Autorizzato l’ingresso dei nonni in Italia per accudire la minore e garantire il benessere dell’intero nucleo familiareL’importante decisione della Corte d’Appello di Trento offre una lettura ampia e
coerente dell’art. 31, comma 3, del Testo Unico Immigrazione, correggendo
l’impostazione restrittiva adottata dal Tribunale per i Minorenni di Trento.
Quest’ultimo aveva purtroppo concluso che non emergessero “elementi sufficienti
a giustificare adeguatamente la necessità dell’ingresso” dei nonni della minore
e che la bambina fosse “già adeguatamente accudita dai genitori”, negando quindi
il carattere indispensabile della presenza dei nonni – anche per sostenere i
genitori nell’accudimento – e la sussistenza di un grave pregiudizio derivante
dalla loro lontananza. La Corte d’Appello riforma totalmente però questo
approccio, chiarendo che il Tribunale non aveva correttamente applicato i
principi consolidati in materia, né svolto il necessario giudizio prognostico
richiesto dalla norma.
Nel richiamare la cornice normativa e giurisprudenziale, il Collegio sottolinea
come i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” debbano essere
interpretati alla luce sia delle disposizioni interne sia degli obblighi
derivanti dal diritto internazionale ed europeo, con particolare riguardo al
superiore interesse del minore. La Corte ricorda che tali motivi ricorrono
quando il mancato ingresso del familiare comporti “una seria compromissione
dell’equilibrio psicofisico del minore, non altrimenti evitabile”, e ribadisce
che, pur non essendo un criterio assoluto, l’interesse del minore si trova “in
una posizione di preminenza tale da imporre al giudice di considerare, in ogni
singolo caso, quale delle soluzioni possibili sia ad esso più favorevole”. È in
questa prospettiva che deve essere condotto anche il giudizio di proporzionalità
richiesto dalla Corte EDU, volto a verificare se il diniego costituisca una
misura necessaria e non eccessiva rispetto allo scopo perseguito.
In appello emerge invece un quadro familiare e sanitario che il Tribunale non
aveva valutato adeguatamente. La minore, nata in Italia e affetta da una
gravissima e rara patologia congenita, “non è in grado di compiere alcuna
attività della vita quotidiana e necessita di continua assistenza”, presenta
disabilità fisiche, cognitive e sensoriali. Il nucleo familiare, proveniente da
un paese dell’Asia meridionale e privo in Italia di qualunque rete parentale,
sostiene da anni un carico assistenziale totalizzante. La madre, che non può
lavorare per l’impegno giornaliero, è “particolarmente affaticata”, mentre il
padre, impegnato in attività accademica spesso anche all’estero, presenta
sintomi riconducibili a “stress da sovraccarico”. Le relazioni dei servizi
territoriali confermano che i genitori stanno adempiendo con grande dedizione ai
loro compiti, ma che le loro energie sono messe a dura prova dalla condizione
della bambina.
In questo contesto, la Corte riconosce che i nonni, residenti nel paese
d’origine, costituirebbero un supporto essenziale, non sostituibile mediante
altre soluzioni. Il Collegio sottolinea che il loro aiuto rappresenterebbe “un
indispensabile ausilio alla gestione del ménage familiare, a vantaggio del
benessere della nipote e a garanzia della sua sicurezza”, e valorizza anche la
dimensione affettiva e culturale, evidenziando come la comunanza linguistica e
culturale possa favorire ulteriormente il rapporto con la minore, soprattutto
considerato il suo gravissimo deficit comunicativo. Per la Corte è dunque
“evidente che la vicinanza fisica e psicologica dei nonni” apporterebbe un
contributo determinante all’equilibrio del nucleo e, in via diretta, al
benessere della minore.
Alla luce di questi elementi, il Collegio ritiene che il diniego del Tribunale
costituisca una misura “ingiustificata e sproporzionata” e che questa possa
incidere negativamente sul diritto della bambina alla vita familiare, intesa
come rete di affetti, relazioni e solidarietà. Il ragionamento della Corte si
sviluppa in modo strettamente aderente al dettato dell’art. 31 TUI, ricordando
che la tutela accordata dal legislatore è posta esclusivamente nell’interesse
del minore, mentre l’interesse del familiare è solo riflesso e strumentale. Con
queste motivazioni, l’appello è accolto e viene disposta un’autorizzazione alla
permanenza dei nonni per due anni, prorogabile previa verifica dei requisiti:
una soluzione che, nel rispetto del carattere temporaneo dell’istituto, consente
tuttavia di dare piena tutela alla situazione eccezionalmente delicata emersa
nel caso concreto.
La Corte ribadisce così che, in presenza di una condizione di vulnerabilità
estrema, l’intervento della rete familiare allargata può diventare elemento
decisivo per la protezione complessiva del bambino, e che tale esigenza merita
pieno riconoscimento anche attraverso l’uso della norma derogatoria prevista dal
Testo Unico.
Corte d’Appello di Trento, decreto del 25 settembre 2025
Il ricorso è stato patrocinato dall’avv. Giovanni Barbariol nell’ambito del
progetto “Annick. Per il diritto all’unità familiare” a cura di Melting Pot ODV,
in collaborazione con Circolo Arci Pietralata e il supporto dei legali
dell’Associazione Spazi Circolari, dedicato ad Annick Mireille Blandine.
Il progetto è stato finanziato nel 2024 da ActionAid International Italia E.T.S
e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “THE CARE – Civil
Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea.
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Analogamente non possono ritenersi responsabili ActionAid International Italia
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