Le nuove forme della guerra e la pace che verrà: prospettive dalla Colombia
Le nuove forme della guerra, come le definisce l’antropologa argentina Rita
Segato, non si limitano alle dispute territoriali o alle risorse, ma si
concentrano sul controllo di popolazioni, corpi e soggettività: la guerra è,
quindi, il linguaggio della dominazione assoluta. In queste nuove guerre, la
crudeltà assume un valore simbolico e comunicativo, o come dice Segato,
«espressivo», che produce effetti concreti nel contesto dell’occupazione
territoriale. Con la privatizzazione dell’uso della violenza, gli effetti delle
azioni di guerra restano al di fuori dei limiti della legge e questo spostamento
consente agli attori armati di usare questa spettacolarità come una finestra
privilegiata all’interno del campo che intendono occupare. L’impiego di droni
pilotati a distanza e le riprese video dei loro risultati diventano azioni
congiunte per instillare la paura: l’aria trema in un’atmosfera rarefatta.
> La guerra si trasforma così in un’industria che combina i progressi della
> conoscenza scientifica con l’esercizio del potere per occupare un territorio.
> I suoi attori contemporanei hanno trasformato la violenza armata in una merce
> in vendita nella quale i corpi, soprattutto quelli dei giovani marginalizzati,
> sono sacrificabili (la necropolitica).
Nel quadro della cosiddetta “guerra alla droga”, i cartelli del narcotraffico
operano come multinazionali che subappaltano a piccole agenzie criminali i loro
lavori più sporchi: dagli omicidi mirati alle operazioni logistiche, tutto è
affidato a giovani precari che scelgono la violenza come un ordine dall’alto. Le
trame della guerra si intrecciano con le rendite fondiarie e in questa logica la
forza motrice è l’accumulazione: un desiderio che oggi sembra inesauribile e che
contraddice la finitezza della vita stessa.
In Colombia, possiamo vedere chiaramente come la violenza armata, un tempo
considerata motivata politicamente, sia stata sostituita da nuovi sistemi di
guerra locale in cui attori armati hanno creato una serie di frontiere interne
nelle quali si regolamentano corpi, si confinano popolazioni e si compiono
omicidi mirati. Allo stesso tempo, l’economia della rendita del narcotraffico
permea la maggior parte delle attività quotidiane e il controllo sui corpi è
imposto tramite rigidi codici della strada. I territori occupati dagli attori
armati funzionano come governi privati indiretti, governati dalla forza e dal
controllo dei profitti derivanti da attività legali e illegali, operando come
filiali del grande capitale che nasconde i propri profitti tra il sistema
bancario e i nuovi fenomeni di investimento di capitali.
> Il governo di Gustavo Petro ha ragione a proporre una strategia per far fronte
> alla dinamica di queste nuove forme di guerra. La pace totale, con i suoi
> successi e fallimenti, deve consolidarsi come politica statale che affronti
> queste dinamiche di frontiere interne e di scontro per il controllo dei
> proventi illeciti.
La pace che verrà deve interrompere la circolazione di questi proventi,
trasformando le condizioni di queste migliaia di giovani assoldati per
combattere una guerra che avvantaggia solo i grandi narcotrafficanti. Per
consolidare questa pace, è necessario pacificare e ridurre le violenze,
trasformare i territori in modo che nessun giovane scelga la guerra e
consolidare la collaborazione tra istituzioni statali e organizzazioni della
società civile per destabilizzare le economie che il narcotraffico ha costituito
nel corso di decenni.
La sicurezza territoriale è un elemento fondamentale del futuro processo di pace
e non può limitarsi alla presenza di forze militari nei territori. Piuttosto,
deve essere concepita all’interno delle trasformazioni che rendano possibile la
pace come risultato di azioni concrete e durature. Per garantire che queste
trasformazioni siano sentite dalla cittadinanza, è necessario consolidare un
orizzonte futuro in cui nessuna vita sia sacrificabile. Il prossimo processo di
pace deve essere concreto e può essere promosso soltanto sotto l’egida di una
società civile che comprenda la natura complessa di questi nuovi regimi di
guerra.
Articolo pubblicato dall’autore, dottore in Filosofia, Universidad de los Andes,
co-fondatore di REC-America Latina, professore universitario e consulente, sul
sito del Centro Ciam. Ringraziamo per la disponibilità alla traduzione e
pubblicazione in italiano.
Traduzione a cura di Michele Fazioli per Dinamopress. Immagine di copertina di
Alioscia Castronovo (Street art di Colectivo Dexpierte, Casa de La Paz La
Trocha, Bogotá)
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