Perché aboliamo l’ASN. La relazione illustrativa del governoPubblichiamo la relazione illustrativa dello SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE RECANTE
«REVISIONE DELLE MODALITÀ DI ACCESSO, VALUTAZIONE E RECLUTAMENTO DEL PERSONALE
RICERCATORE E DOCENTE UNIVERSITARIO». Vi si spiega perché il governo voglia
abolire l’ASN e sostituirla con una autodichiarazione. “Infine, differentemente
dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione non produrrà un
certificato di abilitazione o altro tipo di esito documentale (“esito verde o
rosso”), ma costituirà unicamente lo strumento e la condizione per lo
svolgimento delle procedure locali, seppure alla luce dei nuovi (e più elevati
ed uniformi) requisiti di partecipazione”.
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Il presente disegno di legge riprende i tratti fondamentali delle proposte
elaborate nell’ambito del Gruppo di Lavoro nominato con decreto del Ministro
dell’università e della ricerca del 20 settembre 2024 , n. 1501, avente come
scopo attività di supporto al Ministro per analisi, studio ed elaborazione di
proposte di revisione in materia di reclutamento e di qualità dell’offerta
formativa, dell’assetto e della governance della valutazione dell’università e
della ricerca, nonché di revisione della struttura e del funzionamento degli
Organi consultivi del Ministero dell’università e della ricerca. Il Gruppo di
lavoro – composto dai Presidenti degli Organismi di consulenza del Ministro,
nonché da esperti del settore – ha portato avanti diversi filoni di discussione,
a partire dai temi della funzionalità del vigente sistema di Abilitazione
scientifica nazionale (ASN) di cui all’art. 16 della legge n. 240 del 2010 e da
quelli, strettamente connessi, delle procedure per la chiamata dei professori e
dei ricercatori a tempo determinato (artt. 18 e 24 della medesima legge).
L’obiettivo principale è stato quello di effettuare una valutazione complessiva
di coerenza agli scopi originari, alla luce dei risultati attesi.
Sulla base delle risultanze del Gruppo di lavoro, è stato elaborato il presente
disegno di legge, che persegue la finalità di promuovere la qualità del sistema
universitario italiano, avendo presente in particolare la necessità di renderlo
maggiormente accessibile agli studiosi più giovani, di semplificarne le
procedure, di rafforzare l’autonomia dei singoli Atenei, introducendo al
contempo norme che ne rafforzino in modo significativo la responsabilità per le
scelte compiute in sede di reclutamento. Infine, si è ritenuto di dover
intervenire anche al fine di reinserire procedure di mobilità del personale
docente che il quadro risultante dalle modifiche intervenute negli ultimi
quindici anni avevano fortemente limitato, cristallizzando un localismo di cui
certamente non può giovarsi il sistema complessivamente inteso.
Partendo dall’analisi della funzionalità del sistema ASN dopo quindici anni
dall’approvazione della legge n. 240 del 2010 e dopo più di dodici anni di
prassi applicativa, si è registrato un generale smarrimento della sua natura
iniziale, ovvero quella di accertare il possesso di un livello minimo di
qualificazione e produttività scientifica basato su standard condivisi a livello
nazionale, livello che deve fungere da precondizione indispensabile per
partecipare alle procedure di reclutamento. Nonostante la normativa indichi
chiaramente che il conseguimento dell’abilitazione non dia titolo alcuno alla
chiamata, si è invece radicata l’aspettativa che questa costituisca una sorta di
diritto acquisito alla chiamata in ruolo: questa aspettativa, unitamente
all’altissimo numero di abilitati, comporta effetti distorsivi molto pesanti
sulla programmazione strategica degli Atenei.
Tale aspettativa è, per altro, confermata dalla enorme pressione tesa al
progressivo allungamento della validità del titolo abilitativo, originariamente
prevista in quattro anni e giunta, a seguito di numerose modifiche intervenute
nel corso degli anni (l’ultima recata in sede di conversione del decreto-legge
n. 160 del 2024), a ben dodici anni, svuotando pressoché di senso il suo
aggancio a una valutazione della produzione scientifica basata su indicatori di
produttività all’interno di un determinato arco temporale, arco temporale che è
finalizzato ad accertare, tra l’altro, il perdurare di tale produttività fino al
momento in cui si svolgono le procedure di chiamata.
In aggiunta, la ripetizione di una valutazione quali-quantitativa, effettuata
prima a livello nazionale dalle Commissioni ASN (per altro, gravando i loro
componenti di un lavoro obiettivamente lungo e assorbente, tale da distoglierli
dalla loro attività primaria negli Atenei), e poi a livello di singola procedura
di reclutamento presso i singoli Atenei, appare ridondante, soprattutto per
quanto riguarda i titoli scientifici, incluse le pubblicazioni.
Tale ridondanza è, a maggior ragione, evidente nei settori c.d. bibliometrici,
all’interno dei quali il mero raggiungimento dei valori-soglia quantitativi è
per lo più ritenuto sufficiente, e non già solamente necessario, ai fini del
conseguimento dell’abilitazione, riducendo o addirittura eliminando il peso
della valutazione qualitativa che spetterebbe alla Commissione ASN. Per
converso, il fatto che ai fini dell’abilitazione non siano valutate l’attività
didattica, quella di terza missione/valorizzazione della conoscenza, quella
amministrativo-gestionale, e, per le aree mediche, l’esperienza
clinico-assistenziale, comporta un’asimmetria nei criteri di valutazione
rispetto ai concorsi, dove invece queste attività cruciali per il profilo dei
docenti sono valutate.
I risultati della ASN, anche a causa delle diverse prassi adottate dalle singole
Commissioni nazionali, hanno creato una forte disomogeneità nella percentuale di
abilitati tra i vari settori concorsuali e tra le diverse tornate di
abilitazione, compromettendo in maniera evidente l’idea stessa di un sistema
unitario e tendenzialmente omogeneo per tutte le aree scientifiche.
D’altro canto, l’intervento di modifica si rende necessario anche al fine di
dare compiuta attuazione alla Riforma 1.5 (Missione 4, Componente 1) del Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza, di competenza MUR, che ha provveduto, tra
l’altro, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca 2 maggio 2024,
n. 639, ad individuare i nuovi Gruppi scientifico-disciplinari (per un totale di
n. 190, che hanno sostituito sia nell’inquadramento, sia per i compiti dei
docenti che nei piani di studio, i Settori scientifico-disciplinari (SSD) e i
Settori Concorsuali (SC). I Gruppi scientifico-disciplinari costituiscono una
prerogativa necessaria per l’inquadramento dei professori di prima e seconda
fascia e dei ricercatori e sono utilizzati per l’adempimento degli obblighi
didattici da parte degli stessi. Trattasi di un’operazione di semplificazione
per far sì che ciascun gruppo scientifico disciplinare possa contenere uno o più
settori scientifico-disciplinari afferenti allo stesso, alla luce delle
declaratorie indicate nel decreto sopra menzionato.
In questo quadro, la proposta normativa ha l’obiettivo di semplificare
radicalmente l’attuale sistema, garantendo il mantenimento di una soglia minima
di requisiti di produttività e qualificazione scientifica, condivisi a livello
nazionale, come condizione di accesso alla docenza universitaria di prima e di
seconda fascia. In particolare, si propone l’introduzione di un sistema mediante
cui si individuino, su proposta dell’Agenzia nazionale di valutazione del
sistema universitario e della ricerca (ANVUR), requisiti specifici, distinti per
gruppo scientifico-disciplinare e, per ciascuno di essi, per la prima e per la
seconda fascia.
Il possesso dei citati requisiti, come chiarito al comma 3, è oggetto di
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da parte dei singoli candidati,
attraverso una piattaforma telematica messa a disposizione del Ministero, e, a
differenza da quanto avviene oggi per gli indicatori quantitativi di produzione
scientifica previsti dalle procedure ASN, il caricamento – recte, la
dichiarazione sostitutiva del candidato – della documentazione attestante il
relativo possesso non implica alcuna valutazione da parte del MUR. Non si tratta
di una procedura automatizzata di valutazione, ma di una mera condizione di
ammissibilità strumentale ai fini della partecipazione alle procedure di
concorso per la chiamata come professori ordinari e associati da parte delle
università, elevando i requisiti per l’ingresso in ruolo e, al contempo,
fornendone una elencazione uniforme a livello nazionale come parametro di
valutazione per le singole commissioni locali.
Infine, differentemente dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione
non produrrà un certificato di abilitazione o altro tipo di esito documentale
(“esito verde o rosso”), ma costituirà unicamente lo strumento e la condizione
per lo svolgimento delle procedure locali, seppure alla luce dei nuovi (e più
elevati ed uniformi) requisiti di partecipazione.
In definitiva, il nuovo sistema, nella valorizzazione del principio di autonomia
responsabile, affida alle università la gestione dei processi di selezione nelle
procedure concorsuali per la chiamata di professori di prima e seconda fascia,
pur garantendo – a livello centrale – una serie di requisiti di partecipazione,
salvaguardando così l’autonomia garantita dall’art. 33 della Costituzione.
Con il nuovo sistema si intendono responsabilizzare concretamente gli atenei
circa le rispettive politiche di reclutamento. In quest’ottica la valutazione
dei nuovi assunti diviene un elemento fondamentale al fine del riparto della
quota premiale del FFO e del contributo destinato alle università non statali.
Si intende introdurre un sistema premiale per le università che assumono i
migliori, ossia coloro i quali nel periodo successivo all’assunzione dimostrano
con i loro indicatori di produttività, con le loro pubblicazioni e con la loro
attività complessiva, di aver contribuito al miglioramento della qualità delle
attività dell’università che li ha reclutati.
Oltre alle nuove modalità di reclutamento, al fine di favorire la circolazione
dei professori e dei ricercatori già in ruolo, si prevede un meccanismo di
mobilità orizzontale attraverso il “trasferimento” delle facoltà assunzionali (e
delle relative risorse finanziarie), rendendo più attrattivo e conveniente il
sistema di mobilità tra Atenei.
Passando all’illustrazione dell’articolato, il presente disegno di legge,
all’articolo 1, si pone l’obiettivo di semplificare radicalmente l’attuale
sistema, garantendo al contempo il mantenimento di una fissazione ex ante di
requisiti di produttività e qualificazione scientifica, condivisi a livello
nazionale, come condizione di accesso alla docenza universitaria di prima e di
seconda fascia. In particolare, si propone l’introduzione di un sistema mediante
cui si individuino, su proposta dell’Agenzia nazionale di valutazione del
sistema universitario e della ricerca (ANVUR), requisiti specifici, distinti per
gruppo scientifico-disciplinare e, per ciascuno di essi, per la prima e per la
seconda fascia.
Il possesso dei citati requisiti, come chiarito al comma 3, è oggetto di
dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà da parte dei singoli candidati,
attraverso una piattaforma telematica del Ministero e, a differenza da quanto
avviene oggi per gli indicatori quantitativi di produzione scientifica previsti
dalle procedure ASN, il caricamento – recte, la dichiarazione sostitutiva del
candidato – della documentazione attestante il relativo possesso non implica
alcuna valutazione da parte del MUR. Si tratta, dunque, di una mera condizione
di ammissibilità nonché di un mero strumento ai fini della partecipazione alle
procedure di concorso per la chiamata come professori ordinari e associati da
parte delle università, elevando i requisiti per l’ingresso in ruolo e, al
contempo, fornendone una elencazione uniforme a livello nazionale come parametro
di valutazione per le singole commissioni locali.
Tali requisiti riprenderanno in parte gli attuali titoli richiesti per il
conseguimento dell’ASN (l’organizzazione o la partecipazione come relatore a
convegni scientifici, l’attribuzione di borse di ricerca o di incarichi di
collaborazione all’attività di ricerca, la partecipazione a progetti di ricerca
aggiudicati sulla base di bandi competitivi, il conseguimento di premi
riconosciuti per l’attività scientifica, i risultati in sede di trasferimento
tecnologico etc.) e comprenderanno una misurazione della produzione scientifica,
integrandola con analisi della sua continuità e distribuzione temporale,
sostituendo funzionalmente i cosiddetti “valori soglia”, individuati dal D.M. n.
589 del 2018.
Si precisa che i requisiti previsti dal novellato articolo 16 della legge n. 240
del 2010, non costituiscono un elenco necessariamente tassativo per tutte le
aree scientifiche, ma sarà il decreto del Ministro dell’università e della
ricerca, su proposta dell’ANVUR, di cui al nuovo articolo 16, comma 1, a
dettagliarne il contenuto per ciascun gruppo scientifico-disciplinare e ciascuna
delle due fasce di docenza, delimitando quindi l’ambito entro il quale ciascuna
università sarà chiamata a svolgere le valutazioni mediante commissioni
giudicatrici formate come disciplinato nel prosieguo del testo.
Differentemente dal sistema ASN, il nuovo modello di autodichiarazione non
produrrà un certificato, un patentino o altro tipo di esito documentale, ma
costituirà unicamente lo strumento per lo svolgimento delle procedure locali,
seppure alla luce dei nuovi (e più elevati ed uniformi) requisiti di
partecipazione.
Dunque, nel nuovo sistema, al posto di un controllo centralizzato a valle del
quale le singole università sono integralmente libere di gestire i singoli
processi di selezione, si individuano – a livello centrale – una serie di
requisiti, rimettendo poi la responsabilità delle procedure, in capo alle
commissioni giudicatrici locali coinvolte nelle procedure concorsuali per la
chiamata di professori di prima e seconda fascia, in relazione alle quali si
fissano tuttavia una serie di vincoli di composizione e di funzionamento, ossia
una pluralità di interventi di armonizzazione delle procedure di reclutamento a
livello di ateneo, ferma restando l’autonomia garantita dall’art. 33 della
Costituzione. La definizione ex lege di linee guida relativamente ai requisiti
generali di accesso ai fini della partecipazione alle procedure di chiamata
garantisce un’applicazione uniforme e trasparente delle singole procedure a
livello locale, fornendo una cornice normativa generale in relazione alle regole
e ai criteri da adottare da parte delle singole commissioni locali nell’ambito
delle procedure di reclutamento di riferimento.
Tali interventi di armonizzazione hanno operato su una pluralità di piani
distinti. La finalità è quella di superare i picchi più marcati di disomogeneità
a livello dei singoli Atenei, fonte di numerosi contenziosi e, al tempo stesso,
di garantire che l’accesso effettivo al ruolo avvenga ovunque con requisiti
minimali condivisi e rafforzati mediante l’obbligo del colloquio sui titoli da
parte dei/delle candidati/e.
A tal fine, vengono inseriti alcuni vincoli nella formazione delle commissioni
giudicatrici, indicando una serie di requisiti qualitativi e di equilibrio di
genere, nonché finalizzati alla rotazione tra i professori chiamati a farne
parte, ai quali si aggiunge l’individuazione di una serie di categorie escluse
al fine di elevare la qualità dei procedimenti di selezione.
In secondo luogo, si prevede, per le procedure di chiamata di professori di
prima e di seconda fascia, la necessità di una discussione pubblica dei
contenuti delle pubblicazioni scientifiche dei candidati, delle esperienze
didattiche, nonché delle modalità di svolgimento delle stesse, in modo da
rafforzare i meccanismi di trasparenza delle procedure e innescare dinamiche
virtuose di responsabilizzazione dei Dipartimenti, titolari già a legislazione
vigente della decisione sulla proposta di chiamata. Inoltre, anche alla luce
della più recente giurisprudenza amministrativa, si è ritenuto di fissare il
principio che l’individuazione del candidato più meritevole debba essere rimessa
in via esclusiva alla commissione giudicatrice, composta secondo i criteri di
armonizzazione richiamati, al fine di assicurare che sia premiato il merito
riconosciuto dalla comunità scientifica di riferimento, escludendo che le
commissioni possano limitarsi a indicare “rose” di candidati idonei e lasciando
poi la discrezionalità ai Dipartimenti in sede di proposta di chiamata. Tale
problematica è emersa in maniera dirompente alla luce della recente sentenza del
Consiglio di Stato, VII sez., 25 ottobre 2024, n. 8516 relativamente alle
chiamate dei ricercatori, in cui è stata censurato la disciplina d’ateneo che
consentiva la rimessione alla decisione del dipartimento, anche nel senso di
sovvertire la graduatoria di merito definita dalla commissione giudicatrice.
Quanto agli interventi di fissazione di principi circa la composizione delle
Commissioni giudicatrici, oltre a richiedere il possesso dei requisiti per le
funzioni di professore di prima fascia, si è ritenuto di inserire principi di
afferenza al medesimo settore scientifico-disciplinare oggetto della procedura,
nonché principi (finora rimessi all’autonomia del singolo ateneo) relativi alla
provenienza interna o esterna all’università che ha indetto la procedura e di
promozione dell’equilibrio di genere, nonché principi di imparzialità,
trasparenza e rotazione. Al fine di rafforzare il rispetto dei principi di
trasparenza ed imparzialità si prevede, in particolare, che la commissione
giudicatrice sarà formata da cinque componenti, di cui almeno quattro esterni
all’università che ha indetto la procedura, individuati dalla stessa, previo
sorteggio tra i docenti disponibili a livello nazionale, afferenti al settore
scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso e almeno un componente
interno all’università che ha indetto la procedura, afferente al settore
scientifico-disciplinare di cui al bando di concorso.
Si è altrettanto ritenuto di escludere una serie di categorie, quali, tra gli
altri, i professori straordinari a tempo determinato ex art. 1, comma 12, della
legge n. 230 del 2005, i professori che hanno ottenuto una valutazione negativa
circa le attività svolte, i professori condannati, in via definitiva, per i
reati nei confronti della pubblica amministrazione, i professori in aspettativa
obbligatoria. Inoltre, anche per innescare dinamiche virtuose e disincentivare
ricorsività e potenziali conflitti di interesse, è stato inserito anche un
principio di limite alla partecipazione a commissioni giudicatrici in uno stesso
periodo di tempo.
Si è ritenuto di operate tale intervento di armonizzazione tanto in relazione
alle procedure ex art. 18 della legge n. 240 del 2010, relative alla chiamata di
professori di prima e di seconda fascia, quanto a quelle ex art. 24, concernenti
il reclutamento di ricercatori a tempo determinato, pur con alcuni necessari
adattamenti.
In particolare, si è ritenuto opportuno procedere anche in relazione a
quest’ultime, ancorché, in questo caso, la Commissione giudicatrice della
procedura di reclutamento non sia chiamata a valutare l’effettivo possesso dei
requisiti quali-quantitativi finalizzati alla successiva chiamata in qualità di
professore associato (anche perché il loro possesso non è richiesto in sede di
valutazione ai fini dell’assunzione in qualità di ricercatore a tempo
determinato). Posta, infatti, la stretta strumentalità tra la procedura di
reclutamento in qualità di ricercatore a tempo determinato (in c.d. tenure
track) e la successiva valutazione ai fini della chiamata come professore
associato, appare maggiormente coerente una armonizzazione anche dei criteri
fondamentali di formazione delle commissioni giudicatrici relativi a queste
procedure, tra i quali i principi che ne devono ispirare la composizione a
garanzia dell’equilibrio di genere, nonché dei principi di imparzialità,
trasparenza e rotazione. Si applicano, pertanto, alle commissioni giudicatrici
per il reclutamento dei ricercatori universitari di cui all’articolo 24 gli
stessi principi previsti dal novellato articolo 18, comma 1, lettera b-bis),
precisando che le suddette commissioni saranno composte da tre professori, di
cui almeno uno di prima fascia, di cui almeno due esterni all’università che ha
indetto la procedura, individuati dalla stessa, previo sorteggio tra i docenti
disponibili a livello nazionale, afferenti al settore scientifico-disciplinare
di cui al bando di concorso e almeno un componente interno all’università che ha
indetto la procedura, afferente al settore scientifico-disciplinare di cui al
bando di concorso. A tale parallelismo sulla composizione delle commissioni
locali fa poi seguito, in relazione ai ricercatori a tempo determinato,
l’applicazione dei requisiti di qualificazione scientifica fissati ai sensi
dell’art. 16 al momento della valutazione per il passaggio a professore
associato (ai sensi dell’art. 24, comma 5).
Oltre all’intervento di armonizzazione delle procedure di reclutamento a livello
locale, ulteriore perno sul quale ruota la riforma contenuta nel presente
disegno di legge è costituito dall’aggancio strettissimo del reclutamento
effettuato, alla valutazione della ricerca, con conseguenze tangibili e a lungo
termine sulla dinamica dei finanziamenti degli Aten. A tal fine, è prevista
l’emanazione di linee-guida per la valutazione dei vincitori di tutte le
procedure di reclutamento (effettuate ai sensi degli articoli 7, commi 5-bis e
5-ter, 18 e 24 della legge n. 240 del 2010), da svolgersi dopo due anni dalla
presa di servizio e con cadenza biennale per la durata del rapporto di lavoro.
La valutazione dovrà incidere, con modalità che possono essere definite in sede
amministrativa, sul computo delle assegnazioni del Fondo per il finanziamento
ordinario e del contributo erogato alle università non statali legalmente
riconosciute di cui alla legge del 29 luglio 1991, n. 243, secondo principi di
premialità e autonomia responsabile.
L’articolo 2 del presente disegno di legge disciplina specifiche azioni a
sostegno della mobilità interuniversitaria e internazionale, anche al fine di
migliorare in modo significativo l’indice relativo ai professori reclutati
dall’esterno, prevedendo: un adeguamento delle norme vigenti a favore della
mobilità, un incremento del numero effettivo di professori che ciascun ateneo
deve reclutare dall’esterno, portandoli ad almeno uno su quattro reclutamenti,
un conseguente adeguamento delle forme di incentivazione all’interno del
finanziamento ordinario. È un dato di fatto che la circolazione e la mobilità
dei docenti universitari negli ultimi anni sono risultate fortemente limitate a
causa di una pluralità di fattori (l’eliminazione del terzo livello a tempo
determinato, le dinamiche innescate dalla disciplina amministrativa dei c.d.
punti-organico, etc.). Si propone, quindi, di estendere l’ambito di applicazione
delle procedure di mobilità attualmente normate dall’articolo 7, comma 3, della
legge n. 240 del 2010, aggiungendo, alla possibilità dello scambio contestuale
di docenti fra due sedi distinte anche la possibilità di un trasferimento
unidirezionale, con contestuale trasferimento delle risorse a copertura degli
oneri stipendiali e delle conseguenti facoltà assunzionali. Al fine di
incentivare la mobilità, nei decreti ministeriali di programmazione finanziaria
adottati successivamente all’entrata in vigore della riforma potranno essere
previste apposite premialità in favore degli Atenei “cedenti” facoltà
assunzionali.
Infine, l’articolo 3 detta disposizioni transitorie e finali, necessarie per
assicurare la continuità delle procedure ASN e delle procedure locali in corso
all’entrata in vigore del presente disegno di legge, nonché al fine di chiarire
la perdurante validità delle abilitazioni già conseguite nel sistema precedente,
sino al termine previsto dalla legislazione previgente. Inoltre, il comma 5
prevede il trasferimento al Consiglio Universitario Nazionale (CUN) del parere
per le chiamate dirette dall’estero, attualmente previsto in capo alle
commissioni nazionali ASN quanto alla congruenza con il gruppo
scientifico-disciplinare, unitamente alla valutazione relativa all’inquadramento
che lo stesso CUN già svolge all’interno della medesima procedura.
L’articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.