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Il Mainstream e l’omeopatia dell’orrore
Nelle ultime settimane, in concomitanza con l’accelerazione imposta da Israele al genocidio palestinese, si assiste a un analogo cambio di passo anche da parte dell’informazione embedded che, ormai, sembra lavorare al passo a al ritmo dei massacratori israeliani e dei loro complici (USA, UE, paesi arabi, con pochissime e lodevoli […] L'articolo Il Mainstream e l’omeopatia dell’orrore su Contropiano.
Nessuna crescita dal “riarmo”, futuro nero per i media
Un sistema che ha fagocitato tutto e ora si nutre fagocitando se stesso non ha un gran futuro davanti. Un editoriale di Milano Finanza, a firma del direttore Renato Sommella, mette in fila una serie e osservazioni che hanno – se interpretate correttamente – un impatto devastante sul sistema economico […] L'articolo Nessuna crescita dal “riarmo”, futuro nero per i media su Contropiano.
L’omertà dei buoni
PRIMA DI TUTTO C’È IL SILENZIO SULLE GUERRE DEL MONDO, OLTRE SESSANTA IN QUESTO MOMENTO, ANCHE SE PER GRANDI MEDIA E ISTITUZIONI NE ESISTONO SOLO UN PAIO. QUEL SILENZIO A VOLTE DIVENTA ANCORA PIÙ ABOMINEVOLE: ACCADE, AD ESEMPIO, CON LA LISTA AGGIORNATA DEI PAESI MAGGIORI PRODUTTORI DI ARMI CHE, NON CASUALMENTE, SONO ANCHE MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELLE NAZIONI UNITE, A COMINCIARE DAGLI USA (43% DELLA PRODUZIONE MONDIALE). “IN QUESTO AMBITO L’OMERTÀ DIVENTA ASSOLUTA – SCRIVE MAURO ARMANINO DAL NIGER – E COINVOLGE I PARTITI POLITICI, I SINDACATI, LA SOCIETÀ CIVILE, I CREDENTI, I CITTADINI QUALUNQUE E LE AUTORITÀ RELIGIOSE…”. EPPURE SPEZZARE QUELL’OMERTÀ NON È IMPOSSIBILE unsplash.com -------------------------------------------------------------------------------- Ciò che più dispiaceva a Norbert Zongo, giornalista del Burkina Faso barabaramente ucciso a causa del suo impegno per smascherare la violenza della menzogna nel suo Paese, era l’omertà dei buoni. Temeva il colpevole silenzio dei cosiddetti buoni, più che le azioni dei malvagi. Difficile dargli torto, soprattutto dopo la pubblicazione del recente rapporto realizzato dall’Istituto di Ricerca sulla Pace di Oslo, in Norvegia. L’anno scorso, nel mondo, sono stati registrati 61 conflitti, divisi in 36 paesi. L’Africa resta il continente più toccato con 28 conflitti implicando almeno uno Stato, segue l’Asia, il Medio Oriente, l’Europa e le Americhe. Il numero dei morti è stato, sempre secondo il documento, di circa 129 mila vittime. L’omertà appare come una forma di solidarietà tra consociati, volta alla copertura di condotte delittuose celando l’identità di chi ha commesso un reato o comunque tacendo circostanze utili per le indagini. In altri termini possiamo parlare di riserbo assoluto per complicità spesso per timore di vendetta. Norbert Zongo non aveva torto a temere l’omertà dei buoni consociati a proteggere soprattutto la propria innocua e banale tranquillità di vita. Essa non va confusa con chi è preso come ostaggio dai gruppi armati che operano nel Sahel, designato come il teatro della violenza di gruppi “islamisti” militanti più letale in Africa per il quarto anno consecutivo. Si parla di 10.400 morti. Resta da evidenziare, rispetto all’aumento dei conflitti armati nel mondo, la lista aggiornata dei Paesi produttori di armi che, non casualmente sono membri del Consiglio di (In) Sicurezza delle Nazioni Unite per grazia divina. Stati Uniti (43 per cento della produzione mondiale), Francia, Russia, Cina, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Corea del Sud e Israele. In questo ambito l’omertà diventa assoluta e coinvolge i partiti politici, i sindacati, la società civile, i credenti, i cittadini qualunque e le autorità religiose. Si coprono condotte delittuose come l’anti-etico e vergognoso aumento delle spese per gli armamenti che coinvolge Paesi e continenti senza differenze politiche, ideologiche o religiose. L’amico Ouoba di Makalondi, a un centinaio di chilometri da Niamey, non ha potuto raggiungere la capitale perché gli autisti temono attacchi dei gruppi armati. Qualche giorno fa un veicolo è stato bruciato e la gente viaggia ormai solo con la scorta armata. Droni, aerei, blindati, nuove reclute formate alla guerra e armi per combattere e “neutralizzare” il nemico sembra l’unica narrazione del momento nel Paese. Lo ribadisce peraltro anche il testo del nuovo inno della Confederazione degli Stati del Sahel: “Soldati lo siamo tutti… Intrepidi e sovrani… per la parola e per le armi… col sangue e il sudore tu scriverai la storia…”. Come comprovato dall’esperienza proprio questa è una storia che si ripete da troppo tempo. Come abbandonare definitivamente il mito della violenza sacrificale. Spezzare la copertura di azioni delittuose, ossia l’omertà dei buoni non è impossibile. Un esempio è il discorso d’addio del capo redattore del New York Times, John Swinton. Dice che i giornalisti non sono altro che “marionnette e vassalli di magnati che si nascondono dietro la scena. Tirano le fila e noi danziamo… Il lavoro del giornalista consiste a distruggere la verità, a mentire senza limiti, a pervertire i fatti e gettarsi ai piedi di Mammona: siamo dei prostituti intellettuali”. L’omertà è spezzata. Intanto l’amico Ouoba scrive in un sms che farà di tutto per arrivare domani a Niamey. -------------------------------------------------------------------------------- Mauro Armanino vive a Niamey. Ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo L’omertà dei buoni proviene da Comune-info.
Rinfreschiamo le regole per discutere delle guerre israeliane
Caitlin Johnstone, giornalista e scrittrice australiana, ha pubblicato su X una serie di regole surreali, che purtroppo però nella realtà fanno da linee guida in molti media mainstream. Regola 1: Israele non è mai l’aggressore. Se Israele attacca qualcuno, è solo in risposta a un’aggressione avvenuta in passato o un attacco preventivo per sventare un’aggressione imminente. Regola 2: La storia ricomincia automaticamente dalla data dell’ultimo atto di aggressione contro Israele. Se qualcuno attacca Israele, è perché non è stato provocato in alcun modo: prima dell’attacco contro Israele non è successo nulla. Regola 3: Qualsiasi cosa negativa compiuta da Israele è giustificata dalla Regola 2. Questo vale anche per azioni che sarebbero considerate del tutto ingiustificabili se fossero compiute da una nazione come la Russia o la Cina. Regola 4: Israele ha il diritto di difendersi, ma nessun altro lo ha. Regola 5: Israele non bombarda mai i civili, bombarda i cattivi. Se uccide un numero impressionante di civili, è perché quelli erano in realtà dei cattivi, oppure perché i cattivi li hanno usati come scudi umani, o perché un cattivo si trovava troppo vicino a loro. Se nessuna di queste spiegazioni è valida, allora dev’esserci qualche altro motivo misterioso che stiamo ancora aspettando che l’IDF chiarisca con le sue indagini. Regola 6: Criticare qualsiasi cosa faccia Israele significa odiare gli ebrei. Non esiste altra ragione possibile per opporsi a massacri militari di massa se non un odio viscerale e ossessivo verso una piccola fede abramitica. Regola 7: Nulla di ciò che fa Israele è mai grave quanto le critiche odiose descritte nella regola 6. Le critiche alle azioni di Israele sono sempre peggiori delle azioni stesse di Israele, perché chi le esprime odia gli ebrei e desidera un altro Olocausto. Impedire che ciò accada deve assorbire il 100% della nostra energia politica e della nostra attenzione. Regola 8: Gli israeliani sono sempre e solo vittime, mai carnefici. Se gli israeliani uccidono gli iraniani, è perché gli iraniani odiano gli ebrei. Se gli iraniani uccidono gli israeliani, è perché gli iraniani odiano gli ebrei. Israele è un agnellino innocente che vuole solo farsi gli affari suoi in pace. Regola 9: Il fatto che Israele sia letteralmente sempre in stato di guerra con i suoi vicini e con le popolazioni indigene sfollate deve essere interpretato come prova che la Regola 8 è vera, non come prova che la Regola 8 è un’assurdità ridicola. Regola 10: Per noi le vite dei musulmani sono molto, molto meno importanti di quelle degli occidentali o degli israeliani. A nessuno è permesso riflettere troppo sul perché questo possa essere vero. Regola 11: I media dicono sempre la verità su Israele e sui suoi vari conflitti. Se ne dubiti, probabilmente stai violando la Regola 6. Regola 12: Affermazioni infondate che descrivono i nemici di Israele in modo negativo possono essere riportate come notizie e fatti, senza alcuna verifica o precisazione, mentre le prove documentate della criminalità israeliana devono essere riportate con estremo scetticismo e con formule dubitative, tipo “Hezbollah dice” o “secondo il Ministero della Salute gestito da Hamas”. Questo è importante, altrimenti potresti essere accusato di fare propaganda. Regola 13: Israele deve continuare a esistere nella sua forma attuale, a qualsiasi costo e indipendentemente dal numero di vittime. Non è necessario fornire alcuna motivazione logica o morale a sostegno di tale affermazione. Chiunque la contesti sta probabilmente violando la Regola 6. Regola 14: Il governo degli Stati Uniti non ha mai mentito su nulla e si è sempre schierato dalla parte giusta in ogni conflitto. Regola 15: Israele è l’ultimo baluardo della libertà e della democrazia in Medio Oriente e per questo deve essere difeso a qualunque costo, indipendentemente dal numero di giornalisti che dovrà assassinare, dal numero di testate giornalistiche che dovrà chiudere, dal numero di proteste che i suoi sostenitori dovranno reprimere, dalla libertà di espressione che dovrà sopprimere, dai diritti civili che i suoi sostenitori occidentali dovranno cancellare e dal numero di elezioni che i suoi lobbisti dovranno comprare.   Redazione Italia
Le vie della Hasbara sono infinite
C’è stato un giro di vento sul Medio Oriente, ogni tanto capita. E dopo quasi 20 mesi di accondiscendenza mediatica e politica allo sterminio di vite palestinesi e allo stritolamento del diritto da parte di Israele, i silenti e i benevolenti si stanno facendo parlanti e dissenzienti dal progetto genocidario a marchio Netanyahu, ma in realtà di ben più lontana origine. L’esercito mediatico a servizio del governo israeliano, e suddito dei suoi principali complici, finora ha svolto con fedeltà e senza vergogna il proprio compito servile, al pari della quasi totalità di politici, politicanti, intellettuali o sedicenti tali, uomini e donne di spettacolo e opportunisti vari. Chi si opponeva allo sterminio, anche con la minima critica, come il cantante Ghali che aveva “osato” invocare un innocente cessate il fuoco, veniva bollato come antisemita. Come se per non essere antisemiti si dovesse essere a favore dei più efferati crimini commessi da Israele! Ma ora il vento sembra cambiato. Il primo soffio è venuto da un giornale USA che probabilmente aveva colto segnali non ancora chiari ai nostri pusillanimi opinion maker, i più veloci dei quali lo hanno intercettato appena lanciato dal collega statunitense e, per effetto domino, sono cambiati uno ad uno i comportamenti  di molti fedeli megafoni della narrazione dominante. All’unico quotidiano del mainstream, il Fatto Quotidiano, che insieme al Manifesto si dissociava dalla schiera dei consenzienti mentre il resto del panorama mediatico fungeva da scorta al genocidio (v. Raffaele Oriani in “La scorta mediatica”) ora che il vento sembra aver cambiato direzione se ne sono affiancati altri che rivendicano il loro spazio. Ora piovono dichiarazioni se non di condanna almeno di critica verso il boia di Tel Aviv. I muti hanno recuperato la favella. I pochi che osavano dissentire quando a farlo si rischiava l’ostracismo, ora si trovano circondati da chi sgomita per non restare indietro. Fantastici, ridicoli personaggi che rappresentano le miserie della commedia umana e che nel dare solidarietà alle “vittime” si guardano bene dal mettere in discussione l’essenza dell’entità sionista detta Stato di Israele. Al contrario dei media funzionali al boia di Tel Aviv, la società civile che non si è lasciata spaventare né ipnotizzare dalla narrazione dominante, in questi 20 mesi ha seguitato a battersi in mille modi per chiedere a politici e media di dare voce alla giustizia o almeno all’umanità. Il doppio standard con cui veniva raccontato il dramma ucraino con 5 morti civili e la normalità di centinaia di assassinati palestinesi era ed è più che disgustoso, era ed è la prova di un malcelato razzismo che si aggiungeva al servile adattarsi  alle veline imposte dall’alto. Ora qualcosa è cambiato nel senso che diversi  media mainstream si sono adeguati alla direzione del vento. Non c’è da farsi grandi illusioni, ma  questo cambiamento, forse solo temporaneo, sta incrinando il blocco monolitico di sostegno a Israele e allora ecco che entra in azione la più intelligente delle organizzazioni di propaganda politica degli ultimi due secoli: la Hasbara, vale a dire l’organizzazione israeliana che si occupa di promuovere l’immagine di Israele tramite la comunicazione e le relazioni pubbliche influendo sulla società civile con tecniche di persuasione e, nel contempo, frammentando o oscurando la narrazione contraria all’immagine di Israele. Dagli anni “50 ad oggi la Hasbara ha svolto un ruolo importantissimo e se Israele può vantare la più efficace narrativa che ne occulta 77 anni di reati oltre a quelli precedenti alla sua fondazione e ad essa finalizzati, è proprio grazie all’intelligenza della Hasbara, alla capacità dei suoi agenti di creare relazioni collaborazioniste e/o ricattatorie con  singoli personaggi socialmente rilevanti oltre che con le diverse istituzioni politiche e governative. Questo spiega perché, anche davanti ai crimini più efferati Israele non ha mai subito sanzioni né tantomeno interventi militari da parte dell’ONU ma, tutt’al più, risoluzioni con inutili condanne morali. Le vie della Hasbara sono infinite e non sempre quest’organismo ha bisogno di intervenire direttamente, non quando riesce a sfruttare le contraddizioni interne agli oppositori del sionismo, siano essi Stati o movimenti della società civile. Così, in questi giorni, la vediamo agire indirettamente ma con grande efficacia. Se politici e opinion maker di varia natura, fino a ieri fedeli sostenitori del genocidio sotto lo stendardo con su scritto “Israele ha diritto a difendersi” da una parte e “tutto è cominciato il 7 ottobre” dall’altra, hanno abbassato lo stendardo e ne hanno leggermente, solo leggermente modificato le scritte e tanto è bastato per incrinare il muro monolitico di sostegno a Israele, cosa. c’è di meglio se non ricorrere alle contraddizioni interne al movimento propal che da 20 mesi chiede di fermare Israele? Il gioco è semplice. Prendiamo qualche esempio: una  parte del movimento ha deciso di aderire alla Global march su Gaza. Bene, la parte che non condivide non deve limitarsi a non condividere, deve boicottare l’iniziativa. Sui social si scatenerà una critica velenosa che indebolirà il movimento. Oppure, un gruppo decide di dar corso a iniziative di sensibilizzazione a costo zero tipo spegnere le luci o aderire a fiaccolate in silenzio o a flash mob che simulano il genocidio. Niente di meglio che scatenare sui social critiche esasperate contro chi limita la propria denuncia a iniziative non impegnative invece di lottare. Lottare come? Beh, questo non è detto, ma la critica deve essere efficace. O ancora, un giornalista dalla penna fluente bolla l’iniziativa di un gruppo di intellettuali che denunciano Israele da quasi 20 mesi e che ora chiedono alla società civile di esporre lenzuola come sudari per condannare il genocidio e chiedere di fermare Israele. Il giornalista in questione usa una buona dialettica e si richiama a comportamenti presenti nelle anime belle dell’occidente coloniale. In questo caso sbaglia obiettivo, ma la formula scelta è eccellente “estetizzare il lutto, cancellare la Palestina”. Ottimo. Lo slogan diventa virale e sui social si scatena il tifo. Qualche imbecille di poco più di vent’anni che ha trovato la sua ribalta nella tragedia in corso dà del filo-sionista a chi da decenni si batte a sostegno della resistenza palestinese. Alla dialettica politica si sostituisce l’insulto che nel movimento propal è il massimo degli insulti: sionista filoisraeliano. Ottimo per la Hasbara. Invece di unire le forze rispettando le diverse modalità di denuncia, di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di lotta contro le pratiche di sostegno a Israele ecco che si sviluppa il tifo e si indebolisce il movimento. Il divide et impera ha sempre funzionato e seguiterà a funzionare anche stavolta. La Hasbara lo sa e cammina a passo felpato lungo le vie percorse dagli attivisti e s’insinua nelle loro contraddizioni. Non saperla riconoscere significa fare il suo gioco. E mentre i propal disperdono energie in inutili diatribe il massacro continua. Altri 33 assassinati inermi, bruciati vivi o schiacciati dalle macerie solo oggi  e il criminale di guerra comunica che domani sarà peggio. Nessuno dei nuovi parlanti mediatici dice che è il delinquente della Striscia di Gaza e di gran parte della Cisgiordania sta facendo il suo lebensraum, il suo spazio vitale di hitleriana memoria. Dirlo sarebbe troppo. La Hasbara ha dato indicazione di definire antisemita chi osi dichiararlo. Intanto, mentre il movimento propal si scontra su chi ha più diritto a dirsi filopalestinese, i delinquenti fuorilegge scesi dalle colonie illegali sciamano per la parte antica di Gerusalemme est provocando, picchiando e violando strade e luoghi di culto cristiani e musulmani. I giornalisti che riportano il fatto  forse non sanno e comunque non dicono che Israele sta festeggiando, in quella che chiama “giornata di Gerusalemme”, un grave reato, uno dei tanti: l’appropriazione di Gerusalemme est. Occupazione  illegale ai sensi del Diritto internazionale e non riconosciuta dall’ONU.  Ma dove regna la legge del più forte il diritto scompare. Anche per questo andrebbe fermato non solo il macellaio di Tel Aviv ma anche e soprattutto il progetto dell’entità sionista, assassino dei palestinesi e nemico di ogni società che si riconosce nel diritto e non nella legge del più forte.   Patrizia Cecconi
[2025-05-22] Altri Mondi, Altre Voci @ Zazie nel metrò
ALTRI MONDI, ALTRE VOCI Zazie nel metrò - Via Ettore Giovenale 16, Roma (giovedì, 22 maggio 19:30) ALTRI MONDI, ALTRE VOCI Inchieste, reportage e sguardi condivisi su geografie invisibili Quattro appuntamenti dedicati alla presentazione e al confronto con gruppi di giornalismo indipendente e collettivi di freelance: Fada Collective, IrpiMedia, Centro di Giornalismo Permanente e Rivista Corvialista. Con Altri Mondi, Altre Voci vogliamo dare spazio a chi ogni giorno cerca nuovi modi di raccontare il mondo, sporcandosi le mani con la realtà, attraversandola con cura, passione e senso critico. Crediamo in un’informazione che non si limiti a osservare da lontano, ma che scelga da che parte stare, assumendo uno sguardo dichiaratamente partigiano: schierato con i corpi, le lotte e le comunità che si muovono ai margini, contro le narrazioni imposte dal potere. Un giornalismo che non rincorre la neutralità come forma di equidistanza, ma che prende posizione, costruendo ponti tra chi racconta e chi resiste. Gli incontri si svolgeranno a Zazie nel Metrò alle 19.30 in queste date: • GIOVEDÌ 8 MAGGIO, CENTRO DI GIORNALISMO PERMANENTE. Repressione in Nord Africa: il filone tunisino e marocchino della lotta senza confine ai dissidenti (Matteo Garavoglia). Istituzioni totali e diritto all'informazione: come il giornalismo indipendente può raccontare i luoghi di privazione della libertà personale (Marica Fantauzzi) • GIOVEDÌ 15 MAGGIO, FADA COLLECTIVE L’attacco dell'industria petrolifera all'Iraq: una lunga inchiesta sugli impatti degli impianti estrattivi di Eni, BP e Shell nel sud iracheno, in particolare sull'accesso all'acqua e sulla salute. • GIOVEDÌ 22 MAGGIO, RIVISTA CORVIALISTA Presentazione del numero 1 della "Rivista Corvialista”: Come raccontare e dare voce alle periferie invisibili o stigmatizzate delle grandi cittá? Quali le metamorfosi del "serpentone" di Corviale? Partecipano i redattori e le redattrici della rivista, che diventa trimestrale. • GIOVEDÌ 29 MAGGIO, IRPIMEDIA DesertDumps: In Nord Africa esiste un sistema per espellere nel deserto i migranti che provengono da Paesi schiacciati tra il Sahara e l’Equatore. Lo scopo è impedire loro di raggiungere l’Europa, principio-guida del lungo processo di esternalizzazione delle frontiere condotto dall’Unione europea negli ultimi vent’anni.
[2025-05-15] Altri Mondi, Altre Voci @ Zazie nel metrò
ALTRI MONDI, ALTRE VOCI Zazie nel metrò - Via Ettore Giovenale 16, Roma (giovedì, 15 maggio 19:30) ALTRI MONDI, ALTRE VOCI Inchieste, reportage e sguardi condivisi su geografie invisibili Quattro appuntamenti dedicati alla presentazione e al confronto con gruppi di giornalismo indipendente e collettivi di freelance: Fada Collective, IrpiMedia, Centro di Giornalismo Permanente e Rivista Corvialista. Con Altri Mondi, Altre Voci vogliamo dare spazio a chi ogni giorno cerca nuovi modi di raccontare il mondo, sporcandosi le mani con la realtà, attraversandola con cura, passione e senso critico. Crediamo in un’informazione che non si limiti a osservare da lontano, ma che scelga da che parte stare, assumendo uno sguardo dichiaratamente partigiano: schierato con i corpi, le lotte e le comunità che si muovono ai margini, contro le narrazioni imposte dal potere. Un giornalismo che non rincorre la neutralità come forma di equidistanza, ma che prende posizione, costruendo ponti tra chi racconta e chi resiste. Gli incontri si svolgeranno a Zazie nel Metrò alle 19.30 in queste date: • GIOVEDÌ 8 MAGGIO, CENTRO DI GIORNALISMO PERMANENTE. Repressione in Nord Africa: il filone tunisino e marocchino della lotta senza confine ai dissidenti (Matteo Garavoglia). Istituzioni totali e diritto all'informazione: come il giornalismo indipendente può raccontare i luoghi di privazione della libertà personale (Marica Fantauzzi) • GIOVEDÌ 15 MAGGIO, FADA COLLECTIVE L’attacco dell'industria petrolifera all'Iraq: una lunga inchiesta sugli impatti degli impianti estrattivi di Eni, BP e Shell nel sud iracheno, in particolare sull'accesso all'acqua e sulla salute. • GIOVEDÌ 22 MAGGIO, RIVISTA CORVIALISTA Presentazione del numero 1 della "Rivista Corvialista”: Come raccontare e dare voce alle periferie invisibili o stigmatizzate delle grandi cittá? Quali le metamorfosi del "serpentone" di Corviale? Partecipano i redattori e le redattrici della rivista, che diventa trimestrale. • GIOVEDÌ 29 MAGGIO, IRPIMEDIA DesertDumps: In Nord Africa esiste un sistema per espellere nel deserto i migranti che provengono da Paesi schiacciati tra il Sahara e l’Equatore. Lo scopo è impedire loro di raggiungere l’Europa, principio-guida del lungo processo di esternalizzazione delle frontiere condotto dall’Unione europea negli ultimi vent’anni.
Quel buio per Gaza
IL 6 MAGGIO, UNA PICCOLA INIZIATIVA SIMBOLICA – CINQUE MINUTI DI BUIO PER GAZA – PROPOSTA DAL COMITATO MONTEVERDE PER LA PACE DI ROMA, HA INCONTRATO UN SUCCESSO INSPERATO. COMUNE-INFO HA AVUTO UN RUOLO DECISIVO: L’ARTICOLO SULL’INIZIATIVA È STATO LETTO DA OLTRE 30.000 PERSONE DI TUTTA ITALIA IN POCHISSIME ORE (IL POST SU FACEBOOK HA SUPERATO LE 55.000 VISUALIZZAZIONI). QUI IL COMITATO RICORDA IL SIGNIFICATO DELL’AZIONE – “RENDERE VISIBILE, TRAMITE UN IMPROVVISO BUIO SERALE NELLE NOSTRE CASE, IL NOSTRO ORRORE NEI CONFRONTI DI ISRAELE, NEI CONFRONTI DI TUTTI I PAESI COMPLICI, TRAMITE L’IMPUNITÀ, DEL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE, IN PRIMIS L’ITALIA…” – E RAGIONA SUL SIGNIFICATO DELLA SUA INCREDIBILE DIFFUSIONE unsplash.com -------------------------------------------------------------------------------- Martedì 6 maggio nell’ambito del Comitato Monteverde per la Pace di Roma, è nata la proposta Cinque minuti di buio per Gaza, ossia, spegnere le luci nelle nostre case dalle 22 alle 22.05. La nostra volontà: trovare un modo concreto per esprimere condanna, biasimo di fronte alla notizia dell’invasione massiccia di Gaza e la sua distruzione definitiva, secondo il nuovo piano militare israeliano, confermato da Netanyahu. La nostra speranza: raggiungere numeri grandi di adesione e rendere visibile, tramite un improvviso buio serale nelle nostre case, il nostro orrore nei confronti di Israele, nei confronti di tutti i Paesi complici, tramite l’impunità, del genocidio del popolo palestinese, in primis l’Italia. L’iniziativa ha avuto un successo insperato: la voce è circolata dal Piemonte alla Sicilia, alla Sardegna, dal Friuli alla Puglia. Ci giungono adesioni dalla Toscana, dalla Campania, da Udine, da Taranto. Il consiglio comunale di Lissone (Monza) spegne le luci per Gaza… Alleanza Verdi e Sinistra – AVS – rilancia, chiedendo al sindaco di Roma di spegnere le luci del Colosseo (qui il link al comunicato stampa). Nel giro di poco tempo circolano nuove locandine, fatte altrove, in altri luoghi. Vengono pubblicati testi a cominciare da Comune-info, poi anche su Pressenza, Italiani news, Espansione tv, Saronno news. Varie agenzie giornalistiche diffondono l’iniziativa anche l’agenzia Ansa a Milano. Da Reti di Pace abbiamo inviato un comunicato stampa e l’informazione sulla mailing list. Ogni attivista di Monteverde per la Pace ha comunicato tempestivamente l’iniziativa su tutti i social e a ogni contatto WA: è avvenuto l’incredibile, il messaggio ha viaggiato tempestivamente ovunque, oltre ogni aspettativa.  -------------------------------------------------------------------------------- Questo l’articolo di Comune letto da 31.000 persone in poche ore: > Cinque minuti di buio per Gaza -------------------------------------------------------------------------------- Che significato dare a questa prodigiosa diffusione avvenuta senza i mass-media, e a questa larga adesione? Proviamo a interpretare. Uno: la gente è arrabbiata, è disgustata al massimo grado per la disumanità che si svolge in mondovisione sotto i nostri occhi e con il massimo dell’arroganza, garantita dall’impunità di cui gode lo Stato d’Israele. Due: questa azione ha raggiunto le persone nelle loro case, non bisognava essere militanti per partecipare; era facile da fare- questa azione ha incontrato la contentezza di coloro, che non partecipando a manifestazioni o ad altro, hanno avuto modo di esprimere il tanto dolore che hanno nel loro cuore. Tre: questa azione ha colto il bisogno di esprimersi. Cinque minuti di buio hanno dato luce ai sentimenti e al pensiero di molti. Testimonianza importante di tante persone che non ne possono più di questo massacro, che vengono toccate profondamente da queste vicende, che esprimono la loro umanità. È vero, alcuni, pochi, ci hanno espresso disapprovazione perché, di fronte a una tragedia immane, veniva proposta un’inezia: cinque minuti di buio. Pensiero che era parzialmente presente anche in chi lo proponeva. Abbiamo osato. L’esito ha dato ragione alla speranza nell’azione. Da più parti viene richiesto di continuare a spegnere le luci, di essere coinvolti in azioni che possono essere condivise e praticate da una buona parte della popolazione. Ci stiamo riflettendo nell’ambito di Monteverde per la Pace. Ringraziamo di cuore tutti coloro che hanno partecipato all’azione, vi hanno creduto e hanno contribuito alla sua diffusione. retidipace@retidipace.it -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Quel buio per Gaza proviene da Comune-info.
[2025-05-08] Altri Mondi, Altre Voci @ Zazie nel metrò
ALTRI MONDI, ALTRE VOCI Zazie nel metrò - Via Ettore Giovenale 16, Roma (giovedì, 8 maggio 19:30) ALTRI MONDI, ALTRE VOCI INCHIESTE, REPORTAGE E SGUARDI CONDIVISI SU GEOGRAFIE INVISIBILI Quattro appuntamenti dedicati alla presentazione e al confronto con gruppi di giornalismo indipendente e collettivi di freelance: Fada Collective, IrpiMedia, Centro di Giornalismo Permanente e Rivista Corvialista. Con Altri Mondi, Altre Voci vogliamo dare spazio a chi ogni giorno cerca nuovi modi di raccontare il mondo, sporcandosi le mani con la realtà, attraversandola con cura, passione e senso critico. Crediamo in un’informazione che non si limiti a osservare da lontano, ma che scelga da che parte stare, assumendo uno sguardo dichiaratamente partigiano: schierato con i corpi, le lotte e le comunità che si muovono ai margini, contro le narrazioni imposte dal potere. Un giornalismo che non rincorre la neutralità come forma di equidistanza, ma che prende posizione, costruendo ponti tra chi racconta e chi resiste. Gli incontri si svolgeranno a Zazie nel Metrò alle 19.30 in queste date: • GIOVEDÌ 8 MAGGIO, CENTRO DI GIORNALISMO PERMANENTE. Repressione in Nord Africa: il filone tunisino e marocchino della lotta senza confine ai dissidenti (Matteo Garavoglia). Istituzioni totali e diritto all'informazione: come il giornalismo indipendente può raccontare i luoghi di privazione della libertà personale (Marica Fantauzzi) • GIOVEDÌ 15 MAGGIO, FADA COLLECTIVE L’attacco dell'industria petrolifera all'Iraq: una lunga inchiesta sugli impatti degli impianti estrattivi di Eni, BP e Shell nel sud iracheno, in particolare sull'accesso all'acqua e sulla salute. • GIOVEDÌ 22 MAGGIO, RIVISTA CORVIALISTA Presentazione del numero 1 della "Rivista Corvialista”: Come raccontare e dare voce alle periferie invisibili o stigmatizzate delle grandi cittá? Quali le metamorfosi del "serpentone" di Corviale? Partecipano i redattori e le redattrici della rivista, che diventa trimestrale. • GIOVEDÌ 29 MAGGIO, IRPIMEDIA DesertDumps: In Nord Africa esiste un sistema per espellere nel deserto i migranti che provengono da Paesi schiacciati tra il Sahara e l’Equatore. Lo scopo è impedire loro di raggiungere l’Europa, principio-guida del lungo processo di esternalizzazione delle frontiere condotto dall’Unione europea negli ultimi vent’anni.