Strategia coordinata di destabilizzazione dell’Iran?

InfoPal - Wednesday, July 9, 2025

Di Mostafa Milani Amin. Negli ultimi giorni, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), attivo da decenni in Iraq e considerato un gruppo terroristico da diversi governi, ha annunciato il proprio scioglimento e l’abbandono delle armi. Il processo è stato avviato con la consegna simbolica delle armi a Suleymaniye, e sostenuto da Abdullah Ocalan, figura storica del movimento. Il disarmo dovrebbe rappresentare un passo verso la stabilizzazione dei rapporti tra Turchia, Iraq e Kurdistan iracheno.

Tuttavia, subito dopo l’annuncio sono scoppiati scontri tra separatisti curdi e il clan Barzani, dominante nella regione autonoma curda. Le milizie legate al PKK, ancora presenti in zone montuose strategiche, non riconoscono l’autorità del governo regionale (KRG) guidato dal Partito Democratico del Kurdistan (KDP). La rivalità storica tra il KDP e il PUK, così come le influenze turche e iraniane, alimentano tensioni latenti che rischiano di degenerare.

Il conflitto ha assunto una nuova dimensione dopo che alcuni gruppi separatisti curdi hanno diffuso una mappa che rivendica zone del Kurdistan iraniano come parte di un futuro “Kurdistan libero”. Questa iniziativa, vista da Tehran come una provocazione diretta, tocca province iraniane popolate da curdi: #Kermanshah, #Ilam, #Azerbaigian_Occidentale, #Lorestan e #Kurdistan. Tra queste, spicca anche #Borujerd, nel Lorestan, una città storicamente abitata da persiani e gruppi etnici lori, con solo una minoranza curda. La sua inclusione nella mappa rappresenta una forzatura ideologica che ignora la realtà storica e demografica. Nei giorni scorsi avevamo previsto questo scenario: la fine della pressione militare esterna avrebbe potuto essere sostituita da nuovi fronti interni di sedizione etnica.

La pubblicazione della mappa, nel contesto del cessate il fuoco, sembra inserirsi in una strategia coordinata di destabilizzazione dell’Iran. Dopo il fallimento di tentativi esterni di rovesciare la Repubblica islamica dell’Iran, si attiverebbero ora fronti interni etnici e separatisti. Movimenti come Komal e KDPI, storicamente attivi nella regione, tornano centrali in questo nuovo quadro.

Questa situazione rischia di favorire repressioni interne, frammentazione territoriale e nuove giustificazioni per pressioni esterne. La denuncia pubblica di queste dinamiche non è solo legittima: è necessaria.