Requiem prima della morte
MENTRE DECIDE CHE IL DISSENSO È UN REATO, BOICOTTA LA PARTECIPAZIONE AL
REFERENDUM DELL’8 E 9 GIUGNO E AUMENTA LE SPESE PER LE ARMI, CON IL NUOVO PIANO
STRATEGICO SULLE AREE INTERNE, IL GOVERNO HA ANCHE EMESSO UN’IMPORTANTE
SENTENZA: PER MOLTI PAESI DEL MERIDIONE NON C’È RITORNO, LO SPOPOLAMENTO È
IRREVERSIBILE, AL MASSIMO SI PUÒ PROPORRE UN DIGNITOSO DECLINO. SCRIVE VITO
TETI: “CHI DECIDE E COMANDA NON SA COSA È UN PAESE, COME VIVE E RESISTE, NON SA
CHI SONO I GIOVANI CHE VANNO VIA E NON TORNANO O SOGNANO DI TORNARE, NON VEDE LA
FATICA, LA RESISTENZA, LE INIZIATIVE, LE PRATICHE ATTIVE DI GIOVANI,
ASSOCIAZIONI, FAMIGLIE, GRUPPI. NON SI VOGLIONO IMMAGINARE ALTRI PERCORSI,
CAMMINI ALTERNATIVI, NUOVI SLANCI DI VITALITÀ. HANNO GIÀ DECISO. TUTTO È
PERDUTO. PER LORO… VOGLIONO SEPPELLIRCI VIVI, TRASFORMARE PAESI E CITTÀ IN
NECROPOLI, IN FOSSE COMUNI, IN CITTÀ MORTE DOVE, MAGARI, FARE ARRIVARE NUOVI
TURISTI, CHE GRIDERANNO AL BELLO E ALL’ESOTICO… MA MAI NESSUN POPOLO SI È FATTO
STERMINARE SENZA OPPORSI. SE NON ORA, PACIFICAMENTE, MA IN MANIERA
RIVOLUZIONARIA, CON PIANI ANTAGONISTI, CON FANTASIA, CON PASSIONE E
IMMAGINAZIONE PRATICA, ATTIVA, COLLETTIVA, QUANDO?”
Bomba (Chieti). Foto di Ferdinando Kaiser
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Corrado Alvaro aveva raccontato i paesi che si dissolvono come polvere al sole.
Marando, con cinismo, quando, dopo le grandi alluvioni degli anni Cinquanta,
fuggivano via, diceva: in buona sostanza che volete? Tutti i paesi nascono e,
prima o poi, muoiono. Franco Costabile aveva fatto un dolente planctus di paesi
che dicevano addio alla geografia dei luoghi. I pochi che, dagli anni Settanta,
abbiamo scritto che, con le nuove fughe di intere generazioni, con le nascite
vicine allo zero, interi luoghi si sarebbero desertificati, venivamo indicati
come apocalittici, nostalgici, passatisti, antimoderni. Adesso siamo a quelle
infinite cronache di morte annunziate. Nel silenzio, nell’indifferenza
generalizzata, anche degli intellettuali che vivono o tornano nei paesi.
Mariano Meligrana, negli anni settanta del Novecento, aveva parlato di
organizzazione della dimenticanza, adesso siamo all’organizzazione dei funerali
dei paesi. Amici e compagni dell’associazione I 1000 Papaveri Rossi di
Bocchigliero (Cosenza) hanno, non a caso, rappresentato il funerale carnevalesco
con la morte dei paesi. Per contrastarla. Non si contano le iniziative sui
paesi, sulla loro rigenerazione, proprio mentre muoiono.
Per ogni individuo, ammalato, agonizzante, avevamo affermato il diritto alla
cura. Per i paesi no. Mille piani e progetti vengono proposti o finanziati per
ripopolare i paesi ma intanto non ci sono abitanti. Abbiamo gli esteti delle
rovine, le prediche prezzolate che girano per assicurarci che il futuro è dei
paesi, ma debbono fare il loro spettacolo funebre nei grandi teatri, nelle città
del Nord, non nelle piazze vuote dei paesi ormai abitati da cinghiali e avvolti
da rovi e spine. Non seminano fiducia, non alimentano speranze, non dicono come
contrastare la cultura dominante necrofila. Vogliono anestetizzarci, farci
pagare il biglietto per lo spettacolo neoliberista, abituarci alla dolce morte,
raccontare l’ultima menzogna, l’ultima favola prima di farci assistere alla
morte di una grande civiltà millenaria, che verrà raccontata da IA a milioni di
nuovi schiavi che, quando sopravviveranno, saranno delle larve, degli zombie,
dei morti viventi.
Chi decide e comanda non sa cosa è un paese, come vive e resiste, non sa chi
sono i giovani che vanno via e non tornano o sognano di tornare, non vede la
fatica, la resistenza, le iniziative, le pratiche attive di giovani,
associazioni, famiglie, gruppi. Non si vogliono immaginare altri percorsi,
cammini alternativi, nuovi slanci di vitalità. Hanno già deciso. Tutto è
perduto. Per loro. Non c’è più niente da fare. Non si vogliono politiche di
rigenerazione, magari a rendita zero per “lor signori”, che prosperano sulle
disgrazie della povera gente. Non ascoltano e non vedono ragazze, artisti,
scrittori, studiosi, piccoli imprenditori, ambientalisti, portatori di nuovi
mestieri e di nuovi saperi per capire se un altro mondo sarebbe possibile. Per
tentare di dare dignità di protagonista del proprio destino a chi resta, a chi
parte, a chi vuole tornare, a chi coltiva con nuovi sementi e nuove concrete
utopie.
Hanno stampato i manifesti a lutto prima della morte dei paesi, di tentare nuove
ed efficaci cure, di alimentare speranze di vita. Vogliono seppellirci vivi,
trasformare paesi e città in necropoli, in fosse comuni, in città morte dove,
magari, fare arrivare nuovi turisti, che grideranno al bello, all’esotico, e
piangeranno sulle rovine di un mondo che non hanno mai conosciuto.
Mi perdonerete se adopero una immagine forte soltanto per dare il senso di una
fine collettiva. Quanto avviene a Gaza è terribile, indicibile, un etnocidio
impietoso. Nei paesi del Sud e delle aree interne e urbane non solo del Sud,
l’etnocidio, l’annullamento dei luoghi, il bombardamento delle case sono
avvenuti lentamente nei decenni, con furbizia, ipocrisia, lamentele sterili,
pianti ipocriti. Non ci hanno fatto nemmeno capire da chi bisognava difendersi,
abbiamo denunciato, atteso, sperato.
Ci siamo illusi, abbiamo immaginato soluzioni fantasiose, abbiamo ascoltato
imbonitori di ogni risma e appartenenza. Il risultato, il conto, di tanta nostra
stupidità ce lo porta Fitto, mandato a Bruxelles per fare rinascere il Sud. Non
ho ricette, non ho odio, non ho più lacrime, eppure devo dire che mai nessun
popolo si è fatto sterminare senza opporsi, senza difendersi, senza resistere.
Se non ora, pacificamente, ma in maniera rivoluzionaria, con piani antagonisti,
con fantasia, con passione e immaginazione pratica, attiva, collettiva, quando?
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