Nessun CPR è innocente. Domande aperte su violenza e sistema detentivo per migranti
Nel paesaggio giuridico e politico italiano, i Centri di permanenza per il
rimpatrio (CPR) sono una presenza strutturale. Eppure, nonostante la loro
continuità, restano ai margini del dibattito pubblico. Acquisiscono visibilità
solo in occasione di eventi estremi – una morte, un suicidio, una rivolta –
mentre il loro funzionamento quotidiano resta avvolto da un’opacità sistemica.
Come ci siamo abituatə a considerare “normale” un sistema che consente di
privare della libertà persone in ragione dello status amministrativo, in assenza
di reato e processo?
Giovedì 4 luglio alle 19:00, al Circolo Arci Santa Libbirata (via Galeazzo
Alessi 96), analizzeremo il sistema della detenzione amministrativa in Italia
attraverso prospettive e strumenti diversi. Lo faremo con Marika Ikonomu
(Domani), Sara Marilungo (Stop-CPR Roma) e Chiara Salvini (Infomigrante),
nell’incontro “Nessun CPR è innocente. Raccontare, supportare, lottare contro il
sistema del trattenimento”.
L’obiettivo non è soltanto documentare ciò che accade all’interno dei CPR – già
complesso, data l’assenza di trasparenza – ma anche interrogare le condizioni
materiali e politiche che ne permettono l’esistenza. Quali logiche
istituzionali, economiche e giuridiche lo tengono in piedi? Quali dispositivi lo
rendono accettabile? E cosa possiamo fare per metterlo in discussione?
Parleremo anche del modo in cui questo sistema viene raccontato. In che modo la
narrazione pubblica contribuisce a renderlo invisibile? Come evitare che
l’attenzione si attivi solo davanti all’evento tragico, lasciando in ombra la
violenza ordinaria che si ripete ogni giorno? Che strumenti abbiamo per dare
continuità e radicalità al discorso critico sui CPR, oltre l’emergenza e il
fatto isolato?
Affronteremo il tema della tutela legale: quali possibilità esistono per agire
in un contesto dove le garanzie sono ridotte o sospese? Quali strategie legali
si stanno costruendo dentro e fuori i centri? E quale funzione politica possono
assumere gli sportelli legali, sia nel supportare le persone trattenute, sia nel
produrre sapere giuridico e strumenti di lotta?
Discuteremo poi delle reti di resistenza: chi si oppone oggi al sistema dei CPR
lo fa spesso in condizioni difficili, costruendo relazioni con le persone
detenute, promuovendo pratiche di solidarietà, rompendo il silenzio con
inchieste, presidi, mobilitazioni. Come si costruiscono queste reti? Che ruolo
possono avere le comunità locali e i movimenti nel produrre resistenza?
Uno sguardo sarà rivolto anche al cosiddetto “modello Albania”, che con
l’esternalizzazione delle procedure e dei luoghi di detenzione rappresenta
un’estensione ulteriore della logica dei CPR. Trattenere persone fuori dal
territorio italiano, solo formalmente sotto giurisdizione italiana, significa
spingersi ancora oltre nella sottrazione di diritti e nella dislocazione della
responsabilità. Ma in che modo questa violenza a distanza si connette a quella
che continua a esercitarsi nei centri italiani? Possiamo parlare di un unico
dispositivo, che agisce su scala differente ma secondo la stessa logica?
Uno sguardo sarà rivolto anche al cosiddetto “modello Albania”, che con la
delocalizzazione delle procedure e dei luoghi di detenzione rappresenta
un’estensione ulteriore della logica dei CPR. Trattenere persone fuori dal
territorio italiano, solo formalmente sotto giurisdizione italiana, significa
spingersi ancora oltre nella sottrazione di diritti e nella dislocazione della
responsabilità. Dall’Albania, dove sono attualmente trattenute circa trenta
persone, è stato attuato un primo rimpatrio diretto in Egitto via Tirana. Un
fatto gravissimo, che mostra come il nuovo dispositivo agisca non solo come
prolungamento del trattenimento, ma anche come acceleratore delle espulsioni, al
di fuori di ogni controllo pubblico e in condizioni di isolamento strutturale.
Ma in che modo questa violenza a distanza si connette a quella che continua a
esercitarsi nei centri italiani? Possiamo parlare di un unico dispositivo, che
agisce su scala differente ma secondo la stessa logica?
Infine, ci interrogheremo sulle responsabilità politiche e istituzionali. Chi
alimenta questo sistema, oltre le dichiarazioni ufficiali? Chi lo rende
possibile? E cosa significa oggi costruire pratiche efficaci per contrastarne la
normalizzazione, anche sul piano del diritto, della comunicazione, del conflitto
sociale?
L’iniziativa del 4 luglio vuole essere uno spazio di confronto aperto e plurale
Un’occasione per pensare insieme cosa significa immaginare – e praticare – il
superamento di un sistema che è non solo ingiusto, ma strutturalmente violento.
Immagine di copertina di Shamballah da Openverse
SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS
Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps
Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per
sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le
redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno
L'articolo Nessun CPR è innocente. Domande aperte su violenza e sistema
detentivo per migranti proviene da DINAMOpress.