Perché aboliamo l’ASN. La relazione illustrativa del governo

ROARS - Tuesday, May 20, 2025

Pubblichiamo la relazione illustrativa dello  SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE «REVISIONE DELLE MODALITÀ DI ACCESSO, VALUTAZIONE E RECLUTAMENTO DEL PERSONALE RICERCATORE E DOCENTE UNIVERSITARIO». Vi si spiega perché il governo voglia abolire l’ASN e sostituirla con una autodichiarazione.  “Infine, differentemente dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione non produrrà un certificato di abilitazione o altro tipo di esito documentale (“esito verde o rosso”), ma costituirà unicamente lo strumento e la condizione per lo svolgimento delle procedure locali, seppure alla luce dei nuovi (e più elevati ed uniformi) requisiti di partecipazione”.

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

Il presente disegno di legge riprende i tratti fondamentali delle proposte elaborate nell’ambito del Gruppo di Lavoro nominato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca del 20 settembre 2024 , n. 1501, avente come scopo attività di supporto al Ministro per analisi, studio ed elaborazione di proposte di revisione in materia di reclutamento e di qualità dell’offerta formativa, dell’assetto e della governance della valutazione dell’università e della ricerca, nonché di revisione della struttura e del funzionamento degli Organi consultivi del Ministero dell’università e della ricerca. Il Gruppo di lavoro – composto dai Presidenti degli Organismi di consulenza del Ministro, nonché da esperti del settore – ha portato avanti diversi filoni di discussione, a partire dai temi della funzionalità del vigente sistema di Abilitazione scientifica nazionale (ASN) di cui all’art. 16 della legge n. 240 del 2010 e da quelli, strettamente connessi, delle procedure per la chiamata dei professori e dei ricercatori a tempo determinato (artt. 18 e 24 della medesima legge). L’obiettivo principale è stato quello di effettuare una valutazione complessiva di coerenza agli scopi originari, alla luce dei risultati attesi.

Sulla base delle risultanze del Gruppo di lavoro, è stato elaborato il presente disegno di legge, che persegue la finalità di promuovere la qualità del sistema universitario italiano, avendo presente in particolare la necessità di renderlo maggiormente accessibile agli studiosi più giovani, di semplificarne le procedure, di rafforzare l’autonomia dei singoli Atenei, introducendo al contempo norme che ne rafforzino in modo significativo la responsabilità per le scelte compiute in sede di reclutamento. Infine, si è ritenuto di dover intervenire anche al fine di reinserire procedure di mobilità del personale docente che il quadro risultante dalle modifiche intervenute negli ultimi quindici anni avevano fortemente limitato, cristallizzando un localismo di cui certamente non può giovarsi il sistema complessivamente inteso.

Partendo dall’analisi della funzionalità del sistema ASN dopo quindici anni dall’approvazione della legge n. 240 del 2010 e dopo più di dodici anni di prassi applicativa, si è registrato un generale smarrimento della sua natura iniziale, ovvero quella di accertare il possesso di un livello minimo di qualificazione e produttività scientifica basato su standard condivisi a livello nazionale, livello che deve fungere da precondizione indispensabile per partecipare alle procedure di reclutamento. Nonostante la normativa indichi chiaramente che il conseguimento dell’abilitazione non dia titolo alcuno alla chiamata, si è invece radicata l’aspettativa che questa costituisca una sorta di diritto acquisito alla chiamata in ruolo: questa aspettativa, unitamente all’altissimo numero di abilitati, comporta effetti distorsivi molto pesanti sulla programmazione strategica degli Atenei.

Tale aspettativa è, per altro, confermata dalla enorme pressione tesa al progressivo allungamento della validità del titolo abilitativo, originariamente prevista in quattro anni e giunta, a seguito di numerose modifiche intervenute nel corso degli anni (l’ultima recata in sede di conversione del decreto-legge n. 160 del 2024), a ben dodici anni, svuotando pressoché di senso il suo aggancio a una valutazione della produzione scientifica basata su indicatori di produttività all’interno di un determinato arco temporale, arco temporale che è finalizzato ad accertare, tra l’altro, il perdurare di tale produttività fino al momento in cui si svolgono le procedure di chiamata.

In aggiunta, la ripetizione di una valutazione quali-quantitativa, effettuata prima a livello nazionale dalle Commissioni ASN (per altro, gravando i loro componenti di un lavoro obiettivamente lungo e assorbente, tale da distoglierli dalla loro attività primaria negli Atenei), e poi a livello di singola procedura di reclutamento presso i singoli Atenei, appare ridondante, soprattutto per quanto riguarda i titoli scientifici, incluse le pubblicazioni.

Tale ridondanza è, a maggior ragione, evidente nei settori c.d. bibliometrici, all’interno dei quali il mero raggiungimento dei valori-soglia quantitativi è per lo più ritenuto sufficiente, e non già solamente necessario, ai fini del conseguimento dell’abilitazione, riducendo o addirittura eliminando il peso della valutazione qualitativa che spetterebbe alla Commissione ASN. Per converso, il fatto che ai fini dell’abilitazione non siano valutate l’attività didattica, quella di terza missione/valorizzazione della conoscenza, quella amministrativo-gestionale, e, per le aree mediche, l’esperienza clinico-assistenziale, comporta un’asimmetria nei criteri di valutazione rispetto ai concorsi, dove invece queste attività cruciali per il profilo dei docenti sono valutate.

I risultati della ASN, anche a causa delle diverse prassi adottate dalle singole Commissioni nazionali, hanno creato una forte disomogeneità nella percentuale di abilitati tra i vari settori concorsuali e tra le diverse tornate di abilitazione, compromettendo in maniera evidente l’idea stessa di un sistema unitario e tendenzialmente omogeneo per tutte le aree scientifiche.

D’altro canto, l’intervento di modifica si rende necessario anche al fine di dare compiuta attuazione alla Riforma 1.5 (Missione 4, Componente 1) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, di competenza MUR, che ha provveduto, tra l’altro, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca 2 maggio 2024, n. 639, ad individuare i nuovi Gruppi scientifico-disciplinari (per un totale di n. 190, che hanno sostituito sia nell’inquadramento, sia per i compiti dei docenti che nei piani di studio, i Settori scientifico-disciplinari (SSD) e i Settori Concorsuali (SC). I Gruppi scientifico-disciplinari costituiscono una prerogativa necessaria per l’inquadramento dei professori di prima e seconda fascia e dei ricercatori e sono utilizzati per l’adempimento degli obblighi didattici da parte degli stessi. Trattasi di un’operazione di semplificazione per far sì che ciascun gruppo scientifico disciplinare possa contenere uno o più settori scientifico-disciplinari afferenti allo stesso, alla luce delle declaratorie indicate nel decreto sopra menzionato.

In questo quadro, la proposta normativa ha l’obiettivo di semplificare radicalmente l’attuale sistema, garantendo il mantenimento di una soglia minima di requisiti di produttività e qualificazione scientifica, condivisi a livello nazionale, come condizione di accesso alla docenza universitaria di prima e di seconda fascia. In particolare, si propone l’introduzione di un sistema mediante cui si individuino, su proposta dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), requisiti specifici, distinti per gruppo scientifico-disciplinare e, per ciascuno di essi, per la prima e per la seconda fascia.

Il possesso dei citati requisiti, come chiarito al comma 3, è oggetto di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da parte dei singoli candidati, attraverso una piattaforma telematica messa a disposizione del Ministero, e, a differenza da quanto avviene oggi per gli indicatori quantitativi di produzione scientifica previsti dalle procedure ASN, il caricamento – recte, la dichiarazione sostitutiva del candidato – della documentazione attestante il relativo possesso non implica alcuna valutazione da parte del MUR. Non si tratta di una procedura automatizzata di valutazione, ma di una mera condizione di ammissibilità strumentale ai fini della partecipazione alle procedure di concorso per la chiamata come professori ordinari e associati da parte delle università, elevando i requisiti per l’ingresso in ruolo e, al contempo, fornendone una elencazione uniforme a livello nazionale come parametro di valutazione per le singole commissioni locali.

Infine, differentemente dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione non produrrà un certificato di abilitazione o altro tipo di esito documentale (“esito verde o rosso”), ma costituirà unicamente lo strumento e la condizione per lo svolgimento delle procedure locali, seppure alla luce dei nuovi (e più elevati ed uniformi) requisiti di partecipazione.

In definitiva, il nuovo sistema, nella valorizzazione del principio di autonomia responsabile, affida alle università la gestione dei processi di selezione nelle procedure concorsuali per la chiamata di professori di prima e seconda fascia, pur garantendo – a livello centrale – una serie di requisiti di partecipazione, salvaguardando così l’autonomia garantita dall’art. 33 della Costituzione.

Con il nuovo sistema si intendono responsabilizzare concretamente gli atenei circa le rispettive politiche di reclutamento. In quest’ottica la valutazione dei nuovi assunti diviene un elemento fondamentale al fine del riparto della quota premiale del FFO e del contributo destinato alle università non statali. Si intende introdurre un sistema premiale per le università che assumono i migliori, ossia coloro i quali nel periodo successivo all’assunzione dimostrano con i loro indicatori di produttività, con le loro pubblicazioni e con la loro attività complessiva, di aver contribuito al miglioramento della qualità delle attività dell’università che li ha reclutati.

Oltre alle nuove modalità di reclutamento, al fine di favorire la circolazione dei professori e dei ricercatori già in ruolo, si prevede un meccanismo di mobilità orizzontale attraverso il “trasferimento” delle facoltà assunzionali (e delle relative risorse finanziarie), rendendo più attrattivo e conveniente il sistema di mobilità tra Atenei.

Passando all’illustrazione dell’articolato, il presente disegno di legge, all’articolo 1, si pone l’obiettivo di semplificare radicalmente l’attuale sistema, garantendo al contempo il mantenimento di una fissazione ex ante di requisiti di produttività e qualificazione scientifica, condivisi a livello nazionale, come condizione di accesso alla docenza universitaria di prima e di seconda fascia. In particolare, si propone l’introduzione di un sistema mediante cui si individuino, su proposta dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), requisiti specifici, distinti per gruppo scientifico-disciplinare e, per ciascuno di essi, per la prima e per la seconda fascia.

Il possesso dei citati requisiti, come chiarito al comma 3, è oggetto di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da parte dei singoli candidati, attraverso una piattaforma telematica del Ministero e, a differenza da quanto avviene oggi per gli indicatori quantitativi di produzione scientifica previsti dalle procedure ASN, il caricamento – recte, la dichiarazione sostitutiva del candidato –  della documentazione attestante il relativo possesso non implica alcuna valutazione da parte del MUR. Si tratta, dunque, di una mera condizione di ammissibilità nonché di un mero strumento ai fini della partecipazione alle procedure di concorso per la chiamata come professori ordinari e associati da parte delle università, elevando i requisiti per l’ingresso in ruolo e, al contempo, fornendone una elencazione uniforme a livello nazionale come parametro di valutazione per le singole commissioni locali.

Tali requisiti riprenderanno in parte gli attuali titoli richiesti per il conseguimento dell’ASN (l’organizzazione o la partecipazione come relatore a convegni scientifici, l’attribuzione di borse di ricerca o di incarichi di collaborazione all’attività di ricerca, la partecipazione a progetti di ricerca aggiudicati sulla base di bandi competitivi, il conseguimento di premi riconosciuti per l’attività scientifica, i risultati in sede di trasferimento tecnologico etc.) e comprenderanno una misurazione della produzione scientifica, integrandola con analisi della sua continuità e distribuzione temporale, sostituendo funzionalmente i cosiddetti “valori soglia”, individuati dal D.M. n. 589 del 2018.

Si precisa che i requisiti previsti dal novellato articolo 16 della legge n. 240 del 2010, non costituiscono un elenco necessariamente tassativo per tutte le aree scientifiche, ma sarà il decreto del Ministro dell’università e della ricerca, su proposta dell’ANVUR, di cui al nuovo articolo 16, comma 1, a dettagliarne il contenuto per ciascun gruppo scientifico-disciplinare e ciascuna delle due fasce di docenza, delimitando quindi l’ambito entro il quale ciascuna università sarà chiamata a svolgere le valutazioni mediante commissioni giudicatrici formate come disciplinato nel prosieguo del testo.

Differentemente dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione non produrrà un certificato, un patentino o altro tipo di esito documentale, ma costituirà unicamente lo strumento per lo svolgimento delle procedure locali, seppure alla luce dei nuovi (e più elevati ed uniformi) requisiti di partecipazione.

Dunque, nel nuovo sistema, al posto di un controllo centralizzato a valle del quale le singole università sono integralmente libere di gestire i singoli processi di selezione, si individuano – a livello centrale – una serie di requisiti, rimettendo poi la responsabilità delle procedure, in capo alle commissioni giudicatrici locali coinvolte nelle procedure concorsuali per la chiamata di professori di prima e seconda fascia, in relazione alle quali si fissano tuttavia una serie di vincoli di composizione e di funzionamento, ossia una pluralità di interventi di armonizzazione delle procedure di reclutamento a livello di ateneo, ferma restando l’autonomia garantita dall’art. 33 della Costituzione. La definizione ex lege di linee guida relativamente ai requisiti generali di accesso ai fini della partecipazione alle procedure di chiamata garantisce un’applicazione uniforme e trasparente delle singole procedure a livello locale, fornendo una cornice normativa generale in relazione alle regole e ai criteri da adottare da parte delle singole commissioni locali nell’ambito delle procedure di reclutamento di riferimento.

Tali interventi di armonizzazione hanno operato su una pluralità di piani distinti. La finalità è quella di superare i picchi più marcati di disomogeneità a livello dei singoli Atenei, fonte di numerosi contenziosi e, al tempo stesso, di garantire che l’accesso effettivo al ruolo avvenga ovunque con requisiti minimali condivisi e rafforzati mediante l’obbligo del colloquio sui titoli da parte dei/delle candidati/e.

A tal fine, vengono inseriti alcuni vincoli nella formazione delle commissioni giudicatrici, indicando una serie di requisiti qualitativi e di equilibrio di genere, nonché finalizzati alla rotazione tra i professori chiamati a farne parte, ai quali si aggiunge l’individuazione di una serie di categorie escluse al fine di elevare la qualità dei procedimenti di selezione.

In secondo luogo, si prevede, per le procedure di chiamata di professori di prima e di seconda fascia, la necessità di una discussione pubblica dei contenuti delle pubblicazioni scientifiche dei candidati, delle esperienze didattiche, nonché delle modalità di svolgimento delle stesse, in modo da rafforzare i meccanismi di trasparenza delle procedure e innescare dinamiche virtuose di responsabilizzazione dei Dipartimenti, titolari già a legislazione vigente della decisione sulla proposta di chiamata. Inoltre, anche alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa, si è ritenuto di fissare il principio che l’individuazione del candidato più meritevole debba essere rimessa in via esclusiva alla commissione giudicatrice, composta secondo i criteri di armonizzazione richiamati, al fine di assicurare che sia premiato il merito riconosciuto dalla comunità scientifica di riferimento, escludendo che le commissioni possano limitarsi a indicare “rose” di candidati idonei e lasciando poi la discrezionalità ai Dipartimenti in sede di proposta di chiamata. Tale problematica è emersa in maniera dirompente alla luce della recente sentenza del Consiglio di Stato, VII sez., 25 ottobre 2024, n. 8516 relativamente alle chiamate dei ricercatori, in cui è stata censurato la disciplina d’ateneo che consentiva la rimessione alla decisione del dipartimento, anche nel senso di sovvertire la graduatoria di merito definita dalla commissione giudicatrice.

Quanto agli interventi di fissazione di principi circa la composizione delle Commissioni giudicatrici, oltre a richiedere il possesso dei requisiti per le funzioni di professore di prima fascia, si è ritenuto di inserire principi di afferenza al medesimo settore scientifico-disciplinare oggetto della procedura, nonché principi (finora rimessi all’autonomia del singolo ateneo) relativi alla provenienza interna o esterna all’università che ha indetto la procedura e di promozione dell’equilibrio di genere, nonché principi di imparzialità, trasparenza e rotazione. Al fine di rafforzare il rispetto dei principi di trasparenza ed imparzialità si prevede, in particolare, che la commissione giudicatrice sarà formata da cinque componenti, di cui almeno quattro esterni all’università che ha indetto la procedura, individuati dalla stessa, previo sorteggio tra i docenti disponibili a livello nazionale, afferenti al settore scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso e almeno un componente interno all’università che ha indetto la procedura, afferente al settore scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso.

Si è altrettanto ritenuto di escludere una serie di categorie, quali, tra gli altri, i professori straordinari a tempo determinato ex art. 1, comma 12, della legge n. 230 del 2005, i professori che hanno ottenuto una valutazione negativa circa le attività svolte, i professori condannati, in via definitiva, per i reati nei confronti della pubblica amministrazione, i professori in aspettativa obbligatoria. Inoltre, anche per innescare dinamiche virtuose e disincentivare ricorsività e potenziali conflitti di interesse, è stato inserito anche un principio di limite alla partecipazione a commissioni giudicatrici in uno stesso periodo di tempo.

Si è ritenuto di operate tale intervento di armonizzazione tanto in relazione alle procedure ex art. 18 della legge n. 240 del 2010, relative alla chiamata di professori di prima e di seconda fascia, quanto a quelle ex art. 24, concernenti il reclutamento di ricercatori a tempo determinato, pur con alcuni necessari adattamenti.

In particolare, si è ritenuto opportuno procedere anche in relazione a quest’ultime, ancorché, in questo caso, la Commissione giudicatrice della procedura di reclutamento non sia chiamata a valutare l’effettivo possesso dei requisiti quali-quantitativi finalizzati alla successiva chiamata in qualità di professore associato (anche perché il loro possesso non è richiesto in sede di valutazione ai fini dell’assunzione in qualità di ricercatore a tempo determinato). Posta, infatti, la stretta strumentalità tra la procedura di reclutamento in qualità di ricercatore a tempo determinato (in c.d. tenure track) e la successiva valutazione ai fini della chiamata come professore associato, appare maggiormente coerente una armonizzazione anche dei criteri fondamentali di formazione delle commissioni giudicatrici relativi a queste procedure, tra i quali i principi che ne devono ispirare la composizione a garanzia dell’equilibrio di genere, nonché dei principi di imparzialità, trasparenza e rotazione. Si applicano, pertanto, alle commissioni giudicatrici per il reclutamento dei ricercatori universitari di cui all’articolo 24 gli stessi principi previsti dal novellato articolo 18, comma 1, lettera b-bis), precisando che le suddette commissioni saranno composte da tre professori, di cui almeno uno di prima fascia, di cui almeno due esterni all’università che ha indetto la procedura, individuati dalla stessa, previo sorteggio tra i docenti disponibili a livello nazionale, afferenti al settore scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso e almeno un componente interno all’università che ha indetto la procedura, afferente al settore scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso. A tale parallelismo sulla composizione delle commissioni locali fa poi seguito, in relazione ai ricercatori a tempo determinato, l’applicazione dei requisiti di qualificazione scientifica fissati ai sensi dell’art. 16 al momento della valutazione per il passaggio a professore associato (ai sensi dell’art. 24, comma 5).

Oltre all’intervento di armonizzazione delle procedure di reclutamento a livello locale, ulteriore perno sul quale ruota la riforma contenuta nel presente disegno di legge è costituito dall’aggancio strettissimo del reclutamento effettuato, alla valutazione della ricerca, con conseguenze tangibili e a lungo termine sulla dinamica dei finanziamenti degli Aten. A tal fine, è prevista l’emanazione di linee-guida per la valutazione dei vincitori di tutte le procedure di reclutamento (effettuate ai sensi degli articoli 7, commi 5-bis e 5-ter, 18 e 24 della legge n. 240 del 2010), da svolgersi dopo due anni dalla presa di servizio e con cadenza biennale per la durata del rapporto di lavoro. La valutazione dovrà incidere, con modalità che possono essere definite in sede amministrativa, sul computo delle assegnazioni del Fondo per il finanziamento ordinario e del contributo erogato alle università non statali legalmente riconosciute di cui alla legge del 29 luglio 1991, n. 243, secondo principi di premialità e autonomia responsabile.

 

L’articolo 2 del presente disegno di legge disciplina specifiche azioni a sostegno della mobilità interuniversitaria e internazionale, anche al fine di migliorare in modo significativo l’indice relativo ai professori reclutati dall’esterno, prevedendo: un adeguamento delle norme vigenti a favore della mobilità, un incremento del numero effettivo di professori che ciascun ateneo deve reclutare dall’esterno, portandoli ad almeno uno su quattro reclutamenti, un conseguente adeguamento delle forme di incentivazione all’interno del finanziamento ordinario. È un dato di fatto che la circolazione e la mobilità dei docenti universitari negli ultimi anni sono risultate fortemente limitate a causa di una pluralità di fattori (l’eliminazione del terzo livello a tempo determinato, le dinamiche innescate dalla disciplina amministrativa dei c.d. punti-organico, etc.). Si propone, quindi, di estendere l’ambito di applicazione delle procedure di mobilità attualmente normate dall’articolo 7, comma 3, della legge n. 240 del 2010, aggiungendo, alla possibilità dello scambio contestuale di docenti fra due sedi distinte anche la possibilità di un trasferimento unidirezionale, con contestuale trasferimento delle risorse a copertura degli oneri stipendiali e delle conseguenti facoltà assunzionali. Al fine di incentivare la mobilità, nei decreti ministeriali di programmazione finanziaria adottati successivamente all’entrata in vigore della riforma potranno essere previste apposite premialità in favore degli Atenei “cedenti” facoltà assunzionali.

Infine, l’articolo 3 detta disposizioni transitorie e finali, necessarie per assicurare la continuità delle procedure ASN e delle procedure locali in corso all’entrata in vigore del presente disegno di legge, nonché al fine di chiarire la perdurante validità delle abilitazioni già conseguite nel sistema precedente, sino al termine previsto dalla legislazione previgente. Inoltre, il comma 5 prevede il trasferimento al Consiglio Universitario Nazionale (CUN) del parere per le chiamate dirette dall’estero, attualmente previsto in capo alle commissioni nazionali ASN quanto alla congruenza con il gruppo scientifico-disciplinare, unitamente alla valutazione relativa all’inquadramento che lo stesso CUN già svolge all’interno della medesima procedura.

L’articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.