti che, mentre il criminale “sistema Libia” costruito in questi anni sta mostrando il suo volto più feroce, saranno invece le ragioni della vita e dell’umanità ad affermarsi». Un messaggio che risuona ancora più forte in questi giorni, a dieci anni dalla morte del piccolo Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni la cui immagine sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, divenne un simbolo della mancanza di vie sicure per arrivare in Europa. A distanza di un decennio, tutta l’architettura delle politiche di contrasto alla libertà di movimento continua a costringere le persone a rischiare la vita in mare.
Mediterranea approda a Trapani disobbedendo al Viminale
La nave Mediterranea ha fatto sbarcare sabato sera alle 21.30 a Trapani le dieci persone soccorse nella notte tra mercoledì e giovedì in acque internazionali, disobbedendo all’ordine del Ministero dell’Interno che aveva assegnato Genova come porto di sbarco. Alle 2:35 del 23 agosto, il Viminale aveva comunicato che il “luogo sicuro di sbarco” sarebbe stato il porto ligure, distante oltre 1.200 km e diversi giorni di navigazione. Una decisione che, secondo l’organizzazione, non teneva conto delle gravi condizioni dei naufraghi salvati dopo essere stati gettati in mare dalle milizie libiche: «È inumano e inaccettabile che il Ministero dell’Interno voglia costringere queste dieci persone – aveva dichiarato il capo missione Beppe Caccia – a sostenere ancora tre giorni di navigazione, esponendoli a inutili ulteriori sofferenze». A bordo vi erano cittadini curdi di Iran e Iraq, egiziani e siriani, tra cui tre minori non accompagnati di 14, 15 e 16 anni. Tutti avevano subito torture e violenze in Libia e assistito alla morte di quattro compagni, gettati in mare dai trafficanti armati. Secondo la medica di bordo, Vanessa Guidi, e lo stesso CIRM, il centro per il soccorso medico consultato dall’MRCC di Roma, i sopravvissuti necessitavano di «necessarie cure mediche e psicologiche» che non potevano essere garantite a bordo. Nel pomeriggio di sabato, mentre la nave si trovava al largo delle Egadi, il comandante e il capo missione hanno comunicato al centro di coordinamento che «visto il peggioramento delle condizioni psico-fisiche delle dieci persone soccorse a bordo, non sussistono le condizioni di sicurezza per proseguire la navigazione verso Genova». Da qui la scelta di dirigersi a Trapani. «Ci assumiamo la piena responsabilità di questa scelta – ha spiegato Caccia -. La nostra prima e unica preoccupazione sono le condizioni delle persone a bordo, già provate e traumatizzate. Non possiamo tollerare giochetti politici sulla pelle di dieci ragazzi che stanno male e devono essere curati». Alle 20:45 Mediterranea è entrata nel porto siciliano, dove poco dopo è iniziato lo sbarco. «Davanti a tutto questo, abbiamo scelto di riaffermare un principio basilare, oggi tutt’altro che scontato: la dignità e la vita umana vengono prima di ogni altra considerazione», ha sottolineato la presidente dell’organizzazione, Laura Marmorale. «Lasciare per giorni dei naufraghi traumatizzati a bordo di una nave è inaccettabile. È come costringere una persona ustionata a restare tra le fiamme». La presidente ha poi rivendicato la scelta di sfidare l’ordine ministeriale: «Non possiamo accettare una visione del mondo in cui gli esseri umani sono trattati come merce. Abbiamo detto no a questa logica disumana, perché ciò che oggi viene inflitto a chi è considerato “umanità di scarto”, domani potrebbe colpire tutti noi. Resistere a questa deriva significa difendere la nostra stessa umanità». Lo stesso Caccia, in un video diffuso sui social, ha definito la decisione del Viminale «un ordine ingiusto e inumano» e ha rivendicato di aver scelto insieme al capitano di «obbedire al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle leggi dell’umanità». > 🔴🔴 BREAKING 🔴🔴 > > Nave #MEDITERRANEA disobbedisce all’ordine ingiusto e inumano del Ministero > dell’Interno e dirige verso il porto di #Trapani per sbarcare le dieci persone > soccorse in mare, che hanno bisogno di immediate cure mediche e psicologiche a > terra. pic.twitter.com/dFbXXelbOs > > — Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) August 23, 2025 Intorno alla mezzanotte, tutti e dieci i naufraghi erano già stati accolti in strutture dedicate per ricevere cure mediche e supporto psicologico. Resta ora da capire quale sarà la reazione del Ministero dell’Interno, se vorrà procedere con un fermo amministrativo o con una multa. Di certo Mediterranea non verrà lasciata sola e potrà contare, come ulteriore elemento a sua tutela, dei precedenti in cui analoghi ordini, ritenuti brutali e ingiustificati, sono già stati considerati illegittimi dai tribunali, smontando di fatto parti del famigerato decreto Piantedosi.  Nel frattempo, la nave Humanity 1 ha soccorso oltre 50 persone in difficoltà, tra cui più di dieci minori non accompagnati. Poco dopo, però, un secondo gommone con altre 50 persone è stato intercettato dalla cosiddetta Guardia costiera libica, sotto gli occhi dell’aereo umanitario Colibrì. «SOS Humanity – si legge in una nota – è sconvolta dalle continue e sistematiche violazioni dei diritti umani contro le persone in fuga attraverso il Mediterraneo» e chiede «l’immediata fine di ogni accordo di cooperazione con le autorità libiche». Alla nave Humanity 1 è stato assegnato l’approdo nel porto di Ravenna, a oltre 1.600 km dal luogo di salvataggio, corrispondenti a circa cinque giorni di navigazione. Ordini che hanno un unico obiettivo: tenere lontani il più a lungo possibile testimoni scomodi della necropolitica italiana ed europea che ogni giorno si consuma nel Mediterraneo. E dove non arrivano gli ordini, ci pensano le motovedette libiche: come nel caso della Ocean Viking di SOS Méditerranée, che domenica è stata attaccata con colpi d’arma da fuoco dalla cosiddetta Guardia costiera libica. > Oggi la #OceanViking è stata deliberatamente e violentemente attaccata in > acque internazionali dalla Guardia Costiera libica che ha sparato centinaia di > colpi contro la nostra nave. Gli 87 sopravvissuti e l'equipaggio stanno bene. > Stiamo lavorando a ricostruire gli eventi. pic.twitter.com/fZurd3jOzb > > — SOS MEDITERRANEE ITA (@SOSMedItalia) August 24, 2025