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L’accoglienza residenziale per minorenni stranieri non accompagnati costa fino a tre volte di più dell’affido familiare
ROMA, 9 Giugno 2025 – L’affido familiare rappresenta la soluzione più conveniente dal punto di vista economico per bambine, bambini e adolescenti migranti e rifugiati che arrivano in Italia senza i genitori o un tutore legale, secondo una nuova analisi condotta dall’UNICEF. Uno studio su un programma di affido basato sul modello Terreferme, sostenuto dall’UNICEF e dal Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti (CNCA) dal 2017, ha rilevato che il costo medio giornaliero per minorenne in affido era di 37 euro nel primo anno e di 23 euro nel secondo, rispetto ai costi fino a 100 euro al giorno per l’accoglienza in strutture residenziali. Oltre a essere meno costoso, l’affido familiare offre a bambine, bambini e adolescenti un ambiente stabile e accogliente, favorendo il loro benessere, sviluppo personale, , apprendimento e interazione sociale. Sebbene l’affido familiare sia previsto dalla legge italiana come modalità prioritaria per l’accoglienza dei minorenni migranti e rifugiati, il suo utilizzo resta limitato. Solo il 4% di coloro che arrivano da soli in Italia viene accolto in famiglie affidatarie o contesti simili. Di conseguenza, oltre 16.000 minorenni si trovano attualmente ospitati in strutture di accoglienza. Secondo un sondaggio condotto dall’UNICEF tramite la piattaforma U-Report On The Move, il 53% dei bambini e adolescenti con background migratorio preferirebbe vivere in un contesto familiare, mentre solo il 19% sceglierebbe una struttura residenziale. Inoltre, il 42% non è a conoscenza del fatto che i minori non accompagnati e separati hanno diritto all’affido familiare, evidenziando la necessità di una maggiore sensibilizzazione. «L’affido familiare offre un’assistenza di alta qualità a costi significativamente inferiori rispetto all’accoglienza nei centri, rafforzando al contempo le reti comunitarie e mobilitando il capitale sociale. Ampliare l’affido familiare rappresenta un’opportunità economica e sociale per costruire sistemi di protezione dell’infanzia e società più inclusive e resilienti.» ha dichiarato Nicola Dell’Arciprete, Coordinatore in Italia dell’Ufficio UNICEF per l’Europa e l’Asia centrale. L’UNICEF lavora con governi e società civile per rafforzare i sistemi nazionali di protezione e accoglienza per tutti i bambini, inclusi quelli migranti e rifugiati. In Italia, l’UNICEF collabora con le autorità nazionali e locali per migliorare gli standard nei centri per minorenni non accompagnati e per promuovere l’affido familiare come soluzione prioritaria, in linea con il principio del superiore interesse del minore. L’UNICEF invita tutti gli attori coinvolti nella protezione delle/i bambini e degli adolescenti migranti e rifugiati a: promuovere l’affido familiare, supportato da servizi dedicati e risorse adeguate rafforzare il coordinamento tra autorità nazionali e locali, servizi sociali, sistema giudiziario e società civile garantire la formazione per tutti gli operatori del settore su affido familiare e diritti dell’infanzia semplificare le procedure burocratiche mettere bambine, bambini e adolescenti al centro di ogni intervento, ascoltando le loro opinioni e rispondendo ai loro bisogni monitorare i sistemi esistenti per le/i minorenni attraverso la raccolta di dati e valutazioni per migliorarne qualità e trasparenza UNICEF
L’isola dei bambini mai arrivati. C’è chi giura di averla vista navigare
SONO TANTISSIMI I BAMBINI E LE BAMBINE, I RAGAZZI E LE RAGAZZE CHE ATTRAVERSANO IL DESERTO E IL MEDITERRANEO DA SOLI. NEGLI ULTIMI DIECI ANNI OGNI GIORNO UNO DI LORO È SCOMPARSO IN MARE. MANCAVA PERFINO LA MANO DI UNO DEI GENITORI A DARE L’ULTIMO AIUTO -------------------------------------------------------------------------------- Molti di loro sono certamente passati dal Niger, Terra di Mezzo. Li abbiamo incontrati e poi dimenticati. Erano accompagnati da uno o entrambi i genitori oppure confusi tra fratelli, amici e conoscenti d’occasione. Hanno attraversato non si come il deserto e, per gli strani sentieri del destino, sono riusciti a imbarcarsi e tentare il Mare di Mezzo, il Mediterraneo. Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia Onu per la protezione dell’infanzia l’UNICEF, in dieci anni, almeno 3.500 bambini e bambine hanno perso la vita nel mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale. Questa porzione di mare è riconosciuta come la frontiera più mortale del mondo. Ciò significa, sempre per il rapporto citato, che in questi ultimi dieci anni ogni giorno un bambino è scomparso nel mare. Mancava perfino la mano di uno dei genitori a dare l’ultimo aiuto. Sette bambini su dieci che hanno effettuato la traversata viaggiavano soli. Quanti sono giunti sull’altra riva e interrogati hanno confessato che, durante il viaggio, molti di loro hanno sofferto violenze fisiche e altri sono stati arbitrariamente detenuti. Sono fuggiti da guerre, conflitti, violenze, miseria e soprattutto da una parte d’Africa che ha tradito e venduto il loro futuro ai commercianti di vite umane. I bambini fanno parte delle oltre 20 mila persone morte o disperse nel corso egli ultimi dieci anni nello stesso Mare. L’isola dei bambini si è creata da sé, come per caso, un giorno feriale di un anno che nessuno ricorda. Il numero dei piccoli e delle piccole migranti mai arrivati aumentava al quotidiano e si rese necessario, col tempo, organizzare la vita della colonia e far sentire i nuovi arrivati come a casa loro. All’inizio non è stato facile perché i bambini cercavano di imitare quello che ricordavano della società dei grandi. Armi, guerre, muri come frontiere e parole armate generatrici di violenza e divisione. Si organizzò dunque una prima assemblea aperta a tutti i residenti senza distinzione: si decise all’unanimità che l’isola sarebbe stata guidata senza più tener conto del sistema creato dai grandi. Inventarono strade, cortili, piazze, giochi e feste. Alcuni dei più grandi che già avevano imparato un mestiere si industriarono a trasmettere ad altri il loro sapere. Altri e altre organizzavano la cucina, la cura dei più piccoli e rallegravano la vita dell’isola con canti e danze improvvisate. L’isola delle bambine e dei bambini mai arrivati era anch’essa migrante e, in realtà, non andava da nessuna parte. Si muoveva, invisibile o visibile secondo le stagioni e, come esse, mutevole nei colori e nella forma. Quando, da lontano, spuntava un’imbarcazione i bambini migranti innalzavano una bandiera inesistente e accendevano fuochi sperando che il fumo avrebbe segnalato la loro presenza. L’isola è ben là fino a tutt’oggi e continua a ricevere nuovi ospiti ai quali viene chiesto il nome, l’età e il Paese di origine. Nel caso di neonati i nomi sono scelti a seconda dei giorni di sole, di pioggia e di vento. Non c’è una rotta prestabilita perché l’isola inventa ogni giorno nuovi orizzonti e c’è chi giura d’averla vista passare ma c’era nebbia quel giorno. Alcuni dei primi residenti immaginano che un giorno l’isola dei bambini si trasformerà in un continente che avrà dimenticato per sempre l’arte della guerra. -------------------------------------------------------------------------------- Mauro Armanino, vive a Niamey in Niger. Ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura. Questo articolo è stato inviato anche a ilfattoquotidianot.it -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo L’isola dei bambini mai arrivati. C’è chi giura di averla vista navigare proviene da Comune-info.