Tag - povertà energetica

In un Paese con oltre 5,7 milioni di persone in condizioni d’indigenza si buttano 157 miliardi nell’azzardo
Dal 1990 al 2020, l’Italia è il fanalino di coda dei Paesi OCSE e l’unico Paese con un valore negativo (-2,9%) di variazione dei salari reali medi. La percentuale di lavoratori a basso salario è passata da 25,9 punti percentuali nel 1990 a 32,2 punti percentuali nel 2017. A essere colpiti sono soprattutto donne, giovani nella fascia 16-34 anni e residenti al Sud, ed in generale quanti hanno un contratto di lavoro part-time. Nel 2023, ogni italiana o italiano deteneva in media circa 190.000 euro di patrimonio. Il patrimonio medio dei 50,000 adulti più ricchi del paese è più che raddoppiato rispetto agli anni Novanta, mentre i 25 milioni di italiani più poveri hanno visto la propria ricchezza media ridursi di più di tre volte e oggi detengono un patrimonio medio di circa 7 mila euro pro-capite. Si stima che almeno 10 milioni di adulti abbiano risparmi liquidi inferiori ai 2.000 euro, decisamente insufficienti per far fronte a uno shock di reddito come quello inflitto dalla perdita del lavoro o da una malattia. La povertà assoluta nel nostro Paese coinvolge oggi una quota sempre più ampia della popolazione. Secondo i dati diffusi da Istat il 14 ottobre, il 9,8% degli italiani – oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie (8,4% dei nuclei) – vive in condizioni di indigenza. Negli ultimi dieci anni il fenomeno è cresciuto in modo significativo: il numero di famiglie in povertà assoluta ha registrato un + 43,3%, segno di un processo di radicamento che ha reso la povertà una componente strutturale del tessuto sociale nazionale. E’ quanto si legge nel Rapporto 2025 su povertà ed esclusione sociale in Italia della Caritas, dal titolo “Fuori Campo. Lo sguardo della prossimità”. Due capitoli del Rapporto Caritas 2025 sono dedicati alla deriva nazionale dell’azzardo industriale di massa e alle sue conseguenze e alla povertà energetica. Il capitolo 3 si occupa della deriva dell’azzardo, sottolineando come a partire dalla fine degli anni 90, l’offerta dell’azzardo si sua arricchita di oltre una cinquantina di modalità di gioco, sia online che in presenza (oltre 150mila locali, disseminati in tutte le province italiane). “Il volume monetario del gioco d’azzardo, si legge nel Rapporto, mostra una crescita inarrestabile: dai 35 miliardi di euro giocati nel 2006 siamo giunti ai 157 miliardi giocati nel 2024 (+349%). A fronte di tale incremento, l’incasso dell’erario è aumentato solamente dell’’83% (da 6 a 11 miliardi), a tutto favore delle grandi società produttrici. Solo per le slot, si stimano 38 milioni di ore impegnate nel gioco. Oltre 22 milioni di ore impegnate per 1 miliardo e 358 mila giocate”. Ma sono soprattutto le modalità tradizionali ad impegnare tempo di vita: oltre 388 milioni di ore impegnate dalla popolazione per lotto, scommesse, superenalotto. In totale, le giornate lavorative assorbite dal gioco sono oltre 104 milioni. L’altra faccia della medaglia è costituita dalle perdite: nel 2024, il totale delle perdite è stato pari a 20 miliardi di euro. I dati mostrano una correlazione inversa tra reddito medio per contribuente e perdita media al gioco, con un peso percentuale più alto nelle regioni più povere. Dieci regioni sono sopra la soglia della media nazionale (493 euro) e di esse, cinque sono meridionali e isole, due del centro-sud (Abruzzo e Molise) seguite da Lazio e Lombardia. “L’azzardo – si sottolinea nel Rapporto –  costa di più a chi ha meno: non solo perché perde più euro, ma perché quegli euro valgono di più nel bilancio familiare. È il punto da cui far partire qualunque discussione seria su prevenzione, regolazione e responsabilità pubblica”. Il capitolo 5 si occupa, invece, della povertà energetica, quel fenomeno che interessa coloro che non possono usufruire di forniture adeguate e affidabili di energia elettrica e gas per indisponibilità di sufficienti risorse economiche. È la punta di un iceberg, la cui massa sommersa è costituita dalla complessità delle connessioni tra questioni ambientali, climatiche e sociali. È una “nuova” povertà sulla quale pesano gli effetti della crisi climatica che ha creato nuovi rischi ambientali e sociali, che incrementano le disuguaglianze e producono nuove forme di povertà. Secondo l’OIPE nel 2023 le famiglie in povertà energetica in Italia erano 2,36 milioni, pari al 9% del totale, in crescita rispetto all’anno precedente (+1,3 punti percentuali, pari a 340 mila famiglie in più), il valore più alto dall’inizio della serie storica. “Le famiglie più povere, si legge nel Rapporto,  impegnano l’8,7% della loro spesa per beni e servizi energetici, contro il 3,3% delle famiglie più ricche. I poveri sono anche coloro che, per effetto della riduzione progressiva delle risorse stanziate per i bonus (meno 1 miliardo tra il 2022 e il 2023), hanno ridotto più della media le spese per consumi energetici”. Dall’incrocio tra la posizione nel mercato energetico e l’inserimento nelle reti di protezione o possibilità di accesso alle politiche per la transizione energetica, il capitolo identifica e approfondisce tre tipi di poveri: i vulnerabili energetici, gli assistiti energetici e gli esclusi energetici. “Dal punto di vista delle risposte possibili, non si tratta più – propone la Caritas – di affrontare una povertà tradizionale con strumenti assistenziali tradizionali, ma di ripensare il welfare in una logica di sistema che integri sostenibilità ambientale e giustizia sociale, con politiche che intervengano prima che la vulnerabilità si trasformi in esclusione, affinché ogni cittadino, nella transizione energetica, abbia diritto a fruire di energia prodotta da fonti rinnovabili, accessibile a un prezzo equo e fruibile grazie a dispositivi efficienti”.  Come scrive il direttore della Caritas italiana, don Marco Pagniello, il “fuori campo” del titolo del Rapporto è ciò che non si vede, è la parte invisibile che sfugge allo sguardo immediato. La povertà oggi non è sempre visibile, spesso è silenziosa, frammentata, trasversale e multidimensionale. È la povertà di quei lavoratori che non riescono a vivere dignitosamente, di chi cade nella trappola dell’azzardo, di chi subisce violenza nel silenzio, di chi rinuncia al riscaldamento o alla luce, di chi non riesce ad assicurare un tetto alla propria famiglia, di chi vive perennemente connesso, ma senza relazioni significative. La povertà oggi è educativa, sanitaria, abitativa, energetica, affettiva. “Non basta guardarla da lontano o analizzarla con categorie vecchie, ammonisce il direttore della Caritas italiana. Bisogna abitarla, entrarci dentro, sporcarsi le mani, lasciarsi coinvolgere, assumere lo sguardo della prossimità per consentire alla conoscenza di diventare compassione e, di conseguenza, alla compassione di tradursi in azione davvero incisiva”. Qui il Rapporto Caritas: https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/11/Rapproto-Poverta-2025-Versione-integrale.pdf.  Giovanni Caprio
Ambiente Europa 2025: il profilo dell’Italia tra progressi e ritardi
Ogni cinque anni, come previsto dal suo regolamento istitutivo, l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) pubblica un rapporto sullo stato dell’ambiente nel vecchio continente. “Ambiente Europa 2025″ è il settimo rapporto sullo stato dell’ambiente pubblicato dall’AEA dal 1995 ed è stato elaborato in stretta collaborazione con la Rete europea d’informazione e di osservazione ambientale (Eionet) dell’AEA, composta da esperti e scienziati di spicco nel campo ambientale, provenienti dai 32 Paesi membri dell’AEA e dai sei Paesi cooperanti. Qual è il profilo del nostro Paese che emerge dal Rapporto? L’Italia sta compiendo passi significativi verso la sostenibilità, ma deve affrontare numerose sfide. Il nostro Paese eccelle nell’agricoltura biologica e per le aree protette, che coprono il 21,7% del territorio, tuttavia deve aumentare questa quota per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo UE del 30% entro il 2030. Le emissioni di gas serra (GHG) sono diminuite dal 2005, ma sono necessarie ulteriori riduzioni per raggiungere gli obiettivi UE. Quanto alle energie rinnovabili, l’Italia ha superato l’obiettivo del 2020 e punta a raggiungere il 38,7% di utilizzo di energia rinnovabile entro il 2030. Sebbene il consumo di energia sia diminuito, il tasso di riduzione deve però essere raddoppiato per raggiungere gli obiettivi futuri. Le perdite economiche legate al clima sono invece in aumento, evidenziando la necessità di solide strategie di adattamento. E anche la gestione dei rifiuti e le pratiche di economia circolare richiedono miglioramenti. Particolare preoccupazione viene evidenziata a proposito del consumo di suolo, che continua a essere un problema critico: dal 2006, oltre 120.000 ettari sono stati impermeabilizzati, il 40% dei quali concentrato nelle regioni settentrionali, esercitando una pressione significativa sugli ecosistemi. Dal punto di vista climatico, le emissioni di gas serra sono diminuite del 20% negli ultimi 30 anni. Tuttavia, le proiezioni per il 2030 indicano che le emissioni del settore ESR potrebbero diminuire solo del 41% rispetto ai livelli del 2005, non raggiungendo l’obiettivo del 43,7%. Allo stesso tempo, le energie rinnovabili, sebbene in crescita, richiedono una significativa accelerazione negli sforzi per raddoppiare la loro quota e raggiungere il 38,7% entro il 2030. La qualità dell’aria rimane una sfida: i decessi prematuri attribuibili al PM2,5 sono diminuiti del 32%, ma il tasso deve diminuire ulteriormente per allinearsi al piano UE per l’inquinamento zero. La gestione delle risorse idriche mostra segnali incoraggianti: tra il 2016 e il 2021, il numero di corpi idrici in buono stato chimico è aumentato, mentre il numero di corpi idrici non classificati è diminuito rispetto ai livelli del 2010-2015. Tuttavia, la biodiversità acquatica continua a essere minacciata dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. Infine, le perdite economiche dovute a eventi climatici estremi sono in aumento, sottolineando la necessità di un adattamento strutturale. Nonostante i progressi compiuti, la transizione ecologica dell’Italia richiede un approccio più forte e integrato per affrontare sistematicamente le sfide ambientali e climatiche. Il Rapporto dedica particolare attenzione alle sfide socioeconomiche che il nostro Paese ha di fronte. “L’Italia si trova ad affrontare sfide socioeconomiche, tra cui un crescente divario economico generazionale, una scarsa mobilità sociale e una significativa povertà energetica, che colpiscono milioni di famiglie. Più una persona è giovane, più è probabile che si trovi in difficoltà; questo è il risultato di una stagnazione salariale trentennale. In un contesto di mobilità sociale piuttosto scarsa, l’insicurezza economica e i ritardi nelle prestazioni di welfare rendono le persone più a rischio di povertà ed esclusione sociale. La povertà energetica delle famiglie (definita come difficoltà nell’acquistare il paniere minimo di beni e servizi energetici) colpisce il 7,7% delle famiglie e il 9,5% delle famiglie non è in grado di riscaldare adeguatamente la propria casa . I redditi sono inoltre meno distribuiti rispetto alla media UE-27”. Per quanto riguarda l’Europa nel suo complesso, il Rapporto evidenzia come siano stati compiuti progressi significativi nella riduzione delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento atmosferico, ma anche come lo stato generale dell’ambiente continui a non essere buono, soprattutto per quanto riguarda la natura, che continua a subire degrado, sfruttamento eccessivo e perdita di biodiversità. Anche gli effetti dell’accelerazione dei cambiamenti climatici sono una problematica urgente. Le prospettive per la maggior parte delle tendenze ambientali sono preoccupanti e comportano gravi rischi per la prosperità economica, la sicurezza e la qualità della vita in Europa. Il Rapporto sottolinea che cambiamenti climatici e degrado ambientale rappresentano una minaccia diretta per la competitività dell’Europa, dipendente dalle risorse naturali. Il documento evidenzia inoltre che il conseguimento della neutralità climatica entro il 2050 dipende anche da una migliore e più responsabile gestione del suolo, dell’acqua e di altre risorse. Protezione delle risorse naturali, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, insieme alla riduzione dell’inquinamento rafforzeranno la resilienza delle funzioni sociali vitali che dipendono dalla natura, quali la sicurezza alimentare, l’acqua potabile e le difese contro le inondazioni. Qui per approfondire: https://www.eea.europa.eu/en/europe-environment-2025. Giovanni Caprio
Il flop del bonus sociale per l’energia
La narrazione della maggioranza di Governo sulla crescita del Paese e l’entusiasmo con cui vengono accolti gli ultimi dati ISTAT sull’aumento dell’occupazione (comunque dimezzata rispetto al trimestre precedente e aumentata solo in settori a basso valore aggiunto dove si determina non di rado “lavoro povero”), stridono alquanto con la realtà dei fatti e con la dura vita d’ogni giorno. Rispetto al 2019 i prodotti alimentari costano oggi, in Italia, quasi un terzo in più. A dircelo è quella stessa ISTAT che certifica l’aumento dell’occupazione, che nella Nota sull’andamento dell’economia pubblicata in questi giorni, scrive: “In conseguenza della forte impennata registrata tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2023 e al successivo perdurare di una significativa, seppure più moderata, tendenza alla crescita (fenomeni che hanno riguardato l’intera Europa), i prezzi al consumo (indice armonizzato) dei beni alimentari (cibo e bevande non alcoliche), risultano in Italia avere raggiunto a luglio 2025 (ultimo dato disponibile) un livello più elevato del 30,1% rispetto a quello medio del 2019. Nel confronto europeo, tuttavia, tale dinamica appare sensibilmente più contenuta sia rispetto alla media UE27 (+39,2%) sia, tra gli altri principali paesi, rispetto a Germania (+40,3%) e Spagna (+38,2%); nello stesso periodo l’aumento in Francia è stato invece relativamente minore (+27,5%)”. E non può affatto consolare il fatto che la crescita dei prezzi al consumo dei beni alimentari risulti in Italia inferiore alla media della Ue27, soprattutto perché nel nostro Paese c’è un’aggravante: mentre i prezzi salivano, gli stipendi e le pensioni rimanevano fermi, aumentando le disuguaglianze – anche in campo alimentare – e alimentando sempre più il fenomeno del lavoro povero (come ha rilevato la Caritas, il 23,5% degli italiani si trova in condizioni di povertà pur lavorando). Mentre uno “strabico” Governo spande ottimismo a reti unificate, gli italiani restano pessimisti. Scrive sempre quell’ISTAT che certifica l’aumento dell’occupazione: “Tra i consumatori aumentano le attese di rialzo dell’inflazione… Ad agosto tra i consumatori aumenta, per il secondo mese consecutivo, la quota di coloro che si attendono un rialzo dell’inflazione nei successivi 12 mesi rispetto ai 12 mesi passati (45,6% rispetto al 42,6% in luglio) e diminuisce il numero di coloro che si attendono una stabilità (14,5% rispetto al 17% di luglio), a fronte di una quota invariata di coloro che si aspettano una riduzione (39,1% in entrambi i mesi)”. In un apposito focus l’ISTAT si occupa poi della cosiddetta povertà energetica, evidenziando come l’agevolazione (il bonus energia) raggiunga meno della metà dei nuclei che ne avrebbero davvero bisogno. Come si ricorderà, già a partire dal 2008 era stato introdotto dal Governo italiano un sistema di sussidi (c.d. bonus sociali), in forma di sconto in bolletta, rivolti alle famiglie a basso reddito per sostenere le spese di elettricità e gas. A partire dal 2021 tali misure sono state poi rafforzate. Si sono succeduti infatti numerosi interventi di aggiornamento legislativo (ad esempio, per l’accesso al bonus non è più necessario presentare domanda ma è sufficiente aver ottenuto una attestazione ISEE) e sono state stanziate ulteriori risorse finanziarie che hanno permesso di elevare, in alcuni periodi, l’offerta di sussidi in termini di soglie di accesso e importi. I risultati della simulazione fatta dall’ISTAT mostrano che nel 2021 quasi 1 famiglia su 10 (circa 2,5 milioni) ha beneficiato del bonus per l’elettricità e, per una parte delle famiglie, anche del bonus gas, nella forma di uno sconto sulla bolletta energetica. Le famiglie appartengono tutte al I e al II quinto della distribuzione del reddito (i quinti più poveri). Nei due anni successivi le modifiche ai requisiti hanno consentito di ampliare la platea dei beneficiari. In particolare, l’innalzamento della soglia ISEE a 12.000 euro entrato in vigore nel II trimestre del 2022, ha permesso ai bonus energetici di raggiungere 3,7 milioni di famiglie, il 5,8% delle quali nel III quinto di reddito; mentre nel 2023 il numero di famiglie raggiunte dal bonus supera i 4,5 milioni, grazie all’estensione della soglia ISEE a 15.000 euro. In quest’anno è massima anche la quota di famiglie beneficiarie appartenenti al III quinto (11,1%). Nel 2024 però la soglia ISEE è stata riportata a 9.530 euro, con una conseguente riduzione significativa della percentuale di famiglie beneficiarie (da quasi 4,5 milioni a 2,7). Scrive l’ISTAT: “Nel 2024, più della metà delle famiglie in condizioni di povertà energetica non sono state raggiunte dai sussidi e si osserva la percentuale più alta di famiglie che ricevono il bonus ma rimangono in condizioni di povertà (52,6%). In sintesi, i risultati mostrano che i sussidi energetici sono stati efficaci nel compensare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia per le famiglie in condizioni di povertà energetica in particolare nel 2022, anno di picco dei prezzi energetici. L’analisi, tuttavia, evidenzia anche la presenza di una percentuale significativa di famiglie in condizioni di povertà energetica che non rientra tra quelle beneficiarie della misura di welfare o perché non hanno presentato un’attestazione ISEE o perché prive dei requisiti ISEE necessari per l’accesso ai bonus”. Sarebbe forse il caso di leggere e commentare tutti i dati dell’ISTAT, prima di lasciarsi andare a facili ottimismi. Per Federconsumatori sono necessari alcuni provvedimenti urgenti per arginare i rincari e sostenere il potere di acquisto delle famiglie, dando nuova spinta anche al mercato interno: la rimodulazione dell’Iva sui generi di largo consumo (che consentirebbe un risparmio di oltre 516 euro annui a famiglia); la creazione di un Fondo di contrasto alla povertà energetica e una determinata azione di contrasto alla povertà alimentare; lo stanziamento di risorse adeguate per la sanità pubblica e per il diritto allo studio; una riforma fiscale equa, davvero tesa a sostenere i bassi redditi e i redditi medi, e non a incrementare le disuguaglianze. Qui la Nota dell’ISTAT: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/09/Nota-congiunturale-settembre-2025_rev-2.pdf.  Giovanni Caprio
Energia: paghiamo di più rispetto all’Europa a causa dei costi di rete, degli oneri e delle imposte
Il 2024 è stato caratterizzato, anche per il settore della vendita del gas, dalla fine del Servizio di tutela gas per i clienti domestici non vulnerabili che dal 1° gennaio 2024 sono transitati nel mercato libero. Mercato libero che resta più costoso rispetto a quello riservato ai clienti vulnerabili, con un prezzo finale medio pari a 114,9 c€/m³ contro i circa 100 c€/m³. E anche per quanto riguarda l’elettricità, il mercato libero presenta nuovamente valori superiori al servizio di maggior tutela, per tutte le classi di consumo. Al 1° gennaio 2025, il prezzo dell’energia elettrica per un consumatore domestico (vulnerabile) residente in maggior tutela, con consumi annui di 2.000 kWh e 3 kW di potenza, è pari a 28,21 c€/kWh al netto delle imposte e a 31,28 c€/kWh al lordo delle imposte, mentre per il Servizio a tutele graduali questi valori sono pari a 22,33 c€/kWh e 24,81 c€/kWh. A certificarlo sono i dati presenti nella Relazione annuale dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ARERA.  La fine dei servizi di Tutela nei settori dell’elettricità e del gas per i clienti non vulnerabili ed esauritisi quasi tutti gli effetti degli interventi governativi a sostegno delle famiglie in difficoltà economiche per compensare i forti aumenti delle bollette registrati nel 2022, la “povertà energetica” sta piegando molte famiglie. Nel confronto con i principali Paesi di riferimento, i prezzi più alti si confermano quelli pagati dalle famiglie tedesche (41,13 c€/kWh), seguite da quelle italiane (35,70 c€/kWh), francesi (28,03 c€/kWh) e spagnole (26,26 c€/kWh). Stessa classifica per i prezzi netti, cioè senza oneri e imposte, che in Italia risultano del 14% superiori alla media dell’Area euro (25,92 c€/kWh vs 22,73 c€/kWh). “I prezzi finali pagati dalle famiglie italiane, precisa l’ARERA, continuano a essere penalizzati dalle componenti di oneri, imposte e tasse il cui incremento del 28% ha annullato le riduzioni registrate dalla componente energia e dai costi di rete. Nel confronto internazionale, la componente fiscale italiana risulta essere la più elevata, superiore a quella della Francia (+51%), della Spagna (+36%), e della media dell’Area euro (+18%)”. Per quanto riguarda i prezzi dei clienti non domestici, nel 2024, i prezzi dell’energia elettrica hanno mostrato una discesa, di diversa intensità in quasi tutti i Paesi europei, con una contrazione del 14% per la media dell’Area euro che ha visto oscillazioni tra il -2,7% della Germania e il – 20,2% della Francia. Anche il prezzo lordo, comprensivo di oneri e tasse, pagato dalle imprese italiane è diminuito passando da 28,9 a 26,52 c€/kWh (-8,3%). “Tuttavia, annota l’ARERA, l’Italia ha nuovamente perso competitività rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei (+ del 24% rispetto alla media dell’Area euro) principalmente a causa dell’aumento della componente relativa a oneri, imposte e tasse (+15%), passata da 8,5 c€/kWh nel 2023 a 9,8 c€/kWh nel 2024. Questa componente rappresenta oggi la più elevata tra i Paesi analizzati con un +134% rispetto alla Francia e +65% rispetto alla media dell’Area euro”. La Relazione dell’Autorità si occupa anche di monitorare la qualità dei servizi erogati dalle imprese: per quanto riguarda il rispetto degli indicatori della qualità commerciale dei servizi di vendita del settore elettrico, lo scorso anno le imprese hanno ricevuto 298.690 reclami scritti e gli indennizzi automatici per il mancato rispetto degli standard sono stati prevalentemente erogati per ritardi nei reclami scritti. In totale, sono stati corrisposti indennizzi per oltre 1,1 milioni di euro nel 2024 per lo più destinati a clienti domestici nel mercato libero. Nel 2024, sono stati ricevuti invece 202.784 reclami scritti da parte delle imprese di vendita del gas, in aumento rispetto all’anno precedente (19,5%), con l’83,3% proveniente da clienti domestici nel mercato libero. Gli indennizzi riconosciuti sono stati 21.134 e la maggior parte dei quali per il mancato rispetto dei tempi di risposta ai reclami scritti, con un totale di oltre 922.000 euro erogati. Per quanto riguarda il servizio di conciliazione vi sono state 34.564 domande (+6% rispetto al 2023) ed è stata di circa 21 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.). “La Relazione annuale di ARERA al Parlamento, ha sottolineato Federconsumatori, rivela un quadro in cui permangono forti criticità e squilibri, su tutti i fronti. Con l’abbandono del mercato tutelato è emerso, come avevamo previsto, che questa scelta non solo non ha prodotto vantaggi concreti per i consumatori, ma al contrario ha alimentato abusi, pratiche commerciali scorrette e disparità tra aziende e cittadini, con le prime che continuano a far valere il loro strapotere sugli utenti, spesso non sufficientemente informati. Per questo riteniamo fondamentale rafforzare i sostegni alle famiglie, a partire dal potenziamento dei bonus sociali e dalla lotta alla povertà energetica, che rischia di avere una portata che va ben oltre i dati ufficiali. È necessario, inoltre, mettere in atto la promessa ma mai attuata riforma degli oneri di sistema. Per garantire una maggiore correttezza delle tariffe e arginare l’impatto dei fenomeni speculativi è indispensabile, poi, tornare a parlare del disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica”. Qui per scaricare la Relazione: https://www.arera.it/chi-siamo/relazione-annuale/relazione-annuale-2025,   Giovanni Caprio