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Referendum in Ecuador, popolo dice NO alla modifica della Costituzione volta ad introdurre basi militari USA
Domenica scorsa, 16 novembre, in Ecuador si è tenuto un referendum in cui i cittadini erano chiamati a votare su quattro quesiti: proibizione delle basi straniere, riduzione del numero dei parlamentari, abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti e sulla possibilità di convocare un’Assemblea costituente per riscrivere la Costituzione. La popolazione ha votato contro le proposte referendarie. Con circa il 95% delle schede scrutinate, il “no” ha prevalso in tutti e quattro i quesiti. In particolare, la proposta di convocare un’Assemblea costituente è stata respinta da oltre il 60% degli elettori, mentre quella sul ritorno di basi militari straniere USA ha visto più dei due terzi dei votanti contrari. Il risultato frena il tentativo di superare l’architettura istituzionale dell’era di Rafael Correa. Il «no» rappresenta un duro colpo per il presidente conservatore Daniel Noboa, che aveva legato il referendum alla propria figura politica. Noboa ha fatto una grande campagna per cancellare il divieto di ospitare sul territorio nazionale basi militari di paesi stranieri: per farlo sarebbe stato necessario modificare la Costituzione in vigore dal 2008, in cui era stato introdotto il divieto. Quest’ultimo punto avrebbe consentito a Noboa, vicino alle posizioni del presidente statunitense Donald Trump, di imprimere un orientamento più neoliberista allo Stato, rompendo con le politiche sociali dei governi progressisti di Rafael Correa. Ma anche questa proposta è stata bocciata, insieme alle riforme su Parlamento e partiti. Noboa, che è presidente dell’Ecuador dal 2023 e fa parte del partito Azione Democratica Nazionale, è un alleato del presidente Donald Trump e l’obiettivo del referendum era aumentare la collaborazione in materia di difesa con gli Stati Uniti. Non a caso negli scorsi mesi il governo ecuadoriano aveva espresso l’interesse per l’apertura di una base statunitense, e a marzo Noboa e Trump si erano incontrati per discuterne. Il nodo politicamente più delicato riguardava la possibilità di autorizzare nuovamente la presenza militare Usa nelle basi di Manta e Salinas, un tempo fulcro delle operazioni antidroga di Washington. Secondo Noboa, la presenza di forze militari straniere – cioè di militari americani – avrebbe aiutato a contrastare le bande criminali locali e a ridurre la crescente violenza tra la popolazione. In Ecuador sono attive molte bande criminali che commerciano e smistano droghe illegali, tra cui la cocaina, che viene prodotta soprattutto in Colombia e Perù, due paesi confinanti. Secondo Noboa, circa il 70%  della cocaina prodotta al mondo passa per l’Ecuador. I risultati dei referendum in Ecuador, diffusi ieri, mostrano che domenica scorsa gli elettori ecuadoriani hanno respinto il ritorno delle basi militari straniere nel Paese, vietate dal 2008. Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha riconosciuto la sconfitta nel referendum da lui promosso, in cui l’elettorato era chiamato a esprimersi anche sul ritorno di basi militari statunitensi e sull’avvio di un processo costituente. In un messaggio sui social ha affermato di rispettare “la volontà del popolo ecuadoriano”, assicurando che, nonostante la bocciatura, il suo “impegno con il Paese si rafforza”. La sconfitta pesa sull’agenda di Noboa, che ha legato parte della sua strategia di sicurezza alla cooperazione con gli Stati Uniti, in un contesto segnato anche dai recenti raid ordinati dalla Casa Bianca contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nei Caraibi e nel Pacifico. Dal governo non è arrivata ancora alcuna indicazione sul futuro degli accordi preliminari già siglati con Washington, dopo la visita nel Paese della segretaria alla Sicurezza nazionale Usa, Kristi Noem. Per Noboa si tratta della prima significativa battuta d’arresto dalla sua elezione nel 2023 e dalla riconferma in aprile.   Ulteriori informazioni: https://ilmanifesto.it/referendum-in-ecuador-no-alle-basi-militari https://www.ilpost.it/2025/11/17/ecuador-referendum-basi-militari-straniere/ https://www.swissinfo.ch/ita/l%27ecuador-al-referendum-dice-no-al-ritorno-delle-basi-usa/90347687 Lorenzo Poli
Ecuador post-elezioni: una società divisa e polarizzata
> «Tutti come me, ha detto il Presidente: usurpando un onore che non meritavamo, > con un lavoro che non sapevamo fare». (Gabriel García Márquez, Dodici racconti > raminghi) Dopo la prima settimana post-elettorale, la popolazione dell’Ecuador è tornata alle sue attività quotidiane, divisa tra il riconoscimento del trionfo elettorale del candidato presidente Daniel Noboa e la denuncia di mega-frodi da parte della candidata dell’opposizione Luisa González. Secondo le norme elettorali, il Tribunale elettorale sta attualmente aspettando il completamento del conteggio finale prima di poter presentare eventuali ricorsi. Il partito Revolución Ciudadana ha annunciato che contesterà le elezioni. Al di là di questa evidenza, sembra che resteranno impunite quelle irregolarità commesse dal candidato alla presidenza che minano la legittimità del processo elettorale, come l’uso di fondi pubblici nella campagna elettorale, l’inadempimento alla Costituzione tramite il rifiuto di chiedere l’aspettativa come presidente per portare avanti la sua campagna elettorale, o l’impedimento alla vicepresidentessa [Verónica Abad, NdT] di assumere le funzioni presidenziali mentre era in campagna elettorale. Le elezioni di ballottaggio del 13 aprile sono macchiate da queste illegittimità. Il clima di incertezza non si è normalizzato nel Paese. Ci sono state azioni ufficiali intimidatorie e repressive. Una di queste è la pubblicazione di una lista di oltre cento persone a scopo di persecuzione, secondo l’ex candidato vicepresidente Diego Borja (Radio Pichincha, 21/04/2025). Allo stesso tempo, invece di affrontare le accuse di illegittimità, il regime ha lanciato una narrazione persecutoria con l’annuncio che sicari dal Messico stavano arrivando nel Paese per attentare alla vita dell’attuale presidente, fatto immediatamente smentito dal Ministero degli esteri messicano e che «ha intensificato la crisi tra Messico ed Ecuador con gli attacchi di Noboa dopo la sua vittoria» (El País América, 21/04/2025). La preoccupazione maggiore per il futuro, al di là dell’esito finale delle elezioni contestate, è che ci troviamo con una società molto divisa e polarizzata, a lungo alimentata con l’odio politico da chi è al potere e dai mass media, oltre che assediata dalla paura della violenza inarrestabile proveniente dal crimine organizzato e dalla sfiducia seminata nella popolazione da più di un anno di militarizzazione della “guerra interna”. In questo clima di scontro che stiamo vivendo, il Ministro del Governo ha insinuato che dietro il piano di assassinare il Presidente ci sia la vendetta di chi non sa perdere. A questo proposito, Ramiro Ávila, ex giudice della Corte Costituzionale, avverte che è preoccupante la classificazione in buoni o cattivi dei cittadini da parte del governo, poiché questa retorica dopo un processo elettorale non fa bene, anzi è sospettosa e malsana, e crea nemici in una società e annuncia che ci saranno persone che subiranno violazioni dei diritti umani (Radio Pichincha, 21/04/2025). Si prospettano tempi non facili per la popolazione ecuadoriana. La riflessione, la costruzione di nuove proposte e la ricomposizione della capacità di mobilitazione sono, senza dubbio, un percorso possibile. Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto. Revisione di Thomas Schmid. Carlos Crespo Burgos