Pietro Spirito / Il giornalista che rubava i libriTrieste è un crinale geografico e della mente. Trieste è consapevole d’essere
confine, basta sorvolarla per comprendere subito come la gente da quelle parti
(ricordiamo sempre che se ne fece alleato un grande scrittore come Daniele Del
Giudice, “staccando l’ombra da terra”) presidi con leggerezza i propri ricordi
fino a rasentarne i confini segreti. Che di ricordi e di storie sono pieni
questi territori, e di buio se ne trova vasta estensione. Il buio della notte, e
il buio più pericoloso – quello che si mischia al sangue, alla politica sporca,
ai vizi delle spie, romanticamente posti nella sezione definita (con eleganza)
dalla griffe “servizi”.
Lo scrittore Pietro Spirito conosce tutti i colori del “nero” (l’ideuzza è
buttata lì, quasi per caso, da Manganelli), ci fa i conti con questo nuovo
romanzo che attraversa i giorni in cui anche in Italia si provò a mettere in
moto il piano di colpo di stato promosso da Junio Valerio Borghese: era il
dicembre del 1970, l’eversione stuzzicava militari e massoni, ma non se ne fece
niente. Il quotidiano “Paese Sera” lo denunciò in un articolo tre mesi dopo.
Solite indagini, solite fughe, condanne e (solite) assoluzioni.
È notte sul confine segue i destini del giornalista Ettore Salassi, il disordine
che lo contraddistingue (senza essere proprio sicuri che sia il suo tratto
peculiare, altro si scopre seguendo da vicino le sue gesta, tra successi e
fiaschi) e la simpatica abitudine di rubare i libri, amare le donne
(appropriarsene, a dire il vero, da teppista dei sentimenti). Avendo passato
dubbio e istinto innato per i guai e per le trame losche, che fa? Decide di
collaborare con i servizi segreti (il Sid di quel tempo).
Il nostro simpatico protagonista si svaga adocchiando in libreria La meccanica
di Gadda e le Poesie di Prévert: novità il primo, sofisticata lettura per pochi,
molto di moda invece il secondo – mellifluo, ma pur sempre poesia. Basandosi
sulla difficoltà di occultarli nei pantaloni vediamo quale dei due decide di
pagare alla cassa, e quale intascare in barba al proprietario della libreria.
Riuscito il furto, Salassi sa già cosa fare del Prévert, sa bene che lo regalerà
alla bella Maja, la slovena Maja nipote della portinaia dello stabile dove
abita. Pensando ai futuri piaceri, deve trovare il modo di varcare gli occhi di
ghiaccio della ragazza. Pensa al suo “corpo da pin-up”, ma infervorato dalle
solite modalità maschiliste del suo essere latino, ancora non sa cosa lo attende
dopo aver portato a compimento le sue manovre di conquista.
Inchieste quotidiane vengono incrociate a vecchi fantasmi e nuovi (effetto di
morti d’origine violenta), mentre la Storia a tratti sembra voler prendere il
sopravvento su esperienze e faccende private, dove le decisioni hanno la loro
origine in ambienti più alti le cui risorse girano intorno a traffici non
proprio legali. A Spirito, come ben sa chi conosce l’autore, interessa l’aspetto
civile delle storie, e la vita bassa descritta è fiero pretesto per smascherare
il grigio italico, le manipolazioni, i molti vizi esplicitati da poco nobili
fette della società. Gli anni 70, poi, brillarono per un’emergenza fumogena e
guerrigliera, terribilmente complicata dove valenti giornalismi avevano a che
fare con le sabbie mobili del potere e l’immanenza bombarola. Il romanzo nemmeno
osa a placarsi, il terreno dove si sviluppa è quello dei confini aleatori
lasciati in eredità dal conflitto mondiale, dal fasciamo e dalle foibe. È
quest’aria nebbiosa dove s’incrociano orrori, odiati e odiatori, funeste scelte
politiche, eventi atroci, a far decollare un racconto dotato di minuzia
stilistica, di serietà interpretativa. Immaginiamo il protagonista nei panni di
certi personaggi stilizzati da Monicelli, mentre si aggira come ombra
inconsapevole nelle mani di traditori e faccendieri destrorsi, ma capace di
deviare le poche risorse a effimero vantaggio suo – per capacità innata o per
crudo azzardo.
Trieste guarda, immobile là dove il mare inizia, forse timida o forse antica
vestigia di cose ignote, di frontiera sommersa e emersa, però sa che i suoi
abitanti hanno in essa protezione e nobiltà clamorosa di grandi intelletti.
Spirito tiene con buona coscienza tutto questo, ha letto troppo per non esserne
consapevole. Egli ha in mano non teorie letterarie, ha in mano civilissime
azioni umane là dove le esistenze hanno avuto il tempo di pensarsi. E ne fa
cortese cronaca.
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