La “guerra dei monumenti”: esperienza e memoria proletarie della ‘grande guerra’ rimosse da lapidi, statue,… e canzoni«La Difesa è come l’aria, fin quando non serve non si vede, ma quando manca si
capisce la sua necessità» ha detto Piero Calamandrei il 26 gennaio 1955 in un
incontro con degli studenti a Milano… NOOO !!!
Come ricorda chi lo sa, questa affermazione il cui soggetto è la difesa, scritta
con la D maiuscola perché a definire l’attività delle forze armate a protezione
della patria, distorce un’altra, celebre, che dice esattamente il contrario.
Il padre della patria, un giurista che dopo la ‘caduta’ del governo fascista
venne nominato rettore dell’Università di Firenze e bersagliato dal mandato di
cattura della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) e nel 1946 fu eletto
deputato dell’Assemblea Costituente, aveva detto: «La libertà è come l’aria…».
Questa sua frase è stata citata, però storpiandola, dall’imprenditore
piemontese, erede della fabbrica di rimorchi per l’agricoltura Agrimec fondata
nel 1937, ora l’industria metalmeccanica Crosetto s.r.l. che opera anche nei
settori immobiliare e turistico, nel 2003 uno dei fondatori dell’Università
degli Studi di scienze gastronomiche di Pollenzo, militante di Forza Italia che
presiede il ministero della difesa, di cui è stato sottosegretario nel IV
governo Berlusconi.
Alla cerimonia militare commemorativa del 4 NOVEMBRE celebrata quest’anno ad
Ancona, Guido Crosetto ha enfaticamente proclamato che tale ricorrenza è “un
giorno di memoria, di riflessione ma è anche occasione di riconoscenza verso
tutti coloro che negli anni a seguire hanno difeso l’Italia e che, con il loro
sacrificio, hanno poi reso possibile la nascita della nostra Repubblica” e in
cui ricordare lo “status unico, quello dei nostri militari, diverso da quello di
qualsiasi altro cittadino… importante, perché la Difesa è come l’aria: ci si
accorge di quanto sia essenziale solo quando viene a mancare“.
Questa demagogica mistificazione della verità, cioè questa affermazione che
modifica una realtà fattuale, in questo caso una Weltanschauung (vocabolo
tedesco che letteralmente significa visione del mondo, ovvero percezione e
concezione della realtà, e storicamente introdotto nel linguaggio filosofico da
Immanuel Kant nel 1790 – Critica del Giudizio), e mediante la storpiatura dei
vocaboli che la esprimono e conformano rafforza un’opinione contraria e
consolida un’ideologia opposta all’originale, e tante altre falsità hanno
plasmato la memoria storica e la coscienza collettiva degli italiani.
Che ciò sia davvero accaduto lo si osserva anche nell’iconografia imposta in
Italia dal regime fascista, una narrazione che ha letteralmente ‘seppellito’ le
testimonianze dei contadini e degli operai reduci della prima guerra mondiale
sotto la patina, con il passare del tempo diventata una sempre più spessa e
coriacea ‘corazza’, di parole e figure che rappresentano i soldati come militi
aitanti, gagliardi ed eroici anche coprendo ogni iscrizione e demolendo ogni
lapide e statua che mostrava i militari come erano veramente dopo i
combattimenti, cioè morti, feriti, mutilati e traumatizzati.
L’autore della ricerca che lo documenta e del libro in cui sono raccolte le
prove è Marcello Ingrao (non parente del celebre Pietro), il 6 novembre scorso
protagonista dell’iniziativa organizzata a Casale Monferrato dalla sezione ANPI
locale.
Nato a Novara, cresciuto a Vercelli e residente a Casale Monferrato, Marcello
Ingrao ha concentrato il proprio studio nell’area piemontese, una vasta zona
rurale e industriale dove in città, anche molto piccole come le minuscole
frazioni formate dai cascinali, comunità e famiglie avevano inciso e scolpito il
ricordo dei propri parenti e concittadini con parole e immmagini che
condannavano le atrocità della carneficina.
Per la generazione che l’aveva combattuta al fronte e in trincea l’esperienza
della grande guerra era stata terribile fin dalle prime battaglia, tanto che il
papa, Benedetto XIV, nella propria Lettera ai capi dei popoli belligeranti il 1°
agosto 1917 l’aveva denominata una inutile strage.
Nel Ventennio fascista il ricordo delle truppe macellate venne rimosso dai
discorsi politici, dai testi di storia e anche distruggendo monumenti che
raffiguravano immagini espressive, come le ‘pietà’, ovvero le donne piangenti
sui corpi straziati dei figli (o mariti) e cancellando iscrizioni esplicite,
come quella sulla lapide dedicata a un soldato che definiva “perenne infamia” la
battaglia che l’aveva “assassinato”.
Queste immagini e frasi infatti biasimavano la brutalità della guerra e, più o
meno esplicitamente, condannavano i suoi artefici, cioè i ‘signori della
guerra’, i padroni delle fabbriche in cui lavorano gli operai che nel periodo
erano stati ‘intruppati’ nel Regio Esercito Italiano che il 24 maggio 1915 aveva
varcato le frontiere con l’Impero Austro-Ungarico e combattuto nelle terre
irridente fino al 4 novembre 1918 e nelle terre conquistate, in particolare in
Grecia e Albania, fino al 28 giugno 1919.
«Anche ne Il Piave mormorava…, cioè nella canzone iconica che ha tramandato il
racconto della storia della prima guerra mondiale tra le generazioni, i fatti
sono rammentati in modo diverso da come erano realmente avvenuti», ha spiegato
Marcello Ingrao.
La canzone, il cui titolo originale è La leggenda del Piave, venne scritto e
musicato da un compositore, Giovanni Gaeta, dopo la battaglia a cui D’Annunzio
diede il nome di battaglia del solstizio. Le cronache, in cui è annoverata come
la seconda battaglia del Piave combattuta dal 15 al 24 giugno 1918 al Passo del
Tonale, nell’altopiano dei Sette Comuni, sul monte Grappa e alle sponde del
Piave, riferiscono che le forze armate italiane vi prevalsero dopo aver subito
118˙042 ‘perdite’: 11˙643 deceduti, 80˙852 feriti e 25˙547 prigionieri.
«La narrazione di questo e altri episodi emblematici della grande guerra ha
deliberatamente consolidato nella memoria storica omissioni, inesattezze e,
soprattutto, menzogne – ha precisato Marcello Ingrao – I versi che riferiscono
della disfatta di Caporetto anche come causa dell’esodo di civili in fuga dalla
devastazione, vennero emendati. Nella versione che il regime ha imposto come
‘ufficiale’ questa vicenda è definita un fosco evento, mentre in quella
originale il Piave ricorda che le truppe al fronte ‘parlavano’ di tradimento,
cioè della folle strategia vanagloriosa dei generali. La prima rima recita che
il 24 maggio 1915 l’esercito marciava per raggiunger la frontiera e per far
contro il nemico una barriera, quando in realtà aveva varcato il confine, quindi
attaccato l’avversario che fino a pochi giorni prima un alleato e contro cui
l’Italia aveva dichiarato guerra dopo uno storico ‘voltafaccia’».
Nel volume edito a cura del Circolo Internazionalista Coalizione Operaia nel
catalogo di pubblicazioni del periodico Prospettiva Marxista, «IL DOLORE
BOLSCEVICO NON È PIÙ». LA “GUERRA DEI MONUMENTI” E LA RIMOZIONE DELLA MEMORIA
PROLETARIA DELLA GRANDE GUERRA, Marcello Ingrao descrive e illustra numerosi
‘casi’ emblematici ricordando che la ‘battaglia’ ideologica era cominciata prima
dei combattimenti bellici, quando gli italiani, anche i socialisti all’interno
del partito e dei sindacati, si erano scontrati tra favorevoli e contrari
all’intervento della nazione nella guerra nel 1915 già mondiale, che era
‘esplosa’ il 28 luglio 1914 e, fino al coinvolgimento delle grandi potenze
americane e asiatiche, denomintata europea.
In Quelle proteste “dense di eventi” che hanno mostrato ciò che Gaza rappresenta
nel mondo pubblicato il 4 novembre scorso, quindi alla ricorrenza celebrata
come Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate e mentre in tutta Italia
docenti e studenti insieme a lavoratori e attivisti si mobilitavano in una 40ina
di ‘piazze’ contro la militarizzazione delle scuole e delle università, la
sociologa Dontella Porta (docente di scienza politica alla sede di Firenze della
Scuola Normale Superiore) osservava che nel 2025 : “Il 22 settembre … contro la
complicità del governo italiano nel genocidio israeliano a Gaza … e chiedere la
fine dell’economia di guerra. Fino a 500mila persone si sono mobilitate nelle
strade in 90 manifestazioni sotto lo slogan Blocchiamo tutto. Il 3 ottobre 2025
… due milioni di persone si sono mobilitate nelle strade marciando, bloccando
porti e stazioni ferroviarie, interrompendo il traffico e occupando scuole e
università, mostrando che l’Italia lo sa da che parte stare, Palestina libera
dal fiume al mare“.
Inoltre, in questa occasione Donatella Porta ha riferito che a giornalisti di
vari paesi europei che l’hanno interpellata chiedendo Perché adesso? E perché in
Italia? ha risposto: “Penso che ci siano diverse ragioni. L’intensificazione
oceanica delle mobilitazioni per la Palestina libera, in Italia e a livello
globale, è un caso esemplare di come le risorse per la protesta aumentino
durante le azioni stesse. Nel nostro Paese da oltre due anni un’ampia rete di
organizzazioni di movimenti sociali attive nelle lotte femministe,
nell’ambientalismo e nell’antirazzismo, nonché i sindacati, hanno unito le forze
con attori pacifisti”.
Il 3 ottobre a Milano ho ‘interrogato’ alcuni manifestanti chiedendo loro a
quale altro sciopero storico poteva essere paragonato l’enorme corteo che si era
formato e con Marcello Ingrao il 6 novembre scorso abbiamo ricordato insieme che
nell’area delle risaie vercellesi, dove nel 1949 veniva girato il film Riso
amaro, nel 1950 un sindacalista aveva composto la canzone Son la mondina… in cui
il coro di donne – come le operaie che l’8 marzo 1917 a San Pietroburgo avevano
scioperato e manifestato all’insegna dei cartelli con scritto “pane e pace” –
recita: “lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà. E
creeremo un mondo nuovo di giustizia e di vera civiltà. E se qualcuno vuol far
la guerra tutti quanti uniti noi lo fermerem. Vogliam la pace sulla Terra e più
forti dei cannoni noi sarem!”.
FONTI INFORMATIVE :
«IL DOLORE BOLSCEVICO NON È PIÙ». LA “GUERRA DEI MONUMENTI” E LA RIMOZIONE DELLA
MEMORIA PROLETARIA DELLA GRANDE GUERRA, di Marcello Ingrao / Prospettiva
Marxista
Il discorso di Piero Calamandrei agli studenti milanesi (1955) / PATRIA
INDIPENDENTE – 2010
Piero Calamandrei: «La libertà è come l’aria» / COLLETTIVA – 2022
4 NOVEMBRE 2025 :
* 4 Novembre: la cerimonia militare ad Ancona / MINISTERO DELLA DIFESA
* Mattarella celebra la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate ad
Ancona / QUIRINALE
* Quelle proteste “dense di eventi” che hanno mostrato ciò che Gaza rappresenta
nel mondo / ALTRAƎCONOMIA
Maddalena Brunasti