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Indagare i torturatori israeliani
Il Comitato ONU contro la tortura, composto da 10 esperti indipendenti, chiede alle autorità israeliane di creare “una commissione d'inchiesta ad hoc indipendente, imparziale ed efficace incaricata di esaminare e indagare su tutte le accuse di tortura e maltrattamenti commessi durante l'attuale conflitto.” Gli esperti avvisano le autorità di Tel Aviv che la situazione si è “gravemente intensificata” dall’inizio dell’aggressione a Gaza. Lo stesso Comitato ammette implicitamente che difficilmente ci saranno azioni in merito, descrivendo la situazione come “una politica di fatto statale di tortura e maltrattamenti organizzati e diffusi.” Gli esperti indicano che le politiche volute dal governo Netanyahu VI rischiano di tradursi in “condizioni di vita crudeli, disumane o degradanti per la popolazione palestinese.” Parlando in audizione a Ginevra, il relatore Peter Vedel Kessing ha dichiarato di essere rimasto “profondamente sconvolto dalle descrizioni che abbiamo ricevuto.” Il rapporto elenca accuse di pestaggi gravi ripetuti, attacchi di cani, elettroshock, waterboarding, posizioni di stress prolungate e violenze sessuali. La risposta dell’ambasciatore israeliano all’ONU, Daniel Meron, è quella che potete aspettarvi. Le accuse avanzate dal Comitato sarebbero “disinformazione”: Meron ha dichiarato che Israele “è impegnato a rispettare i propri obblighi in linea con i nostri valori e principi morali, anche di fronte alle sfide poste da un'organizzazione terroristica.” (OHCHR / the New Arab) “In linea con i nostri valori e principi morali”: i soldati che erano stati fermati in seguito alla circolazione del video in cui uccidevano a sangue freddo 2 palestinesi che si erano arresi sono stati rilasciati. I militari hanno dichiarato di aver percepito un “pericolo reale per la loro vita” — entrambi i palestinesi erano disarmati, e avevano anche mostrato di non avere esplosivi addosso — e che hanno aperto il fuoco con l’obiettivo di “neutralizzare” i due uomini, e non con l’intento di uccidere. La loro versione è stata considerata credibile e coerente. Poche ore prima il portavoce ONU Jeremy Laurence aveva dichiarato che le uccisioni costituivano “un’ulteriore esecuzione sommaria.” (X / Reuters)  A Gaza, nel frattempo, si continua a morire: due bambini sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dalle forze israeliane a Bani Suheila, un centro abitato a est di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Un terzo bambino, un neonato, è morto mentre era in attesa di essere portato fuori dalla Striscia di Gaza per ricevere le cure di cui avrebbe avuto bisogno per sopravvivere. Era stato ferito in un attacco — di pochi giorni fa, condotto durante il cessate il fuoco — in cui avevano perso la vita anche sua madre e sua sorella. (WAFA / Instagram. Il link contiene un video che può urtare la vostra sensibilità, di cui vi sconsigliamo la visione)
Il genocidio continua
Sta circolando online un video, da una telecamera a circuito chiuso, in cui si vede un gruppo di 3 soldati israeliani assassinare 2 palestinesi che si erano arresi e non costituivano nessuna minaccia — con le mani alzate e con il torso scoperto, e poi direttamente inginocchiati a terra. L’omicidio si è svolto nella città di Jenin, in Cisgiordania. Le autorità israeliane hanno ammesso le uccisioni, e la giustificazione per aver utilizzato forza letale sarebbe che i due uomini avrebbero contraddetto gli ordini dei 3 militari, cercando di rientrare nella struttura da cui erano stati fatti uscire. Il ministro della Sicurezza nazionale Ben-Gvir è intervenuto per difendere i militari assassini, dicendo che forniva loro “il pieno supporto,” perché “hanno agito esattamente come ci si aspettava da loro: i terroristi devono morire!” L’Autorità palestinese ha condannato le uccisioni, sottolineando come si tratti di un crimine di guerra, mentre Hamas ha parlato espressamente di una “campagna di sterminio sistematica” in corso contro i palestinesi della Cisgiordania. (X / Middle East Eye) La campagna di sterminio continua: lo denuncia anche Amnesty International, in un nuovo report, che documenta come nonostante il cessate il fuoco e la liberazione di tutti i prigionieri israeliani ancora in vita, le autorità israeliane non abbiano effettivamente sospeso la propria campagna genocida, continuano a imporre alle persone che vivono nella Striscia “condizioni di vita costruite per provocarne la distruzione fisica.” Oltre alle numerose infrazioni alla tregua — in cui sono state uccise più di 327 persone — Tel Aviv continua a violare gli ordini della Corte internazionale di giustizia, limitando quasi completamente l’accesso agli aiuti, ai servizi essenziali e bloccando l’ingresso di materiali con cui ripristinare le infrastrutture. Amnesty denuncia anche l’assenza di indagini e procedimenti contro i responsabili di atti di genocidio e segnala un allentamento della pressione internazionale. La segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard commenta seccamente: “Il cessate il fuoco non può diventare una cortina di fumo per nascondere il genocidio in corso da parte di Israele.” (Amnesty International) Nel contesto del cessate il fuoco, invece, la risposta internazionale è regredita alle azioni simboliche e vuote degli anni scorsi, quando i crimini di Israele erano difesi o largamente ignorati dalla politica occidentale. Giovedì Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno pubblicato una nota congiunta condannando la violenza contro i palestinesi da parte dei coloni israeliani. I governi del gruppo, l’E4, denuncia il numero sempre più alto di attacchi — solo nello scorso mese 264: “Questi attacchi vanno fermati.” “Seminano il terrore tra i civili, danneggiano gli sforzi di pace in corso e compromettono la sicurezza duratura dello stesso stato di Israele.” Il documento stesso fatica a negare che il problema sia politico, e non limitato alle azioni di alcuni coloni violenti: “Accogliamo con favore la chiara opposizione del presidente Trump all'annessione e ribadiamo la nostra opposizione a qualsiasi forma di annessione, sia essa parziale, totale o di fatto, e alle politiche di insediamento che violano il diritto internazionale.” (Governo britannico)
Biden ha scaricato la responsabilità del futuro di Gaza sull’amministrazione Trump
Continuano i retroscena sulle discussioni interne all’amministrazione Biden durante il primo anno di genocidio nella Striscia di Gaza, sull’onda del report di Reuters — ne abbiamo parlato ieri — secondo cui l’intelligence statunitense era in possesso di documenti che attestavano che anche i legali delle IDF temevano che le azioni militari condotte nel contesto dell’aggressione di Gaza costituissero crimini di guerra. Un altro retroscena, di Akbar Shahid Ahmed, per HuffPost, rivela che il segretario di Stato Blinken a porte chiuse avrebbe sollevato la possibilità che quella condotta da Israele fosse esplicitamente pulizia etnica. Pubblicamente Blinken e gli altri funzionari dell’amministrazione Trump hanno negato per mesi che gli attacchi di Israele potessero essere in infrazione delle leggi internazionali. A difendere questa posizione rigida — e che ignorava quanto fin da subito le organizzazioni indipendenti e i giornalisti denunciavano — sarebbe stato Brett McGurk, il diplomatico statunitense spesso al centro di controversie, che consigliava Biden sulle politiche da adottare nella regione, e che negli anni ha lavorato per amministrazioni di entrambi i colori, passando senza problemi da Obama a Trump. Una fonte dell’HuffPost descrive il ruolo di McGurk nell’amministrazione come “l’avvocato di Israele” mentre altri funzionari statunitensi mettevano in dubbio l’operato di Tel Aviv. A fargli eco c’era Jacob Lew, l’allora ambasciatore statunitense in Israele, che in quei mesi ha più volte pubblicamente difeso l’aggressione di Gaza. In quei mesi i funzionari statunitensi hanno emesso 3 volte (!) raccomandazioni per attivare la sezione 620i del Foreign Assistance Act, che vieta di fornire aiuti militari a paesi che impediscono il fluire di aiuti umanitari statunitensi. A Biden è stato fatto presente che il riconoscimento da parte di Biden sarebbe stato un esempio importante, ma la loro opinione non è stata ascoltata. Lo scorso agosto Lew è stato intervistato sul New Yorker da Isaac Chotiner, e ha difeso la propria posizione sul genocidio, spiegando che ad esempio i bambini uccisi a Gaza “in molti casi, erano figli di combattenti di Hamas, non bambini che si erano rifugiati” nei luoghi colpiti dalle IDF, e per questo gli obiettivi colpiti erano legittimi — perché “che si tratti o meno di un obiettivo militare legittimo dipende dalla popolazione che vi risiede.” (Reuters / HuffPost / the New Yorker) La segretaria agli Affari esteri britannica Yvette Cooper ha denunciato che in Giordania ci sono interi magazzini pieni di aiuti umanitari britannici che sono fermi, e non riescono a entrare a Gaza. The New Arab e Al–Araby Al-Jadeed hanno parlato con alcuni residenti nella Striscia che descrivono come, nonostante il cessate il fuoco, continui a non entrare cibo sufficiente. Il portavoce del governo di Gaza Ismail al-Thawabta, ha dichiarato che Israele “continua a eludere i propri impegni relativi all'ingresso di aiuti e merci nonostante l'accordo di cessate il fuoco.” Dal 10 ottobre al 5 novembre sono entrati a Gaza in media 145 camion di aiuti umanitari al giorno, solo il 24% di quanto stabilito negli accordi di Sharm. Se le cose non cambieranno con l’inizio della settimana prossima, gli Stati Uniti saranno direttamente complici anche di tenere affamata la popolazione di Gaza: venerdì il controllo dell’ingresso degli aiuti umanitari è passato sotto il controllo del Centro di coordinazione civile-militare, il nuovo meccanismo stabilito nel contesto del cessate il fuoco e attualmente sotto il pieno controllo dell’esercito statunitense. L’obiettivo del Centro dovrebbe essere quello di aumentare la distribuzione di aiuti e farlo in modo più trasparente — finora la struttura non è riuscita ad avere un impatto, principalmente per difficoltà organizzative. (X / the New Arab / the Washington Post)
Quelli delle IDF sono crimini di guerra anche secondo Stati Uniti e Israele
La Turchia ha emesso mandati d’arresto per 37 funzionari israeliani, tra cui Netanyahu, Katz, e Ben-Gvir, accusandoli di “genocidio” e “crimini contro l’umanità,” che sono stati “eseguiti sistematicamente” nell’aggressione di Gaza iniziata nell’ottobre 2023. Le autorità turche segnano una data precisa per l’inizio delle atrocità, citando l’attacco contro ospedale battista al-Ahli, il 17 ottobre — se ricordate, si trattò del primo attacco delle IDF contro un ospedale, e Israele e tutti i suoi alleati cercarono in tutti i modi di negare la responsabilità dell’esplosione, che nei mesi divenne chiaro fosse stata causata da un attacco israeliano. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha respinto le accuse, sminuendo i mandati di arresto come una “trovata pubblicitaria.” Netanyahu e l’allora ministro della Difesa Gallant sono entrambi ricercati internazionali per “crimini di guerra” da quasi un anno. (Al Jazeera / CBS News / the New Arab / X) Un retroscena di Erin Banco, Jonathan Landay e Humeyra Pamuk rivela che già lo scorso anno gli Stati Uniti avevano raccolto intelligence che mostrava che già allora gli avvocati militari israeliani avevano avvertito che ci fossero prove che potevano essere usate per dimostrare accuse di crimini di guerra compiuti durante l’aggressione di Gaza. I documenti in mano alle autorità statunitensi mostravano dubbi all’interno dell’esercito israeliano sulla legalità delle azioni compiute fin dalle prime settimane dell’aggressione di Gaza. Quando Washington entrò in possesso di queste informazioni, gli avvocati del dipartimento di Stato statunitense avevano già avvisato da tempo — da quasi un anno — l’allora segretario Blinken che le azioni delle IDF erano in violazione delle leggi umanitarie, e potenzialmente crimini di guerra. La preoccupazione, messa a tacere dai funzionari di rango più alto, era che i militari israeliani stessero attaccando intenzionalmente. civili e operatori umanitari. (Reuters) Anche se formalmente il cessate il fuoco sta tenendo, la situazione nella Striscia di Gaza è durissima: l’aviazione israeliana ancora venerdì è tornata a condurre attacchi drone su Gaza città e Khan Yunis, mentre l’esercito continua la propria campagna di demolizioni a est della città di Gaza. L’ingresso di aiuti umanitari continua a essere estremamente limitato: nonostante le ostilità siano concluse le autorità israeliane stanno continuano a impedire l’ingresso di tende nella Striscia. Con l’arrivo del maltempo e del freddo la mancanza di strutture anche temporanee dove trovare rifugio si fa sempre più grave. Parlando con Mohammed al-Hajjar, un uomo descrive, in modo duro: “È come se le persone dormissero in un fiume di acqua piovana.” Secondo gli accordi di Sharm, Israele dovrebbe permettere l’ingresso di centinaia di migliaia di tende e strutture temporanee, ma finora non è arrivato niente. (WAFA / Middle East Eye)
Nomi inventati e testimonianze parziali per giustificare il genocidio
Due notizie delle scorse ore continuano il filone delle tantissime menzogne e parzialità che negli anni sono state usate per giustificare prima la persecuzione e poi il genocidio della popolazione palestinese. Il governo di Gaza ha denunciato errori e falsità nella lista delle 26 persone che sarebbero state gli obiettivi della giornata di pesanti bombardamenti in infrazione del cessate il fuoco, in cui sono state uccise più di 100 persone. Tra questi 26, il governo di Gaza denuncia che ci sono 3 nomi sbagliati o comunque non arabi, che non risultano in nessuna documentazione ufficiale della Striscia di Gaza, i nomi di 4 persone che non solo non sono state uccise ma che non erano nemmeno presenti nelle aree bombardate, e un numero imprecisato di persone che erano state uccise in attacchi precedenti. Le autorità di Gaza concludono che “la pubblicazione di questo elenco fa parte di una deliberata campagna di disinformazione mediatica volta a giustificare i crimini di Israele e a diffamare le vittime.” (X / the New Arab) Un’inchiesta di Drop Site e dallo Stern rivela che il governo tedesco ha coordinato la propria testimonianza davanti alla Corte internazionale di giustizia sul proprio export di armi verso Israele con il governo di Tel Aviv, producendo una testimonianza incompleta pur di proteggere l’alleato. Durante l’udienza dell’8 aprile 2024, la rappresentante della Germania, Tania Freiin von Uslar-Gleichen, ha dichiarato che dal 2023 la Germania forniva a Israele solo “forniture mediche e elmetti.” Documenti ottenuti da Drop Site e dallo Stern sembrano indicare che la testimonianza dell’aprile 2024 fosse non solo parziale, ma concordata con le autorità israeliane: un documento datato 29 gennaio 2025 riporta che “in accordo con lo stato interessato,” il governo tedesco ha deciso di pubblicare solo il valore degli export, ma non come l’export fosse materialmente composto. In un’altra lettera, di pochi giorni prima, del 15 gennaio, si legge espressamente che quelle informazioni non dovevano essere riferite “durante i procedimenti alla Corte internazionale di giustizia.” Dal 7 ottobre 2023 al 13 maggio 2025, il governo tedesco ha autorizzato licenze per l’export di materiali militari verso Israele per un valore complessivo di 485,1 milioni di euro. (Drop Site) Il cancelliere tedesco Merz ha dovuto confrontarsi con il supporto tedesco al genocidio della popolazione palestinese durante la propria visita in Turchia. In conferenza stampa con Erdoğan, un giornalista gli ha chiesto espressamente se “non teme che la Germania sia di nuovo dalla parte sbagliata della Storia.” Merz ha confermato la propria vicinanza a Israele e il suo “diritto di esercitare la legittima difesa” Erdoğan ha replicato in modo rigido:  “Hamas non possiede bombe (o) armi nucleari, ma Israele possiede tutte queste armi e le usa per colpire Gaza.” “Voi, come Germania, non lo vedete? Voi, come Germania, non ve ne rendete conto? Oltre a bombardare Gaza,” Israele “ha sempre cercato di sopprimerla, attraverso la carestia e il genocidio.” (X / Reuters)
La complicità di Google e Amazon con Israele
Un’inchiesta di +972 Magazine, Local Call e del Guardian rivela le caratteristiche specifiche del contratto siglato da Google e Amazon per la forniture dei loro servizi cloud a Israele. Le due aziende pur di avere Tel Aviv come cliente hanno accettato di firmare un contratto con due clausole specifiche e senza precedenti noti: la prima proibisce alle due aziende di impedire alle autorità israeliane l’uso dei loro prodotti — anche se venisse dimostrato che ne fanno un uso contrario ai termini di servizio che valgono per tutti gli altri clienti; la seconda clausola prevede che le due aziende si impegnino a notificare in segreto se vengono richieste informazioni sui dati conservati sui loro server da parte di tribunali esteri, “eludendo di fatto i loro obblighi legali,” sottolinea Yuval Abraham. Il Guardian ha ottenuto documenti del ministero delle Finanze israeliane che comprendono la versione definitiva di questo contratto, confermato da fonti dei tre giornali. Il contratto è espressamente scritto preparandosi a possibili indagini internazionali per l’uso delle tecnologie di Amazon e Google in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza: sia gli Stati Uniti che l’Unione europea hanno leggi che per le quali le aziende che hanno server in quei territori potrebbero dover consegnare i propri dati alle autorità — l’UE ha leggi specifiche che richiedono che le aziende identifichino le violazioni dei diritti umani all’interno delle proprie linee di business, e le autorità hanno diritto di intervenire se i privati non rispettano queste misure. Solitamente, quando le aziende ricevono questo tipo di richieste dati, è previsto che non possano comunicare ai clienti la cosa. Il contratto stipula un “meccanismo strizzata d’occhio”: le due aziende si sarebbero impegnate a pagare a Israele una quota di shekel pari al prefisso internazionale dello stato che aveva chiesto di poter accedere ai loro dati: inviando un pagamento di 1.000 shekel nel caso degli Stati Uniti, ad esempio, con prefisso +1, o di 3.900 shekel nel caso dell’Italia, che ha prefisso internazionale +39. Se per qualche motivo le due aziende dovevano interrompere le possibili comunicazioni, avrebbero dovuto inviare un pagamento di 100 mila shekel per informare le autorità israeliane. Le due aziende e le autorità israeliane negano di avere accordi per eludere la legge. (+972 Magazine / Local Call / the Guardian)
Quante persone si possono uccidere al giorno durante una “tregua”?
In una plateale infrazione del cessate il fuoco, i militari israeliani hanno condotto una serie di attacchi su tutta la Striscia di Gaza. Secondo fonti mediche dalla Striscia, si contano 91 morti — 31 nel nord, 42 nel centro, e 18 nel sud della Striscia. Il numero di persone uccise è destinato ad aumentare, perché molte persone potrebbero essere ancora intrappolate sotto le macerie. Tra questi, secondo i media, ci sono 24 bambini. Per che motivo è stato condotto l’attacco? Dipende da chi lo chiedete: martedì pomeriggio l’ufficio del Primo ministro israeliano aveva accusato Hamas di aver restituito parti del corpo di un prigioniero israeliano già precedentemente recuperato dalle forze israeliane nel 2023, e al termine di consultazioni con l’apparato di sicurezza di Tel Aviv aveva “ordinato all’esercito di condurre immediatamente attacchi violenti sulla Striscia di Gaza.” Interrogato sull’ennesima aggressione israeliana, Trump ha dichiarato che il suo cessate il fuoco stava tenendo, e che Israele stava rispondendo — e “doveva” rispondere — all’uccisione di un proprio soldato. Il vicepresidente Vance gli ha fatto eco, sminuendo bombardamenti che nelle ore successive avrebbero ucciso decine di persone come “piccole schermaglie qua e là,” che è normale ci siano dopo due anni di conflitto. Questa mattina Haaretz ha pubblicato l’identità del militare che sarebbe stato ucciso — un colono che viveva in uno stanziamento illegale in Cisgiordania, che stava operando con le IDF a Rafah, dove i militari avrebbero subito un’imboscata. (WAFA / Al Jazeera / X / Reuters / Anadolu / Haaretz)
Nascere e crescere all’inferno
The New Arab ha pubblicato un reportage di Mohamed Solaimane che descrive la crisi del gestire i parti nell’ospedale Nasser di Khan Yunis — e in tutta la Striscia di Gaza. Negli ospedali della Striscia è difficile sopravvivere per i neonati: molti nascono prematuri, ma non ci sono abbastanza incubatrici — o non ci sono incubatrici del tutto, in certe strutture. Solaimane racconta del caso di un bambino costretto in una incubatrice con altri 2 neonati, incubatrice che ovviamente era stata costruita per un solo bambino. A Gaza nascono in media 130 bambini al giorno, e più di un quarto nascono con taglio cesareo, che spesso i medici sono costretti a effettuare senza anestesia e senza materiali sterili. Secondo l’UNICEF muore in media un bambino nato prematuro su 5. The New Arab riporta che secondo i dati del personale dell’ospedale Nasser nascono prematuri circa il 60% dei bambini, il triplo della percentuale precedente all’inizio del genocidio. Il personale medico ogni giorno deve confrontarsi con la morte dei neonati, perché il reparto di terapia intensiva neonatale è in costante sovraccarico. (the New Arab / UNICEF)
Il “summit per la pace” di Sharm
La presidenza egiziana ha annunciato che lunedì ospiterà “un evento dal titolo ‘summit per la pace’” a Sharm el-Sheikh, per celebrare l’accordo per la fine dell’aggressione israeliana della Striscia di Gaza e “promuovere gli impegni per portare la pace e la stabilità in Medio Oriente,” e “aprire una nuova pagina di sicurezza e stabilità regionale.” Saranno presenti i leader di più di 20 paesi — ci saranno anche Starmer, Macron, Sánchez e Meloni, tra gli altri. Si tratta, soprattutto, dell’evento celebrativo che Donald Trump voleva tanto dopo aver forzato la mano al governo Netanyahu VI: mentre scriviamo, infatti, non è chiaro se ci sarà il Primo ministro israeliano, e nemmeno se ci sarà una delegazione di Hamas. In altre parole, si sa che ci sarà un evento per la “pace” nella Striscia di Gaza, ma non è chiaro se ci saranno rappresentanti di aggressori e aggrediti. Ultra Palestine, nel frattempo, ha pubblicato il testo completo dei punti esecutivi per la realizzazione del cessate il fuoco: l’aspetto più interessante, oltre ai dettagli sulla ripresa della risposta umanitaria, sta nell’implementazione stessa della “pace,” che anche nel testo tecnico dimostra la completa asimmetria di quella che è stata presentata come una guerra: “La guerra termina immediatamente con l’approvazione del governo israeliano” — “tutte le operazioni militari, compresi i bombardamenti aerei e di artiglieria e gli attacchi mirati, vengono sospese.” (Presidenza egiziana / Al Jazeera / Ultra Palestine)
Il ritorno, tra macerie e bombe
Il cessate a fuoco nella Striscia di Gaza sta tenendo: o meglio, gli attacchi delle IDF sulla Striscia di Gaza continuano ma con un ritmo molto inferiore ai giorni precedenti, permettendo alla popolazione palestinese di ritornare alle aree precedentemente evacuate, a Gaza città e nel nord della Striscia. Nel corso delle scorse ore sono state uccise 19 persone, di cui 16 in un solo attacco dell’aviazione israeliana su una residenza civile. Il conto dei morti però è aumentato molto di più: grazie alla maggiore sicurezza, i soccorsi e la Protezione civile si muovono con più facilità nella Striscia, e solo venerdì sono stati rinvenuti i corpi di 135 persone tra le macerie. Nelle prossime settimane, se il cessate il fuoco dovesse tenere, inevitabilmente il numero dei morti aumenterà drasticamente. (WAFA / Middle East Eye / WAFA) Nel frattempo, si rincorrono i retroscena sulle “clausole segrete” e i dettagli attuativi dell’accordo tra Israele ed Hamas. The New Arab ha raccolto alcuni dei dettagli rivelati dalla stampa israeliana, tra cui l’organizzazione dello schema umanitario – che permette l’ingresso di 600 camion di aiuti umanitari al giorno sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Nelle scorse ore sono stati pubblicati sui social network video che documentano infatti la chiusura dei centri di distribuzione della famigerata Gaza Humanitarian Foundation, dove un numero imprecisato di palestinesi è stato ucciso mentre cercava aiuti umanitari. Keshet 12 riporta anche una clausola minacciosa riguardo allo scambio di prigionieri — secondo la quale se Hamas non dovesse rispettare l’impegno di liberare tutti i prigionieri, le operazioni militari israeliane potrebbero scattare nuovamente. Kan riporta inoltre di un accordo tra IDF e miliziani che nei mesi scorsi avevano combattuto contro Hamas sotto ordini israeliani — alcuni responsabili degli attacchi al trasporto di aiuti umanitari. I miliziani potranno ritirarsi oltre la linea gialla insieme ai militari israeliani. (the New Arab / X) Secondo Donald Trump il cessate il fuoco a Gaza porterà la pace nella regione, ma la situazione, al contrario, resta tesissima: il governo libanese ha annunciato che la propria agenzia dell’intelligence ha sventato un piano israeliano che prevedeva di condurre omicidi e attacchi esplosivi nel paese, in violazione del cessate il fuoco con Hezbollah. Il Direttorato alla sicurezza libanese ha dichiarato di aver sciolto una rete “che lavorava per il nemico israeliano, che stava preparando attacchi terroristici.” La conferma ufficiale arriva dopo numerosi retroscena filtrati ai media locali, secondo cui un gruppo stava lavorando per piazzare esplosivi in automobili e motociclette per farle esplodere durante le commemorazioni per Hassan Nasrallah. (Al Jazeera)