Lettera del Presidente Nicolás Maduro ai Capi di Stato della CELACLa lettera che segue, inviata dal presidente della Repubblica Bolivariana del
Venezuela, Nicolás Maduro Moros, ai capi di Stato e di governo della Comunità
degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC), rappresenta un documento di
enorme rilievo politico e storico nel contesto attuale. In un’epoca segnata da
guerre globali, aggressioni imperiali e crescenti minacce di militarizzazione
del pianeta, Maduro richiama i popoli dell’America Latina e dei Caraibi alla
difesa della sovranità, dell’indipendenza e della pace come beni supremi e
indivisibili. La lettera denuncia le nuove strategie di assedio — economico,
mediatico e militare — che gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali stanno
conducendo nella regione caraibica, in aperta violazione del diritto
internazionale e della Carta delle Nazioni Unite.
Il presidente venezuelano chiama a raccolta la CELAC per riaffermare la regione
come “Zona di Pace”, principio già proclamato all’Avana nel 2014, invitando a
ricostruire la “Grande Patria” sognata da Bolívar, Martí, Chávez e da tutti i
leader che hanno fatto dell’integrazione latinoamericana una frontiera di
emancipazione collettiva: il bolivarismo. Maduro riafferma che la pace e la
giustizia si difendono con la forza dell’unione dei popoli, con l’uguaglianza,
la solidarietà e la sovranità dei popoli e non con le armi. È un messaggio che –
rivolto a tutti i popoli che lottano contro l’imperialismo e per la dignità
umana – riguarda l’intera umanità, minacciata dall’unipolarismo occidentali che
usa le sanzioni e la violenza per imporre la propria egemonia.
Caracas, Venezuela, 9 Novembre 2025
Ai Presidenti e ai Capi di Stato della Comunità degli Stati Latinoamericani e
Caraibici (CELAC) e ai Popoli dell’America Latina e dei
Caraibi
Da questo luogo, Santa Marta, che ha custodito gli ultimi giorni del Libertador
Simón Bolívar, mi rivolgo a voi con la voce del popolo venezuelano e con la
memoria della nostra storia come impegno e guida.
Qui, dove Bolívar pronunciò il suo ultimo discorso il 10 dicembre 1830 e lasciò
un mandato che è ancora valido nel tempo, “lavorate tutti per l’inestimabile
benedizione dell’unione”, ci riuniamo oggi per riaffermare che l’unione della
nostra America non è un gesto retorico, ma la condizione della nostra libertà e
la chiave della nostra dignità.
Santa Marta conserva il ricordo della ferita che ha fatto a pezzi la Grande
Colombia; conserva il ricordo del tradimento della divisione che ha spento, per
un certo periodo, il sogno di una grande patria. Ma conserva anche la voce del
Libertador, una voce che, dalla Carta di Giamaica del 1815, ha definito chi
siamo e perché dobbiamo rifiutarci di essere sottomessi. Bolívar ci ha insegnato
che “non siamo europei, né siamo indios, ma una specie intermedia tra i
legittimi proprietari della terra e gli usurpatori spagnoli”; quella condizione
meticcia, creativa e sovrana è il substrato della nostra identità e il
fondamento della nostra esigenza di rispetto.
La storia ci avverte che i tentativi di sottomissione non sono solo un ricordo.
Nel 1815 la Corona spagnola inviò una spedizione guidata dal generale Pablo
Morillo composta da circa sessanta navi e circa diecimila uomini con l’obiettivo
di riconquistare le terre liberate; il suo assedio a Cartagena e il suo
passaggio lungo le nostre coste sono un esempio della violenza imperiale contro
la libertà americana. Questi numeri simboleggiano la volontà di sottomettere con
la forza ciò che i popoli avevano conquistato con il sangue e la convinzione.
Oggi, due secoli dopo, le forme dell’assedio sono cambiate, ma non la sua
essenza. Nel Mar dei Caraibi si stanno schierando unità navali e aeree che
includono portaerei di ultima generazione, cacciatorpediniere missilistiche e
sottomarini nucleari; manovre e attacchi che hanno provocato la morte di civili
in alto mare e che sono stati definiti dagli esperti delle Nazioni Unite e
dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani come “esecuzioni
extragiudiziali” che meritano di essere indagate e condannate.
Queste dichiarazioni sono state rese pubbliche e sono state persino esposte in
seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove la gravità dei fatti è
stata discussa a livello internazionale e dove la posizione degli Stati Uniti è
stata quella di assumersi la responsabilità dei propri crimini.
Non possiamo ignorare questa evidenza: quando atti armati e letali vengono
compiuti con la giustificazione della “sicurezza” o della “lotta al crimine”, e
tali atti comportano esecuzioni in mare, violano il diritto internazionale e
calpestano il diritto alla vita umana.
Di fronte a un dispiegamento di forze di tale portata non ci possono essere
mezze misure. Il principio che oggi è in gioco è chiaro e decisivo: la sovranità
degli Stati e la libera autodeterminazione dei popoli. Il Venezuela lo dichiara
con assoluta nettezza: non accetta né accetterà nessun tipo di controllo.
Non accettiamo che sotto eufemismi come “sicurezza” o “lotta al narcotraffico”
si cerchi di imporre la vecchia Dottrina Monroe, che mira a trasformare la
nostra America in teatro di invasioni e colpi di Stato per “cambiare regime” e
rubare le nostre immense ricchezze e risorse naturali. Rifiutiamo con forza la
rinascita della Dottrina Monroe e, in risposta, rilanciamo la Dottrina
Bolivariana in difesa dell’indipendenza, dell’unione e dell’emancipazione dei
nostri popoli.
La nostra CELAC, nata a Caracas il 2 e 3 dicembre 2011, alla presenza dei 33
capi di Stato e di governo della nostra regione, ha raccolto questo grido di
unione regionale come alternativa alla logica della tutela e della pressione.
All’inaugurazione del 2011, il comandante Hugo Chávez ha proclamato con energia
che “solo l’unione ci renderà liberi”, proponendo alla comunità latino-caraibica
la necessità di un’organizzazione che, senza gli Stati Uniti e il Canada al suo
interno, rivendicasse la sovranità e l’agenda dei nostri popoli.
Questa decisione storica ha aperto una nuova fase di autonomia politica e
cooperazione regionale.
Oggi, di fronte alla minaccia di guerra nei Caraibi e alle esecuzioni denunciate
dall’ONU, siamo obbligati a preservare la pace nella regione, unendo le nostre
forze come paesi e chiedendo con una sola voce la cessazione immediata degli
attacchi e delle minacce militari contro i nostri popoli.
È necessario ripristinare la giustizia, la pace e il rispetto della Carta delle
Nazioni Unite. La comunità internazionale deve esigere
un’assunzione di responsabilità, la cessazione degli attacchi e il rispetto dei
diritti umani di tutte le persone, senza eccezioni.
Fratelli e sorelle, la memoria storica e le circostanze attuali ci impongono una
risposta unitaria. Invito i presidenti e i capi di Stato qui presenti e i popoli
dei Caraibi e dell’America Latina a fare di questo vertice non un esercizio
rituale, ma un atto di fermezza: proclamiamo la difesa incondizionata della
nostra America come Zona di Pace, rifiutiamo categoricamente qualsiasi
militarizzazione dei Caraibi, esigiamo un’indagine indipendente sulle esecuzioni
denunciate dai meccanismi dei diritti umani delle Nazioni Unite e stabiliamo
meccanismi regionali di cooperazione umanitaria e difesa collettiva che
garantiscano la protezione delle nostre acque, delle nostre coste e delle nostre
comunità.
Da questo vertice ribadiamo la nostra condanna del criminale e disumano blocco
imposto contro il popolo e il governo della Repubblica di Cuba, un’aggressione
continua che viola palesemente il diritto internazionale e la Carta delle
Nazioni Unite. Respingiamo inoltre l’inclusione di Cuba in una pretestuosa lista
di paesi che presumibilmente sostengono il terrorismo.
Chiediamo inoltre l’immediata revoca di tutte le misure coercitive unilaterali e
illegali che gravano sui nostri popoli, comprese quelle imposte dall’Unione
Europea che, sotto la forma di sanzioni individuali, finiscono per ledere i
diritti fondamentali dei nostri popoli e ostacolarne lo sviluppo.
Con franchezza e rispetto affermiamo: l’America Latina e i Caraibi sono popoli
liberi che propongono relazioni di cooperazione orizzontali; esigiamo coerenza e
rispetto nelle vostre politiche nei confronti della nostra regione. Non
accettiamo sanzioni come metodo di punizione politica che violano i diritti, né
la logica dei blocchi che puniscono i popoli.
Chiediamo un dialogo paritario, cooperazione per la ricostruzione e rispetto del
diritto internazionale.
Possano Santa Marta e la memoria viva di Bolívar ispirarci a riprendere il
cammino che egli tracciò nella Carta di Giamaica del 1815 e nel suo messaggio al
Congresso di Angostura del 1819: l’unione per l’emancipazione dell’umanità. Che
lo spirito del Congresso Anfictionico di Panama del 1826, convocato da Bolívar e
ostacolato dal nascente È necessario ripristinare la giustizia, la pace e il
rispetto della Carta delle Nazioni Unite. La comunità internazionale deve
esigere un’assunzione di responsabilità, la cessazione degli attacchi e il
rispetto dei diritti umani di tutte le persone, senza eccezioni.
Fratelli e sorelle, la memoria storica e le circostanze attuali ci impongono una
risposta unitaria. Invito i presidenti e i capi di Stato qui presenti e i popoli
dei Caraibi e dell’America Latina a fare di questo vertice non un esercizio
rituale, ma un atto di fermezza: proclamiamo la difesa incondizionata della
nostra America come Zona di Pace, rifiutiamo categoricamente qualsiasi
militarizzazione dei Caraibi, esigiamo un’indagine indipendente sulle esecuzioni
denunciate dai meccanismi dei diritti umani delle Nazioni Unite e stabiliamo
meccanismi regionali di cooperazione umanitaria e difesa collettiva che
garantiscano la protezione delle nostre acque, delle nostre coste e delle nostre
comunità.
Da questo vertice ribadiamo la nostra condanna del criminale e disumano blocco
imposto contro il popolo e il governo della Repubblica di Cuba, un’aggressione
continua che viola palesemente il diritto internazionale e la Carta delle
Nazioni Unite.
Respingiamo inoltre l’inclusione di Cuba in una pretestuosa lista di paesi che
presumibilmente sostengono il terrorismo.
Chiediamo inoltre l’immediata revoca di tutte le misure coercitive unilaterali e
illegali che gravano sui nostri popoli, comprese quelle imposte dall’Unione
Europea che, sotto la forma di sanzioni individuali, finiscono per ledere i
diritti fondamentali dei nostri popoli e ostacolarne lo sviluppo.
Con franchezza e rispetto affermiamo: l’America Latina e i Caraibi sono popoli
liberi che propongono relazioni di cooperazione orizzontali; esigiamo coerenza e
rispetto nelle vostre politiche nei confronti della nostra regione. Non
accettiamo sanzioni come metodo di punizione politica che violano i diritti, né
la logica dei blocchi che puniscono i popoli.
Il mondo intero sa che in Venezuela, in Colombia e in tutta la nostra regione
amiamo la pace come un diritto conquistato, per questo siamo obbligati ad
affrontare le sfide del presente con il motto del Libertador Simón Bolívar: “La
pace sarà il mio porto, la mia gloria, la mia ricompensa, la mia speranza, la
mia felicità e tutto ciò che di prezioso esiste al mondo”.
Per la pace con uguaglianza, indipendenza e sovranità, i nostri popoli
torneranno a vincere.
Da Caracas, culla dei Libertadores, territorio di libertà e dignità
Nicolas Maduro Moros
Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela
Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba