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« Se sembri povero, la polizia ti umilia » : in Marocco, la GenZ contro il muro delle disuguaglianze e della corruzione
Sullo schermo dei telefoni, messaggi e voti si susseguono: «Quando preferisci manifestare questa settimana?», chiede un utente al resto della comunità Discord. Nelle chat room online, altri e altre immaginano come migliorare il sistema scolastico marocchino. Naji, Beda e Lina hanno tra i 22 e i 25 anni, vivono a Rabat, Oujda o Meknès, in Marocco, e si sono incontrat3 online attorno a una stessa parola d’ordine: dimissioni per il primo ministro marocchino Aziz Akhannouch. A partire dal 27 settembre 2025, il Marocco è teatro di grandi manifestazioni. Dietro la loro organizzazione non ci sono né partiti, né sindacati, né personaggi famosi: solo giovani riuniti su un server Discord. Il movimento ha preso il nome di “GenZ212”, dalla generazione Z, nata all’inizio degli anni 2000, e dal prefisso telefonico del Marocco. Il movimento chiede risorse per il sistema educativo, quello sanitario e la fine della corruzione nel Paese. Più di 200.000 giovani marocchin3 si stanno organizzando autonomamente, accomunati dall’età e della convinzione che il futuro non può più aspettare. SERVIZI PUBBLICI, NON STADI «A Rabat hanno costruito uno stadio di hockey da 250 milioni di dirham [23 milioni di euro]. Nel frattempo, le nostre facoltà non hanno risorse e alcune persone vivono ancora in tenda dopo il terremoto di Al Haouz di due anni fa», denuncia Beda, studentessa ventiduenne della facoltà di farmacia. Il movimento GenZ212 si batte in particolare contro l’organizzazione dei Mondiali di calcio previsti in Marocco nel 2030, per i quali vengono investiti miliardi a scapito dei servizi pubblici. Venerdì 10 ottobre, re Mohammed VI ha tenuto un discorso davanti al Parlamento marocchino. Il sovrano ha chiesto specialmente al governo di dare priorità alla creazione di posti di lavoro e al miglioramento dei servizi pubblici nell’ambito dell’istruzione e della sanità. Tuttavia, ha evitato accuratamente di menzionare il movimento dei e delle giovani. Dopo questo discorso, il collettivo GenZ212 ha lanciato una nuova chiamata a mobilitarsi «contro il governo e tutte le persone corrotte che ostacolano la realizzazione delle aspirazioni del popolo marocchino». Per Naji, il discorso del re ha avuto l’effetto di una doccia fredda. Lo studente ventiquattrenne, al settimo anno di medicina, si aspettava «almeno un riconoscimento del movimento e della necessità di aprire il dialogo. Il discorso è vuoto e rafforza la legittimità del governo», è la sua analisi. > Lo studente di medicina ha tutti i motivi per volere che le cose cambino nel > suo Paese. «Quando sono di turno di notte in ospedale, non è raro che alle 3 del mattino finiscano le garze o i guanti sterili», sospira. A causa della mancanza di risorse dell’ospedale pubblico, vede pazienti trasferiti da una città all’altra per una semplice TAC. È stata proprio la morte, nel mese di agosto, nell’ospedale pubblico di Agadir, di otto donne venute lì per partorire con taglio cesareo, a scatenare il movimento sociale. «RISVEGLIARE LA COSCIENZA POLITICA DI UNA GENERAZIONE» Sin dall’inizio della mobilitazione GenZ212, Naji trascorre le notti su Discord e le giornate in strada, quando può. Vede nel movimento «un’opportunità per risvegliare la coscienza politica della nostra generazione, quella che i nostri genitori non hanno avuto». A casa sua, la politica non è mai stata un tabù. I suoi genitori sono persino iscritti al partito socialista marocchino. Il giovane è già attivo in un’associazione per la difesa dei diritti delle donne e si considera «di estrema sinistra». Ma sa di rappresentare una minoranza nel Paese. La maggior parte dei suoi compagni e delle sue compagne non è politicizzata. «Né di destra, né di sinistra» è infatti uno degli slogan principali del movimento GenZ212, che vuole prendere le distanze dai partiti nei quali i giovani e le giovani non hanno fiducia. Riunite dietro la rivendicazione di un miglioramento dei servizi pubblici, persone giovani di diverse tendenze politiche si confrontano nella mobilitazione: monarchiche, apolitiche, umaniste o persino islamiste di estrema destra. TRE PERSONE MORTE, 400 FERITE «Mio padre e mio fratello hanno sempre parlato molto di politica, ma era una cosa da maschi», ci dice. «Ma quando vedi un’auto della polizia investire un ragazzo della nostra età, non puoi fare a meno di scendere in strada», aggiunge. La giovane è cresciuta a Oujda, nel Marocco orientale. Nella notte del 1° ottobre, uno studente di 19 anni è stato investito da un furgone della polizia durante gli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Dall’inizio delle manifestazioni in totale tre persone sono morte e 400 sono rimaste ferite. «Avevo già partecipato a boicottaggi all’università, ma mai a manifestazioni», continua Beda. Dall’inizio del movimento GenZ212, ha preso coscienza del sistema di repressione poliziesca in atto nel Paese. > «Stavamo semplicemente camminando per strada con amici e amiche e uno di noi è > stato arrestato senza motivo, per poi essere rilasciato la mattina dopo», > racconta. «Gli arresti avvengono spesso anche in base all’aspetto fisico. Chi sembra povero, viene insultato e umiliato», dice Lina, ragazza marocchina di 24 anni. «Ma se sembri una persona ricca e la polizia può trarne vantaggio, non esita a farlo, usando il proprio potere», precisa Naji, a cui è già stato chiesto di pagare per ottenere dei lasciapassare ospedalieri. Una cultura anche detta delle «mazzette», simbolo di un sistema in cui tutto si paga, che i giovani e le giovani marocchine condannano. UNA GIOVENTÙ LUCIDA «Qui la polizia è corrotta, così come lo è il sistema giudiziario, la libertà di espressione viene calpestata… la lista è lunga», elenca Lina. E denuncia il controllo oppressivo dello Stato, che arriva fino alle aule scolastiche. La giovane scende in piazza da sempre. Ricorda le sue prime mobilitazioni sulle spalle del padre quando, nelle manifestazioni del febbraio 2011, si chiedevano riforme politiche nel regno. Sulla scia delle primavere arabe, queste mobilitazioni avevano portato a una riforma della costituzione marocchina, riducendo alcuni poteri politici e religiosi del re e rafforzando quelli del primo ministro. > Oggi, «le disuguaglianze in Marocco sono più marcate che nei paesi > occidentali, la classe media è molto più povera della borghesia», osserva la > giovane marocchina. «È importante battersi per i diritti di chi non ne ha». Lina, che ha studiato in un’università privata e non ha mai vissuto in condizioni precarie, manifesta per gli altri e le altre. Per la sua famiglia allargata, ad esempio, che non ha avuto le stesse opportunità dei genitori. Proprio come Naji, neanche lei crede che le richieste del collettivo GenZ212 saranno ascoltate dai leader marocchini. Ma a distanza due settimane, hanno potuto osservare che la loro mobilitazione è già il trampolino di lancio per la politicizzazione di molte persone giovani nel Paese. «Si vedono già i cambiamenti, siamo passati da un forum disorganizzato a server locali e chat room tematiche», spiega Naji. «Forse non avremo un primo ministro nato nel 2002 che ci comprenda, ma sono felice di vedere la nostra generazione così unita», aggiunge Beda. L’articolo originale è stato pubblicato in francese su Basta!, traduzione di Benedetta Rossi per Dinamopress. Clicca qui per la versione originale. Immagine di copertina di Mounir Neddi su Wikimedia Commons SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo « Se sembri povero, la polizia ti umilia » : in Marocco, la GenZ contro il muro delle disuguaglianze e della corruzione proviene da DINAMOpress.
RAI. Cadono le maschere, solo i lavoratori possono salvarla dal regime
Quando si pensa di aver toccato il fondo, si scopre con orrore che c’è ancora da scavare. Pensavamo di essere abituati alle bassezze alle quali la classe dirigente della RAI ci ha esposto in questi due anni, eppure riusciamo a essere sempre sorpresi dall’impunità, dalla mancanza di senso del pudore […] L'articolo RAI. Cadono le maschere, solo i lavoratori possono salvarla dal regime su Contropiano.
Partita di calcio Italia-Israele: servono azioni più decisive contro il regime sionista genocidario
L’ultimo aspetto del dibattito sulla questione palestinese investe il mondo del calcio con gli incontri tra Italia e Israele programmati tra l’8 settembre e il 15 ottobre. Se da un lato registriamo la presa di posizione da parte dell’AIAC attraverso la lettera-appello alla Figc di agosto rilanciata a livello nazionale, dall’altro non possiamo non rilevare come l’appello sia sostanzialmente tardivo, giunto dopo due anni di campagna genocidaria da parte di Israele contro il popolo palestinese, oltre a presentare contenuti estremamente discutibili, che dimostrano ancora una volta la debolezza del dibattito nazionale su quella che passerà come la vergogna del XXI secolo. Alcune domande sorgono spontanee leggendo la lettera degli allenatori: perché a fronte delle atrocità pur denunciate nel testo si invoca solamente una timida “sospensione temporanea di Israele dalle competizioni internazionali”? Se l’intenzione è quella di mettere in atto un'”azione concreta, commisurata al dramma in atto”, perché non rinunciare a disputare i due incontri programmati? E con che ingenuità si può invitare ancora l’esercito israeliano a mitigare i suoi crimini e a rispettare un presunto criterio di proporzionalità (“senza dimenticare che l’occhio per occhio biblico resta una formula affidata da Dio a Mosé perché la reazione a un male subìto non sia sproporzionata”) quando la sterminata documentazione presente in rete testimonia da lungo tempo di una distruzione senza precedenti abbattutasi su tutta la Striscia? A parte questi interrogativi, la cosa che più lascia stupiti in questa lettera è tuttavia che ancora si possa pensare a Israele come a uno stato democratico (“vale per ogni singolo, vale a maggior ragione per uno Stato democratico”). Dopo decine di migliaia di morti tra cui un numero enorme di bambini e bambine, dopo il blocco imposto all’approvvigionamento di cibo e medicine, dopo il deliberato sterminio del personale medico e dei giornalisti, dopo la completa distruzione di ogni infrastruttura civile tra cui ospedali, scuole e università, dopo le continue dichiarazioni suprematiste e genocidarie di molti membri della Knesset, si può davvero ancora ignorare la natura profondamente razzista dell’impresa coloniale su cui si regge il progetto di Israele? Non basta allora lanciare l’idea “dell’esclusione temporanea di Israele dalle competizioni sportive”. Bisogna chiedere l’espulsione definitiva di questo Israele retto un governo sionista/terrorista dal mondo dello sport, bisogna invocare ad alta voce dentro e fuori dagli spalti un embargo militare ed economico che colpisca le capacità distruttive di Israele, bisogna pretendere l’interruzione di ogni rapporto a livello di ricerca universitaria per depotenziare tutta una filiera di supporto alle nefandezze dell’esercito israeliano. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università pur apprezzando la buona fede di un primo tentativo di posizionamento da parte dell’AIAC, nutriamo la speranza che dal mondo dello sport possa levarsi una voce più decisa, più radicale. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università