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Nancy Hamad: “La situazione a Gaza è catastrofica”
Si chiama Dahiya una delle dottrine dell’IDF che può spiegare con gli occhi di chi sta dietro la canna del fucile il perché di tante distruzioni a Gaza apparentemente inutili per la loro vastità: “La potenza di fuoco deve essere usata in modo sproporzionato ed è per questo che il risultato è sempre lo stesso: allontanare la sicurezza a lungo termine in favore di un senso di calma sul breve”. Questa è anche l’interpretazione in chiave tattico-militare della cosiddetta tregua durante la quale le esecuzioni sommarie continuano, le deportazioni da un luogo all’altro pure e in Cisgiordania l’economia dell’olio è messa in ginocchio dai coloni che sradicano ulivi centenari e incendiano i terreni e le pecore vengono uccise fracassandone il cranio sotto gli occhi dei loro allevatori. Tutto sotto l’occhio discreto dell’esercito, sempre pronto a intervenire, ma per arrestare i palestinesi.  La definizione e descrizione della Dahiya apparsa su Altraeconomia è di Nadav Weiman, senior director della Ong Breaking the silence, che riunisce veterani delle forze militari israeliane che hanno prestato servizio nell’esercito a partire dalla seconda Intifada:  fondata nel 2004 per denunciare le violazioni compiute dai soldati in Cisgiordania, raccoglie e pubblica testimonianze anonime di militari. Nancy Hamad si collega saltuariamente a Internet, ma è in balìa di una connessione instabile, anch’essa controllata e utilizzata dall’IDF per i suoi scopi di morte: questo messaggio è arrivato accavallandosi a quelli precedenti e rende bene l’idea di cosa possa significare vivere a Gaza, un territorio raso al suolo per circa l’80%, in una tenda accanto a delle macerie. Ciao Stefano, scusa per il ritardo nella risposta, ma la connessione internet a Gaza continua a essere pessima. La sofferenza a Gaza è indescrivibile. Sto scrivendo queste parole dal cuore della sofferenza, dalla Striscia di Gaza, precisamente nei dintorni di Deir al-Balah, dove io e la mia famiglia viviamo da sfollati da più di due anni. Anche se il mondo ha sentito recentemente parlare di un cessate il fuoco, la mia città rimane sotto occupazione e non siamo riusciti a tornare a casa nostra. I nostri sogni di tornare sono rinchiusi nella nostra immaginazione, mentre la nostra realtà diventa ogni giorno più difficile. Ora siamo alle porte dell’inverno e viviamo ancora in fragili tende che non possono resistere alle intemperie. In questi giorni di metà novembre forti venti accompagnati da piogge intense colpiscono incessantemente la zona dove siamo. Facciamo tutto il possibile per stabilizzare le tende, ma non resistono a lungo. Forse il mondo ha visto alcuni video che circolano online, ma questi colgono solo una piccola parte della dura realtà che affrontiamo qui a Gaza ogni giorno. Per quanto riguarda le medicine, queste rimangono estremamente scarse. Devo comprare le medicine solamente pillola per pillola, al costo di un dollaro l’una, ma anche così non basta perché molte tipologie di farmaci  non sono mai sufficienti. Stiamo cercando di riprenderci dalle conseguenze della fame e di privazioni di ogni genere, ma oggi anche le cure più semplici sembrano irraggiungibili. Cibo e acqua si trovano nei mercati, ma il problema più grande è la mancanza di denaro. La maggior parte delle persone ha perso il lavoro o i propri mezzi di sussistenza e procurarsi i beni di prima necessità è diventata una lotta costante ed estenuante. La situazione a Gaza è catastrofica in tutti i sensi. È difficile descrivere appieno tutto ciò che stiamo vivendo, ma scrivo questa testimonianza affinché il mondo possa vedere la nostra realtà così com’è: una vita che crolla sotto il peso di continue sofferenze, che solo chi la vive può veramente comprendere.   Stefano Bertoldi
CIA e Amministrazione Biden sapevano che IDF usava i palestinesi come “scudi umani”
Una notizia, nei giorni scorsi, è passata in sordina e senza troppo clamore. Il 12 novembre 2025 l’agenzia britannica Reuters ha diffuso le informazioni ottenute da due ufficiali dell’intelligence statunitense, rimasti anonimi, secondo i quali i servizi stelle-e-strisce avevano raccolto in autonomia già alla fine del 2024 prove dell’uso da parte israeliano di palestinesi come scudi umani. L’amministrazione di Joe Biden era stata informata sull’uso di scudi umani da parte dell’esercito israeliano a Gaza. La Casa bianca sapeva che i militari costringevano palestinesi a ispezionare tunnel o abitazioni dove si riteneva che Hamas potesse aver piazzato esplosivi. I funzionari dell’intelligence arrivavano a chiedersi se si trattasse di azioni isolate o di ordini dati dagli ufficiali. Fonti governative hanno raccontato all’agenzia Reuters che le azioni israeliane, contrarie al diritto internazionale, rappresentavano motivo di preoccupazione per Washington, soprattutto nelle ultime settimane dell’amministrazione Biden, alla fine del 2024. La sistematicità della procedura è stata largamente documentata dalle testimonianze dei soldati. Le fonti hanno rivelato che gli agenti USA avevano prove di funzionari israeliani che discutevano di come l’IDF avesse inviato, in tunnel sotto Gaza ritenuti potenzialmente minati, dei palestinesi con lo scopo evidente di usarli come ‘esca’ per possibili trappole. Inoltre, queste prove sono state condivise e discusse con la Casa Bianca, che dunque era informata delle azioni israeliane. Le IDF hanno ribadito – come migliaia di altre volte in casi simili – che proibiscono l’uso di questa tattica criminale, e che stanno indagando. Invece, il governo israeliano, la CIA ed ex funzionari dell’amministrazione Biden hanno rifiutato qualsiasi commento. Del resto, questa rivelazione peggiora la posizione USA nei riguardi delle accuse di complicità nei crimini di guerra israeliani. Sempre Reuters, poco più di una settimana fa, aveva rivelato che prove di questo tipo di violazioni erano arrivate ai vertici statunitensi, ma erano state sostanzialmente insabbiate. Non è difficile capire perché sia avvenuto anche con le prove sull’uso di scudi umani. Mentre intanto un nuovo documentario mostra che il suprematismo e la mentalità genocidiaria non sono solo di Ben Gvir e Smotrich, ma nella società israeliana sono invece maggioritari. Breaking Ranks: Inside Israel’s War riporta le voci, alcune anche non anonime, di militari dell’IDF che affermano con chiarezza come il diritto di guerra sia stato completamente ignorato durante le operazioni a Gaza (anche con l’uso sistematico di scudi umani) e di come siano stati bersagliati i palestinesi che raggiungevano i punti di distribuzione degli aiuti umanitari. Alcuni dei soldati intervistati hanno affermato di essere stati influenzati dal linguaggio dei politici e dei leader religiosi israeliani. Quello che volevano far passare era che, dopo il 7 ottobre 2023, ogni palestinese era da considerare un “bersaglio legittimo”, non esistevano più civili. E così hanno prodotto un genocidio, con una responsabilità politica chiara e con un intento inscritto nella stessa natura di colonialismo di insediamento del sionismo. Ulteriori Informazioni: https://contropiano.org/news/internazionale-news/2025/11/16/palestinesi-usati-come-scudi-umani-silenzio-dellintelligence-usa-0188722 https://ilmanifesto.it/inchiesta-sugli-scudi-umani-palestinesi-e-su-torture-a-livelli-senza-precedenti   Redazione Italia
Lettera Maiindifferenti e LeA: Dove va l’UCEI? Sul militare IDF nelle scuole italiane
IN SEGUITO DELLA SEGNALAZIONE PUBBLICATA DALL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ SUL MILITARE ISRAELIANO IDF CHE GIRAVA PER LE SCUOLE EBRAICHE ITALIANE (DA ROMA A MILANO) PER FARE PROPAGANDA (HASBARÀ) IN FAVORE DELLA CAMPAGNA MILITARE GENOCIDARIA NEI CONFRONTI DEL POPOLO PALESTINESE (CLICCA QUI PER L’ARTICOLO), LE ASSOCIAZIONI LƏA – LABORATORIO EBRAICO ANTIRAZZISTA E MAI INDIFFERENTI – VOCI EBRAICHE PER LA PACE HANNO DIFFUSO UNA LETTERA APERTA PER CONTESTARE L’OPERAZIONE PROPAGANDISTICA DI CUI L’UCEI SI STA FACENDO VETTORE IN ITALIA. Alla c.a. Presidenti e consiglieri dell’UCEI e delle Comunità ebraiche di Roma e Milano Presidi delle scuole ebraiche di Roma e Milano Gentili presidenti, presidi, e consiglieri, Siamo rimasti sconcertati nell’apprendere che le scuole delle Comunità ebraiche di Roma e Milano hanno invitato un militare dell’ IDF, Adi Karni, a incontrare gli studenti dei licei. Immaginiamo che l’evento sia avvenuto con il coordinamento dell’UCEI, la cui presidente era presente in almeno una occasione. Seppure nella continuità di una linea politica di appoggio alle sciagurate azioni militari israeliane, che abbiamo già più volte deplorato, questo episodio ci sembra di una nuova e particolare gravità. Del sig. Karni sono disponibili video in cui, con lo stesso sorriso smagliante che ha sfoggiato nelle scuole ebraiche, fa esplodere una moschea – un probabile crimine di guerra, come ben sa l’UCEI che ha avuto modo di ricordare (quando nel luglio scorso Israele ha attaccato una chiesa di Gaza uccidendo tre persone) che “il rispetto e la protezione dei luoghi religiosi, di qualunque fede essi siano, sono fondamentali per la convivenza, la dignità umana e la speranza di pace”. Karni stesso ha dichiarato di aver evitato di pubblicizzare la propria venuta in Italia per timore di finire oggetto di un esposto per crimini di guerra come già gli è successo in altri paesi. Si obietterà probabilmente che gli studenti hanno potuto vedere che un tipico soldato israeliano non è altro che un ragazzone di 22 anni, un giovane affabile che ama la sua famiglia e il suo paese, che è coraggioso ma anche simpatico, che potrebbe essere nostro cugino. Non dubitiamo che anche tutte queste cose siano vere. Ma agli educatori è ben noto che le persone che partecipano a massicci crimini contro l’umanità (e l’assalto israeliano a Gaza rientra, al minimo, in questa categoria) non sono psicopatici, ma per lo più persone normalissime che sono state educate male. O meglio: che hanno ricevuto un’istruzione normalissima sotto la maggior parte dei punti di vista, ma al contempo sono stati educati a svalutare o negare l’umanità delle vittime designate. Così Karni può a sua volta predicare, riferendosi al massacro di cui è parte, che nella Gaza che ha contribuito a radere al suolo ha visto “solo odio”, che “stiamo facendo il lavoro sporco per voi”, spiegando che “l’Islam avanza in Europa”. Insomma il più puro prodotto della peggiore educazione israeliana (musulmani = male da eliminare fisicamente, con sorriso e armi pesanti) viene importato e proposto come progetto educativo alle ragazze e ai ragazzi riuniti apposta in Aula Magna. Il fatto è ancora più preoccupante se è vero, come la radio di Tsahal ha riportato il mese scorso, che l’esercito israeliano, a corto di personale, sta cercando modi di arruolare centinaia di giovani ebrei della Diaspora. L’affabile propaganda di Karni andrebbe contrastata coi numeri della catastrofe in corso da due anni: più di 65mila palestinesi uccisi, di cui oltre l’80% civili secondo dati dello stesso esercito, centinaia di palestinesi morti per fame. A fronte di 8 ostaggi recuperati vivi in azioni militari, 3 ostaggi sono stati uccisi a bruciapelo dalla stessa fanteria israeliana e un numero indeterminato da attacchi dell’aviazione; oltre 900 soldati uccisi in combattimento, 46 morti per suicidio post traumatico. E la baldanza di Karni andrebbe contrastata con la testimonianza di un altro soldato, Yoni: “Terroristi, terroristi”, ha gridato un commilitone [a maggio 2025, a Beit Lahia]. “Ci siamo lasciati prendere dal panico, io ho preso subito il Negev [una mitragliatrice] e ho cominciato a sparare all’impazzata, lanciando centinaia di proiettili. Poi avanzando mi sono reso conto che era stato un errore”. Di terroristi non ce n’erano. “Ho visto i corpi di due bambini, forse di 8 o 10 anni, non ne ho idea”, ricorda Yoni. “C’era sangue ovunque, molti segni di spari, sapevo che era tutta colpa mia, che ero stato io a farlo. Volevo vomitare. Dopo pochi minuti è arrivato il comandante della compagnia e ha detto freddamente, come se non fosse un essere umano: ‘Sono entrati in una zona di sterminio, è colpa loro, la guerra è così’”. […] ”Soffro di flashback di quell’evento“, racconta. ”I loro volti mi tornano in mente e non so se riuscirò mai a dimenticarli”. (da Haaretz del 16/9/2025.) Riteniamo che l’organizzazione di questo evento rappresenti una perversione totale della missione educativa delle scuole delle nostre comunità. Chiediamo le dimissioni immediate degli assessori alle Scuole e delle altre persone responsabili.  E proponiamo come necessaria l’organizzazione per gli studenti di un incontro con associazioni di refusnik israeliani e altre organizzazioni che si oppongono all’approccio militarista e di continua disumanizzazione dei palestinesi. Accanto a loro, potrebbero essere invitati esponenti di molte organizzazioni israeliane e palestinesi che non esitano ad affrontare insieme anche gli aspetti più dolorosi di quello che sta succedendo, per capire cosa possono fare per un futuro di giustizia. E questo non per realizzare una “par condicio” amorale, ma perché riteniamo che se le scuole ebraiche intendono inculcare valori civili ed ebraici, e al contempo una conoscenza ragionata della società israeliana, non c’è di meglio che conoscere i ragazzi che incarnano questi valori nel modo più puro oggi possibile: rifiutandosi, a rischio di un forte costo personale, di partecipare al massacro. Crediamo che non promuovere e supportare il loro lavoro sia un grande errore e porti le comunità a un isolamento autoindotto. Ci rendiamo fin d’ora disponibili a collaborare alla realizzazione di queste proposte. Shanà tovà e un cordiale Shalom. LəA – Laboratorio ebraico antirazzista Mai Indifferenti – Voci ebraiche per la pace Fonte: Maiindifferenti.it
#stopthegenocideingaza🇵🇸 Lezioni di #pace L’accordo di cessate-il-fuoco ha tremato nelle ultime ventiquattro ore. L’esplosione di un veicolo militare israeliano a #Rafah, nel Sud della Striscia di #Gaza, ha provocato una dura reazione delle #Idf. #Israel https://www.youtube.com/watch?v=DVAw1tOkIwE
Fuori il sionismo dall’Università: ricercatore preso di mira da sionisti e soldati IDF all’Università di Bologna
Oggi vogliamo denunciare un caso di censura e diffamazione che restituisce il senso dell’ingiustizia e della gravità che la complicità con Israele può comportare. La storia che vi racconteremo ha come teatro l’ateneo più antico dell’Occidente, l’Università di Bologna, che porta avanti collaborazioni con istituzioni ed enti israeliani, nonostante gli appelli e le mozioni di studenti e lavoratori dell’Ateneo. Finora i proclami e le dichiarazioni della governance sono rimasti sulla carta e non si sono tradotti in pratica nell’interruzione degli accordi (al massimo, si limitano a non rinnovare quelli che giungono a scadenza). Ma oltre a mantenere in vita le collaborazioni con i partner israeliani, UNIBO aggiunge un altro tassello alla complcità col sionismo di Israele: negli ultimi tempi ha adottato una modalità con la quale asseconda le intemperanze e le pretese di un gruppo di studenti israeliani che frequentano l’Ateneo presso il DIMEVET di Ozzano dell’Emilia (Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie), dove sono quasi una trentina. Avviene infatti che questi studenti, che non rappresentano comunque la totalità degli studenti israeliani in UNIBO, abbiano scelto come target delle loro azioni diffamatorie un ricercatore, la cui unica “colpa” sarebbe quella di indossare una kefiah. La loro intolleranza nei confronti di tale indumento è così forte da portarli a chiedere al Dipartimento di vietarne l’uso. Dopo aver diffuso voci diffamanti all’interno del Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie un gruppo di studentesse israeliane, non paghe, lo ha segnalato all’Amministrazione di UNIBO e al Rettore con accuse diffamanti, che hanno portato ad un procedimento disciplinare di censura nei suoi confronti per un post critico contro Israele pubblicato sulla sua pagina personale di Facebook, solo perché dal suo profilo si evinceva che era affiliato all’Università di Bologna. Il messaggio via e-mail è partito da una studentessa che risulta far parte dell’IDF (Israel Defense Forces), l’esercito israeliano autore del genocidio in corso a Gaza, e sembra che non sia l’unica di loro a militare in quel corpo. Beh, UNIBO ha dato ragione alle studentesse israeliane sanzionando il docente con una censura scritta che gli blocca temporaneamente la carriera: è un ricercatore in tenure track (RTT), lo step che precede immediatamente l’assunzione come professore associato. L’attività che questi studenti hanno messo in campo, prendendo di mira questo lavoratore dell’Ateneo con una strategia di matrice sionista, che secondo un format oramai noto combina vittimismo, diffamazione e pressione alle massime cariche del Dipartimento e dell’Ateneo, rappresenta un segnale molto pericoloso nel mondo accademico ed un precedente che rischia di essere replicato altrove, proprio perché la governance lo ha assecondato. Nell’assistere il suo iscritto, USB ha portato in difesa del lavoratore tutta una serie di elementi (dettagli nell’allegato al comunicato) che fornivano un quadro chiaro della situazione, ma la Commissione disciplinare ed il Rettore hanno preferito “non vedere” e confermare una sanzione che risuona come profondamente ingiusta, che salta a piè pari la tutela dei diritti del lavoratore. Qualcuno pensava che il pericolo sionista potesse arrivare solo dagli accordi in ambito ricerca con potenziale dual use, mentre questa storia ci insegna come le insidie possano nascondersi anche in un semplice accordo di moblità con studenti israeliani. Già, perché quello che è emerso è che diversi studenti combattono nell’IDF, l’esercito genocida di Israele e fanno addirittura la spola fra le aule di UNIBO e le operazioni militari in Palestina ed in Medio Oriente, dove vengono chiamati come riservisti. Il colmo è che UNIBO, senza battere ciglio, conceda loro la possibilità di effettuare esami fuori dagli appelli ordinari, mentre nega tale possibilità  ad altri studenti che sono invalidi o in condizioni svantaggiate, che hanno motivazioni più giustificabili di un genocidio. Non smetteremo di ribadire che occorre rompere ogni complicità col sionismo di Israele. Da parte nostra, lavoratori e studenti di UNIBO, rinnoviamo l’impegno a mobilitarci per sensibilizzare la comunità accademica e per ripristinare un clima di giustizia e tutela per tutti in Ateneo. E insieme a ELSC – European Legal Support Center, con cui difendiamo il ricercatore, chiediamo che la comunità accademica si stringa in solidarietà attorno al ricercatore e respinga con determinazione gli attacchi sionisti in Ateneo e qualsiasi complicità e censura della libertà accademica. “FUORI IL SIONISMO DALL’UNIVERSITÀ! STOP ALLA COMPLICITÀ CON ISRAELE!” USB Emilia Romagna e Cambiare Rotta Bologna USB UNIVERSITÀ E CAMBIARE ROTTA ADERISCONO ALLA CAMPAGNA NAZIONALE “LA CONOSCENZA NON MARCIA”, contro la militarizzazione e l’israelizzazione dell’istruzione 5 QUESITI PER LA GOVERNANCE DI UNIBO Chiediamo alla governance dell’Ateneo di risponderci sui seguenti punti: 1. La governance di UNIBO sa che fra i banchi delle aule della nostra Università fra gli studenti siedono anche soldati dell’IDF, l’esercito israeliano artefice del genocidio in atto a Gaza? Cosa si intende fare nei loro confronti? Espellerli dalla nostra Università o continuare ad accoglierli nelle aule di UNIBO? 2. Risponde al vero che alcuni studenti israeliani godono di un trattamento speciale con possibilità di svolgere esami fuori dagli appelli ordinari? In che modalità? Online oppure con appelli straordinari predisposti per loro al rientro dalle missioni militari? 3. Una volta appurato che sono soldati, intendete procedere con una denuncia per chiedere alla Procura ed alle forze dell’ordine di investigare su eventuali crimini di guerra che possono aver commesso durante le loro missioni militari per le quali sono convocati, considerata la conferma ufficiale dell’ONU rispetto al genocidio in atto? I dati di cui è in possesso l’Ateneo sono fondamentali per ricostruire i loro spostamenti e fornire informazioni utili a chi indagherà e di certo davanti a orrendi crimini di guerra, non c’è diritto alla privacy che tenga! 4. Quali forme di tutela per il lavoratore si intende adottare per proteggerlo e tutelarlo nell’esercizio del suo lavoro in Ateneo, a fronte dei rischi ai quali è sottoposto a seguito di questa vicenda che la governance ha contribuito ad alimentare col suo assordante silenzio e la sua ingiustificabile inerzia? 5. Quali accordi e collaborazioni con i partner israeliani la governance ha deciso di interrompere in UNIBO? Allegato_storia_ricercatore_UniboDownload
L’esercito israeliano ha attaccato la Flottiglia in acque internazionali a 120 miglia nautiche (220 km) da Gaza
La Freedom Flotilla Coalition (FFC) e Thousand Madleens to Gaza (TMTG) confermano che le imbarcazioni in viaggio verso Gaza sono state intercettate e illegalmente attaccate dall’esercito israeliano alle 04:34, a 120 miglia nautiche (220 km) da Gaza, in acque internazionali. Gli equipaggi disarmati, composti principalmente da medici, giornalisti e rappresentanti parlamentari, sono stati rapiti, sottoposti a sequestro di persona, insieme a 18 tonnellate di aiuti umanitari presenti sulla Conscience, tra cui medicinali, apparecchiature respiratorie e forniture alimentari destinate agli ospedali di Gaza, ormai allo stremo. “Israele non ha alcuna autorità legale per detenere volontari internazionali a bordo di queste navi”, ha dichiarato David Heap, membro della Canadian Boat to Gaza e del Comitato di Coordinamento della Freedom Flotilla Coalition. “Questo sequestro viola apertamente il diritto internazionale e sfida le ordinanze vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia, che impongono un accesso umanitario senza ostacoli a Gaza. I nostri volontari non sono soggetti alla giurisdizione israeliana e non possono essere criminalizzati per aver consegnato aiuti o contestato un blocco illegale. La loro detenzione è arbitraria, illegittima e deve terminare immediatamente.” Questo nuovo attacco segue il sequestro illegale e la detenzione arbitraria delle persone a bordo delle navi della Global Sumud Flotilla, e le precedenti Handala e Madleen, oltre all’attacco con droni israeliani contro la nave Conscience, avvenuto all’inizio dell’anno nelle acque europee, che aveva lasciato l’imbarcazione in fiamme e fuori uso. Questi attacchi ripetuti contro civili disarmati dimostrano la volontà deliberata di Israele di intensificare la violenza e la totale incapacità dei governi di far rispettare il diritto internazionale. Israele continua ad agire nell’impunità più assoluta, violando le ordinanze vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia che impongono il libero passaggio degli aiuti umanitari verso Gaza, ignorando le leggi internazionali che tutelano la navigazione civile e disprezzando le richieste di milioni di persone nel mondo che invocano la fine dell’assedio illegale e del genocidio in corso. La Freedom Flotilla Coalition e Thousand Madleens to Gaza chiedono: La fine immediata del blocco illegale e mortale imposto alla Striscia di Gaza; La fine del genocidio israeliano contro la popolazione di Gaza; Il rilascio immediato di tutti i volontari rapiti; La consegna diretta e immediata degli aiuti umanitari ai palestinesi; La piena responsabilità e condanna per gli attacchi militari contro le imbarcazioni della flottiglia. Redazione Italia
Guerra e diritto – di Gianni Giovannelli
Questo articolo di Gianni Giovannelli introduce una delle tematiche che Effimera svilupperà in un seminario che si terrà a Milano, al Centro Sociale Cantiere, il 15 novembre 2025 a partire dalle 10 sino alle 19. Il titolo che abbiamo dato all'incontro è ANNI DI GUERRA | Menzogne, verità, scintille, e si articolerà su tre [...]
Il Fatto Quotidiano: Soldato Idf nella scuola paritaria ebraica per “smentire le fake news” su Gaza. Osservatorio contro la militarizzazione: “Propaganda sconvolgente”
DI ALEX CORLAZZOLI PUBBLICATO SU IL FATTO QUOTIDIANO IL 30 SETTEMBRE 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante articolo scritto da Alex Corlazzoli pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 30 settembre 2025 in cui, nel denunciare la presenza di un soldato israeliano dell’IDF in una scuola paritaria di Milano, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. Una testimonianza, quella del soldato che combatte nella Striscia di Gaza, che ha indignato l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università: “Quella andata in scena non è che un’operazione che tende a far familiarizzare gli studenti e le studentesse in Italia con le azioni militari per le quali i tribunali internazionali si sono espressi in termini di plausibili crimini di guerra e crimini di genocidio…continua a leggere su Il Fatto Quotidiano.
Milano: giovane soldato IDF svolge lezione in una scuola ebraica
Quello che è accaduto a Milano qualche giorno fa ha davvero dell’incredibile. Studenti e studentesse di una scuola ebraica davanti a un ragazzo di 22 anni militare dell’IDF combattente nella striscia di Gaza che spiega come funziona quella che è a suo avviso «È una lotta contro il terrorismo» (clicca qui per l’articolo). Si tratta di un’operazione smaccatamente propagandistica, si chiama Hasbarà, come viene sottolineato nell’articolo: «Adi è un ragazzone con un gran sorriso, orgoglioso di difendere il suo paese, consapevole dell’importanza dell’Hasbarà», nella quale la morte di decine di migliaia di persone e decine di migliaia di bambini viene completamente sottaciuta per dare spazio solamente alla narrativa israeliana di propaganda, ma l’Hasbarà non è altro che una grandissima mistificazione della realtà. Quella andata in scena non è che un’operazione che tende a far familiarizzare gli studenti e le studentesse del triennio a Milano, in Italia, con le azioni militari per le quali i tribunali internazionali si sono espressi in termini di crimini di guerra e crimini di genocidio. Il militare che afferma davanti a studenti e studentesse: «Siamo lì perché vogliamo vivere in pace e in sicurezza, non perché vogliamo uccidere come provano a farvi credere tutte le fake news che sentite» cerca di convincerli che tutto il mondo dei media, delle istituzioni internazionali, tra cui l’ONU, delle ONG, tra cui Medici senza Frontiere che lascia Gaza City per la pericolosità della situazione, siano produttori di fake news. E che tutto ciò sia cominciato solo con l’attacco del 7 ottobre 2023. Come tutto ciò si possibile in una scuola, in Italia, ci lascia esterrefatti e contrariati. Le scuole dovrebbero insegnare i valori del dialogo, della nonviolenza, della pace, non idealizzare soldati che commettono atrocità contro i bambini e le bambine, atrocità che hanno addirittura toccato la sensibilità di Guido Crosetto, come egli stesso ha ammesso nelle sue dichiarazioni al Senato. Stiamo denunciando da tempo il processo di israelizzazione della società italiana nell’ambito del più ampio contesto della militarizzazione e apprendiamo con preoccupazione di questo pericoloso episodio propagandistico in una scuola italiana. Abbiamo tutti e tutte presenti le immagini e i video dei soldati israeliani che all’interno delle case palestinesi deridono le morti dei bambini giocando con i loro giocattoli. Abbiamo tutti presenti soldati israeliani travestiti da donne palestinesi in modo da deriderne il dolore. Abbiamo tutti presenti le risate dei soldati israeliani mentre aprono il fuoco sulle macerie di Gaza. Vogliamo che con questa propaganda partano anche ragazzi e ragazze italiane per associarci a questa barbarie sionista perpetrata ai danni di una popolazione stremata da decenni di oppressione? Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle società chiediamo immediatamente che le forze parlamentari sensibili a questo tema procedano con una interrogazione parlamentare per chiedere conto al Governo e al ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara di questa terribile propaganda di guerra nelle scuole italiane, che, sebbene siano private godono di fondi pubblici, quelli sottratti alle nostre scuole pubbliche, pluralistiche, nonviolente e antifasciste. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università