Pankaj Mishra: «Israele e i suoi sostenitori condurranno il mondo verso il caos»Nel suo nuovo libro, Il mondo dopo Gaza. Una breve storia (Galaxia Gutenberg,
2025), Pankaj Mishra analizza il massacro di Gaza scatenato dopo l’invasione
israeliana dell’enclave il 7 ottobre 2023. Tuttavia, Mishra non si concentra
sulle morti palestinesi (più di 53.000 al momento della scrittura
dell’articolo) né sui feriti o sugli sfollati che il massacro si sta lasciando
alle spalle. Egli va oltre e analizza concetti, tra gli altri, come la colpa,
l’abuso della memoria della Shoah o l’eterna vittimizzazione del popolo ebraico.
«Gaza rappresenta un crollo assoluto della morale. Il mondo che esisteva prima
di Gaza appartiene a un’altra epoca», dichiara nel libro, dal quale prende di
mira anche l’Occidente. «Storicamente, le politiche in Occidente promuovono
risentimento e brutalità, non solidarietà e giustizia» scrive. «Le atrocità a
Gaza, inflitte e addirittura benedette dalle classi politiche e giornalistiche
di tutto il mondo libero e annunciate con audacia dai loro autori, non solo
hanno devastato la già indebolita fiducia nel progresso sociale; hanno anche
messo in discussione un presupposto fondamentale: la natura umana è
intrinsecamente buona e capace di empatia». In un pianeta in cui i diritti
individuali, le frontiere aperte e il diritto internazionale si stanno
lentamente riducendo, Mishra parla apertamente: «Israele e i suoi sostenitori
getteranno tutto il mondo nel caos».
Quando si è reso conto che il massacro di Gaza avrebbe rappresentato uno
spartiacque?
Poco dopo gli attacchi del 7 ottobre. Era chiaro che il governo israeliano
avrebbe sfruttato questa opportunità per raggiungere una serie di obiettivi che
si erano prefissati da lungo tempo, come l’annessione dei territori palestinesi
sia a Gaza che in Cisgiordania. Avevano già ricevuto carta bianca dagli Stati
Uniti e dalla Germania per rendere inabitabili alcune zone di Gaza e nel giro di
quasi un mese, era chiaro che la loro intenzione fosse questa. Ora possiamo
affermare con certezza di cosa si tratta: pulizia etnica. A poco a poco, la
guerra è diventata sempre più crudele e si è trasformata in un massacro. Stiamo
assistendo all’inizio di una nuova fase nella storia moderna. Il mondo che verrà
dopo quello che Israele sta facendo a Gaza sarà un mondo diverso.
Pensa che sarebbe cambiato qualcosa se negli Stati Uniti avessero vinto i
Democratici invece dei Repubblicani?
Il sostegno a Israele negli Stati Uniti è una questione bipartisan. Questo è
dovuto al controllo sulle istituzioni esercitato dalle lobby israeliane, che
sono molto potenti. Quasi tutti i deputati e i senatori sono filo-israeliani, e
la maggior parte è sostenuta dall’AIPAC (American Israel Public Affairs
Committee) [Comitato Israelo-Americano per gli Affari Pubblici, comprendemte a
Washington i cui componenti comprendono democratici, repubblicani e indipendenti
– ndt]. Forse alcuni Democratici avrebbero fatto un po’ più rumore, ma poco
altro. Avrebbero continuato lungo la strada tracciata da Biden, che è un
fanatico e un uomo molto corrotto con più interessi nell’AIPAC rispetto a
qualsiasi altro politico. Non credo che sarebbe cambiato nulla con Kamala
Harris.
Foto di Wafa da Wikimedia Commons
Cosa ne pensi dell’annuncio di Trump su Gaza a proposito del resort per turisti?
Sia Trump che Elon Musk sono persone con molta fantasia ma privi di piani
realistici. Stiamo parlando di persone che vogliono colonizzare Marte. Alcune di
queste fantasie potrebbero avverarsi, come occupare la Groenlandia, perché hanno
il potere di farlo. Altre sono irrealizzabili. In ogni caso, il solo fatto che
sia stata fatta una simile dichiarazione è degna di nota. Che lo facciano o
meno, ormai il danno è stato fatto.
Cosa pensa della passività dell’Europa di fronte al massacro?
La posizione assunta finora dall’Unione Europea rappresenterà un’ eterna
vergogna per la sua reputazione, in particolare per quella delle sue attuali
leader, Ursula von der Leyen e Kaja Kallas. Alcuni paesi europei, come Spagna e
Irlanda, hanno chiesto fin dall’inizio un cessate il fuoco e un embargo sulle
armi, ma sono stati ignorati. Le azioni di Spagna e Irlanda sono state di
supporto ma inefficaci nel cambiare l’opinione pubblica in altri paesi.
Sembra esserci un enorme divario tra l’opinione pubblica, più vicina alla
Palestina, e la classe politica, che ha poca voglia di fermare Netanyahu.
Questo dimostra la corruzione che esiste nelle istituzioni democratiche, che non
rappresentano più l’opinione pubblica. La classe politica, ma anche i media, ne
sono pienamente responsabili. In alcuni paesi, i media si sono avvicinati troppo
a imprenditori e politici, trasformandosi in portavoce delle loro opinioni e
smettendo di rappresentare il pubblico. Anzi, fanno il contrario: cercano di
manipolarlo. L’opinione pubblica si è mostrata, quasi fin dall’inizio,
favorevole ad un cessate il fuoco. È ormai diventato chiaro che Israele ha
superato ogni limite e il suo indice di gradimento è crollato, ma come si
riflette questo sulla politica estera degli stati? Gli spazi politici sono
intrappolati dai loro stessi interessi, ci sono in gioco denaro e potere. Un
caso interessante è quello dell’attuale Segretario Generale della NATO, Mark
Rutte.
Perché?
Diversi funzionari olandesi hanno scritto una lettera, poi trapelata, nella
quale accusano Rutte di aver nascosto prove dei crimini di guerra israeliani
perché voleva diventare Segretario Generale della NATO. Immagino che pensasse
che, se avesse parlato troppo, non sarebbe piaciuto agli Americani. Questo è
l’ennesimo esempio di un politico senza scrupoli che sfida l’opinione pubblica
europea e del proprio Paese pur di ottenere una carica. Funziona così adesso: le
persone non tengono più conto dei principi democratici e fanno ciò che è più
conveniente per la loro carriera professionale. Ed è così che le persone
diventano complici di crimini orribili. Abbiamo queste persone in posizioni di
responsabilità, ed è per questo che ci troviamo in un momento così pericoloso.
Nel libro spieghi come molti Ebrei americani, senza aver vissuto l’Olocausto,
siano più sionisti degli Ebrei vittime della barbarie nazista. Individui la
guerra dello Yom Kippur del 1973 come un punto di svolta e l’inizio di quella
paura irrazionale da parte della comunità ebraica americana che ha portato
all’attuale radicalizzazione.
È curioso, perché gli Stati Uniti sono un paese in cui la società è incoraggiata
a rompere con il passato e a trasformarsi; ma questo non è mai possibile, perché
per vivere abbiamo bisogno di trovare un significato alla nostra vita, e quel
significato di solito deriva dalla religione, dalla tradizione o dalla storia
personale di ciascuno. A un certo punto, durante il processo di secolarizzazione
o americanizzazione, la società americana si rese conto di aver bisogno di
qualcosa di più nella vita. Molti lo trovarono nella religione, nella New Age,
nella scoperta dell’Oriente o nel Buddismo. In questo contesto e nel momento in
cui gli afroamericani iniziarono a connettersi con l’Africa, molti Ebrei
americani iniziarono a riconnettersi con la loro patria ancestrale. Stiamo
parlando degli anni ’50 e ’60. A queste persone, lo Stato di Israele ha dato un
senso alla vita, nonostante non fossero state colpite dall’Olocausto.
Improvvisamente, Israele, come concetto, iniziò a colmare quel vuoto spirituale
ed emotivo. Questo tipo di connessioni sono forti e agiscono su ambiti diversi:
politico, tecnologico, lobbistico, economico. Tuttavia, la più importante è la
connessione emotiva. Funziona come una setta, immune alla persuasione razionale
e alle prove delle atrocità commesse da Israele. Quando vengono affrontati,
adottano misure drastiche e ricorrono alla repressione. Israele sa di aver perso
il controllo della narrazione perché ci sono tante persone consapevoli di ciò
che stanno facendo gli israeliani. Possono soltanto reprimere il movimento
filo-palestinese imprigionando brutalmente e deportando coloro che li criticano.
Israele ha capitalizzato e privatizzato il dolore causato dalla Shoah.
Esattamente. Questo è il problema delle “culture della memoria”: riducono lo
spazio per il pensiero morale. Si preoccupano solo della propria sicurezza e
conservazione. La maggior parte di queste persone non è stata vittima diretta
della Shoah; lo sono stati i loro genitori o i loro nonni. Eppure, sono
intrappolati dal ricordo di quell’atrocità per via della narrazione del
vittimismo. È questo che dà loro un’identità. E non solo: dà loro anche un
diritto morale sul resto del mondo: «Sono stato offeso, sono una vittima, il
mondo mi deve qualcosa». Questo è una forma controproducente di stare al mondo,
fondamentalmente perché questa “cultura della memoria” può diventare genocida.
Ed è quello che è successo in Israele.
Esiste la possibilità di un ponte di pace tra Israele e Palestina?
È improbabile. In Israele c’è una società radicalizzata e profondamente
vendicativa. Di fatto, la maggioranza dell’opinione pubblica israeliana ritiene
che l’esercito israeliano non sia stato abbastanza duro a Gaza e in
Cisgiordania. L’82% degli israeliani ha approvato il piano di Trump di ricorrere
alla pulizia etnica. Netanyahu è un problema perché è un politico corrotto e
senza scrupoli, ma credo che in Israele ci sia un problema più profondo che non
vogliamo vedere: la radicalizzazione della sua società. E questo continuerà a
essere un problema, con o senza Netanyahu.
Netanyahu è il leader più radicale che Israele abbia mai avuto dalla sua
fondazione?
Probabilmente sì. È senza ombra di dubbio il più spregiudicato. È anche molto
più corrotto di altri leader di estrema destra, come Ariel Sharon. È interessato
soltanto a soldi e potere. Non crede in nulla: né nella protezione degli Ebrei
né in quella di Israele. Vuole solo champagne e sigari e farà qualsiasi cosa per
averli.
Forced Displacement of Gaza Strip. Ph Jaber Jehad Badwan da wikimedia commons
A seguito del massacro di Gaza, le posizioni dell’estrema destra si stanno
ridefinendo. Buona parte di coloro che prima erano antisemiti ora sostengono
Israele.
Siamo confusi perché tendiamo a pensare che il gioco abbia delle regole, ma non
è così. I sionisti spesso trattano con chiunque gli permetta di raggiungere i
loro obiettivi, quindi non sorprende che ora si alleino con gli antisemiti.
Santiago Abascal [presidente del partito spagnolo di estrema destra Vox – ndt]
probabilmente non aveva mai sentito parlare di Gaza prima di tutto questo, ma
adesso è filo-israeliano. Perché? Perché vuole la sua fetta della torta. Cosa
vuole? Potere nelle reti internazionali di estrema destra, perché in quelle reti
circolano molti soldi. Che senso ha sostenere i Palestinesi? Dal loro punto di
vista, sono dei perdenti. Vista così, tutto ha senso. D’altra parte, c’è la
questione della supremazia bianca come fondamento dell’ordine sociale moderno.
Per queste persone, questo concetto deve essere mantenuto a qualsiasi costo e
questo ordine sociale suprematista bianco è sufficientemente flessibile da
accogliere ogni tipo di persona. L’obiettivo rimane la ricerca di ricchezza e
potere.
Nel suo libro parla di «vittimismo ereditario», un fenomeno che l’industria
culturale, soprattutto negli Stati Uniti, ha contribuito a diffondere. Tuttavia,
nella situazione attuale, chi provava una certa simpatia per Israele, o si
sentiva chiamato in causa dall’Olocausto, se ne sta allontanando.
Non credo che nessuno in Israele la pensi così, ma è vero che si sta creando una
situazione complicata per la popolazione ebraica che si identifica con Israele.
È una situazione molto pericolosa, ma chi governa Israele oggi non se ne
preoccupa, non si preoccupa nemmeno degli ostaggi rimasti a Gaza. L’unica cosa
che interessa a Netanyahu è non andare in prigione, tutto il resto è
irrilevante.
Scrive che la Shoah è la misura di tutto ciò che accade nel mondo: è il
genocidio paradigmatico.
Dobbiamo osservare l'”industria dell’Olocausto” e gli Stati Uniti. La presenza
dell’Olocausto nel nostro immaginario è molto più sentita, ad esempio, della
carestia del 1943 che uccise tre milioni di persone in India. Questo è qualcosa
di cui nessuno sa nulla, perché non esiste un solo film occidentale
sull’argomento. Non esistono nemmeno narrazioni sulla spartizione dell’India e
sulle atrocità che furono commesse. E se ci sono, non hanno la visibilità e
l’importanza che hanno le narrazioni dell’Olocausto. Molte persone conoscono un
solo genocidio: l’Olocausto.
La posizione della Germania in tutto questo è particolarmente interessante.
È un Paese che permette tutte le atrocità che accadono oggi per via di quello
che hanno fatto loro 80 anni fa. Questo mette in discussione la narrativa
secondo la quale esiste una sorta di senso di colpa permanente. Chi si sente in
colpa? Tra coloro che hanno commesso quei crimini, pochi. In Germania, alla
popolazione è stato detto di comportarsi in un certo modo e c’è una linea
ideologica stabilita dalla classe politica e dai media. Ma l’opinione pubblica,
ancora una volta, la pensa diversamente e crede che Israele sia andato troppo
oltre. Il mio libro è stato attaccato da tutti i giornali tedeschi, ma la
cittadinanza lo compra perché sa di non potersi fidare della stampa tedesca su
questo tema. La gente ha bisogno di fonti di informazione alternative. La classe
politica e una parte dei giornalisti sono troppo concentrati sull’idea che la
Germania possa saldare i propri debiti morali con Israele soltanto sostenendolo
ciecamente, faccia quel che faccia. È una posizione che sfugge a qualsiasi
discussione razionale; è stupida. Primo Levi ha affermato in più di un’occasione
di non capire i tedeschi. Io direi lo stesso: non capisco il loro conformismo e
la loro obbedienza. Li trovo terrificanti. La Germania è un Paese che non deve
essere trascurato, men che meno in un contesto di riarmo. Potremmo avere una
spiacevole sorpresa, e questo Paese è già stato responsabile di due guerre
mondiali, un Olocausto e un secondo genocidio in meno di 80 anni.
Trump with Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu Monday, Jan. 27, 2020.
Photo by D. Myles Cullen. Wikimedia commons
Quale impatto potrebbe avere sul resto del mondo l’esposizione a tanta violenza,
a questo incessante bilancio delle vittime a Gaza?
Ci troviamo di fronte a una “barbarizzazione”. Stiamo diventando sempre più
insensibili alla sofferenza e alla crudeltà, al fatto che 200 bambini vengano
uccisi ogni giorno dall’esercito israeliano. Ma nessuno dice nulla. Se non
alziamo la voce oggi, se non protestiamo contro la violazione della vita e della
dignità umana, da un momento all’altro quella violenza tornerà a colpirci. La
violenza non si ferma ai confini di nessun Paese.
Ci sono molte differenze nel modo in cui sono state gestite la guerra in Ucraina
e il massacro di Gaza?
Gli Icraini sono stati accolti in tutto il mondo. Tutti hanno aperto loro le
porte in un momento in cui la gente moriva nel Mediterraneo; invece i
Palestinesi non hanno la possibilità di lasciare Gaza o la Cisgiordania. Finora,
nessun governo europeo ha teso una mano, nonostante Israele abbia commesso molte
più atrocità di Putin. Non è questione di doppie misure, è che non c’è proprio
più misura.
Netanyahu ha un mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra. Lo
vedremo sul banco degli imputati?
È probabile, i paesi che hanno aderito alla Corte Penale Internazionale (CPI)
sono 125. Possiamo immaginare uno scenario simile a quello di Rodrigo Duterte
[ex-Presidente delle Filippine , arrestato l’11 marzo 2025 a Manila dalla
polizia nazionale filippina su mandato della Corte Penale Internazionale con
l’accusa di crimini contro l’umanità durante la campagna contro il narcotraffico
– ndt]. Verrà un momento in cui Netanyahu sorvolerà lo spazio aereo di un paese
che deciderà di non farlo entrare e verrà arrestato. Tutto è possibile, perché
una volta che hai un mandato d’arresto, sei un latitante. Oggi può andare in
visita in Ungheria, ma domani chi lo sa? Questo, ovviamente, non sarà di
consolazione per coloro che hanno perso i propri cari e visto morire i propri
figli, ma almeno darà a tutti noi qualche speranza di giustizia.
A un certo momento della sua gioventù, spiega nel libro, provava una certa
simpatia per il sionismo. Quando è cambiata questa percezione?
Quando ho incontrato studenti palestinesi in India e mi hanno raccontato storie
di espropriazione ed espulsione. È stato allora che ho capito che c’era qualcosa
di più. Ero giovane, ho iniziato a leggere, sono andato in Israele e ho visto la
realtà. Continuo a simpatizzare, non con il sionismo, ma con l’idea di Israele
come paese ebraico. Non voglio che sia uno stato etno-nazionalista, come lo è
adesso, ma credo che gli Ebrei abbiano il diritto all’autodeterminazione.
Tuttavia, le guerre sono la via verso l’autodistruzione e l’unica soluzione per
Israele è permettere l’esistenza di uno stato palestinese e normalizzare le
relazioni con i propri vicini. Deve abbandonare la violenza come strumento
principale a favore di soluzioni politiche; perché la violenza non porta da
nessuna parte. Con questo atteggiamento, l’unica cosa che stanno ottenendo è che
in ogni generazione [di Palestinesi – ndr] ci sono persone disposte a combattere
e a sacrificare la propria vita. Ripudio l’idea della distruzione di Israele;
voglio che prosperi, ma non in questo modo. Non se ne rendono conto, ma stanno
andando verso l’autodistruzione.
Pubblicata originariamente su “El Salto”.Traduzione a cura di Michele Fazioli
per DinamoPress
Immagine di copertina di Matt Hrkac from Melbourne, Australia. Tratta da
wikimedia commons
L'articolo Pankaj Mishra: «Israele e i suoi sostenitori condurranno il mondo
verso il caos» proviene da DINAMOpress.