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Testimoni riferiscono che persone in cerca di aiuti a Gaza sono state “colpite alla testa” al centro di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation
di Tareq S. Hajjaj,     Mondoweiss, 12 luglio 2025.     Le forze israeliane hanno compiuto un altro massacro in un centro di assistenza nel sud di Gaza gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation. Testimoni hanno descritto carri armati israeliani che sparavano con mitragliatrici sulla folla e soldati che colpivano alla testa i richiedenti aiuti. Palestinesi che trasportano scatole di aiuti della Gaza Humanitarian Foundation, 16 giugno 2025. (Foto: Omar Ashtawy/APA Images) Samir Shaat, un giovane trentenne, seduto nel cortile del Nasser Medical Complex, racconta quello che descrive come il giorno più brutto della sua vita. Sabato mattina, Shaat si è recato al centro di distribuzione degli aiuti di al-Shakoush nella città di Rafah, gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF). Dopo la chiusura di tutti gli altri centri della GHF a Gaza, questo era l’unico ancora operativo. Shaat e un suo amico erano lì per portare del cibo alle loro famiglie. Non appena sono arrivati alle 9:40 del mattino, racconta Shaat, i carri armati dell’esercito israeliano sono apparsi su un’alta collina vicino al sito e hanno iniziato a sparare con mitragliatrici pesanti contro le migliaia di civili che aspettavano il segnale d’inizio della compagnia statunitense per entrare nel sito. Invece di tornare a casa con il cibo, Shaat è tornato portando il suo amico, che era stato colpito direttamente alla testa. Lo ha trasportato per più di un chilometro a piedi, correndo nella speranza di salvarlo. Quando è arrivato all’ospedale, il suo amico era già morto tra le sue braccia. Il Ministero della Salute di Gaza ha annunciato che all’ospedale Nasser sono stati registrati 18 morti e oltre 50 feriti in seguito al massacro di oggi al centro GHF. Il Ministero ha affermato che i morti portano il numero totale delle persone uccise in questi centri a 805, mentre il numero dei feriti nei siti GHF è di 5.252. “Hanno iniziato a spararci uno ad uno” In una testimonianza video ottenuta da Mondoweiss, Samir Shaat è seduto nel cortile dell’ospedale Nasser con i vestiti intrisi di sangue. Descrive ciò che ha visto oggi al centro GHF come un “mare di sangue”. Le persone che portavano sacchetti vuoti, sperando di riempirli di cibo, sono tornate usandoli come un sudario, dice Shaat, sostenendo che, nonostante fosse consapevole del pericolo che correva andando al centro GHF, ha scelto comunque di andarci. “Cosa ci spinge ad andare lì se non il fatto di non avere nulla da mangiare?”, dice. “Immaginate se vostra madre vi chiedesse qualcosa da mangiare, o vostra sorella minore vi chiedesse qualcosa per placare la sua fame, e voi restaste lì a guardarle morire lentamente di fame giorno dopo giorno. Andrei incontro alla morte pur di procurare loro qualsiasi cosa”. Shaat racconta che suo fratello è stato ucciso la settimana scorsa in un incidente simile in uno dei centri della GHF. Spiega che, essendo anche suo padre morto durante la guerra, lui è ora l’unico capofamiglia. La folla era ad almeno 500 metri di distanza dalla posizione dell’esercito israeliano quando hanno aperto il fuoco, dice Shaat. “Hanno iniziato a spararci uno ad uno, colpendo i civili affamati con colpi diretti alla testa”, racconta. “Ci stanno uccidendo deliberatamente davanti a tutti. Ne hanno uccisi centinaia di migliaia e il mondo non si muove, quindi continuano a uccidere senza curarsi di nulla”. Shaat dischiude il telo di plastica, aprendo la cerniera davanti alle telecamere che lo circondano. “Questo è Ahmad, il mio amico. Guardate il suo sangue fresco, non si è ancora seccato”. Indica i fori dei proiettili, tutti concentrati nella parte superiore del corpo. “Abbiamo fatto colazione insieme e siamo partiti per cercare qualcosa da mangiare per le nostre famiglie. Ma come vedete, sono tornato portando il mio amico morto sulle spalle. Non tornerà dalla sua famiglia affamata”. Un giornalista gli chiede cosa lo spinge a continuare ad andare in questi centri, e Shaat risponde: «Diteci piuttosto: cos’altro abbiamo da mangiare?». Un altro sopravvissuto al massacro degli aiuti, Ahmad Haddad, giace in un letto dello stesso ospedale mentre racconta gli eventi della giornata. «Andiamo lì perché vogliamo mangiare», dice in una testimonianza video per Mondoweiss, parlando con respiri affannosi e lasciando uscire lamenti di dolore tra una frase e l’altra. «Conosciamo il pericolo che corriamo lì. Ma la fame è dura. Non c’è altra scelta». «L’unico cibo che possiamo ottenere è quello che ci danno», continua. «Ma quando siamo andati oggi, i soldati sono usciti con i fucili e le mitragliatrici dei carri armati. Abbiamo visto i soldati da vicino, che puntavano le armi alle nostre teste e ci sparavano come uccelli, come se fossimo inutili, come se si divertissero con il nostro sangue uccidendoci a dozzine». Haddad racconta che i carri armati israeliani hanno sparato a caso sulla folla, mentre i soldati osservavano chiunque si alzasse e gli sparavano alla testa. «Ci siamo sdraiati a terra, temendo i proiettili e cercando di salvarci la vita», racconta. «Ma i soldati ci stavano aspettando, in agguato. Chiunque si alzasse cadeva a terra morto». La GHF pronta a costruire un “campo di concentramento” a Rafah mentre i negoziati per il cessate il fuoco sono in stallo Il programma di distribuzione degli aiuti della GHF continua ad essere ampiamente condannato dalle organizzazioni umanitarie internazionali per i massacri che si verificano quotidianamente all’interno o nelle vicinanze dei suoi centri. Ciò ha portato i palestinesi di Gaza a descrivere questi luoghi come “trappole mortali” che utilizzano gli aiuti come esca per attirare i civili in zone sotto il controllo militare israeliano. La GHF è stata anche criticata per aver assecondato gli obiettivi militari israeliani di costringere la popolazione di Gaza in queste zone “ripulite” all’interno della Striscia, con l’obiettivo finale di espellere la popolazione civile da Gaza e facilitare la cosiddetta “migrazione volontaria”. Questo obiettivo è stato espresso più recentemente all’inizio di questa settimana, quando il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha annunciato che Israele cercherà di “concentrare” la popolazione di Gaza in cosiddette “città umanitarie” costruite sulle rovine di Rafah, nel sud di Gaza. Katz ha affermato che tutti i 2 milioni di abitanti di Gaza sarebbero stati costretti a trasferirsi in questa zona prima del loro sfollamento. La dichiarazione di Katz è stata ampiamente condannata come un piano per costruire un “campo di concentramento”. La GHF è vista dai palestinesi come una componente fondamentale di questo piano, in quanto fornisce una copertura umanitaria agli obiettivi politici e militari di Israele. All’inizio di questa settimana, la Reuters ha riportato una proposta che aveva visto sotto il nome della Gaza Humanitarian Foundation che descriveva in dettaglio la costruzione di “campi di transito su larga scala chiamati ‘Aree di transito umanitario’ all’interno – e forse all’esterno – di Gaza”. Il massacro di oggi nel sito di assistenza di Rafah arriva mentre si diffondono notizie di un’interruzione dei colloqui di cessate il fuoco tra Hamas e Israele in Qatar. Muhammad Eslayeh ha raccolto le testimonianze per questo articolo. https://mondoweiss.net/2025/07/gazan-aid-seekers-sniped-in-the-head-at-ghf-distribution-center-witnesses-say/ Traduzione a cura di AssopacePalestina Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
Quando l’aiuto uccide: i BRICS sfidano il modello letale di ‘assistenza umanitaria’ a Gaza
LA SOGLIA ETICA SI SPOSTA: I BRICS COME SPARTIACQUE INTERNAZIONALE Non è stato un vertice come gli altri. La dichiarazione dei BRICS a Rio de Janeiro, il 7 luglio 2025, non è stata solo ferma: è stata inedita. Per la prima volta, un blocco di nazioni influenti ha condannato ufficialmente l’uso della fame come arma di guerra e la militarizzazione dell’assistenza umanitaria. Il bersaglio non è stato esplicitamente nominato, ma è evidente: si tratta della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), creata dagli Stati Uniti con il sostegno operativo di Israele, finanziata ed eseguita da imprese private. La dichiarazione finale dei BRICS alza lo standard etico in un sistema internazionale paralizzato. Di fronte a un’ONU bloccata dai veti e a un Occidente incapace di distinguere tra aiuto e punizione, i BRICS hanno affermato ciò che nessuno aveva osato dire: l’aiuto è diventato un’arma. Non si tratta solo di un cambiamento diplomatico, ma di un punto di svolta morale. Nelle parole del presidente cileno Gabriel Boric, presente al vertice come ospite permanente: “Nessuna forma di assistenza può giustificare l’assassinio di persone affamate. Quello che sta accadendo a Gaza non è solo una tragedia umanitaria, è una violazione del cuore stesso del diritto internazionale.” Boric è stato il primo a menzionare direttamente la responsabilità di Stati Uniti e Israele in una sessione a porte chiuse, secondo fonti diplomatiche brasiliane. GAZA HUMANITARIAN FOUNDATION: ARCHITETTURA DI UN’ENTITÀ LETALE La GHF è stata fondata nel febbraio 2025 come struttura alternativa al sistema di aiuti internazionali. Registrata nel Delaware (USA) e in Svizzera, ha iniziato le sue operazioni il 27 maggio con un modello di distribuzione autonomo e militarizzato. Con il pretesto dell’“efficienza umanitaria”, ha sostituito agenzie come l’ONU, la Croce Rossa e MSF con una rete di contractor armati e società di consulenza private. Tra i suoi partner operativi ci sono Safe Reach Solutions, guidata dall’ex paramilitare della CIA Phil Reilly, e UG Solutions, formata da ex militari delle forze speciali statunitensi. L’architettura è stata progettata da Boston Consulting Group sotto il nome in codice “Piano Aurora”, con l’obiettivo di facilitare il trasferimento di massa di fino a 500.000 palestinesi dal nord al sud della Striscia di Gaza. Il finanziamento iniziale ha incluso 30 milioni di dollari approvati dall’amministrazione Trump — nonostante 58 obiezioni interne dell’USAID — e capitali privati da McNally Capital, una società attiva nel settore della difesa e logistica. Il costo operativo mensile stimato della GHF supera i 140 milioni di dollari. CENTRI DI DISTRIBUZIONE O ZONE DI ESECUZIONE Dall’inizio delle sue operazioni, la GHF è stata teatro di violenze sistematiche. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 843 persone sono state uccise e oltre 4.700 ferite nei pressi dei centri di distribuzione tra il 27 maggio e il 7 luglio 2025. Le morti sono state causate da proiettili veri, granate stordenti e spray al peperoncino contro folle di civili. Indagini di Associated Press, The Guardian e TRT Español hanno rivelato video in cui agenti di sicurezza sparano da postazioni sopraelevate su persone affamate. Alcuni video contengono frasi come “credo che l’hai preso”, pronunciate dai contractor. Alcuni agenti hanno riferito di non aver ricevuto formazione, di aver lavorato senza direttive chiare e che molti di loro erano stati assunti senza esperienza. Le regole d’ingaggio erano state autorizzate prima ancora di essere formalizzate. IL BUSINESS DELLO SFOLLAMENTO: ARCHITETTURA STRATEGICA E PROFITTO STRUTTURALE Il modello GHF non è solo un fallimento etico: è un affare. Un rapporto interno del BCG ha rivelato contratti da oltre un milione di dollari al mese. Anche se la società ha dichiarato che il lavoro era “pro bono”, fonti parlamentari britanniche hanno smentito. Dopo la fuga del Piano Aurora, BCG si è ritirata dal progetto e ha licenziato due soci. La GHF non era concepita solo come uno strumento per la distribuzione degli aiuti, ma come una piattaforma per il controllo territoriale e lo sfollamento pianificato. Nella fase operativa, la GHF ha tracciato percorsi che costringevano la popolazione del nord a spostarsi verso sud, liberando zone settentrionali suscettibili di occupazione militare. COLLASSO UMANITARIO E MERCATO NERO In parallelo, si è creato un mercato nero degli aiuti. Testimonianze riferiscono la rivendita di farina a un prezzo 15 volte superiore. I centri GHF sono diventati nodi di esclusione, repressione e speculazione. Oxfam, Save the Children, Human Rights Watch e Médecins Sans Frontières hanno chiesto l’immediata chiusura della GHF, denunciando che gli aiuti sono stati “privatizzati, militarizzati e usati come arma di deportazione forzata”. REAZIONI DA ORIENTE: LA RISPOSTA DEL SUD GLOBALE La Cina ha condannato il blocco come punizione collettiva e ha chiesto il rispetto del diritto internazionale. Ha inviato aiuti senza aderire a schemi privatizzati. La Russia è stata più diretta: il ministro Sergey Lavrov ha parlato di “punizione collettiva” e del doppio standard occidentale. Russia e Cina hanno appoggiato risoluzioni per un meccanismo di supervisione indipendente a Gaza, bloccate dal veto degli Stati Uniti. I BRICS hanno affermato: “Rifiutiamo l’uso della fame come metodo di guerra e ogni forma di politicizzazione o militarizzazione dell’assistenza umanitaria.” È la prima dichiarazione coordinata di questo tipo da parte del blocco. Oltre a Boric, Lula da Silva ha parlato di “apartheid umanitario” e Narendra Modi ha criticato “l’uso della logistica umanitaria per fini geopolitici, incompatibile con i principi di Bandung.” GAZA COME LABORATORIO DISTOPICO DEL NEOLIBERISMO ARMATO Il modello GHF rappresenta un salto di qualità nell’esternalizzazione della guerra. Non solo si privatizza il conflitto: si privatizza l’aiuto. Non si trae profitto solo dalla difesa, ma dalla miseria stessa. La sua architettura unisce privatizzazione, controllo demografico, deportazione, mercato nero e neutralizzazione delle ONG. Non è un’eccezione: è un modello esportabile. La sua legalità è oscura, la responsabilità è diluita, la narrazione è controllata da agenzie e lobbisti. CONCLUSIONE: SVOLTA POLITICA, ETICA E NARRATIVA La condanna dei BRICS non è solo un gesto diplomatico: è un atto di sovranità narrativa. Il Sud Globale non parla più solo di diritti: rivendica un limite etico. A Gaza, l’aiuto uccide. Non come metafora, ma come statistica, struttura, sistema. Tra il 27 maggio e il 7 luglio 2025, 843 persone sono state uccise mentre aspettavano cibo. Non sono “morte”: sono state giustiziate da un sistema pianificato, finanziato e protetto. Il silenzio dell’Occidente non è una svista: è una dottrina. Per questo ciò che è accaduto a Rio de Janeiro segna un prima e un dopo. I BRICS hanno tracciato una linea. E quando la storia sarà scritta con onestà, questo gesto — questo atto di denuncia collettiva e sovrana — sarà ricordato come il momento in cui, chiaramente, una parte robusta del mondo organizzato ha detto: basta. Claudia Aranda
I centri alimentari di Gaza: quando la sopravvivenza diventa un gioco mortale
A Gaza c’è un nuova categoria di vittime: le persone che cercano di procurarsi del cibo. Presso i punti di distribuzione della GHF (Gaza Humanitarian Foundation) ci sono decine di vittime ogni giorno, da oltre un mese. Questa organizzazione, ufficialmente … Leggi tutto L'articolo I centri alimentari di Gaza: quando la sopravvivenza diventa un gioco mortale sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Striscia di Gaza: fame o proiettili. L’appello di oltre 160 Ong
 Oltre 160 organizzazioni umanitarie e della società civile*, fra le quali Amnesty International, hanno lanciato un appello urgente per porre fine al letale schema di distribuzione degli aiuti imposto da Israele – che comprende la cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation – e hanno chiesto il ripristino del coordinamento da parte dalle Nazioni Unite, oltre alla revoca del blocco imposto dal governo israeliano che impedisce l’ingresso di aiuti e beni commerciali nella Striscia di Gaza. I 400 siti di distribuzione di aiuti attivi durante la tregua temporanea sono stati sostituiti da soli quattro siti, sotto controllo militare, costringendo due milioni di persone a spostarsi in zone sovraffollate e militarizzate, dove ogni giorno rischiano la vita sotto i continui bombardamenti mentre tentano di procurarsi cibo senza alcun accesso ad altri beni essenziali per la sopravvivenza. Oggi nella Striscia di Gaza le persone si trovano davanti a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di essere colpite mentre cercano disperatamente del cibo per sfamare le proprie famiglie. Le settimane successive all’introduzione dello schema israeliano di distribuzione si sono rivelate tra le più letali e violente dall’ottobre 2023. In meno di un mese oltre 500 persone palestinesi sono state uccise e quasi 4.000 ferite mentre tentavano solamente di accedere al cibo o distribuirlo. Le forze israeliane e gruppi armati – secondo fonti, talvolta con il sostegno delle autorità israeliane – aprono ormai regolarmente il fuoco sui civili disperati che rischiano tutto per sopravvivere. Il sistema umanitario è stato smantellato in modo deliberato e sistematico dal blocco e dalle restrizioni imposte dal governo israeliano: un blocco che oggi viene strumentalizzato per giustificare la chiusura della quasi totalità delle operazioni umanitarie, a favore di un’alternativa mortale e controllata dai militari che non protegge la popolazione civile né garantisce i bisogni fondamentali. Queste misure alimentano un ciclo continuo di disperazione, pericolo e morte. Gli attori umanitari con esperienza alle spalle restano pronti a fornire assistenza salvavita su larga scala. Eppure, a oltre 100 giorni dalla reintroduzione da parte delle autorità israeliane di un blocco quasi totale agli aiuti e alle merci, la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza sta collassando più rapidamente che in qualsiasi altro momento degli ultimi 20 mesi. Nel nuovo sistema imposto dal governo israeliano persone indebolite dalla fame sono costrette a camminare per ore attraverso aree pericolose e zone dove il conflitto è attivo, per ritrovarsi poi in una corsa violenta e caotica verso punti di distribuzione recintati, militarizzati, con una sola via d’ingresso. Migliaia di persone vengono ammassate in spazi chiusi, costrette a lottare per ottenere razioni alimentari limitate. Questi luoghi sono ormai teatro di massacri ripetuti, in palese violazione del diritto internazionale umanitario. Tra le persone uccise vi sono bambine, bambini e persone che se ne prendevano cura. In oltre la metà degli attacchi alle persone civili in questi siti, sono stati coinvolti minori. Con un sistema sanitario al collasso, molte persone colpite restano a terra a morire dissanguate, non raggiungibili dalle ambulanze e senza cure salvavita. In un contesto di fame estrema e condizioni simili alla carestia molte famiglie raccontano di non avere più le forze per contendersi le razioni. Chi riesce a portare a casa del cibo spesso si ritrova con pochi alimenti di base, difficili da cucinare senza acqua potabile o combustibile. Il carburante è quasi esaurito, paralizzando i servizi essenziali – come panifici, sistemi idrici, ambulanze e ospedali. Le famiglie si riparano sotto teli di plastica, preparano pasti improvvisati tra le macerie, senza carburante, acqua potabile, servizi igienico-sanitari né elettricità. Questa non è una risposta umanitaria. Concentrare oltre due milioni di persone in aree ancora più ristrette nella speranza di trovare cibo non è un piano per salvare vite umane. Da 20 mesi, più di due milioni di persone sono incessantemente sottoposte a bombardamenti continui, all’utilizzo della fame e della sete come armi, agli sfollamenti forzati ripetuti e a una disumanizzazione sistematica: tutto questo sotto gli occhi della comunità internazionale. La Sphere Association, che stabilisce gli standard minimi per un’assistenza umanitaria di qualità, ha affermato che l’approccio della Gaza Humanitarian Foundation non rispetta gli standard e i principi fondamentali dell’azione umanitaria. La normalizzazione di questa sofferenza non può essere tollerata. Gli Stati devono opporsi alla logica per cui le uniche alternative sono la distribuzione militarizzata degli aiuti o la loro completa negazione; devono rispettare i propri obblighi ai sensi del diritto umanitario internazionale e del diritto internazionale dei diritti umani, compresi i divieti di sfollamenti forzati, attacchi indiscriminati e ostacoli all’assistenza umanitaria; devono inoltre garantire l’accertamento delle responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale. Noi, organizzazioni firmatarie, rinnoviamo l’appello a tutti gli Stati terzi affinché: * adottino misure concrete per porre fine all’assedio e garantiscano il diritto delle persone nella Striscia di Gaza ad accedere in sicurezza agli aiuti e ricevere protezione; * esortino i donatori a non finanziare schemi di distribuzione militarizzati che violano il diritto internazionale, non rispettano i principi umanitari, aggravano i danni e rischiano di rendersi complici di atrocità; * sostengano il ripristino di un meccanismo di coordinamento unificato e guidato dalle Nazioni Unite – fondato sul diritto internazionale umanitario e che includa l’Unrwa, la società civile palestinese e l’intera comunità dell’aiuto umanitario – per soddisfare i bisogni della popolazione. Ribadiamo il nostro urgente appello per un cessate il fuoco immediato e duraturo, la scarcerazione di tutte le persone in ostaggio e detenute arbitrariamente, un pieno accesso umanitario su larga scala e la fine dell’impunità sistematica che alimenta queste atrocità e nega al popolo palestinese la propria dignità. Nota Il 15 giugno, l’ospedale da campo della Croce Rossa di al-Mawasi ha ricevuto almeno 170 persone ferite mentre cercavano di raggiungere un punto di distribuzione alimentare. Il giorno successivo ne sono arrivate più di 200 – il numero più alto registrato in un singolo episodio con vittime di massa nella Striscia di Gaza. Di queste, 28 persone sono state dichiarate morte. Un funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato la gravità del fenomeno: “Ogni volta che vengono organizzate distribuzioni alimentari da attori non appartenenti alle Nazioni Unite, si verificano incidenti con un numero elevato di vittime”. Queste morti si sommano al bilancio complessivo: da ottobre 2023, oltre 56.000 persone palestinesi sono state uccise a Gaza, tra cui almeno 17.000 minori. *Elenco ong firmatarie: ABCD Bethlehem, ACT Alliance, Act Church of Sweden,  Action Against Hunger (ACF), Action Corps, ActionAid, Age International, Agricultural Development Association – PARC, Al Ard for Agricultural Development, Al-Najd Developmental Forum, American Friends Service Committee, Amnesty International, Amos Trust,  Anera, Anti-Slavery International, Arab Educational Institute – Pax Christi Bethlehem, Asamblea de Cooperación por la Paz, Asociación de Solidaridad Internacional UNADIKUM,  Association for Civil Rights Israel (ACRI), Association Switzerland Palestine, B’Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, BADIL Resource Center for Palestinian Residency and Refugee Rights, Beesan Charitable Association, Bimkom – Planning and Human Rights, Bisan Center for Research and Development, Botswana Watch Organisation, Breaking the Silence, Broederlijk Delen, CADUS e.V., Caritas Germany, Caritas International Belgium, Caritas Internationalis, Caritas Jerusalem, Caritas Middle East and North Africa, Center of Jewish Nonviolence, CESIDA – Spanish Coordinator of HIV and AIDS, Children Not Numbers, Choose Love, Christian Aid, Churches for Middle East Peace (CMEP), CIDSE – International Family of Catholic Social Justice Organisations, CNCD-11.11.11, Codepink, Combatants for Peace, Comité de Solidaridad con la Causa Árabe, Congregations of St Joseph, COOPERATIVE AGRICULUTAL ASSOCIATION, Cordaid, Council for Arab-British Understanding (Caabu), Coventry Friends of Palestine, Cultures of Resistance, DanChurchAid, Danish Refugee Council, DAWN, Diakonia, Ekō, Embrace the Middle East, Emmaüs International, Entraide et Fraternité, Episcopal Peace Fellowship Palestine Justice Network, EuroMed Rights, FÓRUM DE POLÍTICA FEMINISTA, Friends Committee on National Legislation, Friends of Sabeel North America (FOSNA), Fund for Global Human Rights, Fundación Mundubat, Gaza Culture and Development Group (GCDG), Gaza Society for Sustainable Agriculture and Friendly Environment (SAFE), German Platform of Development and Humanitarian Aid NGOs (VENRO), Gisha – Legal Center for Freedom of Movement, Glia, Global Centre for the Responsibility to Protect (GCR2P), Greenpeace, HaMoked: Center for the Defence of the Individual, Hands for Charity, HEKS/EPER(Swiss Church Aid), HelpAge International, Human Security Collective, Humanité Solidarité Médecine (HuSoMe ONG), Humanity & Inclusion – Handicap International, Humanity Above All, INARA, Independent Catholic News, Indiana Center for Middle East Peace, International Federation for Human Rights  (FIDH), International NGO Safety Organisation (INSO), INTERSOS, Islamic Relief Worldwide, Jewish Network for Palestine, Jüdische Stimme für Demokratie und Gerechtigkeit in Israel/Palästina, JVJP, Just Foreign Policy, Just Treatment, Kairos Ireland, Kenya Human Rights Commission, Kvinna till Kvinna Foundation, Martin Etxea Elkartea, Maryknoll Office for Global Concerns, Médecins du Monde International Network, Médecins Sans Frontières, MedGlobal, Medical Aid for Palestinians, Medico International, Medico international Schweiz, Medicos sin fronteras (MSF – Spain), Mennonite Central Committee, Middle East Children’s Alliance, Mothers Manifesto, MPower Change Action Fund, Muslim Aid, Mwatana for Human Rights, Nonviolent Peaceforce, Norwegian Church Aid, Norwegian People’s Aid, Norwegian Refugee Council, Oxfam International, Palestine Children’s Relief Fund (PCRF), Palestine Justice Network of the Presbyterian Church (U.S.A.), Palestinian American Medical Association (PAMA), Parents Against Child Detentions, Partners for Palestine, Partners for Progressive Israel, PAX, Pax Christi Australia, Pax Christi England and Wales, Pax Christi International, Pax Christi Italy, Pax Christi Munich, Pax Christi Scotland, Pax Christi USA, Peace Direct, Peace Watch Switzerland, Penny Appeal Canada, Physicians for Human Rights Israel, Plan International, Plataforma de Solidaridad con Palestina de Sevilla, Plateforme des ONG françaises pour la Palestine, Polish-Palestinian Justice Initiative KAKTUS, Première Urgence Internationale, Presbyterian Church (USA), Quixote Center, Religious of the Sacred Heart of Mary – NGO, ReThinking Foreign Policy, Right to Movement, Rumbo a Gaza-Freedom Flotilla, Saferworld, Saskatoon Chapter of Canadians for Justice and Peace in the Middle East, Save the Children, Scottish Catholic International Aid Fund, Sisters of Mercy of the Americas – Justice Team, Solsoc Stichting Heimat, International Foundation, STOPAIDS, Støtteforeningen Det Danske Hus i Palæstina, Terre Des Hommes International Federation, Terre des hommes Lausanne, Terres des Hommes Italia, The Eastern Mediterranean Public Health Network (EMPHNET), The Israeli Committee Against House Demolitions (ICAHD UK), The Palestine Justice Network of the Presbyterian Church USA Bay Area, The Rights Forum, Union of Agricultural Work Committees-UAWC, United Against Inhumanity (UAI), Universities Allied for Essential Medicines UK, US-Lutheran Palestine Israel Justice Network, Vento di Terra, War Child Alliance, War on Want, Welthungerhilfe, Yesh Din Il nome e il numero completo delle organizzazioni firmatarie viene aggiornato ogni 24 ore ed è consultabile al seguente link: elenco ong. Amnesty International
Palestina, Hamas: “Dopo il rapporto Haaretz, subito inchiesta ONU sull’uccisione dei civili gazawi affamati”. Emergono complicità della Gaza Humanitarian Foundation
Il Movimento di Resistenza Islamica Hamas ha chiesto alle Nazioni Unite di formare una commissione internazionale per indagare sul crimine dell’attacco contro i civili palestinesi in attesa di aiuti nella Striscia di Gaza, in cui sono stati uccisi 570 gazawi, dopo che un rapporto del quotidiano israeliano Haaretz ha rivelato prove del fatto che sono stati deliberatamente presi di mira dalle forze di occupazione. Per quasi tre mesi, da marzo a giugno 2025, Israele ha bloccato completamente l’ingresso di aiuti e beni a Gaza, aggravando la già drammatica crisi alimentare che colpisce i due milioni di abitanti della Striscia. A fine maggio è iniziata la distribuzione limitata di pacchi alimentari -in quattro luoghi selezionati – dalla controversa Gaza Humanitarian Fund (GHF), un’organizzazione sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti. Un’apertura non derivante da preoccupazioni riguardo alla situazione umanitaria, ma da ragionamenti di tipo strategico e reputazionale. Come ha esplicitamente sostenuto Benjamin Netanyahu: “Per completare la vittoria, non dobbiamo arrivare a una situazione di carestia, né dal punto di vista pratico, né da quello diplomatico. Nessuno ci sosterrebbe”.  Prima dell’ultima interruzione degli aiuti, arrivata giovedì 26 giugno, i centri restavano aperti solo un’ora al giorno, secondo quanto riferito da Haaretz. Nonostante ciò, ogni giorno i militari israeliani hanno sparato sulla folla. Secondo i dati riportati, sono stati uccisi almeno 550 palestinesi in attesa di ricevere aiuti. I feriti sarebbero più di 4 mila. Esperti delle Nazioni Unite hanno più volte accusato l’esercito israeliano di usare la fame come arma di guerra. L’Unicef ha segnalato un incremento allarmante dei casi di malnutrizione infantile: solo nel mese di maggio, 5.119 bambini tra i sei mesi e i cinque anni sono stati ricoverati per malnutrizione acuta.   Hamas ha affermato – in un comunicato diffuso venerdì 27 giugno – che il rapporto del quotidiano Haaretz, che include “testimonianze di ufficiali e soldati dell’esercito criminale sionista riguardo al ricevimento di ordini diretti dai vertici per aprire il fuoco sui palestinesi vicino ai centri di distribuzione degli aiuti a Gaza, rappresenta una nuova conferma del vero ruolo di questo meccanismo criminale come strumento di sterminio e uccisione di civili disarmati dopo averli affamati e torturati”. Il movimento ha sottolineato che “ciò che sta accadendo – l’uccisione sistematica di civili affamati nella Striscia di Gaza – è un crimine evidente e una nuova prova della brutalità dell’occupazione e dei suoi leader fascisti, guidati dal criminale di guerra Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte penale internazionale”. Hamas ha chiesto alle Nazioni Unite di istituire una commissione internazionale per indagare su questo crimine “al fine di portare i responsabili davanti alla giustizia internazionale, poiché questo meccanismo ha portato all’uccisione di circa 570 martiri e a quasi 4.000 feriti, con il pretesto della distribuzione degli aiuti”. Il movimento ha inoltre invitato a riprendere la distribuzione degli aiuti tramite l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) e tutte le organizzazioni umanitarie internazionali specializzate, “per porre fine all’oppressione e all’ingiustizia subiti dal nostro popolo palestinese nella Striscia di Gaza a causa dell’occupazione e della politica della fame perseguita”.   Stando a quanto sostenuto dal rapporto quotidiano Haaretz – venerdì 27 giugno –  ufficiali e soldati israeliani hanno confermato di aver ricevuto ordini, diretti da comandanti dell’esercito israeliano, di sparare sui palestinesi vicino ai centri di distribuzione degli aiuti per allontanare i palestinesi stessi da questi centri, nonostante non fossero armati né rappresentassero alcuna minaccia. Uno dei soldati ha dichiarato che l’esercito non utilizza metodi convenzionali per disperdere coloro che attendono gli aiuti a Gaza, ma impiega ogni tipo di arma pesante. Un altro ha descritto l’attacco ai civili vicino ai centri di distribuzione come “l’ideologia dei comandanti sul campo”. La Rete delle ONG palestinesi aveva messo in guardia, giovedì 26 giugno, dal fatto che Israele cerca di consolidare il caos e la violenza nella Striscia, attraverso il controllo sulla distribuzione di aiuti scarsi, nel contesto di un genocidio in corso. La Gaza Humanitarian Foundation è un progetto israelo-americano condannato dalle Nazioni Unite e da numerose organizzazioni internazionali per essere uno strumento di militarizzazione degli aiuti, sfollamento della popolazione e umiliazione dei civili. Ad oggi, 15 organizzazioni per i diritti umani e legali hanno scritto una lettera in cui si accusa la Gaza Humanitarian Foundation di potenziale complicità in gravi violazioni del diritto internazionale. La distribuzione privatizzata e militarizzata, si legge, è “disumanizzante, frequentemente letale e contribuisce allo sfollamento forzato delle stesse persone che dovrebbe aiutare”. La fame come strumento di guerra e la deumanizzazione costituiscono due dei principali elementi che hanno spinto la Corte Internazionale di Giustizia a chiedere già a gennaio del 2024 che Israele adottasse misure immediate per prevenire il genocidio dei palestinesi di Gaza. I “campi di morte” della Ghf sono una sintesi perfetta di queste due atrocità: civili affamati e attirati vicino ai centri per poi essere uccisi come topi in trappola.   Ulteriori informazioni: https://lespresso.it/c/mondo/2025/5/14/carestia-gaza-bambini-fame-oms/54290 https://lespresso.it/c/mondo/2025/6/27/esercito-israeliano-ammissione-sparare-uccidere-palestinesi-attesa-aiuti/55237 https://lespresso.it/c/mondo/2025/6/25/israele-stop-aiuti-gaza-netanyahu-corruzione-difesa-trump/55199 https://www.ilpost.it/2025/06/27/inchiesta-haaretz-stragi-ghf/ https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/06/27/soldati-israeliani-sparare-palestinesi-cibo-gaza-notizie/8041775/ https://contropiano.org/news/internazionale-news/2025/06/30/lordine-e-di-sparare-sugli-affamati-il-genocidio-confermato-dai-militari-israeliani-0184599 https://www.rsi.ch/info/mondo/Gaza-spari-ai-siti-degli-aiuti-aperta-un%E2%80%99indagine-per-sospetti-crimini-di-guerra–2936808.html https://trt.global/italiano/article/90a7c1670be0 > Haaretz: militari IDF hanno sparato deliberatamente su civili palestinesi che > si radunavano presso i centri di distribuzione alimentare a Gaza (Jalel > Lahbib) Lorenzo Poli
Che cos’è la droga che i palestinesi avrebbero trovato negli “aiuti” di Gaza Humanitarian Foundation??
di Agata Iacono  Cos’è la droga che l’autorità palestinese avrebbe trovato mescolata alla farina dei cosiddetti aiuti umanitari gestiti dai contractors,  (leggi mercenari), della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), una fondazione sostenuta da Israele e USA? Usiamo il condizionale perché al momento non e’ possibile dire se si tratta di un classico esempio di falso positivo della propaganda israeliana. Sì tratterebbe di un oppioide, molto diffuso negli Stati Uniti come farmaco “estremo” per lenire il dolore laddove nessun altro antidolorifico riesce più a fare effetto, quindi destinato ai malati terminali. Ma la sua diffusione nel mercato nero dei narcotici percorre esattamente la stessa road map del fentanyl, il cosiddetto farmaco degli zombi, che continua sempre a mietere vittime sulle strade delle città statunitensi, ma che ha smesso improvvisamente di essere il casus belli di Trump contro la Cina. Come il fentanyl, infatti, l’ossicodone è  stato prima prescritto dalla sanità statunitense e quindi, avendo creato gravissima tossicodipendenza e fatto crescere  la domanda, è stato monopolizzato da bande criminali che lo vendono in nero a pochi dollari. Ha effetti devastanti su chi lo assume. È un oppiaceo molto più potente della morfina e dell’eroina, crea fortissima dipendenza e depressione, fiacca il fisico e il morale, nonostante i primi effetti siano analgesici e anche euforici, ma di brevissima durata. L’ossicodone (commercializzato anche in Italia, e in vari paesi del mondo, come OxyContinTM o  DepalgosTM e negli Stati Uniti come PercocetTM), non è prescrivibile se non a maggiori di 18 anni in gravissimo stato oncologico. E, invece, viene distribuito e mangiato da bambini palestinesi di bassissima età, che riescono a raccogliere un po’ di farina, se hanno  la fortuna di essere risparmiati casualmente dal tranello omicida di chi li fa mettere in fila affamati e assetati, allo stremo delle forze, per ucciderli tutti insieme risparmiando proiettili…. Se avete letto Marx ricorderete che una delle sue gravissime denunce, contro lo sfruttamento della rivoluzione industriale inglese, riguardò la distribuzione di oppio davanti alle fabbriche agli operai delle catene di montaggio. L’oppio non ti fa percepire la fame e agevola uno stato di intorpidimento che impedisce la ribellione. D’altronde la stessa strategia fu tentata in Cina dagli inglesi e, abbastanza recentemente, anche negli anni 80 per disinnescare il potenziale di protesta che aveva contraddistinto le lotte degli anni 60/70 anche in Italia. “Le autorità palestinesi di Gaza hanno dichiarato venerdì 27 giugno 2025 che pillole di droga sono state trovate all’interno di sacchi di farina spediti dagli Stati Uniti nell’enclave assediata da Israele. In una dichiarazione, l’ufficio stampa del governo di Gaza ha detto che l’ossicodone è stato trovato dai palestinesi all’interno di sacchi di farina che hanno ricevuto dai punti di distribuzione degli aiuti gestiti dagli Stati Uniti a Gaza. “È possibile che queste pillole siano state deliberatamente macinate o sciolte all’interno della farina stessa, il che costituisce un attacco diretto alla salute pubblica” L’ufficio stampa ha ritenuto Israele pienamente responsabile di questo “crimine efferato” volto a diffondere la dipendenza e a distruggere il tessuto sociale palestinese dall’interno.” “Questo fa parte del genocidio israeliano in corso contro i palestinesi”, ha detto, definendo l’uso della droga da parte di Israele un'”arma leggera in una guerra sporca contro i civili”. Fonte: Gaza authorities say drugs found inside US-dispatched flour bags https://www.aa.com.tr/en/middle-east/gaza-authorities-say-drugs-found-inside-us-dispatched-flour-bags/3615641 https://www.middleeasteye.net/news/opioid-pills-discovered-us-backed-food-aid-gaza-authorities-say L'Antidiplomatico
I soldati israeliani aprono il fuoco vicino a un centro di aiuti a Gaza. I funzionari di Gaza dicono che 27 persone sono state uccise.
di Aaron Boxerman, Ameera Harouda, Patrick Kingsley e Iyad Abuheweila The New York Times, 3 giugno 2025.   Si è trattato della seconda sparatoria in tre giorni nei pressi di un centro di distribuzione alimentare che fa parte di una nuova e controversa iniziativa sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti. Palestinesi in lutto per i parenti che sono stati uccisi mentre si trovavano vicino a un centro di aiuto. Agence France-Presse — Getty Images I soldati israeliani hanno aperto il fuoco martedì mattina vicino a folle di palestinesi che camminavano verso un nuovo sito di distribuzione di cibo nel sud di Gaza, ha detto l’esercito israeliano. La Croce Rossa e il ministero della Sanità di Gaza hanno dichiarato che almeno 27 persone sono state uccise. Si è trattato della seconda sparatoria in tre giorni nei pressi dello stesso sito nella città di Rafah, dove migliaia di palestinesi disperati e affamati arrivano ogni giorno di prima mattina nella speranza di assicurarsi del cibo. I soldati israeliani hanno aperto il fuoco domenica nei pressi di un accesso al centro di distribuzione. La Società della Mezzaluna Rossa Palestinese ha dichiarato che almeno 23 persone sono state uccise. L’incidente mortale di martedì è stato l’ultimo caos che ha macchiato la Fondazione Umanitaria di Gaza, un nuovo e controverso sistema di aiuti sostenuto da Israele, che ha avuto problemi da quando ha iniziato le operazioni la scorsa settimana. La Fondazione ha confermato in una dichiarazione che “diversi civili sono stati feriti e uccisi” dopo aver deviato da un “corridoio sicuro” designato da Israele che conduceva a uno dei suoi siti di distribuzione. Molto dipende dalla nuova iniziativa: le agenzie umanitarie affermano che Gaza affronta la minaccia di una fame diffusa a seguito del blocco israeliano di 80 giorni sulle consegne di cibo, terminato a metà maggio. L’esercito israeliano ha detto che le sue forze hanno sparato vicino ad “alcune” persone che si erano allontanate dal percorso designato per raggiungere il sito e che non hanno ubbidito agli spari di avvertimento. La dichiarazione li ha definiti “sospetti” e ha detto che “rappresentavano una minaccia” per i soldati. Una portavoce militare ha rifiutato di spiegare la natura della minaccia percepita. Le Nazioni Unite hanno boicottato il nuovo sistema, affermando che mette in pericolo i civili costringendoli a camminare per chilometri per procurarsi il cibo su un percorso che passa accanto alle linee militari israeliane. Le Nazioni Unite hanno anche sostenuto che il posizionamento dei punti di distribuzione, per lo più nelle aree occupate da Israele nel sud di Gaza, potrebbe facilitare un piano israeliano per sfollare la popolazione dal nord di Gaza. Palestinesi che trasportano sacchi di aiuti a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, martedì. Abdel Kareem Hana/Associated Press Un promemoria delle Nazioni Unite diffuso prima del lancio dell’iniziativa, la settimana scorsa, metteva in guardia dai “siti di distribuzione sovraffollati” e diceva che le forze israeliane o gli appaltatori statunitensi avrebbero potuto “usare la forza per controllare le folle”. Il promemoria metteva in guardia anche sul pericolo di “saccheggi organizzati e opportunistici” nei pressi degli hub. Molti di questi problemi si sono manifestati sin dall’inizio delle operazioni della Gaza Humanitarian Foundation. L’organizzazione ha annunciato solo quattro punti di distribuzione degli aiuti, rispetto ai 400 del precedente sistema coordinato dall’UNRWA in tutta Gaza, e la maggior parte dei nuovi siti non è stata operativa nella maggior parte dei giorni. Enormi folle di palestinesi affamati sono arrivate ogni mattina presto ai siti di distribuzione degli aiuti, sperando di ricevere un pacco di cibo. Spesso hanno camminato per chilometri nell’oscurità dell’alba. I testimoni palestinesi hanno descritto una violenta corsa alle scatole di cibo disponibili, piuttosto che una distribuzione ordinata. Ahmed Abid, 28 anni, ha raccontato di aver camminato al buio per chilometri dalla zona costiera di Mawasi. Questa mattina, mentre si avvicinava a una rotatoria che portava al centro di distribuzione, ha detto che ha sentito un rumore di spari e si è rifugiato in un fosso. Dopo che gli spari si sono placati, Abid ha ripreso a camminare verso il sito degli aiuti, dove è rimasto scioccato dall’enorme folla. “Tutti si affrettavano: chi arrivava per primo riceveva qualcosa, e chi era in ritardo tornava a casa a mani vuote”, ha detto. “Le persone si stavano scannando l’una con l’altra”. Il Brig. Gen. Effie Defrin, portavoce capo dell’esercito israeliano, ha suggerito che le cifre delle vittime fornite dai gruppi di aiuto e dagli operatori sanitari palestinesi a Gaza sono state gonfiate. Ha rifiutato di dire quante persone l’esercito ritiene siano state uccise o ferite martedì. “C’è stato un fuoco di avvertimento. Non ha danneggiato quel numero di persone, per quanto ne sappiamo”, ha detto. Le Nazioni Unite hanno condannato le uccisioni. “Gli attacchi diretti contro i civili costituiscono una grave violazione del diritto internazionale e un crimine di guerra”, ha dichiarato Volker Türk, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, in un comunicato. I gruppi di aiuto hanno detto che lo spargimento di sangue degli ultimi giorni ha messo in evidenza i rischi del nuovo sistema. “Gli eventi di oggi hanno dimostrato ancora una volta che questo nuovo sistema di consegna degli aiuti è disumanizzante, pericoloso e gravemente inefficace”, ha affermato Claire Manera, coordinatrice delle emergenze di Medici Senza Frontiere, in una dichiarazione di domenica. Un uomo palestinese ferito dal fuoco israeliano vicino a un centro di distribuzione di aiuti nel sud della città di Gaza, Rafah, martedì. Agence France-Presse – Getty Images La guerra di Israele contro Hamas a Gaza ha affrontato critiche internazionali crescenti, anche da parte dei tradizionali alleati del paese. Il mese scorso, Gran Bretagna, Francia e Canada hanno affermato in una dichiarazione congiunta che le minacce israeliane di organizzare una nuova offensiva massiccia contro Hamas, così come il blocco di due mesi degli aiuti umanitari a Gaza, sono “del tutto sproporzionate”. Israele sostiene che il nuovo sistema di aiuti è necessario per impedire ad Hamas di rubare e accumulare cibo, nonché di finanziare il suo sforzo bellico vendendo cibo ai civili a prezzi elevati. I funzionari delle Nazioni Unite hanno sostenuto che non ci sono prove che gli aiuti internazionali siano stati deviati da Hamas. Ma la Gaza Humanitarian Foundation è un gruppo privato non collaudato, che paga appaltatori americani per distribuire cibo da centri nelle aree di Gaza meridionale controllate da Israele. Il gruppo ha respinto le critiche, sostenendo di aver consegnato con successo più di 100.000 scatole di cibo ai gazawi affamati. L’organizzazione è stata scossa da turbolenze sin dalla sua nascita. Il suo direttore esecutivo, Jake Wood, si è dimesso poche ore prima dell’inizio delle operazioni. Ha dichiarato che il gruppo non sarebbe stato in grado di operare in modo indipendente e imparziale, aggiungendo che sarebbe stato impossibile attuare il suo piano e aderire ai suoi principi umanitari. Anche Boston Consulting Group, la società di consulenza statunitense, ha dichiarato di essersi ritirata dal suo coinvolgimento con l’organizzazione umanitaria. In una dichiarazione, l’azienda ha detto di aver messo in aspettativa un partner che aveva lavorato al progetto, e che sta conducendo una revisione interna del suo lavoro. Martedì, la Gaza Humanitarian Foundation ha dichiarato di aver nominato il Reverendo Johnnie Moore, un pastore evangelico, come presidente esecutivo. I siti di distribuzione degli aiuti saranno chiusi mercoledì per valutare le questioni logistiche e come gestire l’affollamento, mentre l’esercito israeliano valuterà l’accesso alle strade che portano ai siti, e riapriranno giovedì, secondo una dichiarazione di martedì del portavoce del gruppo. Molte delle vittime sono arrivate all’ospedale da campo del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Rafah. Martedì, la clinica ha ricevuto i corpi di 19 persone e di altre otto che sono poi morte a causa delle loro ferite, ha dichiarato il gruppo di soccorso in un comunicato. “La maggior parte dei casi aveva riportato ferite da arma da fuoco. Anche in questo caso, tutti i pazienti coscienti hanno detto che stavano cercando di raggiungere un sito di distribuzione di aiuti”, ha detto la Croce Rossa. Jamal Azzam, un infermiere dell’ospedale, ha detto in un’intervista telefonica di aver curato insieme ai suoi colleghi molti giovani gazawi ricoverati per ferite da arma da fuoco. “Le scene erano tragiche”, ha detto. “Era come un campo di battaglia pieno di sangue e di feriti – tutti erano sdraiati a terra, tutti urlavano e tutti si lamentavano”. Il dottor Ahmad al-Farra, amministratore senior dell’Ospedale Nasser, un centro medico di Khan Younis a pochi chilometri dal luogo della sparatoria, ha detto in un’intervista telefonica che molte delle vittime erano bambini di età compresa tra i 10 e i 13 anni con ferite da arma da fuoco. Alcuni israeliani hanno detto che Hamas sta cercando di minare il nuovo sistema istigando il caos e incoraggiando le persone a rivoltarsi. Un bambino ferito da quello che, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, è stato il fuoco israeliano vicino a un sito di distribuzione. Hatem Khaled/Reuters “Hamas è sotto pressione a causa dell’operazione di distribuzione di cibo gestita da un’azienda americana e sta cercando in tutti i modi di sabotarla”, ha scritto sui social media Naftali Bennett, ex primo ministro di Israele. “Hamas vuole controllare il cibo e, attraverso di esso, controllare la popolazione. Israele sta negando ad Hamas questo controllo”. Rawan Sheikh Ahmad ha contribuito con servizi da Haifa, Ephrat Livni da New York, Gabby Sobelman da Rehovot, Israele, e Bilal Shbair da Deir al-Balah, Gaza. Aaron Boxerman è un giornalista del Times che copre Israele e Gaza. Ha sede a Gerusalemme. Patrick Kingsley è il capo ufficio del Times a Gerusalemme e si occupa di Israele, Gaza e Cisgiordania. https://www.nytimes.com/2025/06/03/world/middleeast/gaza-aid-site-shooting-israel.html Traduzione a cura di AssopacePalestina Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
VIDEO. La disumana attivitĂ  della Gaza Humanitarian Foundation
di Al Jazeera plus (ajplus)  31 maggio 2025. Un sito di ‘aiuti’ degli Stati Uniti a Gaza è stato attaccato mentre migliaia di Palestinesi affamati cercavano di procurarsi del cibo dopo 3 mesi di fame imposta da Israele. “Hanno cominciato a spararci anche se noi abbiamo già dei martiri e dei feriti. E perché? Perché stiamo correndo dietro a un pezzo di pane”. Israele ha aperto il fuoco su folle di Palestinesi affamati di Gaza che si accalcavano per procurarsi il cibo per le loro famiglie, uccidendo almeno 10 persone nei luoghi di distribuzione allestiti dalla Fondazione Umanitaria di Gaza (GHF), sostenuta da Stati Uniti e Israele. “Loro vengono, posizionano alcuni pacchi su dei tavoli e poi ci dicono di andare a prenderli”, ha detto una madre palestinese che non è riuscita ad ottenere nemmeno una delle ambite scatole di aiuti. “Ci trattano come cani, che devono correre per poter mangiare”.
Israele uccide 32 palestinesi in attesa di cibo nei centri di assistenza di Gaza sostenuti dagli Stati Uniti
da Staff Al Jazeera e Agenzie di Stampa Al Jazeera, 1° giugno 2025.   Le truppe sparano sulla folla affamata, concludendo una prima settimana di operazioni mortali per la controversa Fondazione Umanitaria di Gaza. Gli attacchi israeliani vicino ai centri di aiuto GHF sostenuti dagli Stati Uniti a Gaza uccidono 31 persone e ne feriscono decine. Al Jazeera Israele ha ucciso almeno 32 palestinesi in attesa di ricevere cibo in due centri di distribuzione di aiuti a Gaza, ferendone oltre 200. Domenica mattina, secondo quanto riferito dall’Ufficio Stampa del governo di Gaza, i carri armati israeliani hanno aperto il fuoco su migliaia di civili riuniti in un centro di distribuzione a Rafah, nel sud di Gaza, uccidendo almeno 31 persone. Poco dopo, un’altra persona è stata uccisa in una sparatoria in un centro di distribuzione simile a sud del corridoio di Netzarim, nella città di Gaza, secondo quanto riportato in una dichiarazione su Telegram. Palestinesi sfollati tornano da un centro di distribuzione di cibo a Rafah, nel sud di Gaza [AFP] Gli aiuti sono distribuiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), un controverso gruppo sostenuto da Israele e dagli Stati Uniti, che ha completato una caotica prima settimana di operazioni nell’enclave. Le Nazioni Unite e altri gruppi umanitari hanno rifiutato di collaborare con la GHF, accusandola di mancanza di neutralità e suggerendo che il gruppo sia stato formato per consentire a Israele di raggiungere il suo obiettivo militare dichiarato di conquistare tutta Gaza. “La distribuzione degli aiuti è diventata una trappola mortale”, ha dichiarato domenica in un comunicato il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), Philippe Lazzarini. L’esercito israeliano ha affermato in un comunicato che le sue forze non hanno sparato contro civili vicino o all’interno del sito, citando un’indagine preliminare. “Nelle ultime ore sono state diffuse notizie false, comprese gravi accuse contro l’esercito israeliano riguardo a sparatorie contro residenti di Gaza nella zona del sito di distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”, ha affermato l’esercito. “I risultati di un’indagine preliminare indicano” che i soldati israeliani non hanno sparato contro civili mentre questi si trovavano “vicino o all’interno del sito di distribuzione degli aiuti umanitari”, ha affermato, aggiungendo che “le notizie in tal senso sono false”. La GHF aveva precedentemente dichiarato all’agenzia di stampa Associated Press che i soldati israeliani avevano sparato “colpi di avvertimento” mentre i palestinesi si radunavano per ricevere cibo. Il gruppo ha negato le notizie secondo cui decine di persone sarebbero state uccise, descrivendole come “notizie false su morti, feriti in massa e caos”. Uccisi per cercare “un pasto per i propri figli” Tuttavia, Ibrahim Abu Saoud, che ha assistito all’attacco contro le persone in cerca di aiuti a Rafah, ha dichiarato all’AP che le forze israeliane hanno aperto il fuoco sulla folla mentre che si dirigeva verso il punto di distribuzione. Il quarantenne ha affermato che la folla si trovava a circa 300 metri dai militari. Ha detto di aver visto molte persone con ferite da arma da fuoco, tra cui un giovane morto sul posto. “Non siamo riusciti ad aiutarlo”, ha detto Abu Saoud. Hind Khoudary, inviata di Al Jazeera da Deir el-Balah, nel centro di Gaza, ha riferito che i palestinesi vengono uccisi mentre cercano di procurare “un pasto ai propri figli”. “Questo è il motivo per cui i palestinesi si recano in questi punti di distribuzione, nonostante sappiano che sono controversi. I punti di distribuzione sono sostenuti dagli Stati Uniti e da Israele, ma non hanno altra scelta”, ha affermato. “Anche i pacchi alimentari distribuiti ai palestinesi sono appena sufficienti. Stiamo parlando di un chilo di farina, un paio di confezioni di pasta, un paio di scatolette di fave, e non è nutriente. Non è sufficiente per una famiglia a Gaza al giorno d’oggi”. Condannando gli attacchi, l’Ufficio Stampa del governo, Khoudary ha descritto i punti di distribuzione della GHF come “trappole mortali di massa, non punti di soccorso umanitario”. “Confermiamo al mondo intero che ciò che sta accadendo è un uso sistematico e malvagio degli aiuti come strumento di guerra, impiegato per ricattare civili affamati e radunarli con la forza in punti di morte vulnerabili, gestiti e monitorati dall’esercito di occupazione e finanziati e coperti politicamente dall’amministrazione statunitense”, ha affermato in una dichiarazione. Parlando da Gaza City, Bassam Zaqout della Palestinian Medical Relief Society ha affermato che l’attuale meccanismo di distribuzione degli aiuti ha sostituito 400 precedenti punti di distribuzione con solo quattro. “Penso che ci siano diversi secondi fini in questo meccanismo di distribuzione degli aiuti”, ha dichiarato ad Al Jazeera. “Il meccanismo non soddisfa le esigenze della popolazione, come gli anziani e le persone con disabilità”. Le uccisioni di domenica hanno coronato una prima settimana mortale per le operazioni del progetto, dopo due precedenti sparatorie in due punti di distribuzione nel sud – la prima a Rafah, la seconda a ovest della città – che hanno causato la morte di nove palestinesi. A Gaza, gli aiuti essenziali stanno arrivando solo a piccole dosi dopo che Israele ha parzialmente revocato un blocco totale durato più di due mesi, che ha portato oltre due milioni di residenti affamati sull’orlo della carestia. Nel frattempo, Hamas ha dichiarato domenica di essere pronta a tenere “immediatamente” un nuovo ciclo di negoziati per una tregua a Gaza, dopo che i recenti colloqui sembravano giunti a un punto morto. “Il movimento afferma la sua disponibilità a iniziare immediatamente un ciclo di negoziati indiretti per raggiungere un accordo sui punti controversi”, ha affermato Hamas in una dichiarazione dopo che i mediatori del Qatar e dell’Egitto hanno dichiarato che intensificheranno i loro sforzi per una tregua nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra. Il ministro della Difesa israeliano Katz, nel frattempo, ha dichiarato di aver ordinato all’esercito di “continuare ad avanzare a Gaza contro tutti gli obiettivi, indipendentemente da qualsiasi negoziazione”. https://www.aljazeera.com/news/2025/6/1/israel-kills-32-palestinians-waiting-for-food-at-us-backed-gaza-aid-sites Traduzione a cura di AssopacePalestina Non sempre AssopacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.