Assemblea degli azionisti di ENI: il gas mozambicano non serve per la sicurezza energetica italiana

ReCommon - Thursday, May 15, 2025

L’8 aprile scorso ENI ha celebrato il 100esimo cargo di gas naturale liquefatto (GNL) proveniente dalla piattaforma di estrazione e liquefazione di gas fossile Coral South FLNG, al largo delle coste del Mozambico. La notizia, che ha avuto una buona eco sui media italiani, descrive il progetto come un caposaldo dell’impegno della principale multinazionale italiana «nella crescita economica e nella sicurezza energetica», senza però specificare per chi.

Dal 13 novembre 2022 – data di partenza del primo carico di GNL, diretto al porto di Bilbao – a oggi, sono 124 le navi gasiere ad aver mollato gli ormeggi da Coral South FLNG. Come conseguenza di un accordo firmato il 4 ottobre 2016, il gas di Coral è acquistato dalla compagnia britannica BP, che poi lo rivende sul mercato al miglior offerente.

In risposta alle domande poste da ReCommon a ENI in vista della sua assemblea degli azionisti, tenutasi a porte chiuse il 14 maggio, la multinazionale afferma che «i carichi hanno contribuito alla sicurezza degli approvvigionamenti europei ed alcuni sono arrivati in Italia», in risposta a un «momento di grande scarsità di gas». Ma è davvero così?

Consultando i dati di KPLER, rinomato database sul commercio di materie prime utilizzato anche da ENI, emerge che solo 6 dei 124 cargo di GNL partiti da Coral South siano arrivati in Europa: 3 in Croazia, 1 in Spagna e, infine, 2 in Italia. Tutto il resto è andato al Continente asiatico.

I carichi di GNL destinati all’Italia risalgono ai mesi di gennaio e febbraio del 2023, ciò significa che negli ultimi due anni non è approdato un solo metro cubo di gas sulle coste italiane.

Numeri alla mano, è evidente che per il Mozambico le cose vadano anche peggio. Ma c’è di più. Dall’analisi dei dati pubblici e delle immagini satellitari esaminati da ReCommon e dai suoi consulenti, solo fra giugno e dicembre 2022, le operazioni di flaring (la pratica di bruciare in torcia il gas in eccesso estratto insieme ad altri idrocarburi) avrebbero comportato lo spreco di 435mila metri cubi di gas, equivalente a circa il 40% del fabbisogno annuo del Mozambico. Oltre il danno di non ricevere un solo metro cubo di gas, la beffa. Sì, perché il flaring ha impatti rilevanti sul clima, l’ambiente e – in prossimità di centri abitati – sulle persone.

Coral South FLNG, Mozambico. Foto ©Alamy

C’è chi festeggia in vista della realizzazione del progetto gemello di Coral South FLNG, Coral North FLNG, senza però tenere in debita considerazione gli impatti associati proprio al sottostimato – e, in alcuni casi, omesso – flaring di Coral South FLNG. Senza contare che, in mercati ormai saturi di GNL, il rischio di credito per progetti come Coral North FLNG cresce esponenzialmente. E ci sono istituzioni finanziarie come SACE e Intesa Sanpaolo che sembrano disposte a finanziarlo comunque.

Rinnoviamo la domanda: crescita economica e sicurezza economica per chi?

La storia dei carichi di GNL e del flaring di Coral South FLNG è un piccolo “bignami” dell’estrattivismo: privatizzare gli utili, socializzare le perdite. Di qualsiasi tipo. In ballo c’è il futuro del Mozambico, che rischia di andare letteralmente in fumo.