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Rassegna Stampa sulla campagna “La conoscenza non marcia”
ABBIAMO RACCOLTO IN QUESTA PAGINA I LINK DELLE FONTI CHE PARLANO DELLA CAMPAGNA LA CONOSCENZA NON MARCIA, AVVIATA DALL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ INSIEME AD ANTROPOLOG@ PER LA PALESTINA E ALTRE ASSOCIAZIONI, ORGANIZZAZIONI STUDENTESCHE E SINDACATI DI BASE. CREDIAMO CHE SIA UTILE IN QUESTO MOMENTO FAR SENTIRE LA VOCE DELLA SCUOLA E DELL’UNIVERSITÀ SU UNA QUESTIONE CHE DOVREBBE ESSERE NELL’AGENDA DI OGNI AGENZIA FORMATIVA ED EDUCATIVA IN CUI SI PROVA A DISCUTERE DELLA NARRAZIONE DELLA STORIA CHE SI STA COSTRUENDO SOTTO I NOSTRI OCCHI. 1. Il manifesto.it Contro il genocidio la conoscenza non marcia nelle scuole e nelle università 2. Ansa Studenti, una legge contro militarizzazione scuole e atenei 3. Editoriale domani Tutti a scuola di guerra. La protesta contro l’istruzione militarizzata 4. Il Capoluogo La conoscenza non marcia. La sfida del sapere libero contro le logiche della guerra 5. Contropiano Roma. La conoscenza non marcia assemblea all’università 6. Pressenza Manifesto la conoscenza non marcia scuole e università contro la guerra 7. Scuolalink Scuola e università contro il riarmo la conoscenza non marcia 8. Retedeicomunisti Report dell’assemblea nazionale la conoscenza non marcia 9. Radio Ondarossa Conoscenza non marcia 10. Usb Università aderisce alla campagna nazionale la conoscenza non marcia 11. Ersaf La scuola italiana si mobilita la conoscenza non marcia contro il riarmo e la complicità nel genocidio a gaza 12. BDS Italia La conoscenza non marcia 13. Contropiano La conoscenza non marcia ma intende cambiare università scuole e società 14. Comprensivoprimolevi La conoscenza non marcia 15. Tecnica della scuola Studenti docenti e ricercatori in prima linea contro riarmo e genocidio a gaza al via la campagna la conoscenza non marcia le scuole si attivino 16. https://www.officinadeisaperi.it/agora/politica-e-cultura/contro-il-genocidio-la-conoscenza-non-marcia-nelle-scuole-e-nelle-universita-da-il-manifesto/ 17. Raccordo La conoscenza non marcia 18. Gradnews La conoscenza non marcia
Manifesto “La conoscenza non marcia”. Scuole e Università contro la guerra
PER DIFENDERE UNIVERSITÀ E SCUOLE DALL’INVASIONE DELL’INDUSTRIA BELLICA, DALLA LOGICA MILITARE, DALLA COLLABORAZIONE CON IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE PREMESSA Assistiamo a una crescente invasione del settore dell’istruzione e della ricerca da parte della filiera militare industriale e del suo dispiegamento ideologico. Il processo di militarizzazione dei luoghi del sapere sembra procedere secondo tre direzioni. In primo luogo verso la costruzione della cosiddetta “cultura della difesa” con la finalità ideologica di far apparire la guerra possibile e la sua preparazione necessaria anche e soprattutto alle giovani generazioni. Il secondo obiettivo è quello del reclutamento, attraverso PCTO, e le iniziative di orientamento e di tirocinio universitari. Infine, attraverso la presenza dell’industria militare, si potenzia la realizzazione dell’obiettivo neoliberista di una formazione subordinata all’interesse dell’impresa. Progetti in corso, come quello dell’applicazione alla formazione tecnica e professionale della riduzione del percorso di studio a 4+2 (due di ITS) consentendo una completa compartecipazione alla costruzione dei curricula e all’insegnamento di Ministero e imprese private, vedono una partecipazione importante di imprese del comparto militare-industriale. In primis, ovviamente della Leonardo, con le sue Fondazioni. La necessità da parte delle classi dirigenti della militarizzazione dei luoghi della formazione è ora rafforzata dalla svolta bellicista impressa dal programma Rearm Europe. La relazione “Preparedness Union Strategy: reinforcing Europe’s resilience in a changing world” del marzo 2025 richiede “preparedness” (Ndr. essere preparati di fronte alla guerra) nei programmi d’istruzione scolastica e nell’aggiornamento del personale educativo (si veda A. Angelucci). Riteniamo necessario contrastare tale dinamica, le cui pericolose implicazioni sono emerse durante i due anni della fase attuale del genocidio della popolazione palestinese. I rischi per l’umanità rappresentati dalla commistione tra istruzione ed industria bellica sono esemplari nel caso israeliano, ma rappresentano un pericolo concreto anche alle nostre latitudini: la sempre più rapida militarizzazione della scuola e della società nel nostro Paese (e negli altri Paesi europei e non) può essere interpretata come una israelizzazione dei nostri territori, un’importazione del modello di società israeliana, militarizzata fin nei suoi più profondi gangli, che coinvolge in particolare il mondo dell’infanzia e della scuola, come denuncia il film Innocence. Dunque il tema del riarmo e della militarizzazione è fortemente connesso a quello dell’occupazione e del genocidio palestinese, e questa lettura apre a molteplici approfondimenti, tra cui la colonizzazione/riconfigurazione militare dei territori (spaziocidio), la violenza simbolica usata per controllare e piegare le soggettività non conformi (Innocence), la violenza epistemica che annienta le memorie e i saperi. Per questa ragione la campagna “La conoscenza non marcia” si propone di intervenire direttamente nel rapporto strutturale che lega il progetto sionista (in cui l’istruzione ha un ruolo importante, cfr. Rapporto BDS), la militarizzazione della società e l’istruzione pubblica. Il definanziamento dell’Università italiana, connesso alla ripetuta introduzione di nuove forme contrattuali di precariato della ricerca e della docenza, spinge a rendere prassi normale il reperimento di risorse presso agenzie private e pubbliche che hanno come proprio core business l’intelligence e l’industria bellica. A titolo esemplificativo, possono essere citati i seguenti casi: Elbit Systems è una delle aziende più importanti per la fornitura di tecnologia militare dell’esercito israeliano (compresi i materiali utilizzati nei più recenti attacchi a Gaza), ed è stata coinvolta in numerosi progetti finanziati dall’UE (nell’ambito del programma Horizon 2020, in particolare). Allo stesso modo, la Israeli Aerospace Industries (IAI), un importante produttore israeliano di proprietà statale nel settore della difesa e aerospaziale, è coinvolta in numerosi progetti nel programma Horizon Europe attualmente in corso. Molte università israeliane, come l’Istituto israeliano di tecnologia (Technion), hanno da tempo contribuito all’istituzionalizzazione dell’apartheid, all’occupazione dei territori e alla sistematica discriminazione nei confronti dei palestinesi, esercitando un ruolo crescente nella repressione del dissenso attraverso tecnologie via via più sofisticate. Inoltre, le università europee spesso stipulano contratti con aziende tecnologiche come HP, anch’essa indicata come fornitore di tecnologie per il controllo sulla popolazione palestinese (Cfr. Antropologia, diritto internazionale e dibattito pubblico sul ‘possibile’ genocidio in Palestina, dossier a cura di Stefano Portelli e Francesca Cerbini e Antropolog per la Palestina). Alcune università, come ad esempio la Ariel University, operano direttamente nello scenario coloniale agendo direttamente come agenti dell’oppressione e dell’espulsione del popolo palestinese, essendo collocati su territori occupati illegalmente in Cisgiordania. Poiché sappiamo che la progettualità e la ricerca dual use sono estremamente problematiche, date le difficoltà di stabilire se un prodotto scientifico sia o meno indirizzato per scopi militari, nei suoi diversi utilizzi, il principio di precauzionalità deve guidare sempre l’operato dell’università pubblica di fronte all’offerta di partnership con le istituzioni di quei Paesi che implementano sistematicamente politiche e pratiche coloniali (apartheid, occupazione militare, restrizione di movimenti e libertà, espropriazione illegale di terre, discriminazione) e genocidiarie. Tali tipi di accordi, inoltre, trasformano la ricerca scientifica, svolta in strutture pubbliche, in un mandato a favore di ristretti gruppi economici e sociali – e dei loro interessi geopolitici – che hanno il settore militare come proprio campo privilegiato di investimento e accumulazione. L’esempio più classico è quello di Leonardo Spa, ex Finmeccanica, il cui rapporto con lo Stato di Israele si dispiega sia nella fornitura di armamenti che nella strutturale presenza di propri stabilimenti e dipendenti su territorio israeliano. In questo quadro, ci interessa sottolineare anche il ruolo di primo piano delle università Israeliane: da un lato, nell’utilizzazione di saperi di ambito umanistico e sociale (archeologia, storia, scienze sociali) utilizzati nella produzione di una narrazione unica e deformata del passato, volta a legittimare l’occupazione dei territori a danno della popolazione palestinese (Cfr. Maya Wind, Torri d’avorio e di acciaio); dall’altro, nel supporto all’industria bellica, che nel suo operato più recente ha sistematicamente cancellato la memoria di quei territori attraverso la distruzione di siti e musei. Va ricordato inoltre che numerose università israeliane hanno stabilito programmi con aziende leader nel settore militare (Iai, Rafael, Elbit) che progettano gli F-16, i carri armati Merkava, gli elicotteri apache usati in tutte le recenti campagne militari contro la striscia di Gaza (2008-2009, 2012, 2014, 2021), puntualmente sanzionate come “crimini di guerra” dal consiglio dell’ONU per i diritti umani. Queste aziende sanciscono il rapporto con l’accademia mediante l’elargizione di borse di studio e ingenti investimenti per la ricerca. Il BDS – Movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni – denuncia le complicità delle università israeliane non solo nella costruzione di infrastrutture e nella colonizzazione israeliana del territorio palestinese, ma anche nella creazione di un’ideologia pervasiva razzista che contribuisce alla sottomissione del popolo palestinese e sostiene i crimini commessi dall’esercito israeliano. Dall’analisi che il BDS ha condotto sulla relazione che unisce l’accademia e le forze militari israeliane emerge una commistione che si verifica a più livelli. Gli esempi sono tanti: la Bar Ilan University collabora a stretto contatto con lo Shin Bet, i famigerati servizi di sicurezza interna israeliani. La Ben Gurion University ospita l’Homeland Security Institute, le cui partnership includono le principali aziende produttrici di armi e il Ministero della Difesa israeliano. L’esercito sta costruendo un campus tecnologico accanto al campus della BGU, ma anche alla Hebrew University of Jerusalem è presente una base militare (costruita in parte su territorio palestinese occupato). Quest’ultima supporta economicamente gli studenti-soldato coinvolti nel genocidio, così come lo Weizmann Institute of Science che, inoltre, offre un master per i militari e ha aperto un’accademia premilitare per gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori. Questo istituto collabora con i principali produttori di armi israeliani, tra cui Elbit Systems e Israel Aerospace Industries. Anche Technion ha numerose partnership e borse di studio sponsorizzate dai principali produttori di armi, come Elbit Systems e Rafael, ha inoltre avviato numerosi programmi accademici congiunti con l’esercito israeliano e svolge un corso sulla commercializzazione dell’industria bellica israeliana. La Tel Aviv University gestisce centri congiunti con l’esercito e l’industria bellica israeliana e ospita l’Istituto per gli studi sulla sicurezza nazionale (INSS). Questa università ha istituito un corso di hasbara (propaganda) riguardo al genocidio in corso nella Striscia di Gaza e ha finanziato “assistenza” per i soldati coinvolti nel genocidio a Gaza. L’Open University of Israel gestisce il programma “Academic Commandos” con l’esercito israeliano dal 1999 e assicura un trattamento economico preferenziale ai soldati combattenti attivi. La Haifa University ospita tre college militari e tiene corsi presso la base militare israeliana di Glilot, considerata un’estensione dell’università. Ha fornito equipaggiamento e ha istituito un fondo “di emergenza” per fornire assistenza economica agli studenti-soldato che non possono seguire le lezioni perchè stanno compiendo il genocidio a Gaza. È ampiamente dimostrato che le università israeliane collaborino allo sviluppo di sistemi d’arma, dottrine militari, discorsi ideologici, alla normalizzazione della pulizia etnica coloniale e alla discriminazione degli studenti palestinesi. Pertanto, l’accademia è complice del regime israeliano di occupazione militare, colonialismo di insediamento, apartheid e ora di genocidio. Come emerso durante le mobilitazioni studentesche del 2024/2025, la questione palestinese mostra delle connessioni ampie, che travalicano gli apparati militari per includere fondazioni ed enti di ricerca con grosse responsabilità nella difesa di interessi geopolitici e coinvolgimento nella filiera militare-industriale. L’esempio di Med-Or è illustrativo di tale tendenza in Italia. Med-Or è una creatura di Leonardo presentata per promuovere ricerca e sicurezza: diversi rettori di atenei italiani hanno accettato di entrare nel Consiglio Scientifico della Fondazione. La fondazione vanta, inoltre, circa 90 collaborazioni attive con università, tra cui i politecnici di Torino e di Milano, le università di Genova, Bologna e Roma “Sapienza”. Come riportato dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Med-Or è attiva da sempre in Israele, «paese fondamentale con cui rafforzare collaborazione e iniziative comuni, soprattutto alla luce dei cambiamenti in corso nella regione del Mediterraneo allargato anche a causa della guerra in Ucraina, che ha radicalmente modificato il quadro securitario e geopolitico dell’area» e quindi «partner privilegiato per la Fondazione Med-Or, anche per rafforzare la sua capacità di studio e di riflessione strategica sui principali eventi in corso a livello internazionale». Nonostante le accuse di genocidio al governo di Israele, Med-Or sta implementando la sua azione in quel paese, in sinergia con l’Institute for National Security Studies (INSS) di Tel Aviv, legato a doppio filo alla Tel Aviv University. Oltre al settore industriale e geopolitico, si assiste ad una crescente militarizzazione della società, che possiamo riscontrare nelle decisioni di alzare al 5% del PIL le spese militari, a danno della spesa pubblica per sanità, istruzione, ricerca, amministrazioni locali e, in generale, l’assistenza sociale. Su un piano culturale, la logica di “armare” le menti e le braccia dei cittadini europei sta rapidamente assumendo un piano discorsivo di normalità, ed è pericolosamente contenuta in alcuni passaggi della “Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull’attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune – relazione annuale 2024 (2024/2082(INI)” che “invita” nell’articolo 164: “[…] l’UE e i suoi Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate…” e “chiede”. nell’articolo 167: “…. dimettere a punto programmi di formazione dei formatori e di cooperazione tra le istituzioni di difesa e le università degli Stati membri dell’UE, quali corsi militari, esercitazioni e attività di formazione con giochi di ruolo per studenti civili…”. Negli ultimi anni è diventata sempre più evidente ed invasiva la presenza delle forze armate e dell’industria militare nei luoghi della formazione. Nessun ordine di scuola è risparmiato: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, fino agli Istituti Tecnici Superiori. L’Osservatorio contro la Militarizzazione delle Scuole e delle Università ha documentato un numero impressionante di casi e di modalità di intervento. Progetti di ampliamento dell’offerta formativa (educazione alla legalità; educazione alla pace [!]; contrasto al cyberbullismo; contrasto alla violenza di genere ecc. ecc.) affidati, non si capisce perché, non a psicologi/e o a pedagogisti/e ma a militari. Visite in caserma. Cerimonie di alzabandiera a inizio di anno scolastico. Partecipazione a manifestazioni militari (come nel caso incredibile della ricostruzione del viaggio in treno della salma del milite ignoto, stages in caserma o presso industrie belliche. PCTO in collaborazione con militari o con aziende del complesso industriale-militare. Persino corsi di educazione alimentare affidati ad ufficiali della US Navy in Sicilia. Infine, occorre considerare la NATO, per il suo ruolo nei principali scenari bellici e dietro le politiche di riarmo. Anche grazie alla sua presenza capillare (in Italia quasi 150 basi o comandi militari), riesce a condizionare la libertà democratica e la sovranità politica e militare dei Paesi alleati, quindi anche le iniziative degli eserciti nazionali, spesso chiamati a promuovere attività nelle scuole e nelle università. Se nelle scuole agisce quasi esclusivamente attraverso iniziative di propaganda con attività didattiche svolte da militari negli edifici scolastici oppure con visite delle scolaresche e PCTO di studenti (l’ex alternanza scuola lavoro) presso le basi militari, soprattutto nei territori in cui sono localizzate le principali basi, negli Atenei la presenza diretta della NATO si legittima attraverso accordi quadro siglati con varie Università (si veda per l’università di Bologna qui e qui; qui; e per l’università per stranieri di Perugia: qui; per l’Università di Genova: qui; per l’università di Pisa: qui) ad esempio per lo svolgimento di tirocini nei comandi e nelle basi dell’alleanza atlantica) oppure con iniziative e programmi fra i quali citiamo il NATO Model Event dell’Università di Bologna e l’esercitazione “Mare Aperto”, svolta in collaborazione con la Marina Militare e che coinvolge ogni anno circa 14 Atenei italiani. Oltre che nella didattica e nell’orientamento, la presenza della NATO nelle Università avviene anche nella ricerca, ad esempio attraverso il NATO SPS Programme. Gli obiettivi della narrazione della NATO nei luoghi fondamentali dell’apprendimento sono quelli di giustificare il suo ruolo in Occidente raccontandosi come strumento fondamentale per garantire sicurezza e pace, creando così generazioni di studenti ben disposti nei suoi confronti, oltre che lavorare d’anticipo sulle loro menti in vista di un reclutamento futuro. Diversamente dalla narrazione che la NATO cerca di veicolare, gli sforzi che chiede agli alleati in termini di risorse per il riarmo fanno scivolare anche il nostro Paese lungo il crinale di una guerra mondiale, che va necessariamente scongiurata, oltre che di una crisi sociale ed economica. OBIETTIVI DELLA CAMPAGNA “LA CONOSCENZA NON MARCIA” Date tali premesse, e per difendere l’Università e la Scuola dall’invasione dell’industria bellica e dalla logica di morte e di sopruso connessa con lo strumento bellico, “LA CONOSCENZA NON MARCIA” chiede: LA SMILITARIZZAZIONE DELL’ISTRUZIONE E LA SEPARAZIONE NETTA TRA SPAZIO SCOLASTICO/UNIVERSITARIO E AMBITO MILITARE, E PERTANTO IL DIVIETO 1. Di sviluppare progetti in collaborazione con industrie militari delle filiera bellica, e con istituzioni che collaborano col regime coloniale e genocidario di Israele, con organizzazioni internazionali come la NATO che intervengono negli scenari di guerra in corso e nelle iniziative di riarmo; 2. Di ricevere finanziamenti dalla filiera militare industriale (siano esse aziende pubbliche o private); 3. Di partecipare, da parte dei singoli docenti, a organizzazioni che abbiano finalità di tipo militare o che la cui attività sia in qualche modo legata all’industria bellica (come la Med-Or); 4. Di ottenere finanziamenti, partnership e qualunque forma di collegamento con aziende e filiere produttive i cui interessi collimano con quelle di governi che mettono in atto forme di occupazione militare illegale, discriminazione razziale e persecuzioni; 5. Di sviluppare corsi di laurea, master universitari e scuole di specializzazione in collaborazione con le forze armate, o che prevedano la presenza nelle aule universitarie delle forze dell’ordine. Ovvero il partenariato universitario non può guardare a questi soggetti che sono demandati ad altri compiti e la cui presenza all’interno delle università rappresenterebbe una normalizzazione della militarizzazione delle vite, dei territori e della risoluzione delle controversie che dovrebbero invece costituire l’ultima ratio della vita associata. Gli estensori della campagna sono ben consapevoli che si tratta di istituzioni dello Stato in legittimo dialogo tra loro, tuttavia si ritiene che per la differenza delle loro funzioni, la presenza militare e poliziesca non debba essere parte del settore educativo; 6. Di sviluppare eventi in collaborazione con le forze armate, e di tenere eventi in collaborazione con le forze dell’ordine all’interno delle scuole di ogni ordine e grado su tematiche educative e su argomenti che esulano dai compiti specifici delle forze dell’ordine; 7. Di attivare accordi di collaborazione con le forze dell’Ordine, le accademie militari e gli enti che abbiano un ruolo nel settore bellico, andando tali ambienti contro l’educazione dei ragazzi e le ragazze del nostro Paese ad una cultura della pace sancita dalla costituzioni perché contrari a quanto affermato nell’articolo 11 della nostra Carta fondativa; 8. Considerato quanto detto sopra a proposito della NATO e visti l’art.11 della Costituzione e le recenti esperienze belliche innescate dalla NATO in vari contesti internazionali, riteniamo che sia giunto il momento per la NATO di uscire dall’istruzione del nostro Paese, nonché dalla ricerca pubblica; 9. In linea con l’obiettivo BDS di promuovere il disinvestimento da Israele da parte di istituzioni accademiche internazionali, il divieto di investimento in Università di paesi genocidari, a cui l’università partecipa attivamente. ATTUAZIONE La campagna “la conoscenza non marcia” sostiene tali obiettivi attraverso la proposta di una legge nazionale che si basi su alcuni principi cardine: Terza Missione, docenza e ricerca; Iniziative di Terza Missione e Finanziamento della ricerca e della docenza non possono avvenire in collaborazione e/o finanziamento con imprese o fondazioni legate alla produzione e vendita di armi; alla distruzione dell’ambiente; a condizioni di lavoro contrarie alla dignità umana o comunque a fini incompatibili con i valori della Costituzione della Repubblica; Relazioni esterne ed internazionali; Fidando nella libertà accademica e nella forza del dissenso, per sua natura inscindibile dall’attività di ricerca, l’Università intrattiene relazioni con università, istituti culturali, enti di ricerca di paesi di tutto il mondo, indipendentemente dal regime politico di quei Paesi. Ciononostante, nel caso che un’istituzione in rapporto ufficiale con l’Università che implicitamente o esplicitamente appoggino progetti sotto accusa per genocidio, pulizia etnica, e progetti di colonizzazione, gli organi dell’Università individuano il modo di manifestare il dissenso della comunità accademica, se necessario fino ad interrompere i rapporti. Si tratta di principi contenuti, in forma simile a quella qui citati, nel Codice Etico dell’università per stranieri di Siena, assunto qui a precedente sul quale basare la visione nazionale. A questi proponiamo di aggiungere il comma 8, dell’articolo 4 del nuovo Statuto della Università di Pisa approvato (a febbraio 2025) nel pieno delle proteste studentesche per il genocidio in atto in Palestina: [L’ateneo] non sostiene e non partecipa ad alcuna attività finalizzata alla produzione, allo sviluppo e al perfezionamento di armi e sistemi d’arma da guerra. NATURA INTERNAZIONALE DEL PROBLEMA Tale campagna vuole rinforzare questi principi che orientano la produzione di sapere verso una demilitarizzazione della cultura. In questo senso si intende segnalare la natura internazionale del problema. Oltre 70 istituzioni accademiche in Germania hanno adottato politiche che regolano, in modi e forme diverse, la partecipazione a progetti legati alla difesa. Inoltre, Technical University of Denmark (DTU): Nel 2024, il DTU ha annunciato la cessazione delle collaborazioni con università straniere coinvolte in progetti militari, esprimendo preoccupazioni etiche riguardo alla militarizzazione della ricerca accademica. Australian National University (ANU): Nel 2024, l’ANU ha deciso di interrompere gli investimenti in aziende produttrici di armi, come Lockheed Martin e BAE Systems, in risposta alle proteste studentesche. Negli Stati Uniti, nonostante l’appoggio governativo incondizionato ad Israele, alcune università hanno prodotto una rottura: ilsole24ore nel maggio 2024 riporta che la Sonoma State University, parte della California University, sulla base della pressione degli studenti e delle studentesse in protesta, ha interrotto le collaborazioni con le università israeliane. L’aprile precedente il Pitzer College aveva interrotto i rapporti con alcune realtà accademiche in Israele, in particolare con la Haifa University, poiché la collaborazione sarebbe stata in contrasto con i core values of “social responsibility” and “intercultural understanding”. ATTUAZIONE DELLA CAMPAGNA “LA CONOSCENZA NON MARCIA” NEI RAPPORTI CON LE UNIVERSITÀ E GLI ENTI DI RICERCA ISRAELIANI L’interruzione dei rapporti delle università italiane con le università israeliane, e gli Enti di ricerca pubblici e privati israeliani nonché la rescissione di ogni forma di attività istituzionale universitaria italiana con lo Stato di Israele e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili, che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per ripristinare l’autodeterminazione del popolo palestinese nella sua totalità; a promuovere lo smantellamento delle strutture materiali, ideologiche e legislative coloniali che sostengono il regime di apartheid e sarà attuato il “diritto al ritorno”. LA CONOSCENZA NON MARCIA! Scarica il documento in pdf Campagna defDownload
Manifesto per una Palestina libera dal genocidio e dall’apartheid
Pubblichiamo di seguito il “Manifesto per una Palestina libera dal genocidio e dall’apartheid” scritto dall’Associazione AEDO ed ideato durante il Festival Transitus. Un Manifesto importante, urgente e che merita la massima diffusione. Prendiamo le distanze e denunciamo la politica genocida del governo sionista israeliano che sta tentando di annientare con ogni mezzo il potere di autodeterminazione non solo del popolo palestinese ma anche del popolo israeliano; quest’ultimo, quando diverrà consapevole delle nefandezze di cui si sta rendendo complice avallando, da decenni, le politiche di apartheid, avrà una eredità morale e materiale molto pesante da integrare. Rischierà di essere sopraffatto dalla sofferenza, dal senso di contraddizione e dal peso della verità. Sarà necessario che l’umanità trovi la via e le forme per accogliere e aiutare a trasformare questi contenuti, che attualmente sono ancora rimossi. Attraverso questa via difficile ma liberante sorgerà l’alba di un nuovo giorno per tutti i popoli della Terra! È necessario che ci impegniamo a dare speranza e sostegno concreto al popolo palestinese, straziato nel corpo, nel cuore e nell’animo, sradicato dalla terra che abita da secoli, vessato con sadismo e cinismo in ogni modo possibile, usato come cavia per la sperimentazione di nuove armi e nuovi sistemi di sorveglianza e controllo. È necessario che ci impegniamo a chiedere quotidianamente e ovunque la cessazione di ogni forma di violazione delle vite palestinesi, la restituzione di ciò che è stato indebitamente sottratto, un processo di giustizia riparativa e politiche che accompagnino il popolo palestinese nel rivendicare il proprio diritto naturale ad esistere e abitare, a essere riconosciuto, a prosperare e a coltivare la speranza nel futuro, esattamente come ogni altro popolo della Terra. Sentiamo essenziale non abbandonarci alla disillusione e alla disperazione, attraverso l’esercizio quotidiano della parola del Cuore e del senso di umanità e solidarietà. Che i nostri atti siano intrisi di bontà e non di buonismo, di fiducia piena nella possibilità di “potere” e di “riuscire” ad attraversare l’immensa catastrofe che stiamo vivendo, e di rinascere sentendo finalmente che la vita degli altri ci riguarda direttamente, e che non fa differenza che questa vita si dispiega lontana o vicina a noi fisicamente. Sentire che l’umanità che batte nel profondo dell’altr@ è interconnessa con noi, e con ogni forma di vita, ha a che fare con il Risveglio, di cui abbiamo assoluta necessità per attraversare la tempesta e non lasciarci scorare dall’idea che non vi è via d’uscita. Silo, un mistico e filosofo argentino, ci ha lasciato un messaggio di speranza: “Ama la realtà che costruisci, e neanche la morte fermerà il tuo volo!” Sentiamo essenziale approfondire nelle nostre vite la riflessione sulla connessione tra i nostri “privilegi da occidentali,” l’economia del genocidio e la struttura del colonialismo d’insediamento in Palestina. Ci impegniamo ad aderire e promuovere pratiche di boicottaggio e disinvestimento al fine di indebolire l’economia del genocidio e di esserne sempre meno complici. Isoliamo chi guadagna dal genocidio e si arricchisce con l’annientamento di vite umane! Ciascun@ di noi ha un immenso potere e una sconfinata libertà; non cediamoli ma esercitiamoli! Che le nostre azioni parlino per noi! Una società più umana è una società più equa! Prendiamo distanza dalle decisioni del governo italiano di continuare a fare affari con lo stato coloniale sionista che sta portando Israele all’autodistruzione. Denunciamo il collaborazionismo del governo italiano e dei governi europei ed extra europei allineati con lo stato coloniale sionista. Troviamo che la condotta disumana e irresponsabile di questi governi sia lontana anni luce dalla volontà di Pace dei popoli. Diciamo a questi governi: riconosciamo che ormai da troppo tempo le vostre politiche non ci rappresentano, bensì ci stanno conducendo alla distruzione. La nostra voce risuona di Pace, ci opponiamo alla vostra cieca corsa agli armamenti! Dal nostro Cuore sorge il grido: “Non in nostro nome, in passato, oggi e nel futuro! La nonviolenza, il dialogo, il rispetto e la diplomazia per la risoluzione delle controversie sono la via! I popoli del mondo rivendicano la Pace!” Sosteniamo il rapporto “Da economia dell’occupazione a economia del genocidio” di Francesca Albanese, relatrice speciale per i territori palestinesi occupati dal 1967, e di coloro che hanno collaborato alla sua ricerca e stesura. Ci impegniamo a diffondere i contenuti del rapporto affinché la comunità prenda consapevolezza della complicità del mondo del business con lo stato coloniale d’Israele, e degli interessi economico-finanziari che alimentano il genocidio e l’apartheid in Palestina, a danno delle bambine e dei bambini e di tutto il popolo palestinese. Dal rapporto leggiamo: “Citando la segregazione razziale e l’apartheid, le violazioni del diritto all’autodeterminazione e il divieto dell’uso della forza, la Corte internazionale di giustizia (CIG) ha affermato in modo inequivocabile l’illegalità della presenza di Israele, compresi l’esercito, le colonie, le infrastrutture e il controllo delle risorse. Inoltre, le atrocità commesse dall’ottobre 2023 hanno dato il via a procedimenti per genocidio davanti alla Corte internazionale di giustizia e per crimini di guerra e contro l’umanità davanti alla Corte penale internazionale. La Corte internazionale di giustizia ha ordinato a Israele di smettere di creare condizioni che distruggono la vita e, nella causa Nicaragua contro Germania, ha ricordato agli Stati l’obbligo internazionale di evitare il trasferimento di armi che potrebbero essere utilizzate per violare le convenzioni internazionali. Queste decisioni impongono alle entità aziendali la responsabilità prima facie di non impegnarsi e/o di ritirarsi totalmente e incondizionatamente da qualsiasi rapporto associato, e di garantire che qualsiasi impegno con i palestinesi consenta la loro autodeterminazione”. Chiediamo che vengano immediatamente attuate le richieste della Corte Internazionale di Giustizia nei confronti del governo sionista israeliano. Chiediamo che abbiano seguito i procedimenti nei confronti del governo sionista israeliano incriminato per genocidio dalla Corte internazionale di giustizia, e per crimini di guerra e contro l’umanità dalla Corte penale internazionale. Esprimiamo solidarietà alla relatrice speciale Francesca Albanese e alle sue collaboratrici e collaboratori, e immensa gratitudine per lo sforzo congiunto compiuto per mettere a conoscenza il mondo del tentativo di rimozione del popolo palestinese e dell’agghiacciante strategia denominata “colonialismo d’insediamento”, attraverso la quale i governi sionisti israeliani che si sono susseguiti continuano a tentare di cancellare l’esistenza del popolo palestinese, distruggere la spiritualità culturale della Palestina e usurparne le ricchezze a proprio ed esclusivo vantaggio, attraverso l’appoggio di governi e imprese locali ed estere. L’atteggiamento mafioso e arrogante esercitato dal governo degli Stati Uniti d’America nei confronti di Francesca Albanese non fa nient’altro che avvalorare quanto documentato nel rapporto e dimostrare, per l’ennesima volta, l’immenso stato di debolezza e decadimento in cui versa ogni governo che sceglie la via della minaccia e dell’intimidazione a quella della diplomazia, delle argomentazioni e del confronto. Ci indigna che le politiche arroganti e bulle di tali governi vengano ancora definite democratiche dalla comunità internazionale, e che tali governi continuino ad auto attribuirsi il compito di “esportare la democrazia” attraverso guerre, invasioni e strategie sovraniste, che contribuiscono a ledere la sovranità dei popoli e a minarne la capacità di autodeterminazione. Dunque, il consumarsi di questo dramma palestinese a cosa ci chiama? Certamente non a giudicare ma ad aiutare, sì proprio aiutare; e si aiuta non aizzando gli un@ contro gli altr@ ma calmando gli animi, appellandoci alla saggezza che alberga nel profondo di ciascun@, ed esercitando lo sguardo compassionevole sull’umana mostruosità per coglierne il messaggio, oltre la paura e il giudizio. Smettiamo di fuggire da noi stess@ per uscire dalla trappola della ripetizione, e dare inizio ad una nuova narrazione umanizzatrice e liberante; attraverso l’integrazione dei fallimenti individuali e collettivi partoriremo una nuova tappa di armonia, speranza e prosperità per la Vita sulla Terra! Un proverbio arabo dice che la migliore risposta verrà da chi non parla con animo arrabbiato. Questo non vuol dire negare bensì scegliere con determinazione di non andare in simmetria con l’odio, di nutrire la via della riconciliazione; la violenza nutre la violenza. Non possiamo dare vita ad una società riconciliata e giusta senza che sia fatta verità attraverso la comprensione profonda di ciò che sta avvenendo (e non la giustificazione o l’oblio), e senza che ciascun@ si assuma la responsabilità del ruolo, piccolo e grande, che ha avuto e sta avendo nel processo che ha portato al genocidio, e al sostegno della fiorente economia del genocidio. È tempo di fare spazio a nuovi significati, di elevare l’energia dalle viscere al Cuore per nutrire il vero cambiamento, per contribuire ad un salto di coscienza, per mettere le nostre forze al servizio della costruzione del bene comune. Che le politiche di sopraffazione, espropriazione, vessazione diventino solo un lontano ricordo, e un insegnamento per le future generazioni. È tempo di Risveglio! È necessario che comprendiamo che la storia sta continuando a ripetersi; ne abbiamo innumerevoli esempi, ahinoi, con i nativi delle Americhe, con gli aborigeni australiani, etc. I popoli originari, in tante parti del mondo, sono stati sradicati dalle proprie terre e culture attraverso una brutale politica coloniale di appropriazione delle risorse, e una chiara intenzione di annientamento della vita di intere comunità, del loro presente e futuro ma, principalmente, delle loro storie e culture, al fine di farne svanire la memoria nell’oblio. Comprendiamo il terrore che ancora alberga nell’animo di milioni di ebre@ dopo l’olocausto e secoli di persecuzioni; proprio per questo non potremo mai e poi mai giustificare che il male da loro ricevuto ricada su altri, che tra l’altro non c’entrano proprio nulla come i palestinesi. La terra di Palestina ha sempre accolto gli ebrei, come altri popoli; il sogno di tant@ palestinesi è ricevere riparazione dei danni ricevuti da generazioni e vivere in pace tutte e tutti insieme. Nonostante il male ricevuto, il popolo palestinese manifesta il sogno di una convivenza prospera, desiderio condiviso con tant@ ebre@ nel mondo. La narrazione che vede palestinesi ed ebre@ sempre e solo in contrasto violento e inconciliabile è falsa e strumentale. In Palestina vi sono tante realtà animate da palestinesi ed ebre@ che da decenni collaborano e praticano la nonviolenza attiva come forma di resistenza e trasformazione personale, sociale, politica e spirituale per il bene comune. Un esempio è Combattenti per la Pace. Lasciamoci attraversare e trasformare da questo messaggio, raccogliamo tutto il coraggio e il senso di umanità e solidarietà che ci animano per contribuire insieme alla nascita del mondo che vorremmo; non domani, ma oggi, qui, adesso! Agiamo con coscienza, il cambiamento inizia da noi! Dunque voliamo alto, e oltre, le politiche di aggressione, odio, disprezzo, negazione, giudizio infamante, oltre le falsificazioni e la macchina del fango, sulle ali delle nostre coscienze, orientati da una morale interiore il cui orizzonte è animato dal proposito di fioritura e armonia tra i popoli, nel rispetto e la salvaguardia delle differenze e delle unicità; avanziamo con risolutezza e libertà, emancipati dalla necessità di approvazione da parte di chi esercita il potere per sopraffare, e vestit@ solo della nostra umanità, Forza del Cuore e Fede nella Vita! Il Festival Transitus è una tappa del Progetto “Voci dai Confini: Il Cantiere delle Differenze” ed è una grande occasione per dare voce a chi è relegato ai margini; è un abbraccio collettivo, una festa che include, mescola e ci invita in modo gentile a sentirci comunità. Che le vibrazioni che celebrano la bellezza dell’incontro e della diversità giungano in Palestina e diano Forza per attraversare il presente e speranza per pensare ad un futuro aperto. Sentiamo che il Festival Transitus sia una occasione per lanciare e diffondere un messaggio di Pace e Rinascita! Inondiamo di Luce i propositi più elevati e colmi di bontà, speranza e solidarietà che animano l’Umanità tutta, ad ogni latitudine! Chiediamo che le nostre azioni ne siano sempre più manifestazione tangibile! Come ci ha suggerito Gandhi, diventiamo il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo! Vi abbracciamo in Pace, Forza e calda Allegria!   Gli amici dell’Associazione AEDO (Arte, Espressività, Discipline Olistiche) Redazione Italia