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Genova, nuova vittoria dei portuali: nessuno sbarco per la nave carica di armamenti
Mobilitazione per la Palestina e contro la logistica delle armi. A Genova questa mattina i portuali del collettivo Calp, insieme al sindacato Usb, hanno annunciato che tre container contenenti materiale bellico, destinati a La Spezia e trasportati dalla nave Cosco Pisces, non verranno sbarcati né a Genova né a La Spezia. La compagnia Evergreen ha deciso di farli rientrare direttamente verso l’Estremo Oriente, dove erano stati inizialmente caricati. La decisione segue le ampie proteste portate avanti dai lavoratori portuali in questi mesi presso gli scali liguri: “Questa decisione rappresenta un risultato concreto dell’azione sindacale e della pressione esercitata da USB, che aveva proclamato 24 ore di astensione dal lavoro per il 5 agosto al terminal PSA Genova Prà”, scrivono i Calp che ribadiscono con forza: “Non lavoreremo per la guerra“. Redazione Italia
Da Marsiglia a Genova, passando per il Pireo.
I porti sono chiusi al genocidio
Il 28 febbraio 2025, USB porti ha avuto l’occasione di partecipare con una delegazione internazionale ad un fondamentale momento di coordinamento tra sindacati portuali di diversi paesi europei ed extraeuropei.  Assieme al sindacato dei lavoratori portuali del Pireo ENEDEP, che … Leggi tutto L'articolo Da Marsiglia a Genova, passando per il Pireo.
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Il 21 giugno Piazza Vittorio dice no alla NATO: il coordinamento Disarmiamoli si prepara a scendere in piazza
A L’Aja si svolgerà il vertice NATO per discutere nuovi obiettivi di spesa militare, e dunque il coordinamento Disarmiamoli ha organizzato una mobilitazione nazionale a Roma. L’appuntamento è per il 21 giugno alle ore 14 in piazza Vittorio, dove si terrà una manifestazione contro quella che gli organizzatori definiscono una “corsa al riarmo”, sia sul piano nazionale che europeo. Nel mirino della protesta ci sono le attuali politiche di difesa sostenute dalla NATO, dall’Unione Europea e da una parte significativa del panorama politico italiano. I promotori contestano l’aumento della spesa militare, il ruolo delle grandi potenze economiche nella gestione dei conflitti armati e la progressiva militarizzazione di ambiti come l’economia, l’istruzione e la società civile. Secondo gli organizzatori, il vertice NATO in programma dal 24 al 26 giugno rappresenterebbe un passaggio chiave, con l’ipotesi di un ulteriore incremento della quota di PIL da destinare alla difesa: dal 2% attuale fino a un possibile 3,5%. Una scelta che, secondo il coordinamento Disarmiamoli, avrebbe un impatto diretto su sanità, scuola, welfare e transizione ecologica. Il governo italiano viene considerato pienamente allineato a questa linea strategica, con già ingenti stanziamenti per nuove spese militari. Alla mobilitazione hanno aderito oltre 80 realtà, tra cui collettivi studenteschi, sindacati di base, lavoratori portuali e movimenti territoriali attivi su temi ambientali e sociali. Le parole d’ordine della giornata saranno: “No alla NATO, sì alla diplomazia; no al riarmo europeo, sì alla spesa sociale”. Per capire le ragioni della mobilitazione e approfondire le dinamiche che l’hanno attraversata, abbiamo raccolto le voci di alcuni dei protagonisti: da Giuliano Granato, portavoce di Potere al Popolo, a Jose Nivoi del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, fino agli attivisti dei collettivi studenteschi Cambiare Rotta e Collettivo Autorganizzato Universitario, in prima linea nel denunciare i legami tra università e complesso militare-industriale. Giuliano Granato (Potere al Popolo) Qual è, secondo voi, la posta in gioco in questo vertice NATO e che impatto avrebbe un ulteriore aumento delle spese militari sull’Italia? Perché è importante esserci il 21 giugno, e contro chi si rivolge la vostra mobilitazione? «La NATO vuole portare la spesa militare dei Paesi membri al 5% del PIL. Per l’Italia significherebbe tra i 44 e i 77 miliardi di euro in più ogni anno: una cifra vicina a quella dell’intero bilancio della sanità pubblica; a noi intanto dicono che non ci sono soldi per il reddito di cittadinanza, per pagare infermieri e insegnanti, o anche solo per comprare la carta igienica nelle scuole. Nel frattempo, Israele porta avanti un genocidio con più di 50mila morti a Gaza, e i governi occidentali, Italia compresa, si limitano ad applaudire o fornire supporto militare diretto o indiretto. L’Italia è ormai ridotta a una provincia militare della NATO, dove la sovranità si sacrifica volentieri sugli altari di Washington. “Disarmiamoli” è la parola d’ordine perché vogliamo costruire un vero movimento popolare antimilitarista, che dica chiaramente: non un euro in più alle armi, non un passo indietro su diritti, reddito, scuola e sanità. Il 21 giugno saremo in piazza non solo contro Meloni, ma contro tutto l’arco politico — anche di centrosinistra — che legittima questa spirale di guerra e riarmo: non sarà l’alternanza tra ultradestra e centrosinistra – che per primo, con Renzi e Conte, ha firmato prima e confermato poi l’attuale impegno del 2% del PIL in armi con la NATO – ma un campo popolare organizzato a poter rompere la spirale di guerra e riarmo». Jose Nivoi (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali – CALP) Il CALP partecipa da tempo a mobilitazioni contro il traffico d’armi. In che modo il riarmo globale impatta sulle condizioni del lavoro? E perché avete deciso di essere in piazza, anche in rottura con altre forze che dicono “no alla guerra”? «Come portuali partecipiamo alla manifestazione del 21 giugno perché da anni siamo impegnati, anche a livello internazionale, nell’organizzare blocchi contro il traffico di armi nei porti — da Genova a Marsiglia, fino a Le Havre. Il riarmo e la finanziarizzazione dell’industria bellica stanno andando di pari passo con un attacco sistematico al mondo del lavoro: precarizzazione, tagli, aumento delle disuguaglianze. A pagarne il prezzo siamo proprio noi lavoratori, sempre più impoveriti. Non possiamo accettare che si voglia portare la spesa militare al 5% del PIL, mentre tagliano ovunque su scuola, sanità e salari. Pochi giorni dopo la manifestazione ci sarà il vertice NATO che definirà le nuove quote di spesa da versare: è proprio questo modello di guerra permanente che vogliamo fermare. E lo diciamo chiaramente: non saremo in piazza con chi, a parole, si dice contro la guerra, ma poi nei fatti approva i fondi per le armi e i bilanci militari. Il 21 saremo in piazza con parole d’ordine nette, al fianco di chi lotta contro il riarmo e lo sfruttamento». Irene (Collettivo Autorganizzato Universitario) e Fabio (Cambiare Rotta) Come collettivi studenteschi universitari siete tra i promotori della manifestazione del 21 giugno. Quali responsabilità vedete in NATO, governi e multinazionali belliche rispetto alla crisi della formazione? E cosa significa oggi, per voi, la lotta contro la militarizzazione delle università? «Come CAU di Napoli, Torino e Padova abbiamo scelto di aderire convintamente all’appello lanciato dal coordinamento Disarmiamoli e Potere al Popolo per il corteo del 21 giugno da P.zza Vittorio. Dopo due anni di mobilitazione in solidarietà al popolo palestinese e per la fine del genocidio in corso, come corpo studentesco universitario non abbiamo potuto non riconoscere le gravi responsabilità che la NATO e le multinazionali della guerra hanno nel ridefinire le priorità politiche dei nostri governi. Lo vediamo tutti i giorni nelle nostre università: si preferisce portare avanti una politica di tagli alla formazione e alla ricerca, piuttosto che scegliere di disinvestire nelle armi e nel fossile. Come se non bastasse, lo smantellamento continuo dei laboratori e della ricerca viene poi sanato economicamente dalle stesse industrie belliche per cui, nel corso degli ultimi tempi, i governi hanno scelto di togliere alla formazione il suo ruolo prioritario. Ad oggi, Leonardo, Intesa San Paolo, Eni, complici del genocidio in Palestina, sono i maggiori finanziatori delle nostre università. Allora convintamente noi scenderemo in piazza contro la NATO, il riarmo e le multinazionali della guerra anche e soprattutto per ribadire la libertà della ricerca, l’utilità di una formazione libera e democratica e per chiedere la centralità dei servizi sociali nelle politiche governative che hanno l’obbligo reale di non rendersi complici del genocidio e della tendenza alla guerra in corso». «Anche come studenti delle scuole superiori dell’Opposizione Studentesca d’Alternativa e universitari di Cambiare Rotta il 21 giugno scenderemo a Roma nella manifestazione che partirà alle 14 da Piazza Vittorio per lanciare l’allarme rosso sull’incubo delle politiche di riarmo portate avanti da Governo Meloni ed Unione Europea e contro lo Stato Terrorista di Israele. Pace o guerra, spese sociali o militari, futuro o morte: raccogliamo il testimone di migliaia di giovani partigiani che come noi hanno lottato e sacrificato la vita per liberarci dal fascismo e dalla guerra!» Coordinamento Disarmiamoli Roma il 21 giugno vedrà due piazze distinte. Cosa ha portato a questa scelta e quali sono, secondo voi, le differenze politiche più rilevanti tra Piazza Vittorio e Piazza San Paolo? «La scelta di avere due piazze il 21 giugno nasce da una precisa decisione politica e il coordinamento Disarmiamoli ha scelto la via dell’autonomia: una mobilitazione chiara e senza mezze misure contro NATO, riarmo, guerra, governo Meloni ed élite occidentali. Il linguaggio generico sulla “difesa europea” e, soprattutto, sull’Alleanza Atlantica ha permesso alle principali forze di centrosinistra, PD e M5S, forze che hanno già sostenuto aumenti delle spese militari, esportazioni di armi e interventi bellici, contribuendo attivamente all’attuale scenario di guerra, di aderire alla manifestazione di Piazza San Paolo. Il risultato è stato lo spostamento del baricentro politico su un terreno che Disarmiamoli considera ambiguo e inefficace. E’ necessario rompere con i soliti equilibri: non basta un “no” generico alla guerra, serve una piattaforma radicale, di classe, senza compromessi. Per noi è del tutto evidente – lo ammette persino Crosetto! – il ruolo della NATO in questo passaggio, e che il 21 giugno bisogna scendere in piazza mettendo al centro questo tema. Di cortei “contro la guerra”, senza altri aggettivi, ce ne sono stati molti in questi anni. Ma oggi abbiamo un’occasione, fornita dalle stesse classi dirigenti con il loro riarmo esplicito, per far compiere un salto di qualità al movimento antimilitarista». Emiliano Palpacelli
I portuali di Genova protestano per il passaggio della Contship Era israeliana
E’ arrivata al porto di Genova la Contship Era, nave israeliana da trasporto che viaggi semivuota perché a Marsiglia i sindacati francesi si sono rifiutati di caricare un carico si armi destinate all’esercito israeliano. La manifestazione organizzata dai portuali del CALP, da USB e dalla società civile genovese aveva lo scopo di manifestare il dissenso della gente al trasporto di armi in generale e nello specifico verso la zona di conflitto attuale ed anche di controllare che la nave sia effettivamente priva del suo carico (14 tonnellate di munizioni e componenti per mitragliatrici). La manifestazione, che ha coinvolto alcune centinaia di persone,  si è svolta pacificamente. “Questa giornata dimostra una cosa semplice: se i portuali si coordinano, se gli operai alzano la testa, se la solidarietà si organizza, allora è possibile fermare il flusso delle armi” hanno dichiarato i manifestanti in un comunicato. Redazione Genova