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Kotteri! / Il lato scontroso dell’amore
“Il cielo era ricoperto di nuvole grigie, / l’intera città fredda e silenziosa, come una fotografia. / Due occhi che non conoscevano il mondo danzavano, / e i suoni tingevano un giovane d’arancione”. Lei, lui e il colore: nel breve capitolo di prologo di Veil c’è già tutto il necessario per lasciarsi trasportare all’interno della storia e del mondo di questo manga finalmente portato da J-Pop in Italia. Attraverso l’etichetta J-Pop la casa editrice milanese Edizioni BD fa conoscere al pubblico italiano Veil, una tra le opere recenti (è giunta in Giappone al sesto volume) più apprezzate  nel mondo dai lettori di Kotteri!, lo pseudonimo dietro il quale si cela l’esperta mangaka Ikumi Fukuda. Veil è un manga di stampo romantico che racconta dei momenti di vita dei due protagonisti, Emma e Alexander: lei ereditiera non vedente, fuggita dall’agiata vita di casa per conoscere il mondo; lui poliziotto dal cuore d’oro, subito pronto ad aiutarla a trovare un lavoro come centralinista presso la propria stazione di polizia. Questa la premessa da cui parte un’opera che si può definire, come genere, slice of life. Ogni capitolo ci accompagna attraverso dei momenti della frequentazione tra i due giovani, frequentazione che pur non assumendo i contorni “comuni” di una storia d’amore si può considerare sin da subito dolce e intima; anche solo sedersi l’uno accanto all’altra diventa subito un momento per avvicinarsi, parlarsi sottovoce, aiutarsi, scherzare o essere, più semplicemente, complici. Lo svolgersi degli eventi si trova dunque all’interno di una certa atemporalità che crea atmosfere da sogno; l’ambientazione è quella di una immaginaria città chiamata Sashenka, nella Repubblica di Sasha, dagli espliciti richiami russi, e l’estetica dell’uniforme di Alexander suggerisce che sia il pieno periodo sovietico. Ma non si parlerà mai di politica in senso stretto, o si vedrà lui intento a svolgere il suo lavoro di poliziotto: ciò che l’autrice vuole mostrarci è solo il rapporto tra questi due giovani. L’estetica è sicuramente il primo aspetto di questo manga che conquisterà il lettore, un’estetica che trova espressione nei disegni meravigliosi di Kotteri!, il cui amore per la moda e per le uniformi militari si rivela ancora una volta nella cura maniacale con cui tratteggia look, vestiti e accessori dei personaggi dell’opera. Il suo tratto, che ricorda molto quello del grande artista illustratore di moda Tony Viramontes, è insieme delicato e pieno di dettagli, in grado di tenere incollati alla pagina per ammirarlo. A ciò si accompagna un magistrale uso del colore che a lettori e lettrici richiamerà quello di Ai Yazawa, la famosa autrice del manga Nana. Kotteri!, se così ci passate il lirismo, dimostra ancora una volta a quale bellezza può giungere la mano umana quando disegna. Non si pensi, però, a un manga che vuole risultare soltanto epidermicamente piacevole per l’occhio: Veil è scritto in maniera sapiente per portare un punto di vista femminile dolce e passionale su di un rapporto indescrivibile nella sua serendipità, quale quello tra due persone che, conoscendosi per la prima volta, da subito sentono un legame, un’attrazione che però non è semplicemente fisica o sfuggevole; tutto nasce quando Alexander si preoccupa per Emma in quanto ragazza non vedente, e lei è lieta di aver incontrato un ragazzo tanto gentile e premuroso come lui, finto burbero dal tipico carattere – come si dice in gergo – tsundere, ovverosia apparentemente scontroso e aggressivo, ma che cela un lato più dolce e amorevole. La cecità di Emma, in particolare, è usata per rendere partecipe il lettore di alcuni dei momenti più intensi e intimi del rapporto dei protagonisti, e tutto ciò attraverso un altro importante senso, il tatto: le mani di Emma cercano sempre i vestiti, la faccia, i capelli di Alexander, che sia per tenersi a lui, che sia per prenderlo in giro, che sia semplicemente per sentire il calore dei suo corpo. Non ci sono baci, non ci sono labbra che si sfiorano, eppure momenti come questi risultano molto più potenti e coinvolgenti di tante opere che provano a comunicare l’amore in maniera più esplicita o crassa.  Chi sono, dunque, Alexander ed Emma? Sono già una coppia innamorata? Amici che vorrebbero essere di più? Conoscenti da subito legati attraverso un qualcosa che nemmeno loro riescono a spiegare? Forse tutto, forse niente. Spetterà al lettore, quando si immergerà nel meraviglioso mondo di Kotteri!, fare la propria decisione. L'articolo Kotteri! / Il lato scontroso dell’amore proviene da Pulp Magazine.
Molfest 2025, Festival della cultura POP e cosplay a Molfetta: ma che ci fanno le Forze Armate?
Si è aperta ieri, venerdì 27 giugno 2025, a Molfetta in provincia di Bari il Molfest, il Festival della Cultura POP e del cosplay, che proseguirà per tre giorni tra stand, spettacoli in costume e stage in giro per le strade e le piazze principali della città. Si presuppone che nell’arco dei tre giorni l’iniziativa richiami migliaia di adolescenti e giovani da tutto il Mezzogiorno, attratti e attratte dalla moda del momento, cioè dai travestimenti aventi come tema i personaggi dei cartoni animati, dei fumetti, dei videogiochi e dei manga, i famosi anime giapponesi. Il Festival è patrocinato dalla Città di Molfetta e ha come partners Radio Norba, il più grande network radiotelevisivo del Sud, Junior TV e Super Six, canali tematici per bambine e bambine, insieme al CNR e a tante altre aziende di videogiochi e realtà legate al mondo giovanile dei fumetti. Tra gli espositori, invece, figurano nell’apposita pagina del sito (clicca qui) aziende di abbigliamento, di giochi da tavolo, carte collezionabili, accessori, fumetti, videogiochi, case editrici, tatuaggi, maglie ispirate ai manga giapponesi, il tutto per affascinare i ragazzi e le ragazze. Eppure, senza figurare tra i partner e gli espositori, il Molfest, il Festival della cultura POP risulta costellato di stand delle Forze Armate, dalla Marina Militare all’Aeronautica, all’Esercito alla Polizia Penitenziaria, che occupano nel complesso un’area maggiore rispetto agli altri spazi dedicati allo specifico argomento del Festival, una sproporzione che è sintomatica del clima guerrafondaio che stiamo vivendo in questi ultimi giorni con il Governo che obbedisce al diktat della NATO e aumenta la spesa per la difesa al 5% del PIL nazionale. Ma, quindi, cosa ci fanno le Forze Armate al Molfest, il Festival della cultura POP con tantittime/i bambine/i nei loro stand? Perché un tale sfoggio di divise e simulatori di strumenti di morte, come cacciabombardieri, portaerei, elicotteri, visori, largamente sponsorizzati da Leonardo SpA, la maggiore industria di costruzione ed esportazione di mezzi di guerra? In tempi di totale disimpegno morale, di generale indifferenza nei confronti dei massacri e dei genocidi in corso per mano di governi fanatici e di militari fuori controllo, qual è il rapporto tra la cultura POP e le Forze Armate? In realtà, le risposte circostanziate ai nostri interrogativi, e questo capita ormai da molto tempo, rimarranno inevase, giacché l’unico motivo per cui le Forze Armate sono presenti in tutte le manifestazioni in cui accorrono i/le giovani obbedisce ad un progetto ben definito, esplicitato chiaramente nel Programma di Comunicazione del Ministero della Difesa del 2019 (clicca qui per il documento) e anche in quello più recente del 2025 (clicca qui per il documento), in cui risulta chiaro l’obiettivo delle Forze Armate, cioè quello di aggredire tutti gli spazi, dalle scuole alle manifestazioni pubbliche in cui sono presenti i/le giovani e presentare la prospettiva di arruolamento, dal momento che, come afferma anche il generale Leonardo Tricarico, «Se venissimo attaccati non potremmo difenderci. I nostri militari? Non bastano». Sono anni, ormai, che come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denunciamo questa indebita invasione di spazi pubblici della società civile per fare reclutamento e presentare, come scrivono nei loro documenti, «la Difesa e le Forze Armate come elementi essenziali del sistema nazionale e internazionale di sicurezza, al servizio della protezione delle nostre libertà», legittimando uno slogan, ormai diventato istituzionale, secondo il quale «Si vis pacem, para bellum». E, in particolare, la presenza delle Forze Armate al Molfest rientra in una delle “azioni specifiche” del Programma di Comunicazione 2025, infatti: «Per azioni specifiche si intendono le iniziative di comunicazione con cui il Dicastero intende proiettarsi all’esterno. Si continueranno ad utilizzare i tradizionali canali di interazione, ma per tutti vale il tassativo indirizzo che su questi canali, sempre, si dovrà far riferimento a un’unica realtà identitaria che si sintetizza con il termine “DIFESA”. In particolare i canali sono: eventi e attività aperti alla partecipazione della società civile, quali saloni, mostre, convegni, incontri culturali, seminari nelle scuole, ecc. continueranno a svolgere una funzione importante quali occasioni per esprimere le eccellenze peculiari della Difesa. Le manifestazioni di interesse dovranno essere individuate sulla base di criteri che tengano conto di idonei criteri tematici, geografici e temporali, della reputazione delle società organizzatrici, della pertinenza dei contenuti e dell’adeguatezza dei contesti di svolgimento». Prepariamoci, dunque, in tutti gli spazi e in tutti i settori della società civile a questa subdola e aggressiva strategia di comunicazione delle Forze Armate, compatte sotto “l’identità linguistica” #DIFESA, che, mentre mostra gli aspetti più ludici e accattivanti della strumentazione a loro disposizione, contribuiscono a normalizzare l’universo simbolico che legittima le guerre che domani i nostri figli e le nostre figlie affronteranno, giacché quello del 5% del PIL nazionale non è che un investimento economico che dovrà, in qualche modo, dare i suoi frutti. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Puglia
Usamaru Furuya / Della morte, dell’amore
«Perché pensare alla morte dovrebbe considerarsi alla stregua di una malattia mentale? Siamo venuti al mondo senza poter scegliere la vita… Che male c’è, allora, a scegliere liberamente la morte come “salvezza”? […] In rappresentanza di tutti gli adolescenti, noi… Faremo del nostro meglio per morire!» È con queste parole, e la conseguente dichiarazione dei protagonisti – i giovani studenti Noel Kusonoki e Tôyama Eishin – che si apre Shinjü. Una storia d’amore,  nuova opera di Usamaru Furuya, apparsa per i tipi di Coconino Press. Furuya è un autore che si sposa perfettamente con il catalogo della maggiore casa editrice italiana di fumetto d’autore mondiale, e torna a dimostrarlo in questo nuovo manga provocatorio, dall’argomento indubbiamente controverso e forte, eppure capace di far attraversare al lettore, così come ai suoi protagonisti, momenti d’improvvisa tenerezza e persino di speranza.  La trama, di per sé, ci offre una vicenda adolescenziale dalle tinte melodrammatiche: Noel e Eishin sono due studenti di diciassette anni con situazioni familiari disastrate: la madre di Noel, di origine straniera, viene molestata e violentata regolarmente dal patrigno, al punto da sviluppare una totale apatia nei riguardi della vita; Eishin sogna invece, dietro parole di disprezzo per la categoria, di diventare uno scrittore, e spia attraverso un buco nel muro la propria madre costretta a prostituirsi per guadagnarsi da vivere,  dopo la scomparsa del padre del ragazzo. Entrambi i protagonisti di questo manga vivono dunque in partenza un rapporto complicato e malsano con il sesso – mostruoso, repellente e magnetico al tempo stesso – che permea le loro vite. Dal loro incontro, dopo che Noel si emoziona a leggere un racconto di Eishin, i due iniziano a sviluppare una relazione sessuale prima morbosa e tossica, fatta di sfoghi e crescente perversione, che lentamente, però, incomincerà ad assumere sempre di più le forme di una relazione “normale”, e porterà entrambi a vedere diversamente il proprio rapporto non solo con l’erotismo, ma anche con i propri sentimenti nei confronti del mondo e degli altri. Usamaru Furuya Di certo il tema è molto forte e non per tutti, e il tratto di Furuya, esperto nel disegno erotico, sottolinea con preciso realismo ogni attimo di sessualità che permea l’opera, da quelli più  “scabrosi” a quelli improntati a una maggiore tenerezza. L’erotismo, soprattutto adolescenziale, è un argomento comune nella sua produzione artistica, caratterizzata da uno sguardo disincantato e non giudicante su rapporti sentimentali intensi tra adolescenti,  con coetanei o con persone più adulte, che attraversa generi come il racconto romantico, la fiaba, o addirittura l’horror, con semplicità e grazia. Altro motivo dell’opera è quello del suicidio. Nel graphic novel ci troviamo di fronte a due diciassettenni cinici e stanchi, resi tali da un mondo che, dalla loro prospettiva, sembra divertirsi a volerli morti. Noel, per fuggire dalla propria realtà, si rifugia in scrittori come Osamu Dazai, Ryūnosuke Akutagawa, Yukio Mishima, Yasunari Kawabata, di cui vuole leggere le “opere più sconvolgenti”. Scrittori fondativi della letteratura giapponese, caratterizzati tutti e quattro, non casualmente, dall’essersi tolti volontariamente la vita. “Mi sento a mio agio solo quando sono circondato da cose non necessarie. Mi ricordano che vivere non ha alcun significato”, dice Eishin a Noel, la quale vede nella profonda disillusione  del ragazzo nei confronti della vita l’anima gemella che tanto stava cercando, con la quale potersi togliere la vita in un “romantico” doppio sudicio.  Nonostante le premesse, i due protagonisti non resteranno perennemente bloccati  nel loro assoluto nichilismo. Nel corso della storia, attraverso il rapporto di amore che svilupperanno, ma anche la capacità di saper guardare oltre la  convinzione che la vita non riservi niente di bello – e che, anzi, si nasca per soffrire in un mondo che non potrà mai capirti –  Noel ed Eishin saranno in grado finalmente di aprirsi: non solo l’uno con l’altra, ma anche con se stessi, trovando una nuova risposta al senso della propria esistenza. Usumaru Furuya e Coconino Press consegnano ai lettori una storia di non facile lettura per l’intensità e la crudezza dei temi rappresentati, ma non per questo crudele. Più di tanti altri manga, anzi,  questa storia ci consegna dei protagonisti adolescenti portati a maturare stupendamente, nel corso delle loro vicende. E con i quali si potrà scoprire insieme che l’amore è «camminare insieme su un sentiero fangoso e oscuro, dove non si scorge nulla all’orizzonte». L'articolo Usamaru Furuya / Della morte, dell’amore proviene da Pulp Magazine.