Che cos’è il Golden Dome, lo scudo spaziale di Donald Trump
Immagine in evidenza da White House.gov, licenza Creative Commons
Raggi laser sparati dai satelliti. E altri satelliti “sentinella” a sorvegliare
il cielo statunitense, oltre a batterie antimissile in allerta 24 ore su 24. Il
Golden Dome Shield – la “Cupola d’oro” di Donald Trump — sarà una rivoluzione
per la Difesa a stelle e strisce. E potrebbe anche sancire l’avvio di una nuova
Guerra Fredda, questa volta combattuta in orbita.
Il faraonico scudo spaziale del presidente degli Stati Uniti sta però dividendo
il Paese, con una battaglia su un budget da 175 miliardi di dollari e con una
raffica di critiche sull’efficacia militare di questo arsenale che “proteggerà
la nostra patria”, come ha detto Trump a metà maggio dagli hangar della Al Udeid
Air Base, nel deserto del Qatar. Per poi aggiungere, prima dallo Studio Ovale e
poi al vertice Nato dell’Aja, che “avremo il miglior sistema mai costruito”. La
Cupola d’oro intercetterà i missili “anche se vengono sparati dall’altra parte
del mondo” e persino dallo spazio.
Trump mira a realizzare oggi il sogno delle Star Wars di Ronald Reagan negli
anni ’80: un “ombrello spaziale” che protegga gli Stati Uniti dalla grande paura
di un attacco missilistico sferrato dai suoi nemici: Iran, Corea del Nord, Cina
o Russia.
Oltre al programma del suo predecessore, la Cupola d’oro ha un’altra fonte di
ispirazione: l’Iron Dome, lo scudo di Israele che – nonostante i dubbi sollevati
sulla sua reale efficacia – ha intercettato razzi e missili dall’Iran e dalle
milizie proxy filo-iraniane. Secondo Jeffrey Lewis, esperto di Difesa del
californiano Middlebury Institute, la differenza tra quest’ultimo e la proposta
di Trump sarebbe pari a quella tra “un kayak (l’Iron Dome) e una corazzata (Il
Golden Dome)”.
L’ALLARME DEL PENTAGONO
Da anni, il Pentagono sostiene che gli Stati Uniti non abbiano tenuto il passo
con gli ultimi missili sviluppati da Cina e Russia, che tradotto vuol dire: sono
necessarie nuove contromisure. I generali statunitensi hanno rivelato che Mosca
e Pechino possiedono centinaia di missili balistici intercontinentali, oltre a
migliaia di missili da crociera in grado di colpire la terraferma da New York a
Los Angeles.
I sistemi di difesa missilistica a terra statunitensi, in Alaska e in
California, hanno fallito quasi la metà dei test. All’inizio dell’anno, un alto
ufficiale ha avvertito che – in caso di conflitto, magari legato a un’invasione
di Taiwan – i missili cinesi potrebbero colpire la base aerea di Edwards, in
California.
In un’analisi dettagliata sulla rivista Defense News, gli esperti Chuck de Caro
e John Warden hanno spiegato perché la Cupola d’oro non è sufficiente per
fermare un attacco cinese contro gli Stati Uniti: “Oggi gli Stati Uniti
potrebbero trovarsi in una situazione simile a quella della Corea nell’ottobre
1950: sebbene il presidente Donald Trump stia compiendo sforzi intensi per
rafforzare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, con iniziative che vanno
dall’F-47 e dal B-21 Raider alla promessa di un sistema di difesa aerospaziale
denominato Golden Dome, questi sistemi non sono ancora operativi”. Comunque,
proseguono gli analisti, “la Cina ha costantemente aumentato il proprio potere
offensivo sotto la guida del presidente Xi Jinping”.
GOLDEN DOME: COME FUNZIONA
Il Golden Dome Shield, sfruttando una costellazione di centinaia di satelliti e
grazie a sensori e intercettori sofisticati, potrebbe neutralizzare i missili
nemici in arrivo anche subito dopo il loro decollo e prima che raggiungano gli
States.
Un esempio? Proviamo a immaginare che un giorno la Cina decida di lanciare un
missile contro gli Stati Uniti. Grazie al Golden Dome, i satelliti americani
rileverebbero le sue scie luminose. E, mentre il missile sarebbe ancora nella
sua fase di “spinta”, uno degli intercettori spaziali sparerebbe un laser, o una
munizione alternativa, per far esplodere il missile ed eliminare la minaccia.
Il nuovo sistema di difesa si estenderà su terra, mare e spazio. Servirà per
neutralizzare un’ampia gamma di minacce aeree “di nuova generazione”, tra cui
missili da crociera, balistici e ipersonici. Questi ultimi, in particolare, sono
i più difficili da abbattere per la loro manovrabilità ad alta velocità.
Il Golden Dome dovrebbe fermare i missili in tutte e quattro le fasi di un
potenziale attacco: rilevamento e distruzione prima di un’offensiva,
intercettazione precoce, arresto a metà volo e arresto durante la discesa verso
un obiettivo. E lo farà grazie a una flotta di satelliti di sorveglianza e a una
rete separata di satelliti d’attacco. La “Cupola d’oro” fermerà anche i sistemi
di fractional orbital bombardment (Fob, Sistema di Bombardamento Orbitale
Frazionale) in grado sparare testate dallo spazio.
IN CAMPO I GIGANTI DELLE ARMI
Fiutando un’opportunità di business senza precedenti, i giganti dell’industria
militare americana – L3Harris Technologies, Lockheed Martin e RTX Corp – si sono
già schierati in prima fila. L3Harris ha investito 150 milioni di dollari nella
costruzione di un nuovo stabilimento a Fort Wayne, nell’Indiana, dove produce
satelliti per sensori spaziali che fanno parte degli sforzi del Pentagono per
rilevare e tracciare le armi ipersoniche.
Al 40esimo Space Symposium di Colorado Springs, Lockheed Martin ha invece
diffuso un video promozionale che mostra una Cupola d’oro che scherma le strade
deserte e notturne delle città americane. Per 25 miliardi di dollari, la Booz
Allen Hamilton, società di consulenza tecnologica della Virginia, sostiene di
poter lanciare in orbita duemila satelliti per rilevare ed eliminare i missili
nemici. Mentre dall’US Space Force, in qualità di vicecapo delle operazioni, il
generale Michael A. Guetlein, a cui Trump ha affidato la regia del mega
progetto, ha assicurato che il Golden Dome sarà operativo entro la fine del suo
mandato nel 2030.
Il finanziamento di quest’opera, però, è una sfida enorme. Per ora sul piatto ci
sono 25 miliardi di dollari: un settimo della spesa totale ipotizzata. Il
governo stima infatti che la Cupola d’oro possa costare fino a 175 miliardi di
dollari, una cifra che il Congressional Budget Office punta a far rientrare nel
più corposo bilancio da 542 miliardi che gli Stati Uniti intendono spendere in
progetti spaziali nei prossimi vent’anni. Un’iniziativa cara come l’oro, dunque.
Anche perché Trump, sembra ossessionato dal prezioso metallo (il suo ufficio
alla Casa Bianca è stato del resto letteralmente dorato: dalle tende al
telecomando della Tv).
UOMINI D’ORO E CONFLITTO DI INTERESSE
Mentre i colossi della difesa e dello spazio fiutano l’affare, nel resto degli
Stati Uniti divampano gli scontri su costi e appalti. Perché a costruire la
Cupola d’oro si sono candidati uomini d’oro: in pole position c’è il miliardario
Elon Musk, proprietario di SpaceX e della costellazione Starlink, ex braccio
destro di Trump prima che la loro liaison finisse, con il magnate che ha
lasciato la Casa Bianca sbattendo la porta.
Un voltafaccia che il presidente non ha digerito: sebbene SpaceX rimanga il
frontrunner del settore, l’amministrazione USA è a caccia di nuovi partner
spaziali da imbarcare nel progetto, a cominciare dal Project Kuiper di Amazon di
Jeff Bezos, insieme alle startup Stoke Space e Rocket Lab, mentre la Northrop
Grumman sta alla finestra consapevole di poter essere il vincitore nel lungo
periodo.
Siccome il Golden Dome sarà un concentrato tecnologico, in campo ci sono anche
Palantir, società di analisi dei big data del tycoon conservatore Peter Thiel, e
Anduril di Palmer Luckey, azienda specializzata in sistemi autonomi avanzati,
dall’intelligenza artificiale alla robotica.
Intanto un gruppo di 42 membri del partito Democratico ha scritto all’ispettore
generale del Pentagono per aprire un’indagine, dopo che si è saputo che SpaceX
potrebbe aggiudicarsi un maxi contratto per la costruzione del Golden Dome. Con
in testa la senatrice Elizabeth Warren, i democratici chiedono trasparenza ed
esprimono timori per possibili “conflitti di interesse” tra l’amministrazione
Trump, Musk e le altre aziende americane.
LO SCETTICISMO DEI MILITARI
Passando dal fronte economico a quello militare, più di un esperto è scettico
sull’efficacia del Golden Dome Shield: malgrado Trump continui a dire che
frenerà le minacce al 97%, sul progetto aleggia più di un interrogativo.
Anzitutto, come saranno gli intercettori? È ancora da decidere. Un dirigente
della stessa Lockheed non ha nascosto, parlando con il sito Defense One, che
intercettare un missile nella sua fase di spinta è “terribilmente difficile” e
che si potrebbe metterlo fuori combattimento solo “nelle fasi relativamente
lente dopo il suo lancio”.
Per Thomas Withington, esperto di electronic e cyber warfare del Royal United
Services Institute, i raggi laser sono preferibili ai missili, pesano meno e
riducono il costo di lancio dell’intercettore. Ma ammette che questa tecnologia
non è mai stata testata nello spazio.
Un gruppo indipendente dell’American Physical Society ha calcolato che
servirebbero 16mila intercettori per mettere fuori uso 10 missili
intercontinentali simili all’ipersonico Hwasong-18 nordcoreano. Per questo
motivo, su The Spectator, Fabian Hoffmann, ricercatore di tecnologia
missilistica del Centre for European Policy Analysis, ha definito il Golden Dome
un “progetto mangiasoldi”.
UNA NUOVA GUERRA FREDDA
Negli Stati Uniti non mancano i perplessi. L’ufficio indipendente del bilancio
del Congresso ha avvertito che il progetto potrebbe costare fino a 524 miliardi
di dollari e richiedere 20 anni per essere realizzato. Ma i dubbi riguardano
anche la validità e utilità dello scudo spaziale. Scienziati come Laura Grego,
intervistata dal MIT Technology Review, definiscono il progetto, da sempre,
“tecnicamente irraggiungibile, economicamente insostenibile e strategicamente
poco saggio”.
E poi ci sono le conseguenze geopolitiche, che potrebbero minare gli equilibri
delle superpotenze. La Cina ha già espresso la sua preoccupazione su questo
progetto. Il Cremlino è pronto a parlare con Washington di armi tattiche e
nucleari. Nel prossimo decennio, il pericolo è che si inneschi una spirale
incontrollata, con una corsa agli armamenti anti-satellite per bucare il Golden
Dome.
Come all’inizio di una nuova Guerra Fredda, è possibile che Trump stia cercando
di costringere i suoi nemici a investire in tecnologie costose al fine di
indebolirne l’economia, così come le “guerre stellari” di Reagan avevano
contribuito a mandare in bancarotta l’Unione Sovietica.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: se la prossima amministrazione
statunitense decidesse di cancellare il Golden Dome, a quel punto a finire in un
buco nero sarebbero decine di miliardi di dollari statunitensi.
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