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Antonio La Piccirella, attivista della Freedom Flotilla: “Denunciamo Israele per averci sequestrato”
Il silenzio omertoso e complice sul genocidio dei palestinesi deve essere sconfitto con parole di verità, ma anche con il coraggio di un gesto nonviolento, come ha fatto Antonio La Piccirella imbarcandosi sulla nave Handala della Freedom Flotilla per rompere il muro dell’indifferenza e il blocco agli aiuti umanitari. I 21 attivisti che erano a bordo della nave Handala sono finalmente liberi. Israele non aveva nessun motivo legale per detenere l’equipaggio internazionale dell’Handala, come ha dichiarato Ann Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla: “Non si tratta di una questione di giurisdizione interna israeliana. Si tratta di cittadini stranieri che operano secondo il diritto internazionale in acque internazionali. La loro detenzione è stata arbitraria, illegale”. Lo scopo della Freedom Flotilla è quello di rompere il blocco illegale agli aiuti umanitari, ma soprattutto quello di aprire una breccia nel muro spietato dell’indifferenza e offrire uno spiraglio di speranza contro il genocidio. Antonio La Piccirella è tornato a casa dopo una breve detenzione in Israele e gli ho fatto alcune domande. In sintesi mi ha detto: Israele sta sterminando il popolo palestinese e nessun governo ha fatto abbastanza. Purtroppo molti non fanno niente, ma altri, come l’Italia sono complici. L’1% delle armi usate dagli israeliani per reprimere e massacrare i palestinesi è di origine italiana, prodotto e venduto da Leonardo S.p.A. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a imbarcarmi sull’Handala: volevo scrollarmi di dosso un poco di questa vergogna che sento sulla mia pelle come italiano. Inoltre la frammentazione sociale, l’isolamento, il modo individuale di assorbire tutte le informazioni che ci piovono addosso senza una dimensione collettiva e comunitaria e tanti altri fattori ci fanno sentire degli spettatori impotenti e passivi. Questa percezione di isolamento non è casuale, ma deriva da un sistema tecnologico che, tramite i social e i media, la favorisce e la alimenta. La nostra azione di resistenza civile nonviolenta rompe questa sensazione di impotenza e di isolamento contro i governi complici o indifferenti. Siamo in grado di agire di fronte alle forze della repressione. Partecipando alla missione della Freedom Flotilla mi sono sentito liberato da questa prigione virtuale e in linea con mente, cuore e corpo. Abbiamo fatto un’azione contro tutti i governi che ormai seguono solo logiche disumane in nome del profitto. Abbiamo provato a restituire dignità e coraggio a tante persone. Io mi sono sentito padrone della mia vita. Ci dobbiamo mobilitare per riconquistare la nostra umanità. Ci hanno attaccato di notte in acque internazionali come pirati. La navigazione in mare aperto è un diritto inalienabile. Erano venti militari israeliani armati di mitra con due imbarcazioni. Agiscono nell’oscurità per nascondersi meglio. Hanno distrutto i nostri dispositivi e ci hanno registrato per far vedere che ci offrivano cibo, mentre affamano a morte un popolo intero, ma noi avevamo già iniziato lo sciopero della fame e ci siamo rifiutati di accettare qualsiasi cosa. Durante tutto il tragitto ci hanno costretti a rimanere sdraiati in coperta, sotto la minaccia delle armi. L’ipocrisia si manifesta nel modo più orrendo, ed io l’ho vista da vicino. In Palestina massacrano i giornalisti, perché non tollerano narrazioni diverse dalla loro unica verità. L’Occidente è complice.  Secondo un comunicato di Freedom Flotilla Italia, al momento del rapimento da parte dell’IDF, Christian Smalls, cittadino statunitense e noto attivista sindacale contro Amazon, è stato immobilizzato con la forza e malmenato. Così pure durante gli interrogatori: è stato uno di quelli sottoposti alle peggiori angherie. Tali atti costituiscono un trattamento inumano e degradante, vietato dalla Convenzione ONU contro la tortura (1984). Tutto questo è avvenuto anche grazie al fatto che ambasciata e consolato USA non hanno visitato in carcere i loro connazionali, non li hanno assistiti durante i processi, non li hanno accolti e supportati per il viaggio di ritorno. Numerosi giuristi e organizzazioni per i diritti umani, come Adalah e Al Mezan, hanno già segnalato come l’attacco alla nave Handala si inserisca in un più ampio quadro di impunità e aggressione sistematica nei confronti di iniziative civili e umanitarie che cercano di rompere il blocco su Gaza – un blocco che le Nazioni Unite hanno definito “punizione collettiva” e dunque illegale ai sensi del diritto umanitario internazionale. L’abbordaggio della nave Handala, avvenuto in acque internazionali nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2025, costituisce una violazione dell’articolo 87 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), che garantisce la libertà di navigazione, e può configurarsi come atto di pirateria ai sensi dell’articolo 101 della stessa convenzione, nonché come violazione del principio di non-intervento. Inoltre, la detenzione forzata degli attivisti – prelevati contro la loro volontà da acque internazionali, trascinati contro la loro volontà in Israele e trattenuti con una falsa accusa di “immigrazione clandestina” – viola il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR, art. 9), che sancisce il diritto alla libertà personale. Le denunce di Mazzeo e La Piccirella potrebbero aprire un precedente importante: azioni giudiziarie internazionali volte a far riconoscere che le azioni dell’esercito israeliano contro attivisti pacifisti costituiscono violazioni gravi del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto del mare e delle convenzioni sui trattamenti dei civili anche in tempo di conflitto. Rayman
Syros, Grecia: manifestanti pro Palestina impediscono lo sbarco dei passeggeri israeliani della nave da crociera Mano Maritime
Una folla di manifestanti con bandiere palestinesi e striscioni con la scritta Stop the genocide ha bloccato il porto di Syros, in Grecia e ha impedito ai passeggeri israeliani di sbarcare dalla nave da crociera Mano Maritime. In precedenza gli israeliani cantavano: “Possa il tuo villaggio bruciare”. L’enorme nave ha lasciato il porto e sta navigando verso Cipro. Fonte: https://www.facebook.com/vincenzo.giani   Redazione Italia
SIRACUSA: PARTITA L’IMBARCAZIONE HANDALA PER TENTARE NUOVAMENTE DI INFRANGERE IL BLOCCO DI ISRAELE AGLI AIUTI PER GAZA
È salpata domenica 13 luglio a Siracusa l’imbarcazione Handala della Freedom Flotilla Coalition. Farà tappa a Gallipoli, in Puglia e poi si dirigerà in Palestina carica di aiuti umanitari, sfidando nuovamente il blocco imposto dallo Stato sionista. Il natante espone bandiera inglese mentre l’equipaggio proviene da numerosi paesi tra i quali, Italia, Stati Uniti e Sud Africa. Numerosi i solidali da tutta la Sicilia che si sono recati al porto in occasione della partenza per esprimere la loro vicinanza. Tra di loro anche diversi sindaci. Sono alti i rischi che corrono la nave e il suo equipaggio, date le precedenti esperienze di altre imbarcazioni della Freedom Flotilla Coalition, che sono state attaccate dall’esercito israeliano. Nel 2010 durante un blitz sulla nave Mavi Marmara le forze armate di Tel Aviv uccisero 10 attivisti turchi. Zaher Darwish, coordinatore per l’italia della Freedom Flotilla, ci racconta la partenza di Handala e ricorda il significato politico della missione. Ascolta o scarica
Liberi gli ultimi tre volontari della Madleen
Tutti i volontari della Madleen sono usciti di prigione e stanno tornando a casa dopo la loro detenzione illegale da parte di Israele. Vi invitiamo a continuare a mobilitarvi! La Freedom Flotilla Coalition conferma che tutti i difensori dei diritti umani e i giornalisti internazionali che si trovavano a bordo della nave di aiuti civili Madleen stanno tornando a casa. I dodici sono stati rapiti e detenuti con la forza dall’esercito israeliano mentre cercavano di rompere l’assedio illegale e disumano di Israele su Gaza e di portare aiuti umanitari alla popolazione assediata. Gli ultimi tre volontari della Freedom Flotilla Marco van Rennes, Pascal Maurieras e Yanis Mhamdi sono stati rilasciati la mattina del 16 giugno dalla detenzione israeliana e hanno iniziato il loro ritorno in patria attraverso il confine giordano. Le rispettive ambasciate faciliteranno il loro rientro dalla Giordania. Ringraziamo Adalah, il Centro legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele, per aver rappresentato con forza e professionalità questi detenuti e invitiamo i nostri sostenitori in tutto il mondo a unirsi a noi per donare fondi a sostegno del loro importante lavoro. Questa missione si è svolta mentre i palestinesi di Gaza affrontavano la più devastante campagna di pulizia etnica e genocidio della storia recente. Il blocco israeliano di Gaza, che dura da quasi due decenni, è stato ripetutamente giudicato una violazione del diritto internazionale, anche nel rapporto della Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite del 2009 e in numerose analisi giuridiche successive. Nel 2024, la Corte Internazionale di Giustizia ha ritenuto plausibile che Israele stesse commettendo un genocidio a Gaza e ha emanato misure provvisorie vincolanti per impedire tali atti. Nonostante ciò, il blocco letale di Israele continua con il pieno appoggio di Stati Uniti, Unione Europea e altri governi complici. La missione Madleen fa parte di uno sforzo della società civile durato 17 anni per affrontare, sfidare e rompere il blocco illegale di Gaza da parte di Israele. Sulla base dei precedenti, sapevamo che i rischi – tra cui attacchi, lesioni e persino la morte – erano elevati, ma crediamo che il costo dell’inazione sia più alto. Il nostro obiettivo è rompere l’assedio, non simbolicamente, ma materialmente e politicamente, il che richiede la mobilitazione non solo della società civile ma anche dei governi. In questo senso, questa missione è riuscita a riaccendere la consapevolezza, la speranza e l’immaginazione globale attraverso il potere della solidarietà tra le persone e dell’azione diretta. Non ci fermeremo e invitiamo il mondo a unirsi a noi. La nostra missione ha cercato di superare l’affanno dei media e di ricordare al mondo che Gaza rimane sotto un blocco illegale. Il silenzio internazionale non è neutralità, è complicità. I palestinesi hanno il diritto di vivere in dignità, libertà e giustizia e di ricevere aiuti, tutto ciò di cui hanno bisogno, senza il controllo della potenza occupante illegale. Siamo grati per la solidarietà della gente con la nostra missione, con i nostri volontari e, soprattutto, con il popolo palestinese di Gaza, affamato e assediato. Vi chiediamo di continuare a mobilitarvi, di tenere d’occhio gli annunci della nostra prossima azione contro il blocco e di far volare la vostra solidarietà. Continueremo a navigare finché il blocco non sarà rotto, il genocidio non avrà fine e la Palestina sarà libera, dal fiume al mare. Freedom Flotilla Coalition   Pressenza IPA
Dopo Genova presidi anche a Salerno e Reggio Calabria contro la nave della morte
La partecipata manifestazione che sabato mattina ha animato il porto di Genova ha indicato la strada: dopo che i portuali di Marsiglia si sono rifiutati di caricare sulla nave Contship Era della compagnia ZIM  munizioni destinate ad IDF, la mobilitazione di USB Porto di Genova e Calp ha avuto il grande merito di sollevare la questione a livello nazionale nel nostro Paese. La nave della morte domenica sera avrebbe dovuto far scalo al porto di Salerno, dove ugualmente è stato organizzato un presidio di protesta per controllare che non venissero caricate armi. Una forte mobilitazione che sta continuando a ottenere risultati: la Contship Era ha cambiato rotta e non ha attraccato al porto di Salerno, il presidio contro il genocidio è stato mantenuto e ha visto una numerosa partecipazione di solidali tra cui anche USB, con una delegazione di autotrasportatori del Coordinamento Autisti Riuniti che si stanno organizzando con il nostro sindacato negli ultimi mesi. La nave dovrebbe adesso fare scalo a Reggio Calabria, nel porto di Scilla: anche qui per oggi alle ore 12:30 è previsto un presidio organizzato, fra gli altri, da USB. Invitiamo tutte e tutti i solidali a partecipare. Il porto di Scilla oltretutto è uno scalo turistico e peschereccio e la presenza di una nave cargo di queste dimensioni e con un carico potenzialmente pericoloso rappresenta un rischio grave anche sul piano della sicurezza. La lotta contro le navi della morte, contro il traffico di armi negli scali portuali italiani e contro il genocidio in Palestina sta diventando di ora in ora più forte e determinata. Assume ancora più importanza in queste ore, con la nave della Freedom Flotilla che provava a forzare il blocco su Gaza per consegnare aiuti che è stata abbordata e sequestrata dall’esercito israeliano: a loro e a tutti coloro che si battono contro il genocidio va la nostra piena solidarietà. Determinazione che USB porterà anche nella giornata di sciopero generale del prossimo 20 giugno per fermare il genocidio in Palestina, denunciando le politiche di guerra del governo Meloni e le complicità della politica nostrana con lo Stato israeliano. Il giorno seguente, 21 giugno, saremo in manifestazione a Roma, ore 14:00 a Piazza Vittorio Emanuele, con le parole d’ordine che stanno accompagnando le mobilitazioni di questi mesi: abbassare le armi ed alzare i salari. Unione Sindacale di Base
Tutti i modi per fermare la nave Madleen della Freedom Flotilla
Seawatch segnala che “la nave Madleen della Freedom Flotilla ha ricevuto tramite Frontex una richiesta di aiuto per un’imbarcazione in pericolo con a bordo persone migranti. Anche la milizia libica Tariq Ben Zeyad ha raggiunto l’imbarcazione, con l’intento di catturare le persone e riportarle in Libia. È evidente che la Tariq Ben Zeyad sia stata anch’essa allertata da Frontex, che ha così favorito il respingimento illegale. Quattro persone sono riuscite a fuggire buttandosi in acqua raggiungendo la Madleen, mentre le restanti sono state catturate per essere riportate in Libia. La Guardia Costiera greca deve intervenire immediatamente per fermare il respingimento e trasbordare le persone soccorse, per permettere alla Madleen di continuare la sua navigazione verso Gaza.” A questo punto viene da chiedersi se non si tratti di una strategia con diversi, diabolici obiettivi: bloccare o almeno ritardare il viaggio verso Gaza segnalando barche di migranti in difficoltà, spingere la nave verso l’Africa, con il rischio di violenze da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica da noi finanziata e magari anche indagare l’equipaggio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, o salvataggi multipli, come viene fatto di continuo con le Ong del soccorso in mare. Redazione Italia
Israele minaccia di bloccare la nave Madleen della Freedom Flotilla
La radio militare israeliana ha annunciato che le forze di sicurezza hanno deciso di impedire l’avvicinamento della Freedom Flotilla alle coste di Gaza. “Sarà bloccata in alto mare oppure condotta al porto di Ashdod e l’equipaggio verrà arrestato”. La reazione degli attivisti internazionali è stata ferma: “Noi andiamo avanti. Abbiamo messo in conto anche un comportamento violento da parte della marina israeliana”. Il Dottor Baptiste André ha sottolineato che la nave Madleen non “minaccia la sicurezza di Israele” e che il suo messaggio è che il blocco su Gaza “non può continuare”. Ha anche osservato che gli attivisti ricevono quotidianamente messaggi di sostegno da tutto il mondo e contano sul “sostegno internazionale per proseguire il viaggio e rompere il blocco imposto a Gaza”. Seguendo la traccia di navigazione, martedì sera è stato notato un rallentamento della navigazione. Si è saputo ieri sera che la barca è stata sorvolata da un drone militare israeliano, ma non ci sono stati atti violenti. Clicca per ascoltare le dichiarazioni dell’equipaggio prima di partire da Catania (in inglese con sottotitoli in italiano) Segui la rotta della Freedom Flotilla per aumentare la sicurezza dell’equipaggio. Diventa testimone di questo coraggioso viaggio per rompere l’assedio di Gaza. Clicca sul link: https://live.garmin.com/…/515FCF27FB35A7ECF2CB9391BF812F1 ANBAMED
Blocco del porto di Genova per impedire l’attracco di una nave con munizioni destinate all’esercito israeliano
Come USB Porti riceviamo dai colleghi francesi della CGT del Golfo di Fos la comunicazione che dal loro porto sono previsti 19 pallet di munizione destinati all’esercito israeliano. Ci siamo immediatamente coordinati per organizzare un presidio al porto di Genova, con l’obiettivo di impedire l’attracco della nave Zim “Contship Era” previsto alle 15 del 6 giugno presso il varco di Ponte Etiopia. Ribadiamo con forza che non vogliamo essere complici del genocidio che continua a Gaza e che ci opponiamo fermamente a tutte le guerre. Per questo invitiamo tutti e tutte a partecipare al presidio il 6 giugno alle 15 al varco Etiopia di Genova e a prendere parte allo sciopero generale del 20 giugno. Tutta la nostra solidarietà va a chi si mobilita contro la guerra e a chi subisce le guerre perpetrate dai nostri governi. Unione Sindacale di Base