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Visti negati, diritti calpestati: l’inerzia del Governo nei confronti dei palestinesi di Gaza
Dal 6 agosto al 10 settembre 2025, il Tribunale di Roma ha emesso una serie di provvedimenti 1 che obbligavano lo Stato italiano a rilasciare visti d’ingresso a famiglie palestinesi intrappolate nella Striscia di Gaza 2. Si tratta, in gran parte, di nuclei con bambini e bambine, riconosciuti come titolari di un diritto all’ingresso in Italia. Nonostante ordini espliciti che imponevano al Ministero degli Affari Esteri e al Consolato italiano a Gerusalemme di agire “entro e non oltre sette giorni”, ad oggi nessun visto è stato materialmente rilasciato. Non sono valsi a nulla i numerosi solleciti inviati dalle avvocate e dagli avvocati ASGI: lo Stato italiano resta inerte 3. L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), che ha seguito i ricorsi, denuncia una «grave e colpevole mancata esecuzione dei provvedimenti giudiziari». Con un nuovo comunicato, ASGI sottolinea come «il silenzio dello Stato italiano non trovi alcuna giustificazione ed è evidente la responsabilità che si assume per l’inerzia sin qui dimostrata». L’associazione evidenzia che tale inadempienza «appare tanto più grave alla luce della drammatica situazione in corso nella Striscia di Gaza, documentata e resa evidente all’intera comunità internazionale». «Sappiamo che la situazione è estremamente complessa e che tutto deve passare anche dalle autorità israeliane. Al momento, però» – spiega l’avvocato Dario Belluccio di ASGI – «non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione sulle eventuali attività svolte dall’Italia per dare seguito alla decisione del Tribunale. I nostri assistiti non ce la fanno più, sono allo stremo. E qualsiasi ritardo può costare loro la vita». Un’ordinanza del Tribunale sostiene: «Lo Stato italiano non solo non può legittimamente ostacolare l’ingresso sul territorio dei ricorrenti in fuga da Gaza, ma anzi ha un obbligo rafforzato a consentirne l’accesso, quale misura di protezione minima e necessaria per prevenire la violazione irreparabile del diritto alla vita, all’incolumità personale e alla dignità umana». Le ordinanze riguardano cinque nuclei familiari, per un totale di circa una quarantina di persone, molte delle quali sono minori, anziani, persone malate, oppure familiari di cittadini italiani. Il tribunale ha fatto espresso riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, sottolineando che l’Italia ha obblighi giuridici non solo di cooperazione ma di prevenzione. Le autorità italiane, secondo ASGI, non hanno fornito risposte concrete: nessuna motivazione ufficiale per il ritardo, nessuna conferma che siano stati compiuti atti per ottenere le autorizzazioni necessarie dalle autorità israeliane. La situazione nella Striscia di Gaza è documentata come genocidaria: bombardamenti indiscriminati, fame e difficoltà nell’accesso a beni di prima necessità, rischio costante per i civili, specie per i più vulnerabili. ASGI ribadisce: «Lo Stato italiano deve agire immediatamente, nessun ulteriore ritardo è giustificabile. Tutti i palestinesi devono avere gli stessi diritti. Riterremo responsabile lo Stato italiano della colpevole inerzia se qualcuno dei nostri assistiti dovesse morire o subire ulteriori gravissimi danni». Quanto emerso mostra che non è più possibile considerare questo un difetto amministrativo: è una questione politica, giuridica e morale. Lo Stato italiano è chiamato non solo a rispettare la legge nazionale, ma anche gli obblighi internazionali – inclusi quelli derivanti da trattati che ha sottoscritto. ASGI chiede: il rilascio immediato dei visti ordinati, l’avvio concreto delle operazioni di fuoriuscita dalla Striscia, la trasparenza sulle richieste e i contatti con le autorità israeliane, e che ogni ritardo venga riconosciuto come aggravante. «Ogni ulteriore ritardo – conclude l’associazione – costituirà un’aggravante della già grave responsabilità politica, giuridica e morale assunta dal Governo. Ogni limite è superato ed è chiara la colpevole responsabilità dello Stato italiano, di cui si chiederà soddisfazione in ogni sede». 1. La sintesi delle pronunce del Tribunale di Roma emesse tra il 6 e il 13 agosto, ASGI (26 agosto 2025) ↩︎ 2. Gaza, il tribunale di Roma ordina l’ingresso di famiglie palestinesi. Asgi: “Ma il governo ancora non agisce”, Il Fatto Quotidiano (23 agosto 2025) ↩︎ 3. Il comunicato di ASGI del 23 agosto 2025 ↩︎
CPR di Palazzo San Gervasio: liberato il cittadino dominicano dopo l’ingiusta convalida del trattenimento
Il Giudice di Pace di Melfi convalidava illegittimamente il trattenimento di un cittadino dominicano e avverso il provvedimento veniva proposta istanza di riesame, la quale veniva accolta il 16.8.2025; nelle more del primo ricorso, il GdP di Roma con decreto dell’8.8.2025 accoglieva l’istanza di sospensiva proposta nel ricorso avverso l’espulsione. Giudice di Pace di Melfi, decreto del 16 agosto 2025 Giudice di Pace di Roma, decreto del 8 agosto 2025 Si ringrazia l’Avv. Antonello Andriuolo per la segnalazione e il commento. LA VICENDA DEL RICORRENTE Il 21.7.2025 alla Stazione Termini di Roma viene fermato un cittadino dominicano e dagli accertamenti della Polizia risulta che la Questura di Terni aveva disposto la revoca del permesso di soggiorno UE per la convivenza con una cittadina italiana, nonostante il permesso fosse stato rilasciato dalla Questura di Catania. Il Prefetto di Roma dispone l’espulsione e il competente Questore l’immediato ordine di trattenimento presso il CPR di Palazzo San Gervasio. La Polizia desume la sua pericolosità sociale sulla base di lievi precedenti penali risalenti al periodo della minore età e antecedenti al rilascio del PdS. La Questura di Roma non permette in alcun modo al cittadino dominicano di richiedere un permesso per motivi di famiglia, di lavoro o attesa occupazione, nonostante vi fossero i presupposti. Il trattenimento viene ingiustamente convalidato dal GDP di Melfi, competente per il CPR di Palazzo San Gervasio, e il sottoscritto avvocato congiuntamente al suo cliente decidono di non richiedere la protezione internazionale (prassi molto diffusa all’interno del CPR di Potenza) e di procedere con il riesame considerata la superficialità del primo giudice di Pace che non ha nemmeno esaminato la documentazione prodotta nel fascicolo telematico. Durante l’udienza di Convalida, il sottoscritto difensore si limita a riportarsi all’atto e alla documentazione prodotta, e il GDP, costatato che il ricorrente ha un figlio e una madre naturalizzata italiana, in accoglimento del ricorso, ordina l’immediata liberazione del trattenuto. Nelle more viene proposta l’impugnazione del provvedimento di espulsione e il Giudice di Pace di Roma, letto il ricorso, accoglie l’istanza di sospensiva rinviando, per il carico di ruolo, all’udienza del 23.9.2025. Dopo oltre 14 anni che tratto la materia dell’immigrazione, ritengo che in tanti casi la richiesta di protezione internazionale, all’interno dei CPR, possa compromettere i diritti dei cittadini stranieri oltre che per il periodo di trattenimento anche perché, cessate le misure di trattenimento, in tanti casi, potrebbero restare privi di qualunque tutela. L’istanza di protezione internazionale va esperita, in estrema ratio, quando si intuisce che sta per essere rilasciato il lascia passare necessario al rimpatrio coatto. La richiesta di protezione non è uno strumento che deve essere utilizzato per trasferire la competenza del caso alla CDA competente, illudendo il trattenuto di poter avere un’altra possibilità di ottenere la cessazione delle misure di trattenimento. E’ necessario che il difensore tuteli il diritto di soggiorno dello straniero anche dopo la sua liberazione dandogli la possibilità di avere un titolo di soggiorno altrimenti al primo controllo delle forze dell’ordine potrebbe essere nuovamente sottoposto alle misure di trattenimento.
E’ diritto del minore convivente con genitori regolarmente soggiornanti ottenere sempre un PdS per motivi familiari
Il tribunale di Torino stabilisce il diritto del minore convivente con genitore regolare di ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari ai sensi dell’art. 31 comma 1 TUI a prescindere dalla sussistenza di requisiti reddituali o alloggiativi.  La Questura di Torino, infatti, è solita rigettare le richieste di permesso di soggiorno per figli ultraquattordicenni se i genitori non dimostrano di avere i requisiti reddituali e alloggiativi previsti dall’art. 29 TUI e richiamati all’art. 30 TUI.  Il Tribunale ha invece accolto la tesi difensiva e chiarito che “l’art. 31 co. 1 TUI introduca un autonomo permesso di soggiorno per motivi familiari, il quale persegue finalità diverse rispetto alla normativa generale di quegli articoli 28, 29 e 30 (interesse del minore vs. unità familiare) e richiede la verifica in ordine alla sussistenza di diversi requisiti. L’autonomia concettuale e la diversità strutturale tra i permessi di soggiorno di cui agli articoli 29-30 e 31 co. 1 TUI è stata affermata in più occasioni dalla giurisprudenza di legittimità. Si richiama in particolare la sentenza della Corte di Cassazione n. 15754/2006, laddove si legge testualmente che “l’iscrizione di cui all’art. 31, comma 1, non presuppone che essa avvenga all’esito della sola procedura di ricongiungimento di cui all’art. 29, comma 1, lett. B) e commi 7, 8, 9” (nello stesso senso, cfr. Cass. n. 8398/2014). Orbene, come già rilevato, l’art. 31 co. 1 TUI stabilisce che il minore convivente “segue la condizione giudica del genitore”. L’assertività della disposizione è tale da escludere che si possa condizionare il rilascio del permesso citato alla sussistenza di ulteriori requisiti, quali quelli reddituali e alloggiativi previsti dall’art. 29 TUI. L’interpretazione alternativa proposta dalla PA, per cui bisognerebbe comunque fare riferimento agli ulteriori requisiti di cui all’art 29 TUI, si pone peraltro in contrasto con l’inequivocabile dato normativo di cui all’art 31 co. 1 TUI. Invero, l’art. 31 co. 1 TUI è una norma speciale introdotta dal legislatore nello specifico interesse del minore, circostanza che ne giustifica una maggiore ampiezza rispetto alla regola generale di cui all’art. 29 TUI. A tal proposito, merita ricordare che l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del bambino è espressamente sancito dall’art. 24 par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ed è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia UE, la quale – chiamata a pronunciarsi in materia di ricongiungimento familiare – ha altresì affermato che “la facoltà prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86 deve essere interpretata restrittivamente. La discrezionalità riconosciuta agli Stati membri [di introdurre requisiti reddituali per l’autorizzazione al soggiorno, n.d.r.] non deve essere impiegata dagli stessi in modo da pregiudicare l’obiettivo della direttiva e il suo effetto utile” (così CGUE, sentenza 6.12.2012, ause riunite C‑356/11 e C‑357/11, punto 74)”. La pronuncia, peraltro, è stata resa in favore di una minore divenuta maggiorenne nelle more della valutazione questorile: anche sul punto il Giudice ha accolto le nostre argomentazioni e riconosciuto ugualmente il diritto al permesso per motivi familiari considerato che al momento di presentazione della domanda la stessa era ancora minorenne. Tribunale di Torino, sentenza del 22 maggio 2025 Si ringrazia l’Avv. Elena Garelli per la segnalazione e il commento. Il caso è stato seguito insieme all’Avv. Paola Fierro dello Studio Legale.
Ordinato all’Ambasciata d’Italia a Casablanca il rilascio del visto per ricongiungimento familiare dopo 17 mesi di attesa
Il Tribunale di Roma ha ordinato il rilascio del visto di ingresso per ricongiungimento familiare, a seguito dell’inerzia protratta da circa diciassette mesi da parte del Consolato d’Italia a Casablanca, disponendo che la Pubblica Amministrazione rilasci entro 30 giorni il visto al coniuge e al figlio minore, quest’ultimo affetto da problematiche di salute. “Nel caso di specie il ricorrente ha dimostrato con i documenti prodotti in giudizio il vincolo coniugale con la moglie ed il rapporto con il minore, a quest’ultimo, inoltre deve essere garantito il diritto all’unità familiare come disposto dalla Costituzione, dall’art. 8 CEDU e dall’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali. La centralità dell’interesse del minore anche nell’interpretazione normativa, deve ritenersi principio di ordine internazionale sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo stipulata a New York il 20.11.1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991 n.176, il diritto, pertanto, del figlio minore del ricorrente alla bigenitorialità deve trovare piena immediata tutela alla luce anche delle particolari condizioni di salute del bambino, come da documento prodotto (…). Pertanto, esistono i presupposti affinché il suintestato Tribunale possa emanare l’ordine di rilascio dei visti in via cautelare urgente in corso di causa.” Tribunale di Roma, decreto del 24 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Maria Grazia Martelli del Foro di Treviso per la segnalazione e il commento.
Nessuna discriminazione tra cittadini italiani “statici” e “mobili” in tema di permesso FAMIT
Una recente decisione, ottenuta dall’avvocato Giovanni Barbariol nell’ambito del progetto “Annick. Per il diritto all’unità familiare”, ha fatto emergere una discriminazione specifica sul riconoscimento del diritto all’unità familiare. La vicenda di una coppia gay convivente tra cittadino italiano ed extraUE ha messo in evidenza come le persone LGBTQ+ possano incontrare ostacoli ulteriori nel vedersi riconosciuti diritti fondamentali. Il Tribunale di Trento ha accolto il ricorso cautelare presentato da un cittadino colombiano che aveva chiesto un permesso di soggiorno per motivi familiari in quanto convivente con il partner italiano. La Questura di Trento aveva respinto la sua domanda sostenendo che la convivenza di fatto non fosse equiparabile al matrimonio o all’unione civile, e che dunque il richiedente non potesse ottenere un titolo di soggiorno familiare, in particolare dopo le modifiche normative del 2023 che introducono la distinzione tra familiare di cittadino statico e dinamico. Inoltre, aveva ritenuto inammissibile la coesistenza di una precedente sua domanda di asilo e di una domanda per di permesso per motivi familiari. Il giudice, però, ha rigettato questa interpretazione. Nella decisione si sottolinea che la direttiva europea 2004/38/CE e il d.lgs. 30/2007 mirano a “garantire l’unità familiare, agevolando l’ingresso anche ai soggetti che, pur condividendo un progetto di vita caratterizzato da stabile assistenza morale e materiale, non abbiano formalizzato la loro unione con il matrimonio o con l’unione civile, purché la relazione sia debitamente attestata con documentazione ufficiale”. In questo senso, il contratto di convivenza stipulato e registrato dai due partner, uno cittadino extracomunitario l’altro cittadino italiano è ritenuto dal Tribunale pienamente valido: “Deve riconoscersi che il contratto di convivenza sottoscritto […] abbia i requisiti della documentazione ufficiale richiesta ai fini dell’iscrizione anagrafica” ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 30/07. Quanto all’interpretazione dell’art. 23, comma 1-bis, introdotto nel 2023, il Giudice chiarisce che non può essere usato per restringere i diritti dei familiari di cittadini italiani “statici”: il rinvio al Testo Unico Immigrazione riguarda solo le modalità tecniche di rilascio, non la sostanza del diritto. Diversamente, spiega l’ordinanza, si produrrebbe “una discriminazione dei cittadini italiani statici rispetto ai cittadini europei e ai cittadini italiani mobili, non supportata da adeguata giustificazione”. Infine, viene escluso che la pendenza di una domanda di protezione internazionale impedisca quella per motivi familiari. Il pericolo di espulsione, dato il rigetto della prima richiesta d’asilo e l’incertezza sulla seconda, rende urgente la tutela. Per queste ragioni, il Tribunale ha ordinato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari con dicitura “Familiare cittadino italiano” (denominato FAMIT), accertando il diritto del ricorrente all’unità familiare. Tribunale di Trento, ordinanza del 26 luglio 2025 “Annick. Per il diritto all’unità familiare” è un progetto a cura di Melting Pot ODV in collaborazione con Circolo Arci Pietralata e il supporto dei legali dell’Associazione Spazi Circolari, dedicato ad Annick Mireille Blandine. E’ stato finanziato nel corso del 2024 da ActionAid International Italia E.T.S e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “THE CARE – Civil Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea. Il contenuto di questo articolo rappresenta l’opinione degli autori che ne sono esclusivamente responsabili. Né L’Unione europea né l’EACEA possono ritenersi responsabili per le informazioni che contiene né per l’uso che ne venga fatto. Analogamente non possono ritenersi responsabili ActionAid International Italia E.T.S. e Fondazione Realizza il Cambiamento.
Protezione speciale per madre tunisina con cinque figli: riconosciuto il diritto all’unità familiare
Il Tribunale di Bologna ha accolto il ricorso presentato dalla cittadina tunisina a cui era stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari a causa di un’assenza prolungata dal territorio nazionale. Il Giudice ha riconosciuto in suo favore il diritto alla protezione speciale, con possibilità di conversione del titolo in permesso per motivi di lavoro, valorizzando il radicamento familiare e sociale comunque maturato in Italia. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 La ricorrente, madre di cinque figli minori e moglie di un cittadino tunisino regolarmente soggiornante in Italia sin dal 1991, si era temporaneamente allontanata dal Paese per assistere la madre gravemente malata in Tunisia. Tale circostanza, pur avendo determinato un’interruzione della continuità del soggiorno, è stata ritenuta dal Tribunale giustificata e non tale da far venir meno i legami significativi costruiti sul territorio italiano. Il Giudice ha ritenuto prevalente il diritto alla vita familiare della donna e l’interesse superiore dei figli a mantenere l’unità del nucleo in Italia, richiamando il combinato disposto dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 19, comma 1.1, del Testo Unico sull’Immigrazione. In particolare, è stato sottolineato come l’allontanamento forzato della madre avrebbe compromesso in modo grave ed irreparabile la stabilità affettiva e lo sviluppo dei minori. La decisione rappresenta un rilevante precedente in materia di protezione speciale, ribadendo l’obbligo per l’amministrazione e la giurisdizione di tenere conto, nei procedimenti di espulsione e rinnovo del permesso di soggiorno, dei vincoli affettivi e dell’inserimento sociale del cittadino straniero, in un’ottica di effettiva tutela dei diritti fondamentali. Tribunale di Bologna, sentenza del 3 luglio 2025 Il procedimento è stato patrocinato dall’Avv. Nicola Montefiori, con la collaborazione della Dott.ssa Antonella Nediani, avvocata argentina con esperienza in diritto dell’immigrazione. * Consulta altre decisioni relative al permesso di soggiorno per protezione speciale