SOS Humanity pubblica le prove di un respingimento illegale e della scomparsa di 4 persone durante un’operazione della Guardia Costiera tunisina e di quella italiana
Venerdì 11 luglio il nostro equipaggio è riuscito a salvare 26 persone da un
gommone sovraffollato e non idoneo alla navigazione, senza giubbotti di
salvataggio, nelle acque internazionali della zona di ricerca e soccorso (SRR)
libica. Il luogo sicuro (PoS) assegnato dalle autorità italiane è Brindisi, dove
Humanity 1 arriverà martedì 15 luglio alle 09:00 CET circa.
Il caso di emergenza è stato individuato dai binoculari venerdì mattina. Intorno
alle 11:15 CET, il soccorso di un’imbarcazione sovraffollata è stato completato
e tutti i 26 sopravvissuti sono stati portati in salvo a bordo. Erano partiti da
Zuwiyah e avevano trascorso 30 ore in mare. La maggior parte dei sopravvissuti,
tra cui alcuni minori, proviene dal Sudan devastato dalla guerra, mentre altri
provengono dall’Egitto, dal Mali e dalla Costa d’Avorio.
Poco dopo aver completato il salvataggio, Humanity 1 ha ricevuto una richiesta
di soccorso da un aereo Frontex che segnalava circa 70 persone in pericolo.
L’aereo dell’ONG Seabird 1 era sul posto e ha confermato il caso di emergenza e
che l’imbarcazione era alla deriva. Humanity 1 ha proceduto a prestare
assistenza sotto il coordinamento del Centro di coordinamento marittimo italiano
(MRCC). Durante la navigazione, l’equipaggio di Humanity 1 ha ascoltato una
conversazione radio VHF tra la Guardia Costiera tunisina e quella italiana
riguardo a un’operazione in mare: la Guardia Costiera tunisina ha riferito di
aver preso a bordo 33 persone, mentre la Guardia Costiera italiana ha segnalato
27 persone a bordo della propria imbarcazione, indicando che quattro persone
erano disperse. Il MRCC italiano ha successivamente informato l’equipaggio di
Humanity 1 che le persone erano state “soccorse” e ha ordinato alla nave di
procedere verso Brindisi.
Le prove raccolte da SOS Humanity da bordo di Humanity 1 confermano un
respingimento illegale da parte della Guardia Costiera tunisina, che ha
costretto 33 persone a tornare in Tunisia e ha lasciato almeno 4 persone
disperse in mare. L’intercettazione coercitiva da parte della Guardia Costiera
tunisina è stata pubblicata per la prima volta dai progetti Maldusa e
Mediterranean Hope sulla base delle testimonianze dei sopravvissuti sbarcati a
Lampedusa dopo essere stati soccorsi dalla Guardia Costiera italiana venerdì 11
luglio. La loro pubblicazione rispecchia le prove raccolte in mare da Humanity
1.
Questo è l’ennesimo esempio delle conseguenze mortali delle politiche di
esternalizzazione dell’UE: con il sostegno dell’UE e dei suoi Stati membri, le
persone in cerca di protezione vengono lasciate morire e i rifugiati vengono
riportati contro il diritto internazionale in Tunisia, dove sono sottoposti a
detenzione arbitraria, discriminazione razziale ed espulsioni collettive nel
deserto. La Guardia Costiera tunisina non effettua operazioni di ricerca e
soccorso in conformità con il diritto internazionale, ma costringe illegalmente
le persone a tornare in Tunisia nonostante la Guardia Costiera italiana sia sul
posto per soccorrerle e portarle in un luogo sicuro. Questa è la chiara
conseguenza dell’esternalizzazione sistematica delle operazioni di ricerca e
soccorso, che l’UE e i suoi Stati membri affidano alla Guardia Costiera
tunisina.
La perdita di quattro vite umane e il ritorno forzato di 33 persone in Tunisia,
dove i loro diritti non sono tutelati, è l’ennesima prova lampante delle
politiche migratorie letali dell’Europa e della sua diretta responsabilità per
queste violazioni dei diritti umani in mare.
Redazione Italia