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Il 21 giugno Piazza Vittorio dice no alla NATO: il coordinamento Disarmiamoli si prepara a scendere in piazza
A L’Aja si svolgerà il vertice NATO per discutere nuovi obiettivi di spesa militare, e dunque il coordinamento Disarmiamoli ha organizzato una mobilitazione nazionale a Roma. L’appuntamento è per il 21 giugno alle ore 14 in piazza Vittorio, dove si terrà una manifestazione contro quella che gli organizzatori definiscono una “corsa al riarmo”, sia sul piano nazionale che europeo. Nel mirino della protesta ci sono le attuali politiche di difesa sostenute dalla NATO, dall’Unione Europea e da una parte significativa del panorama politico italiano. I promotori contestano l’aumento della spesa militare, il ruolo delle grandi potenze economiche nella gestione dei conflitti armati e la progressiva militarizzazione di ambiti come l’economia, l’istruzione e la società civile. Secondo gli organizzatori, il vertice NATO in programma dal 24 al 26 giugno rappresenterebbe un passaggio chiave, con l’ipotesi di un ulteriore incremento della quota di PIL da destinare alla difesa: dal 2% attuale fino a un possibile 3,5%. Una scelta che, secondo il coordinamento Disarmiamoli, avrebbe un impatto diretto su sanità, scuola, welfare e transizione ecologica. Il governo italiano viene considerato pienamente allineato a questa linea strategica, con già ingenti stanziamenti per nuove spese militari. Alla mobilitazione hanno aderito oltre 80 realtà, tra cui collettivi studenteschi, sindacati di base, lavoratori portuali e movimenti territoriali attivi su temi ambientali e sociali. Le parole d’ordine della giornata saranno: “No alla NATO, sì alla diplomazia; no al riarmo europeo, sì alla spesa sociale”. Per capire le ragioni della mobilitazione e approfondire le dinamiche che l’hanno attraversata, abbiamo raccolto le voci di alcuni dei protagonisti: da Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo, a Jose Nivoi del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, fino agli attivisti dei collettivi studenteschi Cambiare Rotta e Collettivo Autorganizzato Universitario, in prima linea nel denunciare i legami tra università e complesso militare-industriale. Giuliano Granato (Potere al Popolo) Qual è, secondo voi, la posta in gioco in questo vertice NATO e che impatto avrebbe un ulteriore aumento delle spese militari sull’Italia? Perché è importante esserci il 21 giugno, e contro chi si rivolge la vostra mobilitazione? «La NATO vuole portare la spesa militare dei Paesi membri al 5% del PIL. Per l’Italia significherebbe tra i 44 e i 77 miliardi di euro in più ogni anno: una cifra vicina a quella dell’intero bilancio della sanità pubblica; a noi intanto dicono che non ci sono soldi per il reddito di cittadinanza, per pagare infermieri e insegnanti, o anche solo per comprare la carta igienica nelle scuole. Nel frattempo, Israele porta avanti un genocidio con più di 50mila morti a Gaza, e i governi occidentali, Italia compresa, si limitano ad applaudire o fornire supporto militare diretto o indiretto. L’Italia è ormai ridotta a una provincia militare della NATO, dove la sovranità si sacrifica volentieri sugli altari di Washington. “Disarmiamoli” è la parola d’ordine perché vogliamo costruire un vero movimento popolare antimilitarista, che dica chiaramente: non un euro in più alle armi, non un passo indietro su diritti, reddito, scuola e sanità. Il 21 giugno saremo in piazza non solo contro Meloni, ma contro tutto l’arco politico — anche di centrosinistra — che legittima questa spirale di guerra e riarmo: non sarà l’alternanza tra ultradestra e centrosinistra – che per primo, con Renzi e Conte, ha firmato prima e confermato poi l’attuale impegno del 2% del PIL in armi con la NATO – ma un campo popolare organizzato a poter rompere la spirale di guerra e riarmo». Jose Nivoi (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – CALP) Il CALP partecipa da tempo a mobilitazioni contro il traffico d’armi. In che modo il riarmo globale impatta sulle condizioni del lavoro? E perché avete deciso di essere in piazza, anche in rottura con altre forze che dicono “no alla guerra”? «Come portuali partecipiamo alla manifestazione del 21 giugno perché da anni siamo impegnati, anche a livello internazionale, nell’organizzare blocchi contro il traffico di armi nei porti — da Genova a Marsiglia, fino a Le Havre. Il riarmo e la finanziarizzazione dell’industria bellica stanno andando di pari passo con un attacco sistematico al mondo del lavoro: precarizzazione, tagli, aumento delle disuguaglianze. A pagarne il prezzo siamo proprio noi lavoratori, sempre più impoveriti. Non possiamo accettare che si voglia portare la spesa militare al 5% del PIL, mentre tagliano ovunque su scuola, sanità e salari. Pochi giorni dopo la manifestazione ci sarà il vertice NATO che definirà le nuove quote di spesa da versare: è proprio questo modello di guerra permanente che vogliamo fermare. E lo diciamo chiaramente: non saremo in piazza con chi, a parole, si dice contro la guerra, ma poi nei fatti approva i fondi per le armi e i bilanci militari. Il 21 saremo in piazza con parole d’ordine nette, al fianco di chi lotta contro il riarmo e lo sfruttamento». Irene (Collettivo Autorganizzato Universitario) e Fabio (Cambiare Rotta) Come collettivi studenteschi universitari siete tra i promotori della manifestazione del 21 giugno. Quali responsabilità vedete in NATO, governi e multinazionali belliche rispetto alla crisi della formazione? E cosa significa oggi, per voi, la lotta contro la militarizzazione delle università? «Come CAU di Napoli, Torino e Padova abbiamo scelto di aderire convintamente all’appello lanciato dal coordinamento Disarmiamoli e Potere al Popolo per il corteo del 21 giugno da P.zza Vittorio. Dopo due anni di mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese e per la fine del genocidio in corso, come corpo studentesco universitario non abbiamo potuto non riconoscere le gravi responsabilità che la NATO e le multinazionali della guerra hanno nel ridefinire le priorità politiche dei nostri governi. Lo vediamo tutti i giorni nelle nostre università: si preferisce portare avanti una politica di tagli alla formazione e alla ricerca, piuttosto che scegliere di disinvestire nelle armi e nel fossile. Come se non bastasse, lo smantellamento continuo dei laboratori e della ricerca viene poi sanato economicamente dalle stesse industrie belliche per cui, nel corso degli ultimi tempi, i governi hanno scelto di togliere alla formazione il suo ruolo prioritario. Ad oggi, Leonardo, Intesa San Paolo, Eni, complici del genocidio in Palestina, sono i maggiori finanziatori delle nostre università. Allora convintamente noi scenderemo in piazza contro la NATO, il riarmo e le multinazionali della guerra anche e soprattutto per ribadire la libertà della ricerca, l’utilità di una formazione libera e democratica e per chiedere la centralità dei servizi sociali nelle politiche governative che hanno l’obbligo reale di non rendersi complici del genocidio e della tendenza alla guerra in corso». «Anche come studenti delle scuole superiori dell’Opposizione Studentesca d’Alternativa e universitari di Cambiare Rotta il 21 giugno scenderemo a Roma nella manifestazione che partirà alle 14 da Piazza Vittorio per lanciare l’allarme rosso sull’incubo delle politiche di riarmo portate avanti da Governo Meloni ed Unione Europea e contro lo Stato Terrorista di Israele. Pace o guerra, spese sociali o militari, futuro o morte: raccogliamo il testimone di migliaia di giovani partigiani che come noi hanno lottato e sacrificato la vita per liberarci dal fascismo e dalla guerra!» Coordinamento Disarmiamoli Roma il 21 giugno vedrà due piazze distinte. Cosa ha portato a questa scelta e quali sono, secondo voi, le differenze politiche più rilevanti tra Piazza Vittorio e Piazza San Paolo? «La scelta di avere due piazze il 21 giugno nasce da una precisa decisione politica e il coordinamento Disarmiamoli ha scelto la via dell’autonomia: una mobilitazione chiara e senza mezze misure contro NATO, riarmo, guerra, governo Meloni ed élite occidentali. Il linguaggio generico sulla “difesa europea” e, soprattutto, sull’Alleanza Atlantica ha permesso alle principali forze di centrosinistra, PD e M5S, forze che hanno già sostenuto aumenti delle spese militari, esportazioni di armi e interventi bellici, contribuendo attivamente all’attuale scenario di guerra, di aderire alla manifestazione di Piazza San Paolo. Il risultato è stato lo spostamento del baricentro politico su un terreno che Disarmiamoli considera ambiguo e inefficace. E’ necessario rompere con i soliti equilibri: non basta un “no” generico alla guerra, serve una piattaforma radicale, di classe, senza compromessi. Per noi è del tutto evidente – lo ammette persino Crosetto! – il ruolo della NATO in questo passaggio, e che il 21 giugno bisogna scendere in piazza mettendo al centro questo tema. Di cortei “contro la guerra”, senza altri aggettivi, ce ne sono stati molti in questi anni. Ma oggi abbiamo un’occasione, fornita dalle stesse classi dirigenti con il loro riarmo esplicito, per far compiere un salto di qualità al movimento antimilitarista». Emiliano Palpacelli
Comunicato del comitato organizzatore del 21 giugno Stop Rearm Europe
con invito alla diffusione Abbiamo superato le 440 adesioni al corteo che il 21 giugno partirà da Piazzale Ostiense alle 14:00 per finire al Colosseo. E cresce di ora in ora la partecipazione, da tutta Italia e da Roma. Siamo una marea di persone e organizzazioni che da sempre e ogni giorno lottano per disarmare il nostro Paese, l’Europa e il mondo, per fermare tutte le guerre e i conflitti, le occupazioni, le ingiustizie, lo sfruttamento, il patriarcato, la repressione, per la democrazia, il lavoro, i diritti, la giustizia sociale e climatica e la pace. Ciascuno a suo modo, ciascuno con i suoi strumenti. Ma questo è un momento troppo tragico e pericoloso. E per fermare i mostri della guerra, del genocidio, del riarmo, dell’autoritarismo, per impedire la guerra globale abbiamo bisogno di unire le forze, mettere insieme ciò che ci unisce, riconoscerci gli uni con gli altri e lottare insieme. Lo stiamo facendo, e ogni giorno si aggiunge un tassello. Ieri il cardinale Matteo Zuppi, nella sua introduzione alla sessione straordinaria del Consiglio Episcopale permanente della CEI, ha ribadito il “no” della Chiesa Cattolica a tutti i livelli al piano Rearm Europe. Una presa di posizione molto importante, per la nostra lotta. Sempre ieri, il movimento delle donne iraniane “Donna vita libertà” ha annunciato la sua partecipazione al nostro corteo per dire che la guerra di Israele all’Iran non è in loro nome. Lo grideremo insieme in piazza, il loro “not in my name” è anche il nostro. Dalla campagna Unsilence Gaza di Barcellona, che fa parte della campagna europea Stop Rearm Europe di cui la nostra convergenza fa parte, ci è arrivato un audio di 4 minuti, registrato da un ingegnere del suono palestinese, con il rumore delle bombe su Gaza. E su quel suono, al Colosseo faremo un gigantesco die-in sdraiandoci a terra. La Rete No Bavaglio per la libera informazione realizzerà durante la manifestazione un media center itinerante, che fornirà la diretta del corteo, in collegamento con radio, media e social. Artisti e artiste ci stanno regalando loro opere per aiutare la comunicazione per la manifestazione. Non c’è lo spazio per nominare tutte le adesioni, le collaborazioni, tutto l’impegno che sta costruendo questa coalizione. È un’impresa collettiva, partecipata, dal basso. La nostra coalizione è dall’inizio aperta a chi si riconosce nei suoi contenuti, nel metodo, negli obiettivi. Ma la convergenza è una libera scelta responsabile, e ovviamente non può essere imposta a nessuno. Sabato a Roma ci sarà anche un altro corteo, frutto di un percorso diverso, che esprime una differente sensibilità e collocazione. È una decisione che rispettiamo. E in ogni caso, il 21 giugno a Roma si alzeranno forti tante voci contro la guerra, il riarmo e la guerra. Lo stesso accadrà in altre parti d’Europa, nelle iniziative legate alla campagna Stop Rearm Europe. Lo stesso sta accadendo in questo periodo in tante mobilitazioni sociali, politiche e sindacali, dalle iniziative territoriali contro la guerra a quelle per Gaza, dagli scioperi sindacali agli embarghi contro le armi dei portuali in Europa e in Italia. Sono tutte espressioni, anche diverse, di una lotta necessaria in questi giorni drammatici e nella prossima fase. Fermiamo la guerra, il riarmo, il genocidio e l’autoritarismo. Fermiamo Israele e la guerra mondiale. Il corteo del 21 giugno è solo l’inizio di un percorso lungo che faremo insieme per fare da argine collettivo alla follia di questo mondo ingiusto e sbagliato. stoprearmitalia@gmai.com #stoprearmeurope