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Video e materiali del Convegno del 4 novembre dell’Osservatorio contro la militarizzazione
Alla fine, il Convegno dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università previsto per il 4 novembre si è svolto ugualmente con circa 600 persone collegate durante tutto lo svolgimento dell’evento e, accogliendo le richieste che ci sono pervenute da tante persone, abbiamo deciso di mettere a disposizione il materiale pubblicato e i video dei singoli interventi. I lavori, coordinati da Serena Tusini, sono stati aperti da Roberta Leoni, docente e Presidente dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la quale, oltre a spiegare le vicissitudini relative alla pretestuosa repressione che ha colpito il Convegno, ha illustrato in quali termini l’Osservatorio parla del fenomeno della militarizzazione delle scuole, a partire dai protocolli con il Ministero della Difesa per terminare con le continue celebrazioni e ricorrenze militaristiche, compresa quella del 4 novembre. Marco Meotto, docente di storia e filosofia in un Liceo torinese, nella sua relazione dal titolo Sguardi coloniali. Il genocidio nella didattica della storia ha descritto il fenomeno del genocidio andando alle sue radici e illustrando la sua marca evidentemente occidentale, un’opzione politica strutturale che ha lo scopo di eliminare, assimilare forzatamente e confinare in territori marginali chi si ritiene estraneo alla propria cerchia e in ciò il dispositivo militare risulta estremamente necessario. Qui le slide utilizzate da Marco Meotto per illustrare il suo intervento. Sguardi coloniali_SLIDEDownload A seguire, Antonio Mazzeo, docente e peace researcher, è tornato sull’attualità con la relazione dal titolo Genocidio crimine collettivo. Verso l’israelizzazione della società italiana? in cui ha messo in evidenza il coinvolgimento dell’Italia con la nostra Marina Militare e l’industria bellica di Stato, cioè Leonardo SpA, con l’entità sionista di Israele, ma anche con l’export di armi in tutto il mondo, aggirando di fatto la legge 185/1990 che don Tonino Bello aveva a gran voce reclamato. Cristina Donattini, docente bolognese e attivista del BDS Italia, ha chiarito gli scopi e i metodi delle campagne di boicottaggio, disinvestimento e sanzionatorie nei confronti di Israele e della sua economia, un metodo di lotta nonviolenta che si oppone alla censura, che è sempre governativa perché agisce a partire dal possesso stabile del potere, a differenza del boicottaggio, che parte dal basso e non ha potere bensì forza sociale. La posizione cattolica, costante nei convegni dell’Osservatorio, è stata affidata a don Andrea Bigalli, docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale e referente di Libera Toscana, il quale nella sua relazione dal titolo La libertà delle coscienze e il significato della disobbedienza ha invitato i/le docenti e gli/le uditori/trici a prestare maggiore attenzione alla comunicazione perché diventa sempre più necessario contrastare l’onda negativa che si sta alzando, invitando talvoltaa a tralasciare i canali generalisti dell’informazione per pensare ad una controinformazione. Infine, ricorda Bigalli, non bisogna dimenticare che la guerra è ciò che di più classista ci sia; infatti, la dichiarano i ricchi per farla fare ai poveri. Centrale per l’Osservatorio è anche trattare la questione palestinese senza tentativi di appropriazione culturale, per cui l’invito rivolto a Mjriam Abu Samra, ricercatrice e attivista italopalestinese, è servito per tracciare nella sua relazione dal titolo Critica decoloniale dell’accademia neoliberale: la conoscenza non marcia, il perimetro delle pratiche decoloniali che si stanno svolgendo all’interno delle università, nelle quali si è levata una forte voce critica, organizzata in un movimento d’opinione e d’azione sotto lo slogan La conoscenza non marcia, sostenuto anche dall’Osservatorio. Per completare il quadro del mondo dell’istruzione, è sempre importante ascoltare la voce di chi fruisce dei processi educativi e formativi, per cui Tommaso Marcon, studente del collettivo OSA, nella sua relazione ha focalizzato l’attenzione sulle finalità della scuola di oggi, che ormai non forma più, ma addestra, addomestica, sanzionando il conflitto, che, invece, è il sale della democrazia. Leonardo Cusmai, infine, studente universitario di Cambiare Rotta, si è soffermato sui processi repressivi in atto, evidenziando il disegno che passa dal ddl Gasparri al ddl sicurezza e termina con i processi di militarizzazione, da leggere tutti nel quadro di una retorica nazionalista/sovranista alleata del complesso militare-industriale, a cui l’università è completamente asservita.
Il Fatto Quotidiano: Il Mim annulla il convegno contro la militarizzazione della scuola: ora resistere è imperativo
DI MARINA BOSCAINO SU IL FATTO QUOTIDIANO DEL 3 NOVEMBRE 2025 Ospitiamo sul nostro sito l’articolo scritto da Marina Boscaino pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 3 novembre 2025 in cui viene commentato l’annullamento del corso di formazione e aggiornamento “La scuola non si arruola” organizzato dal CESTES in collaborazione con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Il ministero dell’Istruzione e del Merito ha annullato il convegno organizzato dal Cestes Proteo (ente accreditato presso il Mim per la formazione) e dall’Osservatorio contro la militarizzazione della Scuola e dell’università, che si sarebbe dovuto tenere il 4 novembre con il titolo: “4 novembre: la scuola non si arruola”. Nella giornata dell’unità nazionale e delle forze armate gli organizzatori proponevano una riflessione sull’orrore di tutte le guerre, sulla pace e sulla pericolosa deriva cui scuola e università sono sottoposte attraverso la sempre più pressante presenza di tutto ciò che perimetra la guerra…continua a leggere su www.ilfattoquotidiano.it.
Il Post: Il governo non vuole che gli insegnanti vadano a un corso contro la militarizzazione
DI REDAZIONE SU IL POST DEL 4 NOVEMBRE 2025 Ospitiamo sul nostro sito l’articolo di Redazione pubblicato su Il Post il 4 novembre 2025 in cui viene commentato l’annullamento del corso di formazione e aggiornamento “La scuola non si arruola” organizzato dal CESTES in collaborazione con l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. «L’Osservatorio, insieme all’ente di formazione accreditato CESTES (Centro Studi Trasformazioni Economico-Sociali), aveva dunque invitato i docenti a disertare le iniziative legate alla giornata del 4 novembre, e a partecipare a un convegno dedicato invece all’educazione alla pace e al ruolo della scuola di fronte ai conflitti. A questo convegno era prevista la presenza di ricercatori che avrebbero parlato di Palestina...continua a leggere su www.ilpost.it.
La “guerra dei monumenti”: esperienza e memoria proletarie della ‘grande guerra’ rimosse da lapidi, statue,… e canzoni
«La Difesa è come l’aria, fin quando non serve non si vede, ma quando manca si capisce la sua necessità» ha detto Piero Calamandrei il 26 gennaio 1955 in un incontro con degli studenti a Milano… NOOO !!! Come ricorda chi lo sa, questa affermazione il cui soggetto è la difesa, scritta con la D maiuscola perché a definire l’attività delle forze armate a protezione della patria, distorce un’altra, celebre, che dice esattamente il contrario. Il padre della patria, un giurista che dopo la ‘caduta’ del governo fascista venne nominato rettore dell’Università di Firenze e bersagliato dal mandato di cattura della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) e nel 1946 fu eletto deputato dell’Assemblea Costituente, aveva detto: «La libertà è come l’aria…». Questa sua frase è stata citata, però storpiandola, dall’imprenditore piemontese, erede della fabbrica di rimorchi per l’agricoltura Agrimec fondata nel 1937, ora l’industria metalmeccanica Crosetto s.r.l. che opera anche nei settori immobiliare e turistico, nel 2003 uno dei fondatori dell’Università degli Studi di scienze gastronomiche di Pollenzo, militante di Forza Italia che presiede il ministero della difesa, di cui è stato sottosegretario nel IV governo Berlusconi. Alla cerimonia militare commemorativa del 4 NOVEMBRE celebrata quest’anno ad Ancona, Guido Crosetto ha enfaticamente proclamato che tale ricorrenza è “un giorno di memoria, di riflessione ma è anche occasione di riconoscenza verso tutti coloro che negli anni a seguire hanno difeso l’Italia e che, con il loro sacrificio, hanno poi reso possibile la nascita della nostra Repubblica” e in cui ricordare lo “status unico, quello dei nostri militari, diverso da quello di qualsiasi altro cittadino… importante, perché la Difesa è come l’aria: ci si accorge di quanto sia essenziale solo quando viene a mancare“. Questa demagogica mistificazione della verità, cioè questa affermazione che modifica una realtà fattuale, in questo caso una Weltanschauung (vocabolo tedesco che letteralmente significa visione del mondo, ovvero percezione e concezione della realtà, e storicamente introdotto nel linguaggio filosofico da Immanuel Kant nel 1790 – Critica del Giudizio), e mediante la storpiatura dei vocaboli che la esprimono e conformano rafforza un’opinione contraria e consolida un’ideologia opposta all’originale, e tante altre falsità hanno plasmato la memoria storica e la coscienza collettiva degli italiani. Che ciò sia davvero accaduto lo si osserva anche nell’iconografia imposta in Italia dal regime fascista, una narrazione che ha letteralmente ‘seppellito’ le testimonianze dei contadini e degli operai reduci della prima guerra mondiale sotto la patina, con il passare del tempo diventata una sempre più spessa e coriacea ‘corazza’, di parole e figure che rappresentano i soldati come militi aitanti, gagliardi ed eroici anche coprendo ogni iscrizione e demolendo ogni lapide e statua che mostrava i militari come erano veramente dopo i combattimenti, cioè morti, feriti, mutilati e traumatizzati. L’autore della ricerca che lo documenta e del libro in cui sono raccolte le prove è Marcello Ingrao (non parente del celebre Pietro), il 6 novembre scorso protagonista dell’iniziativa organizzata a Casale Monferrato dalla sezione ANPI locale. Nato a Novara, cresciuto a Vercelli e residente a Casale Monferrato, Marcello Ingrao ha concentrato il proprio studio nell’area piemontese, una vasta zona rurale e industriale dove in città, anche molto piccole come le minuscole frazioni formate dai cascinali, comunità e famiglie avevano inciso e scolpito il ricordo dei propri parenti e concittadini con parole e immmagini che condannavano le atrocità della carneficina. Per la generazione che l’aveva combattuta al fronte e in trincea l’esperienza della grande guerra era stata terribile fin dalle prime battaglia, tanto che il papa, Benedetto XIV, nella propria Lettera ai capi dei popoli belligeranti il 1° agosto 1917 l’aveva denominata una inutile strage. Nel Ventennio fascista il ricordo delle truppe macellate venne rimosso dai discorsi politici, dai testi di storia e anche distruggendo monumenti che raffiguravano immagini espressive, come le ‘pietà’, ovvero le donne piangenti sui corpi straziati dei figli (o mariti) e cancellando iscrizioni esplicite, come quella sulla lapide dedicata a un soldato che definiva “perenne infamia” la battaglia che l’aveva “assassinato”. Queste immagini e frasi infatti biasimavano la brutalità della guerra e, più o meno esplicitamente, condannavano i suoi artefici, cioè i ‘signori della guerra’, i padroni delle fabbriche in cui lavorano gli operai che nel periodo erano stati ‘intruppati’ nel Regio Esercito Italiano che il 24 maggio 1915 aveva varcato le frontiere con l’Impero Austro-Ungarico e combattuto nelle terre irridente fino al 4 novembre 1918 e nelle terre conquistate, in particolare in Grecia e Albania, fino al 28 giugno 1919. «Anche ne Il Piave mormorava…, cioè nella canzone iconica che ha tramandato il racconto della storia della prima guerra mondiale tra le generazioni, i fatti sono rammentati in modo diverso da come erano realmente avvenuti», ha spiegato Marcello Ingrao. La canzone, il cui titolo originale è La leggenda del Piave, venne scritto e musicato da un compositore, Giovanni Gaeta, dopo la battaglia a cui D’Annunzio diede il nome di battaglia del solstizio. Le cronache, in cui è annoverata come la seconda battaglia del Piave combattuta dal 15 al 24 giugno 1918 al Passo del Tonale, nell’altopiano dei Sette Comuni, sul monte Grappa e alle sponde del Piave, riferiscono che le forze armate italiane vi prevalsero dopo aver subito 118˙042 ‘perdite’: 11˙643 deceduti, 80˙852 feriti e 25˙547 prigionieri. «La narrazione di questo e altri episodi emblematici della grande guerra ha deliberatamente consolidato nella memoria storica omissioni, inesattezze e, soprattutto, menzogne – ha precisato Marcello Ingrao – I versi che riferiscono della disfatta di Caporetto anche come causa dell’esodo di civili in fuga dalla devastazione, vennero emendati. Nella versione che il regime ha imposto come ‘ufficiale’ questa vicenda è definita un fosco evento, mentre in quella originale il Piave ricorda che le truppe al fronte ‘parlavano’ di tradimento, cioè della folle strategia vanagloriosa dei generali. La prima rima recita che il 24 maggio 1915 l’esercito marciava per raggiunger la frontiera e per far contro il nemico una barriera, quando in realtà aveva varcato il confine, quindi attaccato l’avversario che fino a pochi giorni prima un alleato e contro cui l’Italia aveva dichiarato guerra dopo uno storico ‘voltafaccia’». Nel volume edito a cura del Circolo Internazionalista Coalizione Operaia nel catalogo di pubblicazioni del periodico Prospettiva Marxista, «IL DOLORE BOLSCEVICO NON È PIÙ». LA “GUERRA DEI MONUMENTI” E LA RIMOZIONE DELLA MEMORIA PROLETARIA DELLA GRANDE GUERRA, Marcello Ingrao descrive e illustra numerosi ‘casi’ emblematici ricordando che la ‘battaglia’ ideologica era cominciata prima dei combattimenti bellici, quando gli italiani, anche i socialisti all’interno del partito e dei sindacati, si erano scontrati tra favorevoli e contrari all’intervento della nazione nella guerra nel 1915 già mondiale, che era ‘esplosa’ il 28 luglio 1914 e, fino al coinvolgimento delle grandi potenze americane e asiatiche, denomintata europea. In Quelle proteste “dense di eventi” che hanno mostrato ciò che Gaza rappresenta nel mondo pubblicato il 4 novembre scorso, quindi alla ricorrenza celebrata come Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate e mentre in tutta Italia docenti e studenti insieme a lavoratori e attivisti si mobilitavano in una 40ina di ‘piazze’ contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la sociologa Dontella Porta (docente di scienza politica alla sede di Firenze della Scuola Normale Superiore) osservava che nel 2025 : “Il 22 settembre … contro la complicità del governo italiano nel genocidio israeliano a Gaza … e chiedere la fine dell’economia di guerra. Fino a 500mila persone si sono mobilitate nelle strade in 90 manifestazioni sotto lo slogan Blocchiamo tutto. Il 3 ottobre 2025 … due milioni di persone si sono mobilitate nelle strade marciando, bloccando porti e stazioni ferroviarie, interrompendo il traffico e occupando scuole e università, mostrando che l’Italia lo sa da che parte stare, Palestina libera dal fiume al mare“. Inoltre, in questa occasione Donatella Porta ha riferito che a giornalisti di vari paesi europei che l’hanno interpellata chiedendo Perché adesso? E perché in Italia? ha risposto: “Penso che ci siano diverse ragioni. L’intensificazione oceanica delle mobilitazioni per la Palestina libera, in Italia e a livello globale, è un caso esemplare di come le risorse per la protesta aumentino durante le azioni stesse. Nel nostro Paese da oltre due anni un’ampia rete di organizzazioni di movimenti sociali attive nelle lotte femministe, nell’ambientalismo e nell’antirazzismo, nonché i sindacati, hanno unito le forze con attori pacifisti”. Il 3 ottobre a Milano ho ‘interrogato’ alcuni manifestanti chiedendo loro a quale altro sciopero storico poteva essere paragonato l’enorme corteo che si era formato e con Marcello Ingrao il 6 novembre scorso abbiamo ricordato insieme che nell’area delle risaie vercellesi, dove nel 1949 veniva girato il film Riso amaro, nel 1950 un sindacalista aveva composto la canzone Son la mondina… in cui il coro di donne – come le operaie che l’8 marzo 1917 a San Pietroburgo avevano scioperato e manifestato all’insegna dei cartelli con scritto “pane e pace” – recita: “lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà. E creeremo un mondo nuovo di giustizia e di vera civiltà. E se qualcuno vuol far la guerra tutti quanti uniti noi lo fermerem. Vogliam la pace sulla Terra e più forti dei cannoni noi sarem!”. FONTI INFORMATIVE : «IL DOLORE BOLSCEVICO NON È PIÙ». LA “GUERRA DEI MONUMENTI” E LA RIMOZIONE DELLA MEMORIA PROLETARIA DELLA GRANDE GUERRA, di Marcello Ingrao / Prospettiva Marxista Il discorso di Piero Calamandrei agli studenti milanesi (1955) / PATRIA INDIPENDENTE – 2010 Piero Calamandrei: «La libertà è come l’aria» / COLLETTIVA – 2022 4 NOVEMBRE 2025 : * 4 Novembre: la cerimonia militare ad Ancona / MINISTERO DELLA DIFESA * Mattarella celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate ad Ancona / QUIRINALE * Quelle proteste “dense di eventi” che hanno mostrato ciò che Gaza rappresenta nel mondo / ALTRAƎCONOMIA Maddalena Brunasti
Reggio Calabria, 4 novembre in piazza per dire “no alla retorica militarista”
Martedì 4 novembre 2025, Reggio Calabria è scesa in piazza con un presidio in piazza Sant’Agostino, di fronte l’ex Caserma Mezzacapo, nel cuore della città. Nella giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, abbiamo sentito l’esigenza di prendere parola pubblicamente per denunciare come la retorica patriottica promossa dal governo rappresenti parte di un disegno più ampio: rendere accettabile e persino “desiderabile” la guerra, normalizzando l’ideologia bellicista per legittimare l’enorme incremento delle spese militari previsto dalla manovra finanziaria 2026. Questo processo non riguarda solo l’Italia, ma l’intera Europa – con il progetto di riarmo europeo – e l’Occidente nel suo complesso, con la NATO che pretende dai paesi membri un aumento delle spese militari fino al 5% del PIL. Siamo scesi in piazza per smascherare la narrazione bellicista del governo e per riaffermare il nostro sostegno al popolo palestinese e alla sua resistenza. Mentre la cosiddetta “pace” in Palestina si rivela sempre più una menzogna funzionale a un progetto coloniale, a Gaza continuano i massacri perpetrati da Israele con il sostegno dei nostri governi. Abbiamo ribadito che il “No” al genocidio del popolo palestinese non può spegnersi, non solo perché a Gaza oggi si muore, ma perché ciò che accade in Palestina parla anche dei processi politici, economici e sociali che attraversano il nostro Paese. Mentre il genocidio continua, in Italia si approvano piani di riarmo che sottraggono risorse a scuola, sanità, lavoro e welfare – settori che in Italia, e soprattutto in Calabria, avrebbero invece bisogno di investimenti reali. Abbiamo ricordato che la mano che arma il genocidio del popolo palestinese è la stessa che finanzia la guerra per produrre profitti per pochi, mentre condanna gli altri alla precarietà, alla povertà, alla fame, alla mancanza di servizi. Il presidio del 4 novembre è stato anche un momento di protesta contro la decisione del Ministero della Cultura di cancellare il convegno “La scuola non si arruola”, promosso dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Una scelta che si inserisce in un clima sempre più intollerante verso il pensiero critico e che mira a silenziare ogni voce contraria alla deriva militarista. Intanto, nelle scuole si promuove l’arruolamento e nelle università si moltiplicano accordi con atenei israeliani e aziende che traggono profitto dalla guerra. Siamo quindi scesi in piazza per dire no alla militarizzazione degli spazi educativi e sociali, per mostrare che la cittadinanza non accetta di morire – o di vedere morire altri – per il profitto di pochi. Abbiamo manifestato al fianco della Palestina perché dire no al genocidio significa anche dire sì alla giustizia sociale, ai servizi pubblici, all’autodeterminazione dei popoli contro ogni forma di oppressione. Con i nostri corpi in piazza abbiamo espresso la volontà di continuare a mobilitarci: contro la militarizzazione della nostra società, contro il genocidio e l’apartheid in Palestina, contro l’ideologia bellicista e i progetti di riarmo, per costruire insieme una società più giusta, equa e libera. Coordinamento Pro Palestina Reggino
Bracciano e Anguillara: scolaresche al 4 novembre con le Forze Armate
Anche quest’anno, purtroppo, nei comuni di Bracciano e Anguillara Sabazia, alle commemorazioni per la giornata del 4 novembre (Giornata dell’unità nazionale e delle forze armate) hanno partecipato alunni della scuola primaria e della secondaria di primo grado. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università esprimiamo nuovamente preoccupazione e dissenso verso una pratica che rischia ormai di diventare consuetudine. Vogliamo essere chiari e schietti: ce l’aspettavamo, o quantomeno non possiamo stupirci! È infatti tristemente in linea con l’atteggiamento del Ministero dell’istruzione e del merito, che ribattezziamo “dell’istruzione militare”, che ha di fatto censurato un nostro convegno “La scuola non si arruola” sull’educazione alla pace non più di qualche giorni fa. Dal nostro punto di vista, oggi come negli anni precedenti e in altre occasioni che hanno coinvolto le scuole del nostro territorio, continuiamo a chiedere se sia saggio, da parte degli insegnanti, continuare ad appoggiare, quantomeno nei fatti, quest’opera di propaganda bellicista in tempi delicati come questi. Per noi la risposta è evidente: no! Per questo continueremo a sostenere chi lotta per portare i valori della pace e della solidarietà nelle scuole, e continueremo a denunciare episodi gravi come quello di oggi, nella convinzione che la scuola non debba in alcun modo partecipare al programma di riarmo, anche psicologico oltre che militare, di un’Europa sempre più pericolosamente sbilanciata su posizioni nazionaliste e guerrafondaie. Il 4 novembre non è la nostra festa! Il 4 novembre non può essere una scusa per arruolare la scuola e i nostri ragazzi! Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Roma
La Catania che non ha festeggiato il 4 novembre
Indetto dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ieri pomeriggio a Catania si è svolto – sul tema “Il 4 novembre non c’è nulla da festeggiare” – un partecipato presidio in piazza Dante, che ha registrato l’intervento al microfono aperto di tantissime voci. Presente alla manifestazione una nutrita […] L'articolo La Catania che non ha festeggiato il 4 novembre su Contropiano.
Crotone, 4 novembre: Manifestazione per la Pace e contro la militarizzazione delle scuole
Ieri, 4 novembre 2025, a Crotone, nel giorno in cui in tutta Italia vengono celebrate le Forze Armate e l’Unità Nazionale, siamo scesi in piazza per ribaltare il senso di questa ricorrenza: non per negare la storia, ma per ricordare cosa accade quando la storia viene usata per normalizzare la guerra. La Prima Guerra Mondiale non fu un atto eroico ma una carneficina inutile. Il 4 novembre non può essere un giorno di festa. Può, deve, essere un giorno di memoria attiva e critica. Questa piazza oggi nasce dentro un contesto nazionale: ovunque le scuole vengono sempre più utilizzate come luoghi di consenso militare, dove le narrazioni belliche entrano normalizzate, dove l’industria della difesa si presenta agli studenti come unica prospettiva economica e professionale. Per questo siamo qui. Non siamo contro le professioni della pubblica sicurezza, né contro i lavoratori e le lavoratrici delle Forze Armate. Non è una piazza contro le persone. Questa piazza rivendica parità di accesso: se le professioni della guerra possono entrare nelle scuole, allora anche le professioni della pace devono avere uguale diritto di entrare nelle scuole. Educatori, operatori sociali, infermieri, medici, mediatori culturali, ricercatori di pace, psicologi del trauma, ONG, corpi civili, attivisti, artisti, giornalisti — devono avere lo stesso spazio e la stessa dignità. Perché la libertà è scelta. E non c’è scelta dove non c’è pluralità. Come scrisse Thomas Stearns Eliot in “Noi costruiremo”: “E ognuno al suo lavoro, come tutti devono essere”. E dunque: ogni lavoro dev’essere rappresentato. Non uno solo. Non uno imposto. Non uno dominante. Abbiamo occupato lo spazio in piazza con il corpo di studenti, studentesse, genitori, docenti, artisti, cittadinanza attiva. Abbiamo detto che la militarizzazione non è neutra: condiziona l’immaginario, l’economia, l’orizzonte. La guerra produce sofferenza, ai deboli, ai civili, ai popoli senza voce. Gaza è la dimostrazione concreta del nostro tempo storico. Il nostro 4 Novembre non è nostalgia. È responsabilità collettiva presente. Continueremo a osservare, documentare e denunciare la militarizzazione delle scuole e delle università italiane. Continueremo a pretendere che la scuola resti luogo di pensiero critico, non di propaganda armata. No guerra. No armi. Sì disarmo, sì alternative, sì scelta libera. Perché non governerà la pace finché la guerra sarà l’unico futuro che viene fatto entrare nelle classi. Qui alcuni scatti dell’iniziativa a Crotone.
Milano protesta contro la celebrazione delle Forze Armate e per la Palestina
Anche Milano si è unita ieri, 4 novembre 2025, alle iniziative organizzate in tutta Italia contro la celebrazione delle Forze Armate, contro ogni guerra e in solidarietà con la Palestina. Un migliaio di studenti e studentesse insieme ai docenti, ai sindacati di base, ai cittadini e alle cittadine hanno sfilato per il centro città partendo da piazza Gaza. Gli interventi hanno reso evidente i collegamenti tra riarmo, questione palestinese, guerra permanente, repressione del dissenso e la situazione preoccupante della scuola. Un minuto di silenzio per il popolo palestinese e le canzoni lanciate durante la manifestazione hanno contribuito a rendere la piazza più unità. Qui alcuni scatti della piazza di Milano.
Trento: il 4 novembre non è la nostra festa, noi non ci arruoliamo
Contro la militarizzazione della scuola e della società, il riarmo e le collaborazioni anche dell’università di Trento con il genocidio. Sono questi i temi che hanno unito i partecipanti al presidio nella piazza di Trento dedicata al partigiano Mario Pasi. Una mobilitazione promossa dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Global movement to Gaza, Centro sociale Bruno, Sanitari per Gaza, Gris e che ha visto l’adesione dei sindacati di base e altre realtà cittadine. Tanti gli interventi con un tema centrale: con gli occhi su Gaza, dove il genocidio prosegue, bisogna opporsi alle economie di guerra e ad ogni forma di repressione del dissenso. E sulle note del disertore di Ivano Fossati è proseguita la vendita di dolci, bandiere e oggetti da destinare alle famiglie di Gaza. Qui alcuni scatti dell’iniziativa a Trento.