Esplosioni nella periferia di una città che soffoca di caldo e petrolioSulle esplosione alla pompa di benzina a Roma Est di venerdì 3 luglio si è
scritto molto. Per fortuna hanno preso parola in modo chiaro e netto anche
comitati, gruppi e collettivi che operano in un territorio con un tessuto
sociale e culturale tra i più attivi della capitale.
Il collettivo di Casale Garibaldi, poche ore dopo l’esplosione, scriveva: «Nei
mesi scorsi con il comitato “Albero magico” insieme ai comitati genitori delle
scuole, dei residenti e le realtà di zona, abbiamo sollevato pubblicamente la
questione della pericolosità della presenza di una azienda di smaltimento
metalli e di una pompa di benzina/GPL accanto a una scuola dell’infanzia e
primaria. Se fosse successo un mese fa, in piena attività scolastica, poteva
essere una strage, così come è una fortuna che il circolo sportivo con il suo
centro estivo e la piscina “villa De Sanctis” fossero ancora chiuse al momento
dell’esplosione».
di Milos Skakal
Una delle lamiere della pompa GPL, volata via a decine di metri dalla zona
dell’esplosione
Il collettivo di Borgata Gordiani invece scriveva: «Al caldo asfissiante si
aggiungono il fuoco, il fumo e le esplosioni. È lo scenario apocalittico
generato dall’incidente alla pompa GPL di via dei Gordiani di questa mattina,
che segue di pochi giorni l’esplosione di un bus ATAC su via Prenestina. Non è
compito nostro ricercare le responsabilità sui singoli casi, ma abbiamo sempre
più chiara una cosa: viviamo in un quadrante insicuro. E non per la
microcriminalità e lo spaccio, che sicuramente sono problemi che vanno
affrontati (ma davvero, sul piano sociale e non solo con la polizia), ma per la
loro conformazione. Densità abitativa altissima e tanti luoghi potenzialmente
letali, come una pompa GPL a pochi metri da un centro estivo, dai palazzi e dai
campi sportivi. Ricordate, poi, pochi anni fa gli incendi agli sfasci di via
Palmiro Togliatti, che generarono giorni interi di nubi tossiche? O quello di
pochi giorni fa a Centocelle, con l’obbligo per gli abitanti di tenere le
finestre chiuse. Ecco. Non sono “casi isolati”, ma qualcosa di ciclico e
strutturale. Chi vive nei quartieri popolari non è tutelato. Non lo siamo di
fronte al cambiamento climatico, che soffoca le nostre vite e alimenta gli
incendi, non lo siamo nella conformazione dei territori che diventano bombe a
orologeria che ogni tanto, ma sempre più spesso, esplodono lanciando segnali e,
soprattutto, causando feriti, case distrutte e paura, non lo siamo quando
saliamo su mezzi pubblici antiquati, vecchi e insicuri».
Da entrambi i post emergono le questioni chiave, cioè il carattere sistemico e
strutturale del problema e le evidenti responsabilità, che rispetto alla strage
mancata per un soffio verranno decretate dalla magistratura, ma rispetto
all’abbandono delle periferie della metropoli risalgono a decine di anni fa e si
sono accumulate colpevolmente giunta dopo giunta fino a quella attuale.
Sulla base di queste consapevolezze, il Comitato Genitori della Scuola Simonetta
Salacone ha convocato una assemblea per mercoledì 9 luglio, nel piazzale
antistante la scuola di via Romolo Balzani. Nella convocazione scrivono che
quanto accaduto è «la conseguenza diretta di una scelta precisa: quella di
privilegiare la logica industriale a discapito del diritto alla salute e alla
sicurezza, specialmente dei più piccoli. Non si tratta di un incidente, ma del
risultato di decisioni che non hanno mai messo al primo posto il benessere delle
persone e la qualità della vita del territorio. Di fronte alla scuola ferita, a
un Quartiere duramente colpito, la nostra pazienza è finita. Come Comitato dei
Genitori, non ci accontentiamo più di rassicurazioni. Pretendiamo un cambio di
rotta immediato e garanzie reali, non più promesse: la messa in sicurezza e la
bonifica della zona, lo spostamento definitivo delle attività industriali, il
ripristino nel più breve tempo possibile della funzionalità della scuola».
C’è un tema che è ulteriormente sotteso alle questioni che emergono dai post e
che si discuteranno nella assemblea di mercoledì. L’esplosione è avvenuta
durante due settimane di caldo insopportabile, in cui Roma si è trasformata in
un forno permanente nel quale non si riusciva a trovare riparo, giorno e notte.
L’emergenza climatica causata dai combustibili fossili e la pompa di benzina
ovviamente hanno un nesso, perché viviamo in una società ancora oggi drogata di
petrolio e suoi derivati, viviamo in città pensate per farci consumare petrolio,
viviamo in una capitale a misura di auto e pensata esclusivamente per le auto.
> La transizione ecologica, tuttavia, non sarà di certo avere colonnine per
> ricaricare le auto elettriche anziché le pompe di benzina a Villa De Santis,
> come qualche pensatore liberal ha detto in questi giorni.
Trasformazione ecologica sarà stravolgere completamente l’idea di città che si è
stratificata negli anni, per avere meno cemento, molte meno auto private, zero
consumo di suolo, mezzi pubblici funzionanti e frequenti, piste ciclabili degne
di questo nome, parchi tutelati e protetti in quanto rifugi climatici anziché
asfaltati per costruire stadi e centri commerciali, come vuole fare la giunta
Gualtieri a Pietralata.
Siamo ben lontano da quel risultato. Da Centocelle oggi si raggiunge il centro
con la metro C ogni 13-17 minuti quando ti va bene, le piste ciclabili sono
ancora molto poche e strette come quella sulla Prenestina, i parchi pochissimi,
nonostante sia tra i quadranti più densamente abitati.
La condizione ecosistemica di Roma Est poi è analoga a quella di altre zone
periferiche, colpite dagli “incendi stagionali” come in questi giorni Magliana.
Come più volte abbiamo scritto, anche gli incendi sono il combinato composto di
emergenza climatica e assenza di cura del territorio cittadino periferico da
parte delle amministrazioni.
Se non si mette radicalmente in discussione il paradigma secondo cui le città
vengono anzitutto messe a valore – a vantaggio del capitale che investe – la
rotta non cambierà e avremo zone periferiche abbandonate, con mezzi pubblici
fatiscenti, cemento, sfasciacarrozze a fuoco ogni estate e auto che soffocano
ogni arteria stradale.
Nel frattempo giunte di ogni colore continueranno a bearsi per aver costruito
stadi, centri commerciali e porti crocieristici, come quello che si vuole fare a
Fiumicino, mentre il centro storico è consegnato nelle mani dell’imprenditoria
turistica arraffona e di Airbnb.
Per fortuna da assemblee come quelle di mercoledì si può ripartire, per
denunciare queste politiche ecocide e per invertire la rotta, perché il famoso
“diritto alla città” non sia un miraggio lontano ma possa essere un orizzonte,
necessariamente di lotta e per tutt3.
La foto di copertina è di Valentina Manco
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