La pesante eredità: Ricchezza e (im)mobilità sociale tra le generazioni in Italia
La distribuzione della ricchezza in Italia è fortemente sbilanciata: il 10% più
ricco possiede addirittura il 60% della ricchezza nazionale, mentre la metà più
povera della popolazione detiene appena il 7,4%. Negli ultimi dieci anni questa
disparità si è accentuata ulteriormente, con la quota del 10% più benestante
cresciuta di 7 punti percentuali, una velocità doppia rispetto alla media
europea. E l’Italia è anche il Paese che presenta una delle mobilità sociali più
basse tra quelli dell’area OCSE, con una forte influenza del contesto familiare
sul futuro economico degli individui. Infatti, il livello di elasticità
intergenerazionale del reddito è pari a 0,5, segno evidente che nascere in una
famiglia benestante o in una con meno risorse determina significativamente le
opportunità economiche future. Un altro fattore preoccupante riguarda le
differenze tra generazioni: quelle più giovani, Millennials e Generazione Z,
possiedono livelli di patrimonio significativamente più bassi rispetto alle
generazioni precedenti, Generazione X e Baby Boomers, alla stessa età. Sono i
dati di un recente Report “La pesante eredità, Ricchezza e (im)mobilità sociale
tra le generazioni in Italia” di Tortuga, un think-tank indipendente, nato
dall’iniziativa volontaria di giovani ricercatori e ricercatrici, studentesse e
studenti di economia e scienze sociali, con l’obiettivo di contribuire a
un’Italia più equa, inclusiva e innovativa.
“Numerose ricerche, si legge nel Report, suggeriscono che livelli elevati di
disuguaglianza economica siano correlati a una minore mobilità sociale e a una
crescita economica più lenta. La mobilità sociale può essere analizzata da due
diverse prospettive: intragenerazionale, che riguarda i cambiamenti nello status
socioeconomico di un singolo individuo; e intergenerazionale, che esamina la
relazione tra la condizione economica dei genitori e quella dei figli una volta
adulti. La letteratura economica ha evidenziato una forte correlazione tra
disuguaglianza e “rigidità” intergenerazionale. Secondo un fenomeno noto come
Curva del Grande Gatsby, nei Paesi con maggiore disuguaglianza di reddito,
misurata dal coefficiente di Gini, la mobilità sociale è più bassa”. In altre
parole, nei contesti caratterizzati da profonde disuguaglianze non solo la
distanza tra ricchi e poveri è maggiore, ma è anche più difficile per un
individuo migliorare la propria condizione economica rispetto a quella della
famiglia d’origine. Un fenomeno, noto anche come “rottura dell’ascensore
sociale”, particolarmente marcato in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e
Italia. Al contrario, i paesi nordici si distinguono per livelli più elevati di
equità e mobilità sociale. La diseguale distribuzione della ricchezza e delle
opportunità, radicata in meccanismi ereditari ed economici, rende il tema della
mobilità sociale una priorità di politica economica. L’Italia si distingue –
insomma – non solo per un tasso di crescita tra i più bassi d’Europa, ma anche
per una crescita sbilanciata, in cui le fasce più ricche vedono aumentare il
proprio patrimonio molto più rapidamente rispetto al resto della popolazione.
Questo processo contribuisce ad amplificare le disuguaglianze.
Entro il 2045 avverrà un enorme trasferimento intergenerazionale di ricchezza
stimato in circa 6.486 miliardi di euro. Dal punto di vista fiscale applicando
la legislazione vigente, si prevede un gettito fiscale complessivo di circa 50
miliardi di euro entro il 2045, con una media di 2,4 miliardi l’anno. Applicando
invece uno schema di tassazione come quello attualmente adottato in Francia,
Germania o Regno Unito il gettito potrebbe salire di almeno 17 miliardi. Queste
risorse potrebbero essere strategicamente reinvestite per ridurre le
disuguaglianze, migliorando l’accesso a istruzione di qualità, assistenza
sanitaria e opportunità lavorative. Per questo le ricercatrici e i ricercatori
di Tortuga propongono di aumentare leggermente l’imposta di successione per i
grandi patrimoni, portandola agli standard europei. Questa misura non
impatterebbe negativamente sulle famiglie con questi ingenti patrimoni, ma
contribuirebbe a promuovere l’equità sociale. Chiaramente queste misure
servirebbero alla riduzione della tassazione sui redditi oppure porterebbero
capitale da investire in settori come la sanità, l’istruzione e anche la
sicurezza portando benefici concreti e duraturi all’intera società. Qui il
Report:
https://www.tortuga-econ.it/wp-content/uploads/2025/07/La-pesante-eredita.pdf.
E di passaggi generazionali in Italia si occupa anche una ricerca del Censis,
che cerca di esplorare il passaggio generazionale non solo come successione
lineare o trasferimento dell’eredità materiale, ma come coesistenza
intergenerazionale di valori, attitudini e capacità che si rinnovano nella
pratica quotidiana del fare. Un approccio oggi necessario a costruire un futuro
in cui le nuove generazioni possano avere lo spazio e la legittimità per
sperimentare modi innovativi di fare impresa. Tra le evidenze di questa ricerca
colpisce soprattutto che per molte donne l’impresa di famiglia resta un’eredità
da custodire, più che uno spazio di azione e decisione: solo il 24,7% delle
giovani donne ha un ruolo proprietario nell’impresa familiare (contro il 37,4%
degli uomini); il 16,1% delle donne collabora occasionalmente, in ruoli non
strutturati ma significativi (contro il 9,3% degli uomini); il 13,3% delle
donne, pur non coinvolte oggi, desidera esserlo in futuro (contro il 4,1% degli
uomini); il 10,3% gestisce il patrimonio familiare senza lavorare nell’impresa
(contro il 4,7% degli uomini).
Qui la ricerca del Censis “I passaggi generazionali in Italia: coesistenze,
giovani eredi e DNA imprenditoriali”:
https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Passaggi%20generazionali%20Censis.pdf.
Giovanni Caprio