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Free Female Power: a Pescara la performance collettiva sull’empowerment femminile
Il 29 giugno in Piazza della Rinascita un’azione artistica partecipata contro la violenza di genere Domenica 29 giugno 2025, alle ore 17:00, Piazza della Rinascita a Pescara ospiterà Free Female Power, un’azione performativa partecipata nata per promuovere l’empowerment femminile attraverso l’arte relazionale. L’evento – ideato dall’artista italo-colombiana Lalula Vivenzi e promosso da Pubblica_Lab ETS – vedrà la presenza di centinaia di persone riunite in un’azione collettiva, simbolica e trasformativa. Al centro della performance: un minuto di grida corali, in sostituzione del silenzio, per rompere l’isolamento e trasformare la vulnerabilità in forza collettiva. Le persone partecipanti, tutte/i vestite/i di bianco, indosseranno maschere di cartone raffiguranti volti di donne della storia che hanno incarnato libertà, lotta, resistenza e creatività. Un gesto semplice e potente per rendere visibile ciò che troppo spesso resta invisibile. «Invitiamo tutte le soggettività che credono nella libertà, nella dignità e nella giustizia a unirsi a noi in questo rito collettivo di presenza e affermazione. Free Female Power è uno spazio di connessione, un grido comune contro ogni forma di oppressione. Per partecipare è possibile iscriversi attraverso il sito oppure scrivendo una mail. Più siamo, più facciamo rumore», dichiara Benedetta La Penna, coordinatrice del progetto a Pescara, attivista transfemminista del Collettivo Zona Fucsia e componente della Commissione Pari Opportunità della Regione Abruzzo. Lalula Vivenzi, artista che ha portato Free Female Power in Italia, Finlandia e Spagna, spiega: «Questa azione nasce dal bisogno di riconoscerci nei corpi delle altre. Maschere diverse, stesse lotte. Attraverso la voce e la presenza, ci riappropriamo dello spazio pubblico e della possibilità di raccontarci in prima persona. Non c’è liberazione individuale senza liberazione collettiva». L’iniziativa è realizzata con il patrocinio del Comune di Pescara e il CSV Abruzzo, il sostegno di Coop 3.0, Accademia NAMI e Fondazione ARIA. Collaborano inoltre: Cooperativa sociale On the Road, le associazioni Il Guscio e Ananke, i brand di moda ética Mirabiliae, Votes For People e l’azienda TessProject, tra altre realta del territorio.   INFO E ADESIONI Email: freefemalepower@gmail.com Web: https://pubblica-lab.art/eventi/free-female-power  Tel: 320 9211198 (Lalula Vivenzi) – 3806964812 (Benedetta La Penna)  Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=J7pTd1PD8ko Redazione Abruzzo
Morte Riccardo Zappone: non basta dire “non è stato il taser”
Il 30enne è morto a Pescara cinque giorni fa Riccardo Zappone è morto il 3 giugno a Pescara a soli trent’anni. In questi giorni le cronache abruzzesi sono animate dalle indagini per ricostruire le cause della morte e cosa è accaduto. Era un ragazzo con fragilità, seguito dal centro di salute mentale di Chieti, con nessun precedente penale. Lo hanno trovato riverso a terra, morto in una stanza della Questura, poco dopo un fermo che è stato definito violento da alcune fonti, preceduto da un’aggressione che dalla ricostruzione di quelle ore emersa finora appare ancora più violenta. Le prime versioni parlavano di malore. Poi è emerso che Riccardo era stato colpito da una scarica di taser, immobilizzato con la forza, e rinchiuso in una stanza. Successivamente l’autopsia, affidata al medico legale Cristian D’Ovidio, dice che è morto per “sommersione interna emorragica da trauma toracico chiuso”. Secondo la Procura, “l’utilizzo del taser da parte del personale di polizia non ha avuto alcun ruolo nel determinismo della morte”. Autopsia che è stata contestata dal legale di uno dei tre indagati (nessuno di loro è un appartenente alle forze dell’ordine) per “difetto di notifica”. Se i risultati dell’autopsia venissero confermati, considerata valida nonostante il difetto di notifica eccepito o venisse ripetuta (può accadere? In questo momento non ci è dato saperlo) e si confermasse quanto già emerso davvero possiamo fermarci qui? UNA GIORNATA DI VIOLENZA Riccardo sarebbe entrato in escandescenza in un’autofficina di strada comunale Piana. A quel punto, tre uomini – due fratelli titolari dell’attività e un conoscente – lo avrebbero picchiato. Uno dei tre ha parlato pubblicamente: “Era fuori di sé, non l’ho colpito. L’ho solo spinto. È caduto da solo”. Intanto, nella sua narrazione, Riccardo “era sporco di sangue sotto le narici”, “aveva preso qualcosa”, “urlava che avrebbe ammazzato tutti”. Nel racconto mediatico di quelle ore è emersa anche una “criminalizzazione postuma” del disagio psichico e della povertà che troppe volte si è ripetuta per vicende come la morte di Zappone. Solo dopo l’aggressione, la polizia viene chiamata. Quando arrivano gli agenti, Riccardo è agitato ma già malridotto. Per contenerlo – questa la versione fornita ai media – usano il taser. Poi lo portano in Questura, dove crolla. I sanitari del 118 provano a rianimarlo, ma il suo cuore si ferma. I tre aggressori sono oggi indagati per lesioni volontarie aggravate dall’uso di un’arma e dal numero di persone. Ma siamo davvero prontə a dire che la responsabilità finisca lì? IL CORPO DI RICCARDO COME CAMPO DI BATTAGLIA La morte di Riccardo non è un incidente. È la conseguenza di un sistema che criminalizza le persone in stato di fragilità, di salute mentale, di marginalità sociale. Per quel che è emerso sarebbe l’effetto diretto di una catena di violenza. Lo Stato non è estraneo a questa morte. Lo è in senso pieno. È corresponsabile. Socialmente e in quel che viene definito “uso legittimo della forza” che non dovrebbe esistere per persone già massacrate, fragili e sole. Secondo l’autopsia l’uso del taser sarebbe estraneo ma crediamo che questa vicenda dovrebbe essere l’occasione per tornare a parlarne, per riflettere sull’uso di un’arma letale che paralizza – introdotta nel 2022 tra mille polemiche – aggredisce, umilia, usata ancora una volta su una persona che andava protetta e non sedata con la violenza. TASER, POLIZIA E DISUMANIZZAZIONE Non è la prima volta. Luglio 2024, Bolzano: un 42enne muore dopo una scarica di taser dei carabinieri. Agosto 2023, San Giovanni Teatino (Chieti): un 35enne con problemi psichiatrici muore dopo essere stato colpito con un taser dai militari. Anche lì, i responsabili parlano di malori improvvisi. L’autopsia anche allora assolse l’utilizzo dell’arma. Ma l’archivio dei corpi continua a crescere. Ogni volta la stessa narrazione: erano agitati, erano drogati, erano “fuori di sé”. Ma fuori di sé da cosa? Da un mondo che li rifiuta, che li colpevolizza, che li abbandona. L’UNICA RISPOSTA È POLITICA: GIUSTIZIA PER RICCARDO Riccardo Zappone non doveva morire. Aveva bisogno di cura, non di una scarica elettrica. Aveva bisogno di ascolto, non di un processo pubblico costruito su voci e sospetti. Aveva diritto a una comunità che non lo lasciasse solo. Ora la Procura indaga, la stampa insinua, la politica tace. Ma noi no. Noi gridiamo giustizia per Riccardo. Non perché sia stato il taser o meno, ma perché lo Stato e la società intera lo hanno lasciato morire. E perché nessunə – mai più – debba finire così. Chiediamo trasparenza. Chiediamo l’interdizione dell’uso del taser. Chiediamo supporto vero per le persone con fragilità psichiche. Chiediamo che la violenza istituzionale venga finalmente chiamata con il suo nome. Riccardo non è stato un caso. Riccardo è un simbolo. Riccardo siamo tuttз. Benedetta La Penna