
Le proteste indigene in Ecuador compiono un mese con tre morti e il dialogo interrotto
Comitato Carlos Fonseca - Friday, October 24, 2025Le proteste indigene in Ecuador compiono un mese con almeno tre manifestanti morti, 15 scomparsi, quasi 300 feriti e 377 lesioni dei diritti umani.
Il 16 settembre il potente movimento indigeno si lanciava nelle vie e a bloccare le strade in varie province della sierra ecuadoriana. Allo sciopero indefinito decretato dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (Conaie) dopo tre giorni si è risposto con la dichiarazione dello stato d’emergenza in sette province e con una sistematica repressione della polizia e dell’esercito ecuadoriano, con un uso “sproporzionato” dei gas lacrimogeni e delle armi da fuoco, secondo una denuncia dell’Ufficio di Washington per gli Affari Latinoamericani (WOLA).
Fino ad oggi, almeno tre persone sono morte a seguito della violenza poliziesca e militare: il dirigente indigeno kichwa di 46 años, Efraín Fuerez, José Alberto Guamán Izam, di 30 anni, della comunità di Cachibiro, agricoltore e padre di due figli, e Rosa Elena Paqui, donna indigena saraguro di 61 anni, per un blocco cardiorespiratorio causato dai gas lacrimogeni.
Secondo quanto documenta il WOLA, la repressione ha raggiunto la stampa, con giornalisti “fermati e deportati” e la chiusura di media comunitari. Sono state riportate anche perquisizioni senza un ordine giudiziario, blocchi di internet e telefoni nelle province mobilitate e “deportazioni sommarie”, secondo questa organizzazione statunitense. Secondo le cifre della Conaie, quando si compie un mese di mobilitazione, ai tre morti si aggiungono 296 persone ferite e 377 lesioni dei diritti umani.
Il 16 ottobre, 132 organizzazioni internazionali dei diritti umani chiedevano al Governo ecuadoriano di fermare la militarizzazione e “l’uso eccessivo della forza”. Il comunicato insiste sulla criminalizzazione giudiziaria delle organizzazioni indigene e difensore dei diritti umani “con capi d’accusa di terrorismo, arricchimento illecito e paralisi dei servizi pubblici”. Secondo quanto denunciano queste ONG di tutto il mondo, il Governo di Noboa sta ricorrendo al blocco dei conti bancari di varie organizzazioni sociali e difensore dei diritti umani.
Le principali richieste indigene continuano ad essere l’abrogazione della legge che elimina il sussidio al diesel, più risorse per la sanità, la fine dei massicci licenziamenti, la riduzione dell’IVA al 12% e il rifiuto del referendum convocato dal presidente, Daniel Noboa, per permettere la reinstallazione di basi militari statunitensi nel territorio. Con il trascorrere dello sciopero indefinito, alle prime richieste si è aggiunta la liberazione dei detenuti e la fine della criminalizzazione.
Il principale focolaio della resistenza indigena è la provincia di Imbabura, dove il Governo ha diretto un’operazione militare per “reprimere il popolo e sgombrare le vie”, secondo la Conaie, organizzazione che ha incolpato il Governo di Noboa della rottura dei negoziati e della criminalizzazione di cui sono vittime: “Non siamo terroristi, siamo popoli millenari che si reggono attraverso i principi di unità e solidarietà”. I tentativi di spostare le proteste a Quito e di occupare la capitale, come in precedenti scioperi che hanno torto il braccio al governo ecuadoriano, sono stati ostacolati dalle forze di sicurezza che il passato 12 ottobre hanno impedito il passaggio dei camion che trasportavano i manifestanti e hanno disperso con gas lacrimogeni le manifestazioni nella città.
Nonostante che il Governo abbia affermato fin dall’inizio che non avrebbe negoziato con il movimento indigeno, il 15 ottobre si è seduto con i rappresentanti indigeni di Imbabura e dei popoli kichwa della sierra per giungere ad un accordo che non è durato molto. “Oggi si toglie lo sciopero, oggi si aprono le vie”, ha detto il ministro dell’Interno John Reimberg. Ma il giorno seguente, le proteste continuavano. Le richieste di mantenere il sussidio al diesel, di liberare tutti i manifestanti arrestati, specialmente i “12 di Otavalo” accusati di terrorismo, o il chiarimento delle morti avvenute continuavano ad non essere soddisfatte.
Il 19 ottobre, il Governo rompeva ufficialmente il dialogo con il movimento indigeno e lo rendeva responsabile di “qualsiasi cosa succederà”. La Conaie rifiuta questa decisione, che giudica come “autoritaria” e accusa Noboa di “chiudere ogni possibilità di reale dialogo mentre rispetta le richieste del Fondo Monetario Internazionale a costo della sofferenza del popolo e l’aumento della povertà”.
22 ottobre 2025
El Salto
Traduzione del Comitato Carlos Fonseca: Martín Cúneo, “Las protestas indígenas en Ecuador cumplen un mes con tres muertos y el diálogo roto”, pubblicato il 22-10-2025 in El Salto, su [https://www.elsaltodiario.com/ecuador/protestas-indigena-cumplen-un-mes-tres-muertos-dialogo-roto#] ultimo accesso 24-10-2025.