Tag - Pax Christi Italia

Il ‘caso’ di Mohamed Shahin: dal suo rilascio dipende la tutela di tanti diritti
L’appello già firmato da 390 docenti e ricercatori delle università italiane e l’intervento di Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa e Pax Christi Italia fanno esplicito riferimento all’Articolo 21 della Costituzione italiana e a principi e norme del diritto umanitario internazionale. E, anche ricordando che l’Egitto è la nazione dove è stato ucciso Giulio Regeni, chiedono la liberazione dell’egiziano residente a Torino che, a seguito di un decreto di espulsione ingiunto dal ministro degli interni, il 24 novembre scorso è stato arrestato mentre accompagnava a scuola i propri figli ed è recluso nel CPR di Caltanisetta per venire rimpatriato. Tali iniziative e il sostegno delle comunità religiose di ogni culto e confessione, in particolare il discorso pronunciato dal vescovo di Pinerolo, Derio Olivero, rafforzano l’impegno del gruppo promotore delle manifestazioni pacifiche e della petizione a cui tutti possono aderire apponendo la propria firma.   LA PETIZIONE DEL COMITATO FREE SHANIN Guida spirituale e figura fondamentale della convivenza interreligiosa a Torino, l’imam Mohamed Shahin rischia di essere espulso in Egitto – un Paese noto per torture, sparizioni forzate e repressione politica. Il suo “reato”? Aver difeso Gaza, aver parlato di giustizia, aver partecipato alla vita civile del nostro Paese in modo pacifico e trasparente. Chiediamo che il decreto di espulsione venga immediatamente sospeso e che sia garantito a Mohamed Shahin il diritto alla libertà espressione, alla protezione internazionale e alla tutela dei diritti fondamentali. Ricordiamo i casi di Giulio Regeni, Patrick Zaki, Abu Omar: l’Egitto non è un Paese sicuro e consegnare un uomo innocente a quel regime significa metterlo nelle mani di chi pratica sistematicamente la tortura. Se permettiamo che un uomo venga sacrificato perché ha difeso Gaza, domani potrà accadere a chiunque di noi. Chiediamo al governo italiano di fermare questa ingiustizia. Chiediamo alle istituzioni, alla società civile e alle comunità religiose di mobilitarsi. Chiediamo che l’Italia resti un Paese che rispetta i diritti umani, non uno che li calpesta. seguono – al momento –  circa 16 MILA nominativi petizione online: Fermiamo l’espulsione di un uomo innocente: no alla consegna di Shahin al regime egiziano   L’APPELLO DI DOCENTI E RICERCATORI DELLE UNIVERSITÀ ITALIANE Noi docenti, ricercatori e ricercatrici delle università italiane esprimiamo profonda preoccupazione per la situazione di Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di Torino, attualmente trattenuto nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Caltanissetta a seguito di un decreto di espulsione emesso dal Ministero dell’Interno. La revoca del suo permesso di soggiorno di lungo periodo, e il conseguente rischio di rimpatrio forzato in Egitto, sollevano interrogativi gravi sul rispetto dei diritti fondamentali della persona. È noto che il sig. Shahin, prima del suo arrivo in Italia oltre vent’anni fa, era considerato oppositore politico del regime egiziano. La prospettiva di un suo ritorno forzato in Egitto lo esporrebbe concretamente a rischi di persecuzione, detenzione arbitraria e trattamenti inumani. Le motivazioni alla base della revoca del permesso appaiono collegate alle sue dichiarazioni pubbliche sulla situazione a Gaza e alle sue posizioni critiche rispetto all’operato del governo israeliano. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un precedente estremamente preoccupante: l’uso di strumenti amministrativi per colpire l’esercizio della libertà di opinione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione e da convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce. Casi analoghi, registrati negli ultimi anni, confermano una tendenza a sanzionare cittadini stranieri per opinioni politiche o per manifestazioni di solidarietà nei confronti del popolo palestinese. L’impiego dei CPR in questo quadro rischia di trasformarsi in una forma di repressione indiretta del dissenso e di limitazione arbitraria dello spazio democratico. È importante ricordare che Mohamed Shahin è da lungo tempo impegnato in pratiche di dialogo interreligioso e cooperazione sociale. Numerose comunità religiose, associazioni civiche e gruppi interconfessionali hanno pubblicamente attestato il suo contributo alla costruzione di relazioni pacifiche tra diverse componenti della città di Torino, evidenziando la natura collaborativa e aperta della sua attività. In particolare, la Rete del dialogo cristiano islamico di Torino, in un comunicato indirizzato al Presidente delle Repubblica e al Ministro dell’Interno, ha evidenziato il ruolo centrale di Mohamed Shahin nel dialogo interreligioso e nella vita associata del quartiere San Salvario. Alla luce di tutto ciò, riteniamo indispensabile un intervento immediato per garantire il pieno rispetto dei principi costituzionali, della Convenzione di Ginevra e degli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani e protezione contro il refoulement. Chiediamo pertanto: * la liberazione immediata di Mohamed Shahin e la sospensione dell’esecuzione del decreto di espulsione; * la revisione del provvedimento di revoca del permesso di soggiorno di Mohamed Shahin, garantendo un esame imparziale e conforme agli standard giuridici nazionali e internazionali; * la tutela del diritto alla libertà di espressione in ambito accademico, culturale e religioso, indipendentemente dalla provenienza o dalla fede delle persone coinvolte; * la chiusura dei CPR, luoghi di lesione dei diritti umani. Come docenti e ricercatori riconosciamo la responsabilità civica dell’università nel difendere i valori democratici, promuovere il pluralismo e opporci a ogni forma di discriminazione o compressione illegittima delle libertà fondamentali. seguono – attualmente – 390 FIRME modulo per le adesioni all’APPELLO IL COMUNICATO DI OPAL E PAX CHRISTI Un cittadino egiziano residente a Torino da oltre vent’anni, alcuni giorni fa Mohamed Shahin è stato espulso con un decreto del ministro Piantedosi poiché, a suo dire, “ha un ruolo di rilevo in ambienti dell’Islam radicale incompatibile con i principi democratici dell’Italia”. Il provvedimento è stato possibile in base al Testo Unico sull’Immigrazione, il decreto legislativo 23.7.1998 n° 286/98, che prevede si possa espellere un cittadino extracomunitario, assegnando un’amplissima discrezionalità al giudice o al ministro dell’Interno – com’è accaduto in questo caso – nel valutare se il soggetto in questione “costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato o per l’ordine pubblico”. L’Imam torinese avrebbe detto che l’attacco del 7 ottobre “è stato un atto di resistenza, avvenuto dopo anni di occupazione”. Anche sottolineando con la massima chiarezza che quell’azione terroristica non potrebbe in alcun modo configurarsi come un’azione di resistenza, ed esprimendo la massima presa di distanza da quelle parole, ci troviamo davanti alla condanna di un’opinione che, per quanto inaccettabile, è garantita dall’articolo 21 della nostra Costituzione. Ed è questo il punto: se le opinioni – alcune opinioni! – possono costituire di per sé un pericolo per la sicurezza dello Stato, ci troviamo di fronte a una destrutturazione e un indebolimento dello stato di diritto che mina direttamente le fondamenta costituzionali del Paese. Le autorità politiche e giudiziarie sono tenute al rispetto della Costituzione, non a usare in modo arbitrario la norma, facendo ricorso alla repressione, alla coercizione o alla censura. Vi è inoltre una concreta possibilità che Shahin, oppositore di Al-Sisi, sia consegnato nelle mani della polizia egiziana che numerosi rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch riportano usare la tortura in modo sistematico, anche in relazione a casi come l’omicidio di Giulio Regeni. Questo provvedimento rischia così di contravvenire allo stesso T.U. sull’immigrazione che vieta espressamente di comminare espulsioni a danno di perseguitati per le opinioni politiche nei paesi di provenienza. Invitiamo tutti i gruppi e le associazioni pacifiste e nonviolente ad esprimere la più ferma condanna attorno a questo grave abuso. Ci uniamo anche all’appello delle comunità religiose e delle associazioni laicali di Torino al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, per chiedere il rilascio di Mohamed Shahin affinché possa riprendere la sua permanenza in Italia e la sua opera di dialogo e solidarietà. 2 dicembre 2025, O.P.A.L. e Pax Christi   IL COMUNICATO DELLA FCEI Il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) chiede l’annullamento del provvedimento amministrativo che ha colpito l’imam della comunità islamica di Torino, Mohamed Shanin, attualmente in stato di fermo al Centro di permanenza per il rimpatrio di Caltanissetta e in attesa di essere espulso in Egitto. Questa richiesta è legata a due motivazioni. Anzitutto, per quanto gravi possano essere le azioni contestate, la Corte di Cassazione ha ribadito che il diritto italiano vieta l’estradizione in un paese dove il soggetto rischia la pena di morte. L’imam è stato colpito da un provvedimento amministrativo che tuttavia rischia di aggirare i distinguo e le garanzie del processo penale. Riteniamo che la tutela della vita della persona debba essere preoccupazione prioritaria della Repubblica. Con l’occasione ricordiamo che da quasi dieci anni le autorità egiziane si sono dimostrate opache e complici rispetto alla morte di Giulio Regeni, torturato e ucciso quasi dieci anni fa. La memoria di Regeni dovrebbe essere ragione sufficiente per evitare qualunque ipotesi di estradizione o espulsione in Egitto, almeno finché le condizioni non cambino. In secondo luogo, pur giudicando le parole dell’imam Shanin riportate dalla stampa gravemente e profondamente sbagliate e mistificatorie della realtà, riteniamo che le opinioni sbagliate debbano essere contrastate con parole per noi giuste, non con la forza del privilegio di cittadinanza. Non possiamo accettare la discriminazione secondo cui una persona di cittadinanza italiana abbia maggior libertà di espressione rispetto a persone straniere residenti nel nostro paese, o che possa difendersi in un processo civile o penale con tutte le garanzie della legge mentre una persona straniera possa essere espulsa con un provvedimento amministrativo. Le frasi riportate dalla stampa farebbero dubitare che le posizioni dell’imam siano quelle di un uomo del dialogo. Rimane la questione di vedere se noi, persone di fede cristiana, possiamo aspirare a essere definiti donne o uomini del dialogo, nel caso in cui l’imam venga abbandonato al suo destino in Egitto, senza che abbiamo detto o fatto qualcosa per impedirlo. I toni e i modi in cui viene trattato questo caso rappresentano l’ennesima raffigurazione di un corto circuito, per il quale l’osteggiata “informalità” della fede musulmana è anche frutto della mancanza di una specifica intesa. Questo ci invita a sottolineare, ancora una volta, l’urgenza di una legge quadro sulla libertà religiosa, grande assente nell’agenda politica degli ultimi anni. Nel rilevare queste contraddizioni, ci troviamo insieme alle molte voci che convergono nella mobilitazione contro le espulsioni “facili”.  Fra queste voci, quella del nostro partner ecumenico di lunga data, il vescovo Derio Olivero. Sarebbe bello poter dire “prima gli italiani”, o “prima i cristiani”, nel senso di essere noi i primi a dare il buon esempio per la tutela dei diritti. Roma, 2 dicembre 2025 – Il Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia   Redazione Torino
L’azione legale promossa da 6 associazioni italiane e una donna palestinese
Il ricorso presentato al Tribunale di Roma il 29 settembre scorso è stato dettagliatamente illustrato al ‘lancio’ della mobilitazione che, all’insegna del motto “In nome della legge: Giù le armi, Leonardo!”, coinvolge tutti i cittadini italiani nel sostegno all’iniziativa. A citare in giudizio il gruppo industriale Leonardo SpA, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, e il governo italiano sono le associazioni A buon diritto, ACLI, ARCI, Attac Italia, Pax Christi Italia e Un ponte per e una giovane donna palestinese, Hala Abulebdeh, che risiede in Scozia, dove nel 2023 studiava farmacia e ha appreso della morte dei propri familiari, morti a Khan Younis assediata dalle forze armate israeliane. I ‘ricorrenti’ che hanno presentato l’esposto al Tribunale di Roma sono rappresentati dal team di avvocati – composto da Michele Carducci, Antonello Ciervo, Veronica Dini e Luca Saltalamacchia. In attesa degli sviluppi dell’iter procedurale, il 20 novembre le associazioni italiane hanno sollecitato l’attenzione degli italiani su questa loro azione legale, una delle prime di questo genere, mossa contro un’impresa e uno Stato membro dell’UE coinvolti nella fornitura di armi allo Stato israeliano mentre il suo governo conduce operazioni militari e interventi armati che fanno strage di civili nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, e non solo, anche altre nazioni. PRINCIPI ETICI E NORMATIVI ALLA BASE DEL RICORSO L’azione legale è finalizzata a ottenere che siano dichiarati nulli i contratti commerciali stipulati tra Leonardo SpA e le imprese controllate dal gruppo o ad esso associate e collegate con lo Stato di Israele per la fornitura di strumentazioni, apparecchi e ricambi di attrezzature che l’IDF / Israel Defense Forces (Forze Armate israeliane) e le milizie israeliane impiegano per compiere attività, azioni e interventi non conformi alle norme di diritto internazionale. Se il Tribunale civile di Roma riconoscerà la nullità dei contratti, Leonardo Spa dovrà interrompere ogni attività che coinvolge l’azienda, di riflesso il Governo e lo Stato italiani, nella fornitura allo Stato israeliano di materiali e servizi bellici. All’annullamento dei contratti conseguirà anche che dovrà cessare ogni collaborazione di Leonardo SpA con l’esercito israeliano e con le imprese italiane, israeliane e di qualsiasi altra nazionalità che producono o commercializzano armi e tecnologie militari usate dalle forze armate israeliane. Tali contratti commerciali infatti sono regolamentati dagli accordi bilaterali tra gli Stati, italiano e israeliano, ma devono essere conformi alle norme in materia sancite dalla Costituzione e dalle leggi italiane, che a loro volta sono conformi a quelle sancite nei trattati internazionali – come la Carta (Statuto) dell’ONU – ratificati nell’ordinamento italiano, che impongono divieti tassativi alla consegna di armi interamente o parzialmente fabbricate in Italia a nazioni ed eserciti stranieri che ne fanno un uso criminale. In specifico, l’art. 11 della Costituzione dichiara che: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa della libertà dei popoli e come mezzo per risolvere le controversie internazionali; riconosce, su un piano di uguaglianza con gli altri Stati, i limiti di sovranità necessari per un ordine che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali volte a questo scopo”. E in particolare a disciplinare l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale militare è la legge 185/1990, il cui art. 1 stabilisce che: 1. L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale militare, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni sono regolate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. 2. L’esportazione, l’importazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali militari, di cui all’articolo 2, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, sono soggetti alle autorizzazioni e ai controlli dello Stato. 3. Il Governo predisporrà misure adeguate per sostenere la graduale differenziazione della produzione e la conversione delle industrie del settore della difesa a fini civili. 4. Le operazioni di esportazione, transito e intermediazione saranno consentite solo se effettuate con governi stranieri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario. Le operazioni di trasferimento intracomunitario saranno consentite secondo le procedure di cui al capitolo IV, sezione I. 5. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali militari, nonché il trasferimento delle relative licenze di produzione e il trasferimento della produzione, sono vietati quando sono contrari alla Costituzione, agli impegni internazionali dell’Italia, agli accordi di non proliferazione e agli interessi fondamentali della sicurezza dello Stato, alla lotta contro il terrorismo e al mantenimento di buone relazioni con gli altri paesi, nonché quando non vi sono adeguate garanzie sulla destinazione definitiva dei materiali di armamento. 6. Sono inoltre vietati l’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiale … b) verso paesi le cui politiche siano in contrasto con i principi dell’articolo 11 della Costituzione; d) verso paesi i cui governi siano responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani, accertate dagli organi competenti delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea o del Consiglio d’Europa…   I FATTI CHE INFICIANO I CONTRATTI Come accertato dagli “organi competenti delle Nazioni Unite”, il ‘cliente’ israeliano di Leonardo SpA, il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, è un paese il cui governo è responsabile, e colpevole, dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità. Il genocidio del popolo palestinese in particolare è stato accertato e condannato nel 2024 dalle sentenze di Corte di Giustizia Internazionale e Corte Penale Internazionale e nel 2025 dai rapporti di funzionari e relatori incaricati dall’ONU a riferire della situazione nei territori palestinesi e nelle risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU. In specifico, “gravi violazioni delle convenzioni internazionali sui diritti umani” sono state riscontrate nell’assedio della Striscia di Gaza e negli attacchi alle comunità palestinesi in Cisgiordania compiuti nel periodo tra il 7 ottobre 2023 e il 29 settembre 2025 e sono documentate dalle notizie diffuse in questi giorni. Ieri, 23 novembre, ricordando che “Israele ha violato il cessate il fuoco 497 volte” e che nella Striscia di Gaza l’esercito israeliano fa esplodere gli edifici, INFOPAL informava che il sabato precedente un’ondata di attacchi aerei israeliani ha ucciso almeno 24 palestinesi e nella stessa giornata (domenica 23 novembre) una nave da guerra israeliana ha bombardato la città di Rafah uccidendo un bambino e ferendone molti altri, nell’area a sud-est del campo profughi di Al-Bureij i droni israeliani hanno sganciato bombe e aperto il fuoco, nei pressi della moschea al-Abbas un missile israeliano ha bersagliato un’auto civile e ucciso 5 persone, nel quartiere an-Nasr della città di Gaza in una casa bombardata da un aereo da guerra israeliano sono state uccise 4 persone e negli assalti alle case nel campo profughi di an-Nuseirat e nei pressi di Deir al-Balah sono stati uccisi 11 loro abitanti. Contemporaneamente, il 23 novembre 5 persone venivano uccise da un raid israeliano a Beirut dopo che numerose altre lo erano state nelle incursioni israeliane in campi profughi e territori libanesi dei giorni precedenti, in cui inoltre i militari israeliani hanno aggredito i caschi blu della missione UNIFIL che il 14 novembre scorso avevano denunciato l’invasione del Libano. Questi ‘bollettini di guerra’ e molti altri più dettagliati resoconti delle recenti e attuali ‘operazioni’ dell’esercito israeliano riferiscono dell’uso di aerei, cannoni, bombe, missili, proiettili, droni, carri armati e mezzi d’assalto e distruzione fabbricati in molti impianti industriali, anche italiani. Hala Abulebdeh / Israel Killed My Entire Family E come in interviste e reportage pubblicati da Palestine Deep Dive, anche nel ricorso presentato al Tribunale di Roma insieme alle associazioni italiane la giovane palestinese Hala Abulebdeh testimonia l’uccisione dei propri genitori, entrambi insegnanti, e dei suoi cinque fratelli, due ingegneri, due medici e una fisioterapista che collaborava con MSF / Medici Senza Frontiere, colpiti da armi e tecnologie militari ‘made in Italy’. Evidenziando che, in base alle norme della Costituzione italiana e delle leggi nazionali e internazionali che disciplinano le transazioni di materiali e servizi bellici, “il 7 ottobre 2023 è la data ufficialmente conclamata come sospensiva delle forniture di armamenti e di apparecchi, strumenti e mezzi dual use (civile e militare) allo Stato di Israele“, le 6 associazioni italiane hanno presentato al Tribunale di Roma la richiesta di annullamento dei contratti tra Leonardo SpA e lo Stato di Israele documentando il nesso tra le cause di morte dei civili palestinesi con la feralità dei materiali e delle collaborazioni che il gruppo produttore di armi classificato primo nell’UE e 13° al mondo il cui maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze, quindi lo Stato italiano, ha recentemente fornito ed è in procinto di consegnare all’esercito israeliano. In sintesi, il dossier dimostra che: * componenti per velivoli F-35 – prodotti forniti principalmente attraverso la filiale britannica di Leonardo; * velivoli Aermacchi M-346 – Leonardo effettua riparazioni e fornisce pezzi di ricambio per la flotta; * radar di difesa a corto raggio e anti-drone – nel luglio 2022 Leonardo ha acquisito la società israeliana RADA Electronic Industries, che ha partecipato allo sviluppo di Iron Fist, un sistema di protezione attiva montato sui nuovi veicoli corazzati da combattimento (AFV) dell’IDF, gli Eitan a otto ruote; * autocarri a due assi – il Gruppo Leonardo, attraverso le sue controllate con sede negli Stati Uniti, supporta la mobilità dei veicoli pesanti dell’IDF fornendo speciali autocarri a due assi, un nuovo modello di rimorchio per cisterne pesanti (HDTT) prodotto dalla DRS Sustainment Systems Inc., con sede a Bridgeton, nel Missouri, una società del Gruppo Leonardo; * cannoni navali 76/62 Super Rapido MF – sono prodotti negli stabilimenti dell’azienda controllata da Leonardo SpA, OTO Melara che ha sede a La Spezia, e vengono utilizzati per armare le nuove corvette della classe Sa’ar 6; * elicotteri AW119K – Leonardo ha iniziato a inviare gli elicotteri Agusta Westland AW119Kx Koala-Ofer di ultima generazione per addestrare i piloti dell’Aeronautica Militare Israeliana (IAF) presso la base aerea di Hatzerim nel deserto del Negev; * componenti per bombe GBU-39 – il consorzio MBDA (leader in Europa nella costruzione di missili e tecnologie di difesa per i settori aeronautico, navale e terrestre, di cui Leonardo SpA fa parte e al quale contribuisce con una quota del 25%) vende allo Stato di Israele alcuni componenti chiave per le bombe GBU-39, ovvero le ali che si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba GBU-39 di essere guidata con estrema precisione verso il suo obiettivo. IL DOSSIER SU LEONARDO SPA COMPONENTI DEGLI F-35 Gli “F-35” sono modernissimi aerei da combattimento prodotti principalmente dall’azienda americana Lockheed Martin; alcuni dei suoi componenti vengono, tuttavia, realizzati da altre aziende dislocate in altri paesi, come il Regno Unito e l’Italia. Israele dispone di 39 F-35 e ne ha ordinati altri 36. Questi aerei sono stati massicciamente utilizzati da Israele per bombardare Gaza con bombe di varia potenza, incluse quelle da 2000 libbre, responsabili di alcune delle peggiori atrocità commesse negli ultimi mesi. Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha rilevato come le bombe sganciate da questa tipologie di aerei sono state utilizzate in diversi casi di attacchi indiscriminati che “hanno portato a un alto numero di vittime civili e a una diffusa distruzione di oggetti civili” a Gaza. L’Italia è un partner chiave nel programma di fabbricazione e produzione degli F-35 (https://www.sldinfo.com/wp-content/uploads/2014/10/Program_F35_Italian_perspective1.pdf). Come accertato dal General Accounting Office (Ragioneria Generale) del Governo degli Stati Uniti, agli inizi degli anni 2000 per entrare nel mercato della produzione di componenti degli F-35 l’Italia ha pagato la somma di $ 1,028 miliardi di dollari (https://www.gao.gov/assets/gao04-554.pdf). Secondo il report Global Production of the Israeli F-35I Joint Strike Fighter (fol. H-63) pubblicato nel gennaio 2025 dall’Istituto di ricerca sulla pace canadese “Project Ploughshares” che si occupa di disarmo e sicurezza internazionale, Leonardo ha incassato quasi tre miliardi e mezzo di dollari per le commesse legate alla produzione dei componenti degli F-35. AEREI M-346 Per effetto del contratto stipulato in data 19.07.2012 (ed autorizzato dall’UAMA con nota 25708 del 1.10.2012), la Alenia Aermacchi – poi divenuta Leonardo – ha prodotto e consegnato all’Aeronautica militare israeliana 30 velivoli di addestramento M-346 e relativi simulatori di volo; gli aerei sono quelli sui cui si sono esercitati i piloti dei caccia F-16 e F-35 che dall’ottobre 2023 stanno bombardando la Striscia di Gaza. Questo accordo assume le forme di una triangolazione: da un lato, Leonardo ha venduto ad Israele i velivoli in oggetto, dall’altro lo Stato italiano si è impegnato ad acquistare velivoli da ricognizione e satelliti spia per la stessa cifra dalle industrie israeliane della difesa Elbit e Rafael; nel giugno 2023, Leonardo ha annunciato che avrebbe trasformato i velivoli da addestramento M-346 dell’aeronautica militare israeliana in aerei da combattimento – con la sigla M-346FA (Fighter Attack) –, installando un cannone “NEXTER” da 20 mm sull’aereo, molto utilizzato dall’IDF per la sua efficacia in contesti bellici.   ELICOTTERI AW119K Nel mese di febbraio 2019 Israele ha acquistato sette elicotteri AW119KX “Koala” d’addestramento avanzato dalla Agusta-Westland del valore di 350 milioni di dollari: anche in questo caso, l’operazione è stata realizzata attraverso una triangolazione in base alla quale l’Italia si è impegnata ad effettuare acquisti di valore equivalente di tecnologia militare israeliana; l’ambito della transazione comprende il supporto e la manutenzione per 20 anni. Nel mese di settembre del 2020, Israele ne ha ordinati altri cinque, per un totale di dodici elicotteri e due simulatori destinati alla Air Force Flight School, presso la base di Hatzerim, più il supporto logistico e manutentivo dei velivoli da parte italiana per vari anni. Nel mese di aprile 2022, Leonardo si è aggiudicata un contratto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per la fornitura ad Israele di velivoli AW119Kx per 29 milioni di dollari nell’ambito delle vendite militari all’estero. Nel mese di settembre 2020 l’IMOD (Israel Ministry of Defense) ha siglato un accordo integrativo per l’acquisto di un pacchetto di addestramento avanzato da Leonardo che includerà cinque ulteriori elicotteri da addestramento AW119KX e due addestratori per la scuola di volo dell’Aeronautica Militare; parte di questi veicoli, utilizzati nelle recenti azioni militare dell’IDF sulla Striscia di Gaza, sono stati consegnati anche successivamente al 7.10.2023.   CANNONI NAVALI 76/62 “SUPER RAPIDO-MF” Il gruppo Leonardo (attraverso la controllata OTO Melara) ha prodotto e consegnato in data 13.09.2022 alla Marina militare israeliana i cannoni navali 76/62 “Super Rapido-MF” (Multi-Feeding), in grado di sparare fino a 120 colpi al minuto: la commessa ha un valore di 450 milioni di dollari. I cannoni armano le nuove corvette della classe “Sa’ar 6” realizzate dalla società tedesca ThyssenKrupp Marine Systems, impiegate in questi mesi per attaccare via mare la Striscia di Gaza: la Marina israeliana è stata tra le prime al mondo a utilizzare i cannoni OTO Melara da 76 mm che hanno una cadenza di fuoco di 120 colpi al minuto e un sistema di caricamento ad alimentazione multipla, grazie alle differenti tipologie di munizioni utilizzate (perforanti, incendiarie, a frammentazione, ecc.), contro sistemi missilistici a corto raggio, aerei, navi e obiettivi terrestri. Le navi che dal 9.10.2023 hanno utilizzato i cannoni Leonardo nelle azioni contro la Striscia di Gaza sono le corvette Ins Magen ed Ins Oz, le unità navali più grandi e più moderne della Marina militare israeliana. Diverse testate giornalistiche e le stesse IDF hanno confermato l’impiego delle nuove corvette nei bombardamenti sulla Striscia di Gaza.   TECNOLOGIE PER CARRI ARMATI Nel 2018 Leonardo DRS (la controllata di Leonardo con sede ad Arlington, Virginia) ha sottoscritto con Rafael Defense Systems un accordo per fornire all’Esercito e al Corpo dei Marines USA le tecnologie avanzate da installare nei carri armati Abrams M1A1/A2 MBT (contratto del valore di 80 milioni di dollari). Nello specifico, Rafael Defense Systems si è impegnata a produrre il sistema Trophy APS per la protezione del veicolo terrestre da eventuali attacchi, mentre Leonardo DRS si è impegnata a produrre i caricatori automatici per il sistema Trophy. Il sistema Trophy, sviluppato anche grazie a Leonardo, è stato installato in tutti i carri armati delle forze armate israeliane, come ad esempio i Merkava 3 e 4 ed i Namer; e sin dall’autunno del 2023, proprio i tank Merkava 4, dotati per l’appunto del sistema Trophy, sono stati impiegati nelle azioni militari perpetrate dall’IDF nella Striscia di Gaza.   RADAR Nel giugno 2022, è stato firmato un accordo di fusione tra la controllata americana di Leonardo (Leonardo DRS) e la società israeliana RADA Electronic Industries Ltd. con sede a Netanya, nei pressi di Tel Aviv, il cui sito ora è reperibile all’interno di quello della stessa Leonardo: la RADA è una azienda specializzata nella produzione di radar tattici militari, software avanzati, sistemi di sorveglianza delle frontiere, sistemi di difesa anti-aerea e anti-drone. Il successo dei prodotti RADA è intrecciato alle azioni militari che l’IDF ha ripetutamente condotto nella Striscia di Gaza tant’è che – come riportato sul sito della Leonardo – “è stata premiata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) per la sua rete Sense & Warn di radar Counter-Mortars, Artillery and Rockets (C-RAM) subito dopo l’operazione Protective Edge nel 2014”. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA) l’operazione “Margine Protettivo” (Protective Edge) avrebbe provocato la morte di migliaia di palestinesi, dei quali la gran parte civili (tra di loro centinaia di bambini). I sistemi di protezione attiva e i radar tattici prodotti da Leonardo DRSRADA sono da anni in dotazione anche dei vari blindati quali i Caterpillar D9 – dai soldati israeliani soprannominati Doobi – che sistematicamente accompagnano le operazioni militari e che hanno provocato la morte per schiacciamento di diversi palestinesi (nonché della militante nonviolenta americana Rachel Corrie) e la distruzione delle abitazioni e delle infrastrutture palestinesi. Attraverso le forniture di RADA, di fatto, il Caterpillar D9 è dunque diventato una vera e propria “arma automatizzata e comandata a distanza”, fondamentale per l’esercito israeliano, impiegata in quasi tutte le attività militari dal 2000, per liberare le linee di incursione, neutralizzare il territorio e uccidere i palestinesi. Dall’ottobre 2023, è stato documentato l’uso di attrezzature Caterpillar per eseguire demolizioni di massa – tra cui case, moschee e infrastrutture di sostentamento – raid negli ospedali e schiacciare a morte i palestinesi”, come accertato (al par. 45) dal Rapporto della Relatrice Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 “From economy of occupation to economy of genocide”.   DRONI MIRACH 100/5 «L’M-40 è l’ultimo arrivato nella famiglia di droni “Mirach” di Leonardo, progettata per simulare minacce nemiche e consentire alle forze aeree, navali e terrestri di addestrarsi con missili aria-aria e terra-aria come Stinger, Aster e Aspide. Osservando, tramite sensori, gli stessi bersagli di un aereo o di un missile guidato, l’M-40 consente agli operatori di armi e radar di addestrarsi contro un bersaglio realistico». Questo si legge nel comunicato di Leonardo del 16.04.2018. Questi droni bersaglio, come ammesso da Leonardo, sono stati venduti anche ad Israele, in relazione ai quali le forze armate israeliane hanno ricevuto anche il relativo training.   COMPONENTI PER LE BOMBE GBU-39 Leonardo è parte del consorzio MBDA che vende allo Stato di Israele alcuni componenti chiave per le bombe tipo “GBU-39”, prodotte dalla Boeing. Nel dettaglio, il consorzio produce in una fabbrica situata in Alabama (USA) le ali che si dispiegano dopo il lancio, consentendo alla bomba GBU-39 di essere guidata con estrema precisione verso il bersaglio. Secondo un’inchiesta svolta dal giornale britannico The Guardian, poi riportata da diverse testate giornalistiche, Israele, che ha ricevuto migliaia di queste bombe dal consorzio MBDA, in 24 casi le ha impiegate in attacchi che hanno causato la morte di civili, tra cui molti bambini. Gli attacchi in questione sono avvenuti di notte, senza preavviso, in edifici scolastici e campi tendati, dove si erano rifugiate famiglie sfollate, provocando vasti incendi in cui i civili sono arsi vivi o sono stati mutilati. In particolare, merita menzione l’attacco lanciato alle 2 del mattino del 26.05.2025, che squarciò il tetto della scuola Fahmi al-Jarjawi a Gaza mentre decine di famiglie, che vi avevano trovato rifugio, dormivano, provocando la morte di 36 persone, metà delle quali bambini. In un video diventato virale, si vede la figura della piccola Hanin al-Wadie, di soli 5 anni, che cerca di uscire dalla stanza in fiamme. Ma non meno disumano è stato l’attacco sferzato la notte del 26.05.2024, quando le bombe furono lanciate contro il Kuwait Peace Camp 1 a Rafah, innescando un incendio che ha incenerito decine di tende, provocando 45 morti e 249 feriti e dove un bambino e una donna furono decapitati dai frammenti dell’esplosivo.   RIFERIMENTI INFORMATIVI : * Genocidio nella Striscia di Gaza, giorno 779: decine di vittime in una serie di attacchi aerei israeliani. Israele ha violato il cessate il fuoco 497 volte / INFOPAL – 23.11.2025 * L’allarme di Unifil: Israele sta occupando i territori del Libano / CITTA’ NUOVA – 19.11.2025 * Le associazioni per la pace trascinano il governo italiano in tribunale / PRESSENZA – 22.11.2025 * In nome della legge, giù le armi: azione legale della società civile contro Leonardo e lo Stato italiano / ACLI – 20.11.2025 * “In nome della legge: Ricorso della società civile contro Leonardo e lo Stato Italiano”  (il video della presentazione del ricorso e dell’iniziativa)/ ASSOPACE PALESTINA – 21.11.2025 * In nome della legge giù le mani, Leonardo / ATTAC ITALIA – 20.11.2025 * “ In nome della legge! – Giù le armi, Leonardo!” / PAX CHRISTI – 21.11.2025 * Le associazioni della società civile portano Leonardo spa e lo Stato italiano in tribunale e chiedono di dichiarare nulli i contratti stipulati per la vendita e la fornitura di armi ad Israele / UN PONTE PER – 20.11.2025 Maddalena Brunasti
Appello alle Amministrazioni pubbliche spezzine: revocate il patrocinio a Seafuture
Comunicato congiunto delle associazioni laicali cattoliche e chiese riformate spezzine, sotto elencate, che si rivolgono alla Regione Liguria e ai Comuni di La Spezia, Lerici, Sarzana e Portovenere chiedendo che revochino il proprio patrocinio alla fiera che promuove il commercio e l’esportazione di armamenti e alla cui edizione di quest’anno è invitao Israele e partecipano delegazioni di Stati esteri belligeranti e governati da regimi autoritari e autocratici.  La nona edizione di Seafuture, in programma dal 29 settembre al 2 ottobre prossimi all’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia e organizzata da Italian Blue Growth in collaborazione con la Marina Militare con il sostegno del Segretariato Generale della Difesa – DNA / Direzione Nazionale degli Armamenti, si presenta come “una mostra internazionale che esibisce tecnologie innovative nei settori marittimo, della difesa e del duplice uso (civile e militare)”. Come Associazioni laicali cattoliche e Chiese Riformate crediamo nel desiderio di Dio di “ricapitolare tutte le cose in Cristo” (Ef. 1,10) e nella riconciliazione finale dell’umanità con il Padre in una fraternità definitiva della famiglia umana. Siamo per questo impegnati a vivere il Vangelo personalmente e comunitariamente macrediamo anche che sia necessario che tutto ciò si esprima nella convivenza sociale e politica, operando nel presente i passi concretamente possibili in questa direzione. Per questo vogliamo esprimere insieme il nostro pensiero critico * Seafuture: una fiera finalizzata all’esportazione di armi Seafuture, secondo le dichiarazioni degli organizzatori, si caratterizza per essere una “business opportunity” in cui “gli espositori avranno l’opportunità unica di partecipare a incontri con delegazioni governative estere (B2G) e rappresentanti delle Marine Militari provenienti da tutto il mondo”. Non si tratta, pertanto, di una iniziativa che si rivolge alle esigenze interne della Difesa, ma è finalizzata a presentare prodotti e servizi ad un pubblico globale di leader del settore navale e rappresentanti militari e governativi di diversi Paesi del mondo. In questo quadro, la presenza delle Marine Militari e delle Delegazioni Nazionali di paesi esteri viene considerata come un “fattore chiave” per “soddisfare le richieste del mercato estero della difesa”, favorendo processi di aggregazione e internazionalizzazione “per migliorare la competitività e accrescere la rilevanza complessiva del sistema industriale italiano sul mercato internazionale”. Un mostra, dunque, con spiccate caratteristiche commerciali finalizzata a promuovere l’esportazione di prodotti e tecnologie militari. Da ciò deriva una fondamentale criticità che riguarda la commistione dei settori che contrassegnano Seafuture tradendo l’originale impostazione. * Commistione dei settori civile e militare Sono settori con caratteri, compiti e finalità differenti che, per le loro specificità, dovrebbero essere mantenuti separati. Mentre, infatti, una delle caratteristiche principali del settore delle tecnologie civili è la competitività industriale e commerciale, concorrenza e competitività nonappartengono al settore della Difesa che, secondo il nostro dettato costituzionale, ha come compito specificola promozione della sicurezza e della pace. Consideriamo perciò inaccettabile la tendenza, già dalle scorseedizioni, ad assimilare nell’ambito militare anche le iniziative riguardanti la “Blue Economy” e la mancanza di attenzione al problema della transizione ecologica. Il settore militare e civile dovrebbero essere oggetto di eventi differenti e separati, regolamentati secondo le proprie normative anche in riferimento alle tecnologie a duplice uso (civile e militare) sottoposte alle norme europee e nazionali tra cui la legge 185 del1990, legge promossa dalla società civile per regolamentare l’esportazione di armamenti, che chiediamo venga applicata con rigore e trasparenza. * Le delegazioni dei Paesi invitati e partecipanti Gli organizzatori riportano di aver invitato 140 delegazioni di Paesi esteri e di queste, ad oggi, avrebbero confermato la partecipazione a Seafuture 46 delegazioni di cui 40 rappresentanze di Marine Militari (Navy) e 6 di Delegazioni Nazionali (NAD). Scorrendo la lista delle rappresentanze rileviamo che, oltre alle dodici tra Marine Militari e Delegazioni Nazionali dei Paesi dell’Unione Europea, figurano – le Marine Militari e Delegazioni Nazionali di 14 Stati esteri che l’Indice di Democrazia redatto dalla Intelligence Unit del settimanale “The Economist” (qui il Report; qui una sintesi) definisce “Regimi Autoritari” (Algeria, Camerun, Gibuti, Egitto, Etiopia, Mauritania, Azerbaijan, Iraq, Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Vietnam, Pakistan e Arabia Saudita) – le Marine Militari di 8 Stati che l’Indice di Democrazia definisce “Regimi Ibridi”, cioè regimi autocratici e repressivi (Ecuador,Messico, Perù, Costa d’Avorio, Tanzania, Tunisia, Bangladesh e Turchia). La Somalia, presente a Seafuture con una rappresentanza della propria Marina, non è classificata dall’Economist in quanto fino al 2024 è stato considerata uno “Stato instabile” e dal 1992 al 2023 è stata sottopost a misure di embargo e restrizioni sulle importazioni di armi e materiali militari che sono state rimosse dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite solo nel dicembre del 2023. L’esatta metà delle delegazioni degli Stati esteri che parteciperanno a Seafuture è costituita da regimi autoritari e autocratici. Sono state inoltre invitate la Marina Militare e la Delegazione Nazionale di Israele: avrebbero rinunciato a partecipare, ma nei confronti delle rappresentanze di Israele – nonostante lo sterminio sistematico da parte delle forze armate israeliane perpetrato nei confronti della popolazione della Striscia di Gaza e del Territorio palestinese occupato – gli organizzatori di Seafuture non hanno mai revocato l’invito. Questo significa che, secondo gli organizzatori di Seafuture, i governi di questi Paesi sarebbero una controparte affidabile, rispettosa dei diritti umani e delle libertà democratiche, a cui esportare armamenti e sistemi militari. Riteniamo che questo sia inammissibile: nonostante questi Paesi nonsiano oggetto di misure restrittive sui trasferimenti di armi, tecnologie militari e a duplice uso, non dorrebberoessere invitati ad un mostra internazionale come Seafuture che è finalizzata al commercio di materiali militari. * La nostra visione di Seafuture Nelle nostre coscienze e nella nostra visione, il futuro dell’industria navale e del mare non possono continuare a dipendere dalla produzione e dal commercio di sistemi militari sostenuti sottraendo risorse al settore civile. Il Mediterraneo deve essere un ponte di incontro tra i popoli e le culture, tra i centri di ricerca e tuttele realtà interessate a promuovere la tutela del mare, la sostenibilità ambientale, il turismo responsabile e losviluppo sostenibile nel rispetto dei diritti delle persone e dei popoli. Rispetto che vediamo negato dalle morti dei migranti in quel mare di cui si vorrebbe tracciare il futuro e dai respingimenti che li riportano nei paesi dove i loro diritti vengono calpestati mettendone a rischio la loro incolumità e la loro stessa vita stessa. In considerazione di tutto questo, ci uniamo alle richieste espresse già in passato da diverse associazioni affinché Seafuture ritorni alla sua mission originaria: una manifestazione internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti al mare, per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale. * I PATROCINI A SEAFUTURE La lista, disponibile sul sito ufficiale fino al 17 agosto scorso, riportava tra le 140 rappresentanzenazionali invitate a Seafuture quelle di altri “Regimi Autoritari” (tra cui Libia, Bahrain, Cina, Giordania, Libano, Oman, Kazakistan, Turkmenistan, Mozambico, Repubblica del Congo e Togo). In considerazione di questa situazione che ha visto l’invito e vedrà l’ampia partecipazione di rappresentanze di regimi autoritari chiediamo alle Amministrazioni pubbliche che hanno concesso il proprio patrocinio a Seafuture (Regione Liguria, Comuni della Spezia, Lerici, Sarzana e Portovenere) di revocarlo. Riteniamo infatti che le Amministrazioni pubbliche dello Stato italiano non debbano in alcun modo promuovere eventi a cui partecipano rappresentanze militari, istituzionali e delle aziende militari di governi repressivi in modo particolare se questi eventi – come Seafuture – si caratterizzano per la promozione della vendita di armamenti e tecnologie militari. Esprimiamo inoltre forte contrarietà riguardo ad ogni eventuale coinvolgimento degli studenti delle scuole secondarie in Seafuture per la mancanza di un’informazione completa e pluralistica sul significato dell’evento tale da permettere loro di valutare la sua trasformazione in rassegna degli armamenti navali promossa dal comparto industriale-militare.   Come Associazioni laicali cattoliche e Chiese Riformate impegnate a vivere e testimoniare i valori evangelici di pace e riconciliazione deploriamo il ricorso alla forza per la risoluzione dei conflitti e l’aumento delle spese militari e ci adoperiamo per promuovere la riduzione degli armamenti, la solidarietà tra i popoli e la cultura della nonviolenza. * ACLI Provinciali (La Spezia) – Marco Formato (Presidente) * Associazione Mondo Nuovo Caritas (La Spezia) – don Luca Palei (Presidente) * Azione Cattolica (La Spezia) – Stefano Lorenzini (Presidente) * Betania Amici del Sermig Odv (La Spezia) – Giovanni Ricchetti (Presidente) * Chiesa Cristiana Evangelica Battista (La Spezia) – Sandra Spada (Pastora) * Chiesa Evangelica Metodista (La Spezia) – Massimo Marottoli (Pastore) * Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani (La Spezia) – Matteo Pucci (Magister) * Movimento dei Focolari (La Spezia) – Alessandro Carrozzi (Referente)   comunicato divulgato il 10 SETTEMBRE 2025 : A proposito di Seafuture 2025. La Spezia dal 29 settembre al 2 ottobre  Maddalena Brunasti
Don Nandino Capovilla: obiettore di coscienza, in Israele e in Italia
Dopo l’arresto all’aeroporto di Tel Aviv e l’espulsione da Israele, subito dopo il ritorno in Italia il sacerdote ha convocato una conferenza stampa. Nel messaggio divulgato appena era stato rilasciato, aveva chiesto ai giornalisti di non parlare di lui e della vicenda che lo ha reso un protagonista delle cronache omettendo di riferire corrette informazioni sul genocidio dei palestinesi. «Non puntate riflettori e microfoni su di me, guardate il motivo per il quale stavo andando in Palestina – ha sollecitato don Nandino Capovilla – Poniamo l’attenzione su ciò che sta accadendo lì». L’incontro con lui nella sua comunità, la parrocchia della Resurrezione a Maghera, e insieme a Betta Tusset, coordinatrice della campagna “Ponti e non muri” e con don Nandino Capovilla autrice di Sotto il cielo di Gaza pubblicato il marzo scorso e una serie di libri editi dal 2005, inoltre al consigliere nazionale di Pax Christi, don Renato Sacco, e a monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente del movimento dei cristiani pacifisti che è intervenuto in collegamento dalla Cisgiordania, si è svolto in modalità telematica coinvolgendo molte persone, non solo giornalisti. «Ovviamente tutti mi stanno chiedendo di raccontare i fatti accaduti – ha esordito don Nandino Capovilla – Ebbene, è successo che mentre io venivo fermato e arrestato, trattenuto in detenzione amministrativa, intanto a Gaza morivano tante persone e molti bambini…». Don Nandino Capovilla ha spiegato che, come cita l’atto di espulsione, è stato allontanato dal paese perché ritenuto “un pericolo per lo Stato di Israele” e commentato: «Eppure invece Benjamin Netanyahu, per cui il 21 novembre 2024 la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto, può risiedere e muoversi in Israele e persino viaggiare all’estero senza impedimenti…». Delle 7 ore trascorse all’aeroporto di Tel Aviv don Nandino Capovilla ha riferito: «Con me c’erano altre due persone, di altri paesi, e insieme eravamo controllate dagli agenti israeliani. Non ci veniva data risposta alle nostre richieste di informazioni su cosa ci stesse accadendo e perché. Quando chiedevamo il permesso di andare in bagno ci veniva detto: “Non adesso, dopo”. Infine mi è stato perentoriamente ordinato di firmare un documento…». Il sacerdote italiano ha soffermato l’attenzione sulla reazione dell’agente della polizia israeliana al suo rifiuto di firmare un documento: «Ha veementente protestato asserendo che io fossi obbligato a firmare quell’atto, così mostrando che in un sistema autoritario la libertà di scelta non è ammessa e, oltre a venire ostacolata o impedita, non è nemmeno pensata possibile dalle persone sottomesse ai potenti». E ha concluso proclamando: «Dichiaro la mia obiezione di coscienza qualora al Parlamento italiano sia varato il disegno di legge in base al quale verranno proibite le riunioni e manifestazioni di solidarietà con i palestinesi». Betta Tusset ha ricordato che il titolo della campagna Ponti non muri avviata il 9 ottobre 2004 è ispirato alla frase di papa Giovanni XXIII, “Non di muri, ma di ponti ha bisogno la Terra Santa” e che i pellegrinaggi organizzati da Pax Christi in Palestina sono realizzati per incontrare il popolo perseguitato e dare voce alle persone oppresse nel rispetto del loro dolore, della loro storia e della loro cultura. Don Renato Sacco ha focalizzato l’attenzione sull’ipocrisia dei governanti italiani: «L’Italia è il terzo maggiore fornitore di armi a Israele, e il ministro Crosetto lo sa bene… A giugno scorso avevamo chiesto che l’accordo commerciale per i trasferimenti d’armi e tecnologie militari con Israele fosse annullato, invece è stato rinnovato… L’UE, con 72 miliardi di euro investiti, molti più degli USA, è il maggiore partner di Israele…». E, ricordando gli attacchi che hanno colpito Taybeh, don Sacco ha rammentato che questa comunità palestinese è cristiana, “non un covo di estremisti fondamentalisti terroristi musulmani” e affermato: «La guerra si nutre di bugie e la verità è l’arma più forte con cui debellare la guerra». Citando Hannah Arendt, il coordinatore nazionale di Pax Christi, Antonio De Lellis, ha osservato che i regimi oppressivi si reggono su cecità, complicità e obbedienza e affermato che per non esser ciechi e complici delle atrocità commesse dal governo israeliano in Palestina si devono applicare le sanzioni e si possono fare azioni pacifiche, come boicottare il commercio di prodotti ‘made in Israele’ che viene promosso dalla campagna di BDS e sostenere le lotte dei lavoratori che, come i portuali di Genova, denunciano e impediscono il trasporto di armi in Israele. Riprendendo gli accenni di don Nandino Capovilla e Antonio De Lellis, il presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Filippo Landi, ha messo in evidenza il parallelismo tra l’espulsione da Israele ingiunta al sacerdote italiano e a dei funzionari del presidio a Gerusalemme dell’OCHA. Nandino Capovilla e Betta Tusset: “Continuiamo a dare voce al popolo palestinese oppresso” / FAMIGLIA CRISTIANA – 13 AGOSTO 2025 Maddalena Brunasti
Il messaggio di don Nandino Capovilla, testimone del genocidio dei palestinesi
Ieri, 11 agosto, il sacerdote veneziano che è stato un coordinatore di Pax Christi Italia veniva bloccato all’aeroporto di Tel Aviv e, dopo 7 ore di arresto, espulso da Israele. Immediatamente dopo il rilascio don Nandino Capovilla ha pubblicato sulla propria pagina Facebook questo messaggio, collegato a due immagini, qui riportato integralmente, senza correggere i refusi del testo originale: > SONO LIBERO! Mi hanno fatto uscire ora. Restituito cellulare e valigia. Tutto > bene. aspetto che se ne vadano le ultime mie due guardie per scrivervi queste > righe. Volo per la Grecia stanotte. G > Questi alcuni dei miei numerosissimi di guardia in queste 7 ore. MA PER > PIACERE: DITE A CHIUNQUE SCRIVA CHE BASTA UNA RIGA PER DIRE VHE STO BENE > MENTRE LE ALTRE VANNO USATE PER CHIEDERE SANZIONI ALLO STATO CHE tra i suoi > “errori” bombarda moschee e chiese mentre i suoi ORRORI si continua a fingere > che siano solo esagerazioni. NON AUTORIZZO NESSUN GIORNALISTA A INTERVISTARMI > SULLE MIE SETTE ORE DI DETENZIONE SE NON SVRIVONO DEL POPOLO CHE DA > SETTANT’ANNI È PROGINOERO SILLA SUS TERRA > QUESTA IMMAGINE RIPORTA L’ULTIMO MESSAGGIO CHE STAVO SCRIVENDO PRIMA VHE MI > SEQUESTRASSERO IL FELL. ERA LA PREGHIERA DEL GIORNK DEL PATRIARCA DABBAH https://www.facebook.com/nandinocapovilla/posts/pfbid035S9NmffCqFTctuHg41umZLLfYkac9UUqxFAP5rMDip6uMPAK3tGLaW7tTbaYD3Jhl Don Nandino Capovilla si era recato in Israele insieme a un gruppo, composto da una quindicina di persone, partito dall’Italia per un pellegrinaggio di giustizia in terra santa. Guidata dal presidente di Pax Christi, don Giovanni Ricchiuti, la missione a Gerusalemme, Betlemme e in Cisgiordania è stata organizzata e realizzata nell’ambito delle attività di solidarietà del movimento pacifista cristiano con la popolazione palestinese. Inoltre, è intesa anche come testimonianza della partecipazione del movimento pacifista cristiano alla mobilitazione promossa dalla Rete Pace e Disarmo insieme ai firmatari della dichiarazione Basta dichiarazioni rituali: di fronte a ipotesi di occupazione di Gaza servono azioni concrete proclamata il 9 agosto. Pax Christi Italia lo annuncia nella pagina del proprio sito intitolata Uscire dall’ambiguità ed evindenziando di aver aderito all’appello con cui la società civile italiana sollecita il governo affinchè “esca finalmente dall’ormai insopportabile ambiguità e prenda decisamente posizione in favore del DIRITTO INTERNAZIONALE e dei DIRITTI UMANI”. Appena ha potuto avvisare di star bene ed essere stato liberato, don Nandino Capovilla ha anche reso noto di non voler rilasciare dichiarazioni e interviste pubblicate in notizie sulla vicenda della propria detenzione all’aeroporto di Tel Aviv che non riferiscano correttamente le informazioni sul motivo della sua missione in Terra Santa e, quindi, sulla necessità di ogni intervento efficace a far cessare la sofferenza della popolazione palestinese da 70 anni prigioneria in patria perché vive, subendo abusi e violenze, segregata nei territori controllati e assediati dallo stato israeliano. E, sebbene le abbia scritte nella concitazione del frangente, tutte le parole che don Nandino Capovilla ha usato per esprimersi mostrano che fosse lucidamente consapevole del significato di ciascuna. Infatti si è espressamente rivolto ai giornalisti esplicitamente esortandoli a non tacere la verità, ovvero a parlare delle atrocità inflitte alla popolazione palestinese senza omissioni e senza accreditare le versioni dei fatti fornite dal governo e dall’esercito di Israele, narrazioni che falsificano la realtà definendo “errori” le conseguenze delle azioni militari ed “esagerazioni” le testimonianze che documentano gli orrori di una carneficina, il genocidio che invece documentato dalle vittime, come il giovane reporter Anas Al-Sharif della cui morte don Nandino Capovilla ha appreso proprio mentre era detenuto all’aeroporto di Tel Aviv leggendo la preghiera, la supplica “La giustizia si affacci dal cielo. Presto, oggi stesso, Sognore”, composta in quella giornata dal patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah. Maddalena Brunasti