21 giugno: in piazza per fermare la guerra, in piazza per riprendersi il futuro
I venti di guerra soffiano sempre più impetuosi e con l’attacco di Israele
all’Iran e l’apertura del relativo fronte si moltiplicano le possibilità di una
guerra globale, mentre continua nella più assoluta impunità il genocidio a Gaza
del popolo palestinese e nessuna via d’uscita sembra essere all’orizzonte della
guerra in Ucraina.
> Ma qualcosa si muove per contrastare questo drammatico scenario e sabato 21
> giugno una grande manifestazione nazionale attraverserà Roma (appuntamento
> Porta S. Paolo ore 14) per dire No alla guerra, al riarmo, al genocidio e
> all’autoritarismo.
Il 21 giugno non è una data qualsiasi ed è stata scelta perché pochi giorni dopo
(dal 24 al 26 giugno) si terrà a L’Aja il vertice Nato che andrà a stabilire le
linee guida europee e atlantiche in merito alla difesa e alla sicurezza. Un
vertice nel quale la Nato chiederà a tutti i Paesi di portare le spese per gli
armamenti al 5% del Pil (100 miliardi in più per l’Italia). E sarà una giornata
di mobilitazione continentale, con manifestazioni nelle principali capitali
europee, oltre che direttamente a L’Aja, sede del vertice Nato.
Sono mobilitazioni promosse dalla campagna Stop ReArm Europe, nata per
contrastare l’avvio della svolta bellicista europea, innescata dalla Commissione
europea nel marzo scorso, quando la Presidente Ursula von der Leyen ha indicato
il riarmo e la guerra come nuova dimensione per i popoli europei, approvando il
Libro Bianco per la difesa e un pacchetto di misure finanziarie per mettere in
campo 800 miliardi da investire nel settore bellico.
In soli tre mesi, la campagna Stop ReArm Europe ha già raggiunto oltre 1600
adesioni di reti, realtà, comitati e collettivi provenienti da 18 Paesi europei,
mentre nel nostro Paese sono già oltre 450 le realtà che partecipano al
percorso.
Due sono gli elementi distintivi di questa nuova campagna: l’analisi sulla
guerra come dimensione sistemica e la necessità di una mobilitazione che sia
europea per poter rispondere all’altezza della sfida.
LA GUERRA COME DIMENSIONE SISTEMICA
Lungi dall’essere un’anomalia della «pacifica convivenza garantita dal libero
mercato», la guerra è la nuova dimensione sistemica agita dal modello
capitalistico per non affrontare le proprie contraddizioni.
Quattro decenni di politiche neoliberali, incentrate sull’espansione dei grandi
interessi finanziari, sulla trappola del debito e relative privatizzazioni,
sull’erosione dei diritti sociali e del lavoro hanno provocato una
concentrazione di ricchezza e una diseguaglianza sociale che non hanno
precedenti nella storia dell’umanità.
> Contemporaneamente, la crisi ecoclimatica prodotta da questo modello
> estrattivista, predatorio ed energivoro investe ormai la quotidianità delle
> persone mettendo a rischio la stessa sopravvivenza della specie umana sul
> pianeta.
Sono contraddizioni che, se affrontate con consapevolezza, porterebbero a
dichiarare l’insostenibilità di questo modello economico-sociale e la necessità
di una radicale trasformazione della società.
Ed è qui che si situa la nuova dimensione della guerra: come necessità, se non
per risolvere i problemi strutturali del modello capitalistico, almeno per
rimandare la presa d’atto della sua insostenibilità. Come fa il passante che,
incrociando una lattina abbandonata sul marciapiede, le tira un calcio
spingendola in avanti di qualche metro, così la guerra pospone la presa d’atto
del fallimento del modello capitalistico e cerca di riaprire, attraverso la
distruzione, una nuova stagione di crescita dei profitti basata sulla
ricomposizione dei rapporti di forza geopolitici e sui grandi investimenti
necessari alla ricostruzione di quanto demolito.
Per questo non siamo di fronte a incidenti di percorso, bensì a un processo
sistemico che investe l’economia, la società, la natura, la cultura e la
democrazia. Un processo da fermare al più presto se ci si vuole riappropriare di
una possibilità di futuro.
LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE LOTTE
L’Europa è il continente sul quale stanno precipitando tutte le contraddizioni
sopra descritte: un continente di economie forti al cui interno sono oltre 95
milioni le persone che vivono a rischio povertà; un territorio nel quale i
cambiamenti climatici incidono più del doppio di ogni altra area del pianeta;
un’area consegnata ai grandi interessi tecnocratici e finanziari che hanno
prodotto governi populisti, reazionari e neofascisti.
A queste contraddizioni, l’attuale governance europea ha deciso di rispondere
con la svolta bellicista, mettendo in campo strumenti finanziari per investire
oltre 800 miliardi nelle politiche di difesa; dichiarando fuori dal patto di
stabilità e dalle relative restrizioni tutti gli investimenti nell’industria
degli armamenti e permettendo di devolvere al settore bellico i fondi per la
coesione ordinariamente destinati alle aree disagiate del continente.
Non solo: abdicando a qualunque ruolo diplomatico, ha deciso di partecipare
direttamente alla guerra scatenata dall’invasione russa in Ucraina e di divenire
complice del genocidio della popolazione palestinese a Gaza.
La guerra come motore della crescita e dell’economia ha tuttavia necessità di
popolazioni disciplinate e rassegnate: per questo si approvano leggi liberticide
contro le proteste sociali come il DL Sicurezza in Italia; per questo nel Libro
Bianco sulla difesa europea si propongono programmi di formazione che aiutino i
cittadini «ad allineare le proprie percezioni sulle minacce esterne a cui
l’Europa dovrà far fronte».
> Non vi sarà alcuna possibilità di fermare tutto questo senza la costruzione di
> una mobilitazione sociale che sia capace di situarsi almeno sulla dimensione
> europea, ponendosi come contropotere sociale capace di agire all’altezza della
> sfida che abbiamo di fronte.
21 GIUGNO: UN PRIMO IMPORTANTE PASSO
Dopo diversi anni di divisione e frammentazione fra i movimenti sociali, la
campagna Stop ReArm Europe sembra aver innescato una salutare inversione di
rotta. Le adesioni, in continuo aumento, all’appuntamento del 21 giugno
segnalano la ricomposizione di una alleanza sociale dal basso ampia, plurale e
articolata, capace di riaprire un nuovo capitolo della mobilitazione sociale nel
nostro Paese e a livello europeo.
Perché questo avvenga occorre non fare salti in avanti: la manifestazione
nazionale del 21 giugno è solo un primo passo per ridare un luogo collettivo e
comune alle decine di migliaia di donne e uomini che da sempre sono in campo
contro la guerra e per la pace, per il disarmo, per la giustizia sociale e
climatica.
Il passo successivo sarà quello di andare oltre l’evento per sedimentare dentro
i territori, dentro i luoghi di studio e di lavoro, dentro la società una
capacità di riappropriazione collettiva dei beni comuni, dei diritti e delle
risorse collettive per fermare il baratro nel quale vorrebbero farci precipitare
e riaprire la strada dell’alternativa di società.
“O la Borsa o la vita” – ci intimano armati fino ai denti.
A partire dal 21 giugno dobbiamo dimostrare collettivamente di avere scelto la
vita.
Tutte e tutti insieme, la vita.
L’immagine di copertina è Francesco Arrigoni
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