KCK E PJAK CURDO-IRANIANO: “QUESTA È UNA GUERRA TRA INTERESSI E POTERI CONTRASTANTI, NON UNA GUERRA DI LIBERAZIONE PER POPOLI E NAZIONI”
L’Iran è uno dei quattro stati-nazione tra i quali, dal trattato di Losanna del
1923, è diviso il Kurdistan storico. Venerdì 13 giugno 2025, subito dopo
l’inizio dei bombardamenti israeliani, il KCK, l’Unione delle comunità del
Kurdistan, organizzazione ombrello delle realtà locali che in Medio oriente e
non solo si organizzano secondo il modello del confederalismo democratico, ha
pubblicato un comunicato dal titolo “Attraverso la guerra non si può raggiungere
nessuna soluzione”.
“Condanniamo questa guerra che ha causato molti danni alla popolazione. Tutti
devono rendersi conto che la guerra non è un metodo per sviluppare alcuna
soluzione. Le politiche di guerra devono essere abbandonate”, si legge nel
comunicato del KCK. “È una realtà comprovata – prosegue il documento – che con
il concetto di Stato nazionale unitario della modernità capitalista e con
l’avidità di potere, autorità ed egemonia, è impossibile stabilire una vita
pacifica in Medio Oriente, che è sempre stato un giardino variopinto di diritti,
credenze e culture”. “Ribadiamo – conclude il consiglio esecutivo del KCK – che
la soluzione ai problemi del Medio Oriente può essere raggiunta solo attraverso
la modernità democratica e il concetto di ‘nazione democratica’ proposto dal
leader del popolo curdo Abdullah Ocalan”.
In Rojhilat, cioè il Kurdistan iraniano, è presente un’organizzazione che fa
riferimento al KCK e alle idee di Abdullah Ocalan: il PJAK, Partito per la vita
libera del Kurdistan. Anche il PJAK ha diffuso un messaggio rivolto al popolo
dell’Iran e in particolare alla regione curdo-iraniana. Il titolo e il senso del
comunicato è “Il futuro dell’Iran dipende dalla lotta democratica, non dalla
guerra”.
Il messaggio diffuso nelle ore successive ai bombardamenti dal PJAK, Partito per
la vita libera del Kurdistan, organizzazione attiva nel Rojhilat, Kurdistan
iraniano, dichiara invece che “Questa è una guerra di potere e di interessi
contrastanti, non una guerra di liberazione per popoli e nazioni” e che “il
popolo iraniano non dovrebbe essere costretto a scegliere tra la guerra e
l’accettazione di un regime dittatoriale”. Per questo, dice il documento, “Il
Partito per la vita libera del Kurdistan, che si oppone all’imposizione della
guerra al popolo iraniano, sottolinea il principio della lotta democratica”.
Poi, invita la società del Kurdistan iraniano all’autogoverno, alla solidarietà
e al mutuo soccorso per far fronte alla situazione di guerra, occuparsi dei
feriti e di tutto quello che può servire.
Per comprendere meglio cosa accade nel Kurdistan iraniano e soprattutto qual è
la posizione e l’approccio indicati dal movimento di liberazione curdo e dal
Pjak abbiamo intervistato Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità
Democratica, struttura che si occupa di diffondere al di là del Medio oriente il
paradigma della modernità democratica sviluppato da Abdullah Ocalan. Ascolta o
scarica.
“Difendiamo l’approccio politico della ‘terza via’ in Medio Oriente, al di fuori
delle strutture di potere esistenti“, ha dichiarato Zegrus Enderyarî,
funzionario per le relazioni estere del PJAK (Qui le dichiarazioni). Il
portavoce del partito curdo-iraniano ha poi aggiunto: “Non siamo parte della
guerra, né vogliamo rendere i nostri popoli parte di questi conflitti. La
soluzione sta nell’instaurazione di una vita democratica per tutti i popoli.
Proponiamo una vita comune, un’autonomia democratica e una governance locale per
tutte le comunità etniche e religiose in Iran, non solo per il popolo curdo”.
“I curdi in Iran rivendicano i loro diritti fondamentali. Non sono ‘separatisti’
come sostiene il regime”, ha dichiarato invece Peyman Viyan, co-presidente del
PJAK (Qui le dichiarazioni integrali). L’esponente del partito di guerriglia
curdo-iraniano ha poi spiegato: “Il popolo più organizzato e attento in Iran
attualmente è quello curdo. Alcune forze hanno cercato di usare la resistenza
‘Jin, Jiyan, Azadî’ per i propri interessi. Tuttavia, noi abbiamo agito con
molta cautela e abbiamo mostrato la nostra posizione in modo chiaro. Con il loro
paradigma libertario, i curdi pensano in termini più ampi e chiedono i loro
diritti fondamentali. Lotteremo per i nostri diritti a prescindere dalle
condizioni. Siamo a favore di un’amministrazione condivisa che possa essere
discussa e formulata, non di un conflitto. Allo stesso tempo, manteniamo
l’autodifesa e possediamo il potere politico e organizzativo. Non rinunceremo
alla nostra identità e ai nostri diritti”.