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L’impatto delle spese militari su occupazione e produttività del lavoro
Stando all’ultima rilevazione ISTAT, la produzione industriale italiana nel gennaio 2025 continua a ridursi. A fronte, infatti, di un miglioramento mensile del 3,2%, il dato tendenziale rimane negativo, con un calo dello 0,6% rispetto all’anno precedente. I settori più colpiti solo quelli del lusso, della produzione di automobili e del […] L'articolo L’impatto delle spese militari su occupazione e produttività del lavoro su Contropiano.
Verso un’Italia che consuma meno e in modo più consapevole
Tra gli obiettivi che gli italiani ritengono prioritari da perseguire, ritornano istanze di pace e diritti civili (per il 64%), una maggiore attenzione e cura delle persone attraverso il contrasto alla fame e alla povertà e alle differenze e violenze di genere (lo chiede il 55%) e la garanzia per tutti di un lavoro dignitoso e della riduzione delle disuguaglianze economiche (62%). Sono alcuni dei dati dell’anteprima digitale del “Rapporto Coop 2025 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto d’analisi di NielsenIQ e i contributi originali di Circana, GS1-Osservatorio Immagino, CSO Servizi, GfK, Mediobanca Ufficio Studi. Cambia anche il rapporto degli italiani con il consumo e a essere messa in discussione è l’essenza stessa della società dei consumi. Al posto del piacere del possesso, l’Italia di oggi scopre il vero valore nelle esperienze di vita e gli italiani acquistano solo le cose indispensabili, amano il second hand e riparano gli oggetti piuttosto che sostituirli. E anche quando si torna a spendere in acquisti tecnologici (16,5 miliardi di euro negli ultimi 12 mesi, +1,2% su base annua) lo si fa privilegiando l’utilità alla gratificazione e meno elettronica di consumo (gli acquisti annui di smartphone si riducono di 2 milioni di unità rispetto al 2022). A mutare è anche il rapporto degli italiani con il cibo, che resta comunque privilegiato. I consumi (e le preparazioni) alimentari tornano innanzitutto nella sfera domestica. Nei primi sei mesi del 2025 la spesa per la ristorazione fuori casa cala di un -2,2% rispetto al 2024 e un italiano su 3 vi rinuncerà ulteriormente nei mesi a venire. Contestualmente si registra una ripresa importante nei carrelli della spesa, con le vendite nella grande distribuzione che, nei primi sei mesi del 2025, fanno registrare una crescita su base annua, rispettivamente, del +3,8% a valore e del +2% a volume. A fare da traino frutta e verdura e altri comparti del fresco. Mentre negli ultimi 12 mesi i sostituti vegetali delle proteine animali sono cresciuti 10 volte di più delle carni. Perfetto contraltare di questi comportamenti è il fatto che il cibo ha acquisito nella percezione corrente e maggioritaria una funzione di alleato della salute; la longevità si conquista a tavola, ma non si disdegna nemmeno l’utilizzo di farmaci ad hoc. Ogni grammo conta e il controllo peso che quasi 1 italiano su 4 fa almeno una volta a settimana può spiegare il vero e proprio boom di vendite delle bilance sia per la persona che per gli alimenti. Gli italiani devono comunque fare i conti con le persistenti difficoltà reddituali che fanno sì che resti alta anche a tavola la ricerca del risparmio e di soluzioni di maggiore convenienza. Questa ricerca sembra rivolgersi però in minor misura all’utilizzo del discount che nel primo semestre registra una crescita a volume del +1,8%, ma piuttosto agli scaffali dei supermercati che mettono a segno un +2,7% dove gli italiani prediligono i prodotti in promozione e quelli a marchio del distributore. “Mentre l’Italia, si legge nell’anteprima del Rapporto, a dispetto di una stabilità politica e sociale che oggi la caratterizza positivamente nel confronto europeo, purtroppo dal punto di vista economico sembra aver definitivamente esaurito l’abbrivio della crescita record del periodo post pandemico. Così, le stime dei previsori macroeconomici individuano per il biennio 2025-2026 una crescita su base annua del Pil di mezzo punto percentuale, mentre le previsioni degli opinion leaders intervistati sono ancora più pessimistiche (+0,1% nel 2026). L’economia italiana torna al male antico di una produttività declinante. A fronte di un’occupazione in crescita (sono 840.000 i nuovi occupati), fa difetto all’Italia la produttività per ora lavorata che è prevista in decrescita fino al -1,4% in maniera opposta rispetto al resto d’Europa. Segno evidente dell’assenza nell’economia nazionale dei settori ad alto valore aggiunto e di conseguenza di un lavoro poco qualificato e meno pagato. Nei settori di impiego dei nuovi lavoratori troviamo infatti in maggioranza costruzioni, commercio, alberghi e ristoranti e fa impressione per converso il dato del titolo di studio; il numero di occupati con licenza media è sceso di oltre 647mila unità, a fronte di un aumento di 687mila diplomati e 800mila laureati. È proprio la mancata crescita della produttività a non far ripartire l’ascensore sociale, oramai fermo da anni. Basti pensare che il 10% della popolazione italiana detiene il 58% della ricchezza del Paese (peggio di noi solo i tedeschi) e a fruttare sono più le rendite (da finanza e da immobili) che il lavoro, soprattutto se è lavoro autonomo. Il sistema Italia recupera il livello complessivo dei redditi delle famiglie solo in virtù del forte aumento del totale delle ore lavorate (2,3 miliardi in più di ore lavorate nel corso degli ultimi 5 anni)”. Qui per approfondire: https://italiani.coop/rapporto-coop-2025-anteprima-digitale/.   Giovanni Caprio
A Gaza è carestia. Amnesty International: “Gli Stati blocchino l’occupazione israeliana di Gaza City”
L’annuncio ufficiale odierno dell’Iniziativa per la classificazione integrata delle fasi della sicurezza alimentare, che ha dichiarato la carestia a Gaza City, è per Amnesty International una devastante conferma delle preoccupazioni che le organizzazioni internazionali stavano sollevando da mesi. È anche un feroce capo d’accusa nei confronti degli Stati che non hanno fatto pressioni su Israele affinché ponesse fine al genocidio nella Striscia di Gaza occupata. “Questa carestia è la diretta conseguenza dell’intenzionale campagna israeliana di riduzione alla fame della popolazione della Striscia di Gaza”, ha dichiarato Erika Guevara Rosas, alta direttrice delle ricerche e delle campagne di Amnesty International. “Quello che è ancora più terribile è che questa carestia è interamente causata dall’uomo: una catastrofe deliberatamente organizzata e prevenibile. L’intenzionale impedimento all’accesso degli aiuti umanitari, la distruzione di strutture fondamentali per la vita umana e le uccisioni dirette di civili sono un’evidente manifestazione di come Israele stia infliggendo deliberatamente alla popolazione palestinese della Striscia di Gaza condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, parte integrante del genocidio in corso”, ha aggiunto Guevara Rosas. “La dichiarazione sulla carestia a Gaza City è arrivata proprio in coincidenza col via libera del gabinetto di sicurezza e del primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, al piano di una nuova operazione militare per ‘prendere il controllo’ della città, inasprendo dunque l’illegale occupazione israeliana. Un’offensiva del genere con una carestia in corso non solo causerebbe ulteriori massicce violazioni del diritto internazionale umanitario, ma aumenterebbe esponenzialmente la sofferenza delle persone che sono già alla fame e il numero delle morti da malnutrizione”, ha commentato Guevara-Rosas. “Ogni ora che passa senza una decisa azione internazionale significa la perdita di ulteriori vite palestinesi e il progressivo avvicinarsi del completo annichilimento di Gaza City. La storia non ci perdonerà mai di essere rimasti a guardare bambine e bambini morire di fame con gli aiuti a pochi chilometri di distanza e ancora bloccati da Israele”, ha sottolineato Guevara Rosas. “Anche solo per iniziare a invertire le devastanti conseguenze delle inumane politiche e azioni israeliane, il mondo deve agire immediatamente. Tutti gli Stati e altri attori devono pretendere con forza che Israele ponga fine a questo abominio, assicurando l’ingresso senza impedimenti degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e la loro distribuzione al suo interno, il completo annullamento del blocco illegale israeliano, lo smantellamento del mortale sistema militarizzato di distribuzione degli aiuti e l’autorizzazione alle Nazioni Unite e ad altre fidate organizzazioni umanitarie a distribuire gli aiuti in condizioni di sicurezza e senza alcuna arbitraria limitazione. Gli Stati devono anche spingere affinché ci sia un cessate il fuoco duraturo e tornino rapidamente in libertà gli ostaggi trattenuti nella Striscia di Gaza, così come le persone palestinesi arbitrariamente detenute in Israele”, ha concluso Guevara Rosas.   Amnesty International
Genocidio a Gaza e solidarietà dall’Italia
L’esercito israeliano sta compiendo uno sterminio e una deportazione della popolazione senza precedenti nei quartieri orientali di Gaza città. Demolizione sistematica delle abitazioni con bulldozer e robot esplosivi e bombardamenti con caccia, droni e artiglieria. 37 persone uccise nelle loro case dall’alba di oggi, intere famiglie decimate. L’esercito israeliano ha chiesto al Ministero della Sanità, tramite l’OMS e la Croce Rossa, il trasferimento dei malati e delle apparecchiature mediche dall’ospedale Shifà verso sud. La mossa finto-umanitaria prelude a una fine disastrosa per il sistema sanitario palestinese nel nord della Striscia. Lo spostamento del servizio sanitario significa indurre la gente a evacuare per curarsi, soprattutto i malati di cancro o d’insufficienza renale bisognosi di dialisi. Il disegno dichiarato di Netanyahu è l’espansionismo territoriale di Israele per l’occupazione di tutta Gaza e la deportazione della sua popolazione fuori dalla Striscia. Le discussioni sul giorno dopo sono fumo negli occhi per ammorbidire le cancellerie amiche. L’operazione di terra è iniziata contro la popolazione civile di Gaza città e non solo. Gli attacchi sono anche su Jebalia a nord e Khan Younis a sud. Secondo le dichiarazioni dei militari israeliani durerà mesi. Negli ospedali sono arrivati ieri i corpi di 70 uccisi e 356 feriti. Il sistema sanitario si avvicina al crollo totale. Il numero delle urgenze supera il 300% della capacità ricettiva delle strutture. Significa che ogni tre ricoverati, due giacciono per terra, su un lenzuolo di plastica. L’OMS ha dichiarato che i suoi 30 camion autorizzati sono bloccati al valico e non vengono fatti passare. Solidarietà in Italia con la Palestina Migliaia di iniziative locali vengono organizzate per chiedere il blocco dell’esportazione di armi a Israele e il passaggio degli aiuti umanitari per Gaza. Si diffonde l’impegno dei Comuni italiani a rompere ogni relazione con le istituzioni e aziende israeliane, oltre al riconoscimento simbolico dello Stato di Palestina. Il governo delle destre guarda dall’altra parte. Da Catania e Siracusa il 4 settembre salperanno le barche e le navi per portare aiuti umanitari a Gaza. Sono programmati una grande manifestazione il 3 pomeriggio e un raduno il 4 per salutare gli equipaggi. I sanitari prendono una chiara posizione contro il genocidio. “Il nostro obiettivo, come Sanitari per Gaza, è far prendere posizione a tutte le istituzioni contro il genocidio in corso e boicottarne ogni forma di complicità. Perché fermi il genocidio, Israele dovrà percepire l’isolamento e la pressione politica ed economica da parte della comunità internazionale”. Ogni giorno in piazza del Duomo di Milano, dal 16 giugno, si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. Clicca   ANBAMED
La visita di Johnson alla colonia di Ariel non la renderà legittima
In qualità di palestinese, sulla cui terra rubata è stato costruito l’insediamento di Ariel e che vive in un villaggio vicino, sono rimasto profondamente indignato dalla visita del presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Mike Johnson all’insediamento illegale di Ariel lunedì scorso. Questa visita mira a legittimare il furto della nostra terra dal 1978 e incoraggia i coloni a commettere ulteriori violenze e omicidi contro il mio popolo. Johnson si vanta che le montagne di quella che lui chiama “Giudea e Samaria” appartengono agli ebrei per una promessa di Dio. Non conosco nessun Dio giusto che accetterebbe l’uccisione di innocenti indigeni, il furto delle loro terre e la loro espulsione. Non c’è dubbio che si tratti dello stesso Dio che ha dato agli antenati bianchi di Johnson la licenza suprema di uccidere gli indigeni dell’Isola della Tartaruga e di fondare gli Stati Uniti d’America. L’insediamento di Ariel è stato fondato alla fine degli anni ’70 su terre rubate ai villaggi palestinesi nella zona di Salfit, nella Cisgiordania occupata. Ricordo ancora il bellissimo paesaggio che vedevo dalla finestra della mia casa nel villaggio di Qira, quando guardavo la collina di “Jabal Qurra”, prima che lo Stato di Israele la rubasse. Poi l’ha dichiarata espropriata per uso pubblico prima di darla ai coloni per costruirci la loro colonia. Ricordo la prima roulotte collocata in questo insediamento e come questa collina si sia trasformata in un terrificante blocco di cemento in pochi anni. Poco dopo, altri insediamenti hanno cominciato ad apparire qua e là sulle colline circostanti, soffocandoci e impedendo la nostra naturale espansione e crescita, impedendoci di muoverci e quasi bloccando l’aria che respiriamo. Costruito su terreni privati di “Jabal Qurra” rubati agli indigeni palestinesi della zona, l’insediamento di Ariel è ora fiorente e si sta espandendo fino a diventare una città di oltre 20.000 coloni. Vanta una stazione di polizia, un’università vergognosamente riconosciuta da molte istituzioni accademiche occidentali, aree ricreative e commerciali, spazi verdi e parchi pubblici, scuole e asili, assistenza sanitaria, sinagoghe e altro ancora. I suoi residenti illegali, coloni provenienti da tutto il mondo, godono del bellissimo clima montano, dell’acqua abbondante e delle piscine rubate dal pozzo “Bir Maad” e dalla vicina sorgente “Ein Simita”. Godono anche del paesaggio pittoresco, della libertà di movimento assoluta e dell’intera gamma di servizi, strutture e privilegi forniti dal governo occupante. Tutto questo è stato recentemente “incoronato” dal presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti Johnson, il più alto funzionario statunitense ad aver visitato un insediamento israeliano in Cisgiordania. Nel frattempo, i villaggi palestinesi circostanti, situati dall’altra parte della strada e fondati secoli fa, soffrono di una grave carenza di acqua sotterranea a causa del divieto imposto dall’occupazione di utilizzare quella stessa acqua, con conseguente mancanza di servizi di base. Decine di residenti di questi villaggi sono stati uccisi dalle forze di occupazione e dai coloni. Tutti gli accessi a questi villaggi sono stati chiusi con cancelli di ferro durante la seconda Intifada e lo sono ancora oggi. Lo sviluppo dei villaggi è vietato e le case costruite senza l’approvazione israeliana vengono demolite. Ai palestinesi è vietato l’accesso all’insediamento di Ariel, circondato da filo spinato e telecamere, e viene impedito loro di utilizzare i propri terreni adiacenti all’insediamento. La visita di Johnson alla colonia arriva nel mezzo della più grande, pericolosa ed estesa espansione degli insediamenti e della campagna di terrore condotta dai coloni contro i residenti della Cisgiordania occupata. Coincide con la pulizia etnica e l’espulsione della popolazione palestinese in Cisgiordania, in particolare nelle zone rurali, mentre l’occupazione sta commettendo genocidio e affamando la popolazione nella Striscia di Gaza. Il messaggio politico di questa visita è quello di legittimare l’uccisione e lo sfollamento dei palestinesi e il furto delle loro terre, fornendo una copertura ai crimini dei coloni in Cisgiordania e ostacolando il crescente riconoscimento internazionale dello Stato palestinese e della soluzione dei due Stati. Johnson lo ha chiarito durante la sua visita, affermando che queste terre non sono occupate, ma che è diritto degli ebrei acquisirle e che gli Stati Uniti sostengono questo loro diritto. “Le Scritture ci insegnano che le montagne della Giudea e della Samaria sono state promesse al popolo ebraico e appartengono loro di diritto. Ma molte persone in tutto il mondo non la vedono in questo modo, le etichettano come ‘territori occupati’ o ‘Cisgiordania’ o con qualsiasi altro nome”, aggiunge. “Ogni sindaco qui dovrebbe sapere esattamente qual è la nostra posizione su questo tema: noi siamo dalla vostra parte”. Non c’è da stupirsi che questa visita sia stata organizzata dai leader dei coloni del cosiddetto “Consiglio Yesha”, le cui mani e quelle delle loro bande di criminali “Hilltop Youth” sono macchiate del sangue di contadini innocenti nei villaggi di Turmusayya, Sinjil, Silwad, Kafr Malik e molti altri. Johnson non si preoccuperà di visitare i villaggi palestinesi circostanti, né si preoccuperà di visitare le famiglie dei cittadini americani di origine palestinese che sono stati uccisi dai coloni terroristi nel corso degli anni, gli ultimi dei quali sono stati uccisi pochi giorni fa, a breve distanza dal luogo che stava visitando. Johnson è stato ricevuto dal cosiddetto “sindaco di Ariel”, Yair Chetboun, un colono estremista che incita costantemente l’esercito israeliano a maltrattare i palestinesi. Negli ultimi mesi, ha preso personalmente l’iniziativa di chiudere le strade che conducono ai nostri villaggi palestinesi. In seguito, l’esercito ha permesso che questi accessi fossero parzialmente riaperti, ma ancora una volta egli si è opposto alla decisione e ha fatto intervenire un bulldozer per chiudere con la forza le strade palestinesi, con la scusa che il traffico palestinese ostacola la circolazione dei coloni, soprattutto nelle ore di punta. Gli accessi ai villaggi rimangono chiusi. A peggiorare le cose, Johnson era accompagnato nella sua visita – insieme a diversi membri del Congresso degli Stati Uniti – dall’ambasciatore del suo paese in Israele, Mike Huckabee, che è ancora più estremista della stessa destra israeliana. Non c’è prova più evidente di questo estremismo del suo negare l’esistenza della carestia o della pulizia etnica a Gaza, che ha visitato la scorsa settimana accompagnato dall’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente Steve Witkoff. Mentre Johnson visitava con orgoglio l’insediamento di Ariel, i miei concittadini dei villaggi vicini, che lui non aveva certamente mai visto, erano imprigionati dietro cancelli di ferro e soffrivano di una grave carenza di acqua e servizi. Mentre lui pronunciava le sue parole altisonanti, i coloni bruciavano i campi nei vicini villaggi palestinesi, realizzando la profezia di Johnson secondo cui questa terra era un diritto esclusivo degli ebrei e che, secondo il punto di vista americano, i palestinesi non avevano alcun diritto di viverci. Come palestinese autoctono che vive in questo Paese, dico al signor Johnson e alla sua banda: il primo piano della casa della mia famiglia dove vivo a Qira è stata costruita dal mio bisnonno più di 300 anni fa, ben prima della fondazione del vostro Stato. Il piano superiore della mia casa è stato costruito da mio padre anni prima che fosse fondato l’insediamento di Ariel, e i miei figli stanno ora progettando di costruirne uno nuovo. I miei ulivi sono stati piantati dai miei antenati centinaia di anni fa e continuano a dare frutti. Io e i miei figli ne piantiamo altri ogni anno e abbiamo intenzione di piantarne ancora. Noi palestinesi, i veri proprietari della terra, rimarremo in questo Paese, che è nostro, ereditato dai nostri padri e dai nostri nonni. Lo coltiviamo, lo curiamo e ne raccogliamo le olive. La vostra visita non cambierà questo fatto, né cancellerà questo diritto. Sì, soffriamo per rimanere su questa terra, perdiamo alcuni dei nostri figli ogni giorno, ma ne rimarranno abbastanza per perseverare e coltivare la terra, guadagnando il minimo indispensabile per sopravvivere. Siamo ancora qui e determinati a vincere la nostra nobile e giusta causa con il sostegno dei popoli liberi del mondo. Il futuro appartiene ai giovani delle nazioni libere, che sono sempre più consapevoli della vostra ipocrisia e complicità nel crimine dell’occupazione per ingraziarvi i vostri padroni che finanziano le vostre campagne elettorali. Persone come voi saranno dimenticate il giorno dopo aver perso le loro posizioni e scompariranno dagli annali della storia. Fareed Taamallah tradotto da Nazarena Lanza Articolo originale su Middle East Monitor: https://www.middleeastmonitor.com/20250809-johnsons-visit-to-the-illegal-ariel-settlement-will-not-make-it-legitimate/#disqus_thread Foto: Il presidente della Camera Mike Johnson (R-LA) parla durante una conferenza stampa insieme ad altri leader repubblicani della Camera al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington, DC, il 19 novembre 2024. [Nathan Posner – Anadolu Agency] Redazione Piemonte Orientale
Attacchi dei coloni in Cisgiordania: memorie della Nakba
La Striscia di Gaza è teatro di un genocidio perpetrato dall’esercito di occupazione israeliano dall’ottobre 2023, mentre la Cisgiordania è teatro di una pulizia etnica sistematica da parte dei coloni terroristi sotto la protezione dell’esercito di occupazione israeliano. Questa atmosfera ci ricorda, come palestinesi nei territori occupati, il periodo che ha preceduto la Nakba del 1948, che ha portato alla catastrofe e allo sfollamento della maggior parte del popolo palestinese e alla costituzione dello Stato di Israele sul 78% della Palestina storica, tra la debolezza araba e l’approvazione internazionale. Sembra che Israele ritenga ora che le condizioni siano mature per completare l’imposizione della sua sovranità e l’annessione del resto della Palestina. Dall’inizio della guerra genocida contro Gaza, abbiamo assistito a feroci attacchi dei coloni contro i villaggi della Cisgiordania. Questi attacchi sono diventati sempre più violenti, distruttivi e sanguinosi, verificandosi quotidianamente e con crescente frequenza, simultaneamente in tutta la Cisgiordania, con l’obiettivo di espellere la popolazione indigena e impadronirsi delle loro terre. Questi attacchi vengono compiuti sotto lo sguardo attento dell’esercito di occupazione israeliano e della polizia, che garantiscono ai coloni l’impunità per i loro crimini. Tuttavia, negli ultimi giorni i coloni hanno attaccato installazioni militari israeliane nell’insediamento di Beit El vicino a Ramallah, protestando contro il breve arresto di diversi coloni che avevano lanciato pietre contro i soldati israeliani. Queste scene ricordano a noi palestinesi la violenza e i massacri perpetrati dalle bande sioniste prima della Nakba del 1948, sotto lo sguardo vigile dell’esercito britannico, e la successiva escalation di questi crimini, che in seguito hanno preso di mira le installazioni militari britanniche e hanno fatto da preludio alla pulizia etnica che ha preceduto e accompagnato la Nakba.   Il terrorismo dei coloni sta aprendo la strada a una nuova Nakba Gli attacchi dei coloni sono diventati più violenti e diffusi perché godono di copertura politica, militare e legale, oltre che del sostegno finanziario del governo israeliano. Godono anche del pieno sostegno americano, in particolare da quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, e della complicità occidentale. A livello politico, i leader più importanti dei coloni fanno parte del governo, prendono decisioni politiche e conferiscono legittimità ai leader dei coloni e alla loro teppaglia, in particolare attraverso i ministri estremisti Itamar Ben-Gvir e Betslael Smotrich. Non nascondono la loro intenzione di attuare il piano di annessione della Cisgiordania e di imporre la sovranità israeliana su di essa, in quello che chiamano il “piano decisivo”. Incitano apertamente all’uccisione e allo sfollamento dei palestinesi, sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza. Questa copertura politica è accompagnata dal governo israeliano, in particolare dal ministro della Sicurezza nazionale estremista Ben-Gvir, che sta procedendo a un massiccio armamento dei coloni per difendersi dal “terrorismo palestinese”. Ciò si traduce nel fatto che queste armi vengono fornite ai coloni per uccidere e terrorizzare i palestinesi e impadronirsi delle loro terre con la forza. D’altra parte, gli attacchi dei coloni ai villaggi palestinesi avvengono sotto la forte presenza militare israeliana, che interviene solo se i palestinesi resistono agli attacchi. L’esercito allora spara per uccidere i palestinesi, come è successo nel villaggio di Kafr Malik, a est di Ramallah, la scorsa settimana (l’articolo originale è stato pubblicato il 4 luglio 2025 su Middle East Monitor). L’esercito di occupazione ha anche installato cancelli di ferro e barriere agli ingressi di tutti i villaggi e città palestinesi per impedire la circolazione dei palestinesi e isolare la Cisgiordania attraverso più di 900 barriere e cancelli. Questa punizione collettiva mira a minare qualsiasi tentativo di contiguità territoriale o di autodifesa da parte dei palestinesi e lascia la libertà di movimento esclusivamente ai coloni, dando loro un vantaggio offensivo. Il governo israeliano ha inventato misure legali emanate sotto forma di ordini militari dall’amministrazione civile per modificare la realtà demografica e geografica della Cisgiordania, espellendo un numero maggiore di residenti e consentendo ai coloni di assumere il controllo dell’area. Le autorità di occupazione hanno istituito quello che chiamano “insediamento pastorale”. Ciò significa che consentono a un singolo colono, o a un numero molto ridotto di coloni, di appropriarsi di migliaia di dunam (1 dunam equivale a 1000m2) di terra palestinese per il pascolo del bestiame. Ai palestinesi è vietato coltivare o utilizzare queste terre perché sono diventate pascoli. Immaginate l’immensa ricchezza di cui godrà questo colono, che beneficia di questi pascoli, quando prenderà possesso di queste terre dopo l’annessione della Cisgiordania e l’imposizione della sovranità israeliana su di esse. Ciò ricorda il selvaggio West americano e le storie dei cowboy che uccidevano i nativi americani, si appropriavano delle loro terre e diventavano ricchi. L’amministrazione civile emette anche ordini militari che dichiarano vaste aree “riserve naturali”, vietando ai proprietari palestinesi di coltivarle o raccoglierne i frutti, anche se sono di proprietà privata e sono state coltivate per centinaia di anni. Lo scopo di questa misura è quello di espellere la popolazione indigena e sostituirla con coloni. Un altro metodo per espellere le popolazioni e confiscare la terra consiste nel dichiarare ampie aree “zone militari”, alle quali i palestinesi non possono accedere. Queste aree vengono poi assegnate ai coloni per essere utilizzate sotto la copertura militare. Gli attacchi quotidiani dei coloni includono l’incendio di proprietà come case e automobili, l’incendio di coltivazioni, in particolare uliveti e campi di grano, e il lancio di pietre contro i veicoli palestinesi che viaggiano sulle strade principali. In molti casi, i palestinesi sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco. È significativo che nessuno dei coloni sia stato assicurato alla giustizia, né sia mai stata avviata alcuna indagine sugli incidenti. Il silenzio del mondo è complicità I coloni e i loro leader vedono ora l’opportunità di annettere la Cisgiordania, o gran parte di essa, a Israele. Interpretano il silenzio del mondo e l’incapacità di fermare i crimini di Israele come un via libera per completare la missione. Alla luce dell’incapacità del mondo di fermare la guerra di annientamento a Gaza e la guerra israeliana contro l’Iran, soprattutto data la presenza di un presidente americano filoisraeliano che si allinea quasi completamente all’aggressione israeliana. Tutte queste circostanze e questi eventi sono molto simili alle condizioni che prevalevano a metà degli anni ’40. Dopo la vittoria della Gran Bretagna e dei suoi alleati nella seconda guerra mondiale, i combattenti armati sionisti terminarono il lavoro al fronte e giunsero in Palestina. Dichiararono l’inizio della battaglia decisiva che portò alla pulizia etnica del 78% della Palestina storica in preparazione alla creazione dello Stato ebraico, con l’approvazione internazionale e in particolare occidentale. Durante quel periodo, gli attacchi contro la popolazione indigena si intensificarono e si estesero e le bande sioniste commisero numerosi massacri, in particolare il massacro di Deir Yassin, con l’obiettivo di terrorizzare la popolazione e costringerla ad andarsene e a cedere le proprie terre, cosa che successivamente avvenne. Le bande sioniste si sentirono sempre più sicure e incoraggiate e iniziarono ad attaccare le installazioni e il personale militare britannico, nonché le autorità britanniche che avevano favorito la loro crescita, le avevano armate e avevano permesso l’immigrazione ebraica in Palestina. Uno degli attacchi terroristici più notevoli fu quello del 1946 contro il quartier generale amministrativo britannico al King David Hotel di Gerusalemme. Noi, palestinesi che viviamo in Cisgiordania, siamo esausti per la guerra che ci viene mossa da oltre un secolo. Sentiamo questa nuova catastrofe avvicinarsi a piccoli passi. Siamo indifesi e privi dei mezzi per difenderci dalle bande armate organizzate, sostenute da un governo e da un esercito che imperversano in tutto il Medio Oriente. Il mondo arabo rimane in silenzio e non fa nulla, se non condannare e denunciare gli attacchi dei coloni, mentre l’Occidente è complice del genocidio a Gaza e della pulizia etnica in Cisgiordania. La nostra unica speranza di sopravvivenza risiede nella continua pressione dei popoli liberi sui loro governi e nel fatto che il mondo trasformi la sua condanna verbale in azioni concrete sul campo, ritenendo Israele e i suoi leader responsabili dei loro crimini, boicottandoli economicamente e politicamente e imponendo loro sanzioni prima che sia troppo tardi. di Fareed Taamallah tradotto da Nazarena Lanza Articolo originale: https://www.middleeastmonitor.com/20250704-settler-attacks-in-the-west-bank-memories-of-the-pre-nakba-period/   Redazione Piemonte Orientale
I palestinesi non hanno bisogno di altre parole
Nel mentre Israele, non contenta della carneficina operata sino ad ora, sta decidendo se occupare interamente la Striscia di Gaza e i suoi invasati coloni occupano abusivamente con la violenza altri territori in Cisgiordania, l’Occidente si interroga sull’uso più  meno appropriato del termine “genocidio” e ripete come un ritornello assolutorio […] L'articolo I palestinesi non hanno bisogno di altre parole su Contropiano.
Israele ha deciso di completare il genocidio a Gaza
«Il dado è tratto», hanno dichiarato ieri alti funzionari al Canale 12 israeliano e a Ynet News, «occuperemo la Striscia di Gaza». L’obiettivo che Israele persegue da circa 80 anni – l’occupazione totale della Palestina e la cacciata/genocidio del popolo palestinese – è sempre più vicino. Naturalmente i media occidentali […] L'articolo Israele ha deciso di completare il genocidio a Gaza su Contropiano.