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“Nel ricordo di Giancarlo Siani” Una serata per la verità e l’impegno civile
Il Comune di Napoli onora la memoria del giovane cronista con la prima proiezione pubblica del docufilm “Quaranta anni senza Giancarlo Siani, regia di Filippo Soldi . In programma anche la presentazione del cortometraggio “Il compleanno di Ciro” dedicato a un’altra vittima innocente della camorra: Ciro Colonna Martedì 23 settembre – Ore 20.00 – Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore – Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili Era il 23 settembre 1985, quando la camorra spiezzò la vita di un giovane cronista napoletano: Giancarlo Siani. Aveva solo 26 anni, ma in quei tempi precari e difficili aveva già lasciato un segno indelebile nel giornalismo d’inchiesta, raccontando con coraggio le trame di potere e criminalità che avvelenavano la sua terra. In occasione del 40esimo anniversario della sua scomparsa, il Comune di Napoli ne onora la memoria con una serata speciale dedicata alla verità e all’impegno civile. Martedì 23 settembre alle ore 20.00, presso il Complesso monumentale di San Domenico Maggiore, si terrà una doppia prima proiezione pubblica a Napoli: quella del docufilm “Quaranta anni senza Giancarlo Siani”, prodotto da Combo International in collaborazione con Rai Documentari, per la regia di Filippo Soldi e con la partecipazione di Toni Servillo, e quella del cortometraggio “ Il compleanno di Ciro ”, dedicato a un’altra giovane vittima innocente della camorra, Ciro Colonna, ucciso per uno scambio di persona nel 2016, all’età di 19 anni, nel quartiere di Ponticelli. La serata, con ingresso libero fino all’esaurimento dei posti disponibili, è promossa dal Comune di Napoli con Fondazione Giancarlo Siani e Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Interverranno: Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli; Ferdinando Tozzi, delegato del sindaco di Napoli per l’industria musicale e l’audiovisivo; Mariano Di Palma, referente di Libera Campania; Paolo Siani, fratello di Giancarlo Siani; Armando D’Alterio, pubblico ministero che ha condotto le indagini sul caso Siani; Pietro Perone, giornalista e autore del volume “Giancarlo Siani. Terra nemica”; il regista Filippo Soldi; la famiglia Colonna; Marta Esposito, regista, e Marianna Mercurio, attrice del cortometraggio “Il compleanno di Ciro”. Siani non si limitava a riportare i fatti di cronaca: scavava, collegava, denunciava. Fu proprio una sua inchiesta a svelare i legami tra la politica e la camorra, in particolare nel contesto della ricostruzione post terremoto del 1980. Una serie di articoli che decretarono la sua fama, ma anche la sua condanna a morte: il giornalista fu assassinato sotto casa, nel quartiere dell’Arenella, mentre era ancora a bordo della sua Citroën Méhari verde. Da quella terribile giornata, in “Quaranta anni senza Giancarlo Siani” parte il racconto dell’incredibile lavoro investigativo avviato otto anni più tardi, nel 1993, dal cosiddetto “Pool Siani”: un gruppo di giornalisti che, in collaborazione con le forze dell’ordine, è riuscito a far riaprire il caso irrisolto dell’omicidio del cronista, permettendo di consegnare alla giustizia i suoi assassini e mandanti. Sul grande schermo, prima del docufilm di Soldi, scorreranno le immagini del cortometraggio “Il compleanno di Ciro”, scritto e diretto da Marta Esposito e presentato in anteprima al 55esimo Giffoni Film Festival. Lo short movie restituisce con delicatezza e poesia una giornata mai avvenuta nella vita di Ciro Colonna: la madre Adelaide si prepara al ritorno del figlio dopo anni trascorsi all’estero, in un rito che incarna l’essenza del ricordo e l’incolmabile vuoto dell’assenza. Il cortometraggio è nato da un laboratorio che si è svolto nello Spazio Metamorfosi di Ponticelli nell’ambito della terza edizione del progetto “La voce dei giovani”, promosso e finanziato dal Comune di Napoli e curato da Giffoni Innovation Hub. Dieci studenti, di età compresa tra i 13 ei 18 anni, hanno partecipato a un percorso di teoria e pratica del linguaggio audiovisivo, realizzato in collaborazione con il presidio di Libera Ponticelli e con l’Istituto Comprensivo 83° Porchiano Bordiga. “Il compleanno di Ciro” è prodotto da Giffoni Innovation Hub, Mad Entertainment e Gabbianella, con il patrocinio di Libera e con il sostegno attivo del Comune di Napoli, da anni impegnato nella promozione della cultura della legalità tra le nuove generazioni. Redazione Napoli
La memoria cortissima delle comunità ebraiche italiane
Ormai un fatto mi appare acclarato: le comunità ebraiche italiane soffrono di dipendenza patologica da Israele. In particolare, quelle di Roma e Milano si sono distinte per delle dichiarazioni deliranti con cui tacciano di antisemitismo chiunque osi parlare delle sofferenze dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania. Le comunità ebraiche italiane […] L'articolo La memoria cortissima delle comunità ebraiche italiane su Contropiano.
Lenz fumetto: quando le lenzuola raccontano la comunità
A Ome il Festival del Fumetto da Marciapiede diventa un rito collettivo tra memoria, arte e partecipazione – 30/31 Agosto 2025 Ome (BS) — In un’Italia che spesso dimentica le sue piazze, il piccolo comune bresciano di Ome fa l’opposto: la piazza la riempie. Di storie, di volti, di segni. E di lenzuola. No, non è un bucato fuori stagione: sono lenzuola matrimoniali trasformate in tavole da fumetto, stese tra i palazzi e le vie del paese per raccontare vite, sogni, fragilità e desideri. Si chiama LENZ FUMETTO, è il tema e cuore pulsante del Festival del Fumetto da Marciapiede (FFM), e giunge quest’anno alla sua quinta edizione. Ma non è solo una mostra a cielo aperto: è un esperimento sociale, un atto di memoria collettiva e restituzione affettiva che coinvolge l’intera comunità, dai più anziani ai più giovani, dagli artisti affermati agli studenti, dalle famiglie alle cooperative sociali. È un festival che, come pochi, sa intrecciare arte, territorio e persone. Le lenzuola come archivi dell’anima A ideare il progetto è stato il Comune di Ome con una visione ben precisa: restituire valore e voce ai racconti di vita delle persone del posto. Con l’aiuto della storica Debora Masserdotti, sono state raccolte testimonianze orali autentiche, trasformate in fumetti grazie alla direzione artistica di Pietro Arrigoni e al talento di tredici illustratori. Le storie, cucite sulla memoria di sette cittadini di Ome, sono diventate segni su stoffa: lenzuola di dote matrimoniale su cui si intrecciano parole e immagini. Proprio quelle lenzuola che un tempo accoglievano l’intimità di una coppia, oggi diventano veicolo di narrazione sociale, appese in pubblico come bandiere della memoria. “Come Clelia Marchi, che scrisse la sua autobiografia su un lenzuolo matrimoniale, anche noi vogliamo trasformare il tessuto in pagina, in voce visiva”, spiega il direttore artistico Pietro Arrigoni. La comunità come opera d’arte Il Festival si fonda su un’idea semplice e radicale: la comunità è un’opera d’arte vivente. Per questo le lenzuola non stanno nei musei, ma dialogano con l’aria, il sole, la vita di paese. E per questo ogni storia è esposta nel luogo dove è nata: una contrada, una piazza, un vicolo. “In questa edizione rendiamo omaggio a sette straordinarie persone del nostro paese che hanno avuto la generosità e il coraggio di raccontarci le loro vite. Storie intense, autentiche, radicate nella nostra terra e nel nostro tempo”, spiega il sindaco di Ome Alberto Vanoglio. Il progetto è parte di un più ampio Archivio della Memoria Orale di Ome, nato nel 2023 con l’obiettivo di salvare dall’oblio le storie locali, integrando la storia documentale con quella vissuta, emotiva, e a volte contraddittoria, ma sempre vera. Quando il fumetto incontra il sociale LENZ FUMETTO che si terrà sabato 30 agosto e domenica 31 agosto, non è solo testimonianza: è anche relazione, educazione e inclusione. Durante il festival, adulti e bambini sono invitati a disegnare sulle federe, simboli di sogno e protezione, trasformandole in spazi creativi dove elaborare paure, desideri, affetti. In questo senso va letto anche il progetto FED FUMETTO – Attraverso il sonno, che affronta il delicato tema dell’addormentamento nei bambini, offrendo strumenti ai genitori e ai piccoli per dare forma alle emozioni notturne. E ancora, l’anteprima del fumetto “Un giorno questo DENTE ti sarà utile”, realizzato con la cooperativa sociale Il Cardo di Edolo, dà spazio a voci fragili e straordinarie, come quella di Michele Baccanelli, giovane con disabilità che scrive per la rivista Zeus! da quando aveva 12 anni. “Ogni edizione del festival si interroga su cosa voglia dire includere: non basta esporre, bisogna dare spazio e ascolto alle differenze“, afferma Pietro Arrigoni, direttore artistico del festival. Tra vino, gioco e letteratura: il territorio si racconta Il Festival è anche celebrazione del territorio in tutte le sue sfumature. Come quella della Cantina Le Panische, condotta da donne, che produce vino biologico e racconta Ome attraverso le stagioni e le vigne. O la mostra ChiNere, dove il fumetto femminile si fonde con la degustazione dei vini della Cantina Marchisa, in un’esperienza sensoriale e culturale. Anche la letteratura entra in scena: con la Scuola Internazionale di Comics di Brescia, gli studenti hanno trasformato un capitolo del romanzo I giorni di vetro di Nicoletta Verna in un lenzuolo narrativo. Un ponte fra carta stampata e illustrazione, fra romanzo e immaginazione. A completare il quadro, laboratori per bambini, incontri con fumettisti, letture sonorizzate per i più piccoli e due serate di giochi da tavolo con il gruppo sociale Giocatori Malmostosi — perché il gioco è anche un linguaggio culturale, capace di unire, educare e costruire legami. Il tempo dell’oralità, il tempo della festa Il momento forse più potente sarà la grande tavolata popolare della domenica: tavoli da osteria, tovaglie a quadretti, posate portate da casa. È il ritorno alla festa collettiva, quella che unisce, quella che fa comunità. Qui l’oralità torna protagonista. Le anziane del paese, le stesse che hanno regalato le loro storie, siedono accanto ai giovani fumettisti, tra una fetta di torta salata e una battuta. La memoria si fa presente, il presente si fa racconto. Un festival necessario LENZ FUMETTO è un festival necessario. Non solo perché celebra la nona arte — il fumetto — in forme nuove e inedite. Ma perché ricuce strappi, restituisce voce, genera appartenenza. Dimostra che la cultura, quando è radicata nel territorio e nei suoi abitanti, può diventare strumento di rinascita e relazione. A Ome, le lenzuola non coprono: scoprono. E lo fanno con l’umiltà del gesto domestico e la forza del segno artistico. Perché raccontare è un atto d’amore. E farlo insieme, un atto politico.  Ome (BS) | 30–31 agosto 2025 Per maggiori informazioni sul programma del festival si consiglia la visita al sito ufficiale: https://sites.google.com/view/festivalfumettomarciapiede/home Simona Duci
Una Resistenza non banale per decine di migliaia di giovani http://storieinmovimento.org/2025/05/19/una-resistenza-non-banale-per-decine-di-migliaia-di-giovani/?pk_campaign=feed&pk_kwd=una-resistenza-non-banale-per-decine-di-migliaia-di-giovani #Transizionepostfranchista #AndreaTappi #Resistenza #memoria #Blog
Una Resistenza non banale per decine di migliaia di giovani
In occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione e per cominciare ad affrontare i temi del dialogo dal titolo "Ottant’anni dopo", che si terrà venerdì 25 luglio al SIMposio (programma e iscrizioni qui), abbiamo chiesto ad Andrea Tappi - uno dei dialoganti insieme a Luca Baldissara, Mirco Carrattieri, Chiara Colombini e  Santo Peli - cosa pensa in particolare della trattazione della Resistenza a scuola oggi. L'articolo Una Resistenza non banale per decine di migliaia di giovani sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
A Ustica, per rompere il silenzio sul passato coloniale italiano
Nel cuore del Mediterraneo, sull’isola di Ustica, là dove le onde hanno da sempre portato storie di confino e resistenza, prenderà vita un’iniziativa civile e simbolica di grande valore: una delegazione di attivisti, ricercatori, studenti e rappresentanti di associazioni nazionali si recherà presso il cosiddetto “Cimitero degli arabi” per rendere omaggio a un passato cancellato. Questo luogo, nascosto tra le memorie dell’isola, ospita le tracce fisiche della deportazione di oltre 10.000 oppositori libici che, tra il 1912 e il 1934, furono reclusi sulle isole italiane, tra cui Favignana, le Tremiti, Ponza e Ustica stessa, in condizioni disumane. Una repressione coloniale feroce, che rimane largamente assente dal discorso pubblico, dalla memoria collettiva e dai programmi scolastici. A promuovere l’iniziativa, in collaborazione con il Centro Studi Ustica, è una rete ampia e articolata della società civile: tra i promotori figurano Un Ponte Per, Arci, Anpi, Cgil, la Rete Yekatit 12/19 Febbraio, il Movimento Italiani senza cittadinanza, l’Unione degli Universitari e altre realtà impegnate sul fronte dei diritti e della memoria. L’evento si inserisce in un percorso più ampio che punta all’istituzione di una Giornata nazionale della memoria per le vittime del colonialismo italiano, con l’obiettivo di aprire un confronto pubblico e politico sulla necessità, ormai non più rinviabile, di fare i conti con una parte rimossa della storia nazionale. Il momento centrale di questo evento sarà il 17 maggio, quando un corteo partirà da piazza Municipio, con la partecipazione degli studenti del liceo locale, e si dirigerà al cimitero degli arabi, dove verrà piantumato un ulivo e apposta una targa commemorativa, con versi tratti dalle poesie dei deportati libici e dei confinati antifascisti italiani. Una vergogna nazionale, rimossa. Così possiamo definire la vicenda della deportazione degli oppositori libici nelle isole minori italiane durante l’età coloniale. Si tratta di una pagina che ha inciso profondamente sulla storia del nostro Paese, anche se in modo sotterraneo, nascosto, negato. A raccontare perché questa memoria sia rimasta ai margini della narrazione pubblica è Fabio Alberti, fondatore e presidente onorario di Un Ponte Per, tra i promotori dell’iniziativa a Ustica. «L’Italia non ha mai davvero fatto i conti con la propria storia coloniale. Altri Paesi europei, pur senza un’elaborazione piena, hanno almeno riconosciuto quel passato – anche perché, forse, più ingombrante del nostro. La consapevolezza della propria eredità coloniale, altrove, alimenta dibattiti che incidono sulle politiche e sull’identità nazionale. In Italia, invece, tutto questo è mancato. > Le ragioni sono almeno due: da un lato, l’assenza di una vera fase di > decolonizzazione, poiché le colonie italiane furono perse con la guerra e > occupate dalle potenze vincitrici; dall’altro, la volontà di tenere unito il > fronte repubblicano ha impedito uno sguardo critico sull’Italia prefascista, > liberale e monarchica, che fu anche coloniale. È come se la nuova Repubblica avesse fatto i conti con il fascismo, ma non con ciò che lo ha preceduto: il Regno, la monarchia. Invece di affrontare criticamente l’eredità dell’Italia prefascista – che si è cercata di riabilitare evocando una presunta continuità virtuosa con l’epopea risorgimentale – si è preferito costruire il mito consolatorio degli “italiani brava gente”, un modo edulcorato per distinguere il colonialismo italiano da quello delle altre potenze europee. Eppure, oggi sappiamo con chiarezza che l’impresa coloniale italiana, per brutalità e violenza, non fu affatto un’eccezione». L’iniziativa a Ustica non rappresenta soltanto un atto dovuto di riconoscimento verso le vittime del colonialismo italiano. È, al tempo stesso, un gesto politico denso di significato, capace di interpellare il presente. In un contesto in cui cittadinanza, razzismo strutturale e memoria pubblica tornano a occupare il centro del dibattito, il valore simbolico di radicare un ulivo e deporre una targa in quel cimitero dimenticato assume una forza nuova, concreta, urgente. Alberti lo riassume con lucidità, intrecciando memoria, resistenza e visione del futuro in un unico filo narrativo. «Questo progetto intende rendere omaggio e restituire dignità alle vittime del colonialismo italiano, a partire da quelle sepolte sull’isola, che rappresentano simbolicamente tutte le altre. Ma il suo significato va oltre. Si collega, ad esempio, all’azione con cui, come associazione Un ponte per, riportammo alla luce il film Il leone del deserto, rimasto censurato per 44 anni in Italia. Un’opera che, per la prima volta, raccontava il colonialismo dal punto di vista dei colonizzati, non come semplici vittime, ma come resistenti. Ustica rappresenta uno dei luoghi meno noti, ma significativi, della repressione della resistenza libica al colonialismo italiano. Un frammento di storia in cui, simbolicamente, si sono incrociate due forme di opposizione: quella degli anticolonialisti libici e quella degli antifascisti italiani, confinati sulla stessa isola, se non necessariamente in contatto diretto, almeno in una convivenza forzata nel tempo e nello spazio. Non a caso, sulla targa che verrà posta nel cosiddetto “Cimitero degli arabi”, accanto a una poesia scritta durante la prigionia da un deportato libico, compariranno anche i versi di un antifascista italiano, anch’egli confinato a Ustica, dedicati proprio alla lotta anticoloniale. Due resistenze che, seppure distinte, si sono sfiorate e che oggi ci parlano ancora, richiamando l’urgenza di costruire alleanze tra chi si oppone alla guerra del Nord del mondo e chi combatte le nuove forme di colonialismo nel Sud del mondo». > L’iniziativa di Ustica si colloca all’interno di un percorso più ampio che > mira all’istituzione di una Giornata della memoria per le vittime del > colonialismo italiano. Una proposta che sollecita le istituzioni a riconoscere > la propria responsabilità – non solo storica, ma anche politica e culturale – > e che mette a nudo le scelte, mai neutre, con cui una società decide cosa > ricordare e cosa dimenticare della propria storia. «Sulla proposta di una Giornata del ricordo del colonialismo esiste un dibattito aperto. C’è infatti il rischio di perpetuare una narrazione in cui il colonizzato appare solo come vittima. Il nostro approccio, invece, mira a valorizzare la lotta anticoloniale: non solo il dolore subito, ma anche la resistenza. Tuttavia, il riconoscimento di quella resistenza e delle vittime – che furono molte, si parla di circa 700.000 – è il punto di partenza per assumere, da parte italiana, la responsabilità storica del colonialismo e per ripensare il nostro approccio alla questione migratoria. Le vittime ci sono state, sono state rese invisibili agli occhi degli italiani e vanno invece riportate alla luce. Solo così può emergere anche la storia coloniale italiana, smentendo definitivamente il mito degli “italiani brava gente”. È fondamentale, perché la rimozione del passato coloniale ha privato almeno due generazioni della conoscenza di una parte essenziale della propria storia. E questo non riguarda solo le persone colonizzate: riguarda noi. Ci è stato negato il diritto di conoscere la nostra storia, le nostre ragioni, le radici della nostra identità nazionale. A intere generazioni sono mancati gli strumenti per comprendere il presente, perché fenomeni come le migrazioni o le guerre non possono essere letti senza la lente del passato coloniale. Per questo, prima di tutto, rivendichiamo un diritto alla conoscenza. Solo da lì può nascere un percorso di conciliazione, un ragionamento sulla riparazione e, in definitiva, una rilettura delle politiche italiane alla luce del nostro passato». Il corteo che il 17 maggio si dirigerà verso il “Cimitero degli arabi” non vedrà soltanto la partecipazione di attivisti, ricercatori e rappresentanti del mondo associativo. A prenderne parte saranno anche le e gli studenti del liceo di Ustica: una presenza che conferisce all’iniziativa una dimensione educativa tutt’altro che accessoria. Restituire spazio alla memoria rimossa del colonialismo italiano significa anche trasmettere strumenti per leggere criticamente il presente. In un contesto in cui la scuola fatica a colmare questo vuoto, esperienze come questa si configurano come momenti di apprendimento autentico, in cui la storia si intreccia con l’esercizio della cittadinanza. Su questo punto, la riflessione di Fabio Alberti è particolarmente incisiva. «La generazione che oggi frequenta la scuola è la prima a non avere alcun legame diretto né con l’esperienza della guerra né con quella del colonialismo e spesso lo stesso vale per i loro genitori. Senza un’adeguata trasmissione storica, attraverso la scuola e il dibattito pubblico, rischia di crescere all’oscuro di capitoli fondamentali di questo Paese, e quindi priva di strumenti critici per interpretare il presente. Allo stesso tempo, però, è una generazione in formazione, che sta costruendo ora la propria visione del mondo e che può riconsiderarla, se messa nelle condizioni di conoscere anche ciò che è stato rimosso. In questo senso, approfondire la storia della colonizzazione italiana nei programmi scolastici è essenziale. Non per demonizzare il passato, che non si può riscrivere, ma per comprenderlo. Perché solo conoscendo ciò che è stato si può influenzare la qualità dello sguardo che le nuove generazioni rivolgono all’altro, in particolare a chi proviene da contesti non europei. In fondo, questa esperienza insegna che la scuola va supportata da un’educazione alla conoscenza, che continua anche fuori dai confini dell’aula. È un invito a superare i limiti di ciò che la scuola trasmette: apprendere richiede anche un impegno autonomo, personale e collettivo, per andare oltre ciò che le istituzioni raccontano o tacciono. Finora, la storia insegnata è stata in gran parte quella dell’Occidente. Ma nessun fenomeno politico contemporaneo, dalle grandi migrazioni alle guerre, fino alla povertà globale, può essere davvero compreso senza tener conto anche della dimensione coloniale che i Paesi europei hanno avuto con il resto del mondo per 500 anni. Certo, il colonialismo non spiega tutto, ma senza di esso si comprende ben poco. Riconoscerne le radici è fondamentale per leggere i processi in corso e confrontarsi con il presente in modo critico. Pensiamo, ad esempio, alle politiche migratorie: l’Europa deve assumersi la responsabilità di essere parte delle cause delle migrazioni, non solo per il proprio passato coloniale, ma anche per il prolungamento postcoloniale delle disuguaglianze economiche, militari e commerciali che ancora oggi condizionano i rapporti con il Sud del mondo». Ma la memoria del colonialismo, come sottolineano i promotori dell’iniziativa a Ustica, non riguarda solo il passato. Riguarda il presente, e il modo in cui l’Italia e l’Europa continuano a costruire le proprie relazioni con il Sud globale. Le politiche migratorie, commerciali e militari non possono essere comprese – né trasformate – senza guardare in faccia la genealogia coloniale che le attraversa. Anche in questo senso, piantare un ulivo tra le tombe dimenticate non è solo un gesto simbolico: è un atto politico che interroga il nostro presente. Come conclude Fabio Alberti: «Guardare alle migrazioni con la consapevolezza di esserne in parte causa dovrebbe condurre a due conseguenze: anzitutto, al riconoscimento di un dovere di accoglienza; ma soprattutto, alla necessità di rivedere profondamente le politiche estere – commerciali, economiche e militari – specialmente nei confronti dell’Africa, dove persiste una politica di spoliazione che alimenta la pressione migratoria, costringendo milioni di persone a cercare altrove una possibilità di vita». L’immagine di copertina è “Libia-1912-piazzando-i-reticolati“ SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. 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Purtroppo ancora presenti…
Come ogni anno anche questo 29 aprile neofascisti di Milano e del resto d'Italia si ritroveranno per commemorare Sergio Ramelli. Un appuntamento particolarmente significativo della politica della memoria della destra nostalgica italiana di cui aveva già scritto per noi Elia Rosati, su Zap 42 L'articolo Purtroppo ancora presenti… sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
“Ecco, questa è una cosa con cui non sono placato” http://storieinmovimento.org/2025/04/28/ecco-questa-e-una-cosa-con-cui-non-sono-placato/?pk_campaign=feed&pk_kwd=ecco-questa-e-una-cosa-con-cui-non-sono-placato #Transizionepostfranchista #AndreaTappi #Resistenza #memoria #Blog