Riconosciuta la protezione speciale al richiedente nigeriano, dopo violazione dei termini della cd. procedura accelerata
Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto la protezione speciale in seguito alla
presentazione dell’istanza ex art. 7-quinquies del D.L. n. 20/2023. Ciò che
rende peculiare questa decisione è il fatto che, all’epoca, il ricorrente aveva
presentato una nuova domanda di protezione internazionale presso la Questura di
Taranto. La domanda era stata dichiarata inammissibile dalla Commissione
Territoriale di Caserta.
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Successivamente, il richiedente si è rivolto al difensore legale, quando ormai
erano trascorsi i 15 giorni previsti per proporre ricorso secondo la procedura
accelerata. La difesa ha quindi sollevato un’eccezione, sostenendo che non erano
stati rispettati i termini della procedura accelerata e che, di conseguenza,
dovevano applicarsi i termini ordinari di 30 giorni. Il Tribunale di Napoli ha
accolto questa eccezione, ritenendo il ricorso tempestivo.
Ne deriva che l’effetto sospensivo del provvedimento impugnato è automatico e
che il termine per proporre ricorso non è di 15, ma di 30 giorni. A questo
proposito, va ricordato che – per quanto riguarda i termini procedurali previsti
dall’art. 28-bis del D.Lgs. 25/2008 – la giurisprudenza, sia di legittimità che
di merito, è da tempo consolidata. È stato infatti affermato il principio
secondo cui, in caso di superamento dei termini per l’audizione del richiedente
o per la decisione della Commissione, si ripristina la procedura ordinaria. In
tal caso, si applica nuovamente il principio generale della sospensione
automatica del provvedimento della Commissione Territoriale e il termine per
impugnare torna ad essere quello ordinario di trenta giorni, previsto dall’art.
35-bis, comma 2, del medesimo decreto.
Nel merito, il ricorrente ha dimostrato una solida integrazione sociale e
lavorativa. Come rilevato dal Tribunale: “L’acclarata stabilità lavorativa rende
l’istante inespellibile ai sensi dell’art. 19, comma 1.1, del Testo Unico
sull’Immigrazione, poiché il rimpatrio violerebbe i suoi diritti fondamentali
alla vita privata, tutelato dall’art. 8 della CEDU, nonché i diritti al cibo,
all’abitazione e a un ambiente salubre, riconosciuti dal Patto internazionale
sui diritti economici, sociali e culturali, adottato dall’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966, entrato in vigore il 3 gennaio 1976 e
ratificato dall’Italia con la legge n. 881/1977”.
Tribunale di Napoli, decreto del 15 luglio 2025
Si ringrazia l’Avv. Mariagrazia Stigliano per la segnalazione e il commento.
* Consulta altre decisioni relative al riconoscimento della protezione speciale